A TORTO O A RAGIONE
1945: i vincitori processano i vinti, come dev’essere. Un maggiore dell’esercito americano, Steve Arnold (Harvey Keitel) viene inviato a Berlino con lo scopo di rinvenire le prove del coinvolgimento di Wilhelm Furtwängler (Stellan Skarsgård) con il regime nazista. Non è possibile portare alla sbarra tutti coloro che furono implicati col partito nazionalsocialista: occorre pertanto produrre degli esempi forti, comminare delle punizioni esemplari, mettere nell’angolo coloro che rappresentarono il fiore all’occhiello, la voce stessa dei gerarchi. Furtwängler, direttore dell’orchestra filarmonica di Berlino, non ebbe mai la tessera del partito, ma non lasciò la Germania. In un progressivo montare della tensione il film contrappone il mondo pragmatico, prevaricatore, irridente dei vincitori, che sentono di dover fare il proprio dovere scrupolosamente, ma senza riguardo alcuno, a quello dei vinti, dei cui orrori si fa ogni giorno scoperta e verso cui i primi avvertono il diritto/dovere di demolirlo dalle fondamenta. Di fronte il maggiore americano non ha un gerarca nazista: W. Furtwängler tenta di scindere le proprie responsabilità e attitudini, ma, vuoi per convinzione, vuoi per ignoranza, il soldato non può capirne le ragioni, copertura per lui, comunque, degli orridi delitti di cui si macchiò il nazismo.
Film verboso, certo, come altri hanno scritto, ma in cui le parole sono forti quanto le immagini e in cui la fierezza dei personaggi rende bella testimonianza della tragedia della storia. Quegli orrori, rimossi all’interno del mondo della grande cultura tedesca e tragicamente inspiegabili – tuttora – per chi di quel mondo si sente parte e si fa baluardo, fanno provare un brivido in coloro che, appunto, devono drammaticamente constatare e si chiedono come i lager e gli stermini abbiano potuto crescere all’ombra della grande musica, della cultura con la c maiuscola, che non bastarono a tenere lontani quel mondo e quel mostro. La stessa, incredula, domanda sembra porsela alla fine del film il giovane soldato di origine ebraica che assiste all’interrogatorio, quando pone sul grammofono il disco della V^ sinfonia di Beethoven, facendo riecheggiare di quella musica tutto l’edificio di cui Furtwängler sta scendendo la scalinata, non si sa se più per solidale adesione o per dolorosa constatazione. Film del regista ungherese István Szabó (di cui si ricorda almeno Mephisto del 1981), tratto dal testo teatrale Taking Sides di Ronald Harwood, A torto o a ragione di una pièce teatrale ha la forza che si trasmette attraverso la potenza della sceneggiatura e l’intensità degli interpreti.
Enzo Vignoli
8 maggio 2002
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