Settimo cielo

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Un film di Andreas Dresen. Con Ursula Werner, Horst Rehberg, Horst Westphal, Steffi Kühnert, Werner Schmidt.
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Titolo originale Wolke 9. Drammatico, durata 98 min. - Germania 2008. - Videa uscita venerdì 29 maggio 2009. MYMONETRO Settimo cielo * * * 1/2 - valutazione media: 3,59 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

UNO SGUARDO SENZA IPOCRISIE Valutazione 4 stelle su cinque

di THEOPHILUS


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mercoledì 29 gennaio 2014

WOLKE 9
 
 
Forse era scritto che dovesse arrivare in scena la rappresentazione  esplicita dell’amore nell’età tabù per eccellenza. La vecchiaia, l’età negata, come la morte nascosta e tenuta lontana dalle riviste specializzate nell’esposizione della bellezza che fa mercato, è arrivata a manifestare le sue proteste anche in quel campo. Con un minimo d’attenzione, però, non si sarebbe restati spiazzati da un avvenimento che, a ben guardare, è stato preavvisato da numerosi segnali di tipo mediatico. Proprio i giornali di cui sopra, ad esempio, da tempo pare non disdegnino di ospitare servizi fotografici di dive di un passato non solo recente che hanno saputo mantenere intatto o quasi il loro fascino, riuscendo a mascherare l’inevitabile decadenza fisica con la loro classe. Oppure un film come Calendar girls che ha sottolineato con lieve ironia la condizione di curiosità voyeuristica a cui soggiace la nostra epoca.
L’amore dopo i sessanta/settanta. Una promessa sconvolgente a cui non si vorrebbe forse dare credito. Ma anche una vita che, a quella stessa età, si spezza per quell’amore e ne muore. Che dire? Wolke 9 si pone nella prospettiva di una narrazione libera da compromessi e proprio questa è stata la principale motivazione che ha convinto la giuria internazionale ad assegnare al film il Premio Trieste. Il moralismo viene “saltato” e da un’idea di partenza che può avere dell’incredibile – ma forse indaga realisticamente l’aspetto fondamentale dell’esistenza che durante la vita dell’uomo viene ingabbiato da precise regole sociali – nasce un film lineare, dalle conseguenze chiarissime, inevitabili e preannunciate. Il regista non giudica. Quanti fra coloro che hanno visto il film l’avranno invece fatto o saranno stati tentati di farlo?
Il triangolo della terza età è più pernicioso di quello delle Bermude. Ancora una volta – e ci domandiamo se esistano reali alternative nella vita e nell’arte – quel sentimento e quella necessità irrompono a scardinare uno status quo tranquillo, una serenità che a torto si potrebbe giudicare artificiosa, fondata com’è su ruoli sociali ben precisi a cui corrispondono legami di sentimento sincero – affetto fra coniugi, amore  fra genitori e figli, ineffabile sensazione di rinascita fra nonni e nipoti.
Il regista, trattando l’argomento secondo questa nuova angolazione, proprio grazie alla carta d’identità dei due principali protagonisti della vicenda, avrebbe potuto evitare di inserire il tema del tradimento. Ovviamente non l’ha fatto. Ovviamente, perché avrebbe tolto forza drammatica alla narrazione, ma soprattutto perché avrebbe scavalcato il punto nodale attorno al quale girano le vicende dell’amore.
Inge è sposata con Werner e “innamorata di suo marito”. Dubitiamo di quest’affermazione riportata nel catalogo del festival dove si descrivono brevemente le trame dei film presentati a Trieste. Ne dubitiamo perché tenta di aggirare il reticolo sociale che avvolge uomini e donne con la complicità di una psicologia da cui scaturiscono quei sentimenti – e non altri – che abbiamo elencato due capoversi sopra. Quando incontra il settantaseienne Karl, fra i due si verifica quella condizione imprevista e non descrivibile che, difatti, il regista non si prova nemmeno a decifrare, ma che si limita a registrare negli sguardi e nell’evidente felicità dell’uomo e della donna. I sensi di colpa in agguato per Inge, la spingono a parlare di quello che le sta accadendo con il marito. I coniugi finiscono col lasciarsi e dopo un po’ Werner ne muore.
Non ci sarebbe null’altro da aggiungere, se non che il regista Andreas Dresen ha messo in scena una volta di più l’archetipo amore/morte, che in questo caso va a colpire una parte terza e, siamo certi, non sfiorerà neppure Inge e Karl che si sono rifugiati nella loro nuova normalità. Il regista ha brillantemente evitato anche la norma di un triangolo che nasca da una insopportabile condizione di sofferenza all’interno della coppia. Questo falso problema da cui derivano altrettanto illusorie soluzioni non è neppure adombrato in Al settimo cielo, in cui – al nastro di partenza – i protagonisti si trovano in una condizione di assoluta serenità.
Lo scandalo del film non è quello di vedere l’amore a 70 anni come a 20. Lo scandalo non è nell’uomo, quindi, ma in una vita che non ci abbandona a dispetto di un’organizzazione razionale che ogni società esige.
L’unica soluzione sembrerebbe quella proposta dalla figlia di Inge, con cui la madre si confida e che le suggerisce il segreto, il silenzio col marito. Razionalmente ineccepibile, quest’alternativa ha il difetto di limitare un  illusorio orizzonte di libertà e di onestà a cui la donna non sa rinunciare.
 
Enzo Vignoli,
5 febbraio 2009.

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