mahleriano
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domenica 7 giugno 2009
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un film coraggioso e diverso...
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...interpretato da tre attori mirabili e fonte di miriadi di riflessioni. La tematica affrontata è la dimostrazione di quanto quel misterioso signore e padrone di nome Amore possa impossessarsi di chiunque a qualunque età. Le bellissime espressioni degli interpreti altro non testimoniano quanto, pur in un corpo ormai sfiorito, possa un giorno rinascere una passione immaginata ormai perduta, e quanto quasi per incanto il mondo possa di nuovo tornare a essere visto con gli occhi di un adolescente. Sguardi e appagamento dei sensi che parlano di proiezioni di sogni, di impulsi e in fondo di desiderio di vita. Due diverse concezioni della vecchiaia sono a confronto qui. Quella dell'uomo con cui la protagonista ha condiviso trent'anni della propria vita, più remissiva e in fondo un po' più stanca e ormai distaccata, ma non per questo priva di un amore premuroso e dolce.
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...interpretato da tre attori mirabili e fonte di miriadi di riflessioni. La tematica affrontata è la dimostrazione di quanto quel misterioso signore e padrone di nome Amore possa impossessarsi di chiunque a qualunque età. Le bellissime espressioni degli interpreti altro non testimoniano quanto, pur in un corpo ormai sfiorito, possa un giorno rinascere una passione immaginata ormai perduta, e quanto quasi per incanto il mondo possa di nuovo tornare a essere visto con gli occhi di un adolescente. Sguardi e appagamento dei sensi che parlano di proiezioni di sogni, di impulsi e in fondo di desiderio di vita. Due diverse concezioni della vecchiaia sono a confronto qui. Quella dell'uomo con cui la protagonista ha condiviso trent'anni della propria vita, più remissiva e in fondo un po' più stanca e ormai distaccata, ma non per questo priva di un amore premuroso e dolce. E quella dell'amante, ancora attaccata alla gioia del fare le cose, più vitale e ancora concreta, ma anch'essa a suo modo dolce. A uno piace vedere scorrere e cambiare il paesaggio dal finestrino di un treno, in un atteggiamento più contemplativo ed intellettuale proprio di un certo modo di vivere la vecchiaia. All'altro andare in bicicletta o seguire delle corse motociclistiche ed essere dunque in prima persona artefice di sé stesso. E da questo la protagonista si sentirà attratta, in una riscoperta di sé per molti anni trascurata per essersi dedicata alla crescita della figlia. È grande il senso di sconforto e solitudine profonda suscitato dal compagno della donna, venuto a conoscenza del tradimento di lei per sua stessa ammissione, e stringono il cuore i suoi teneri tentativi di recupero, in un estremo sforzo di comprensione per l'accaduto. E a lungo si potrebbe riflettere sulla scelta radicale della donna, forse testimonianza anche di un egoismo in parte amplificato dalla passione e su cui si potrebbero accendere dibattiti infiniti. Ma è comunque un ennesimo merito del film affrontare tutti gli aspetti così dolorosi di una storia così repentinamente incrinata. È una vicenda estremamente drammatica, dove il realismo e la crudezza delle immagini sono accompagnate da una totale assenza di musica, a sottolineare la concretezza della storia stessa. I suoni del film sono quelli comuni e di tutti i giorni, dal gorgoglio di una macchina per il caffè, al rumore delle auto che passano, ai suoni di uno stagno in aperta campagna, fino ai più impercettibili suoni percepibili in lontananza. E la fotografia riempie spesso gli occhi di immagini bellissime e assolutamente consone ai vari momenti della storia. Un film raccontato con una sensibilità assolutamente straordinaria.
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marezia
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martedì 16 giugno 2009
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il tabù che è di quasi tutti
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Film di rara sensibilità che riesce secondo me principalmente per la capacità della protagonista di trasformarsi in una frazione di secondo grazie ad uno sguardo veramente sfaccettato e pieno di sfumature da attempata signora ad adolescente in preda all'imbarazzo, all'entusiasmo e viceversa. Due modi di vivere la vecchiaia a confronto sì ma anche al centro il grido di chi rivendica il diritto di dimenticare la carta d'identità che inchioda ad una convenzionale menzogna e di vivere quello che gli resta senza calcoli utilitaristici ma all'insegna di una egoistica urgenza. Costi quel che costi.
Fin qui il senso della pellicola, ora passiamo al consenso: fallimentare. Mai sentiti tante risa e rumorosi schiamazzi da parte di un folto pubblico accorso in sala (forse in fuga dalla pioggia del 2 giugno) tanto da vedermi costretta alla fine del primo tempo a zittirli attraverso una mia vicina di poltrona che all'accensione delle luci mi ha guardato sorpresa.
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Film di rara sensibilità che riesce secondo me principalmente per la capacità della protagonista di trasformarsi in una frazione di secondo grazie ad uno sguardo veramente sfaccettato e pieno di sfumature da attempata signora ad adolescente in preda all'imbarazzo, all'entusiasmo e viceversa. Due modi di vivere la vecchiaia a confronto sì ma anche al centro il grido di chi rivendica il diritto di dimenticare la carta d'identità che inchioda ad una convenzionale menzogna e di vivere quello che gli resta senza calcoli utilitaristici ma all'insegna di una egoistica urgenza. Costi quel che costi.
Fin qui il senso della pellicola, ora passiamo al consenso: fallimentare. Mai sentiti tante risa e rumorosi schiamazzi da parte di un folto pubblico accorso in sala (forse in fuga dalla pioggia del 2 giugno) tanto da vedermi costretta alla fine del primo tempo a zittirli attraverso una mia vicina di poltrona che all'accensione delle luci mi ha guardato sorpresa. E si trattava di un pubblico in larghissima parte anziano. Chissà perché... Forse è proprio vero che certe cose si fanno ma non si dicono. E nemmeno si devono vedere.
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ciccio capozzi
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sabato 7 novembre 2009
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esplorazione poetica sull'erotismo dell'età anzian
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“SETTIMO CIELO” di ANDREAS DRESEN; GER, 08. Inge sessantenne, sposata felicemente da 30 anni, incontra Karl, più anziano di lei: è amore devastante a prima vista. Sono di scena gli anziani: ma letti nella loro dimensione erotismo. Il film è un miracolo. “Sposa” con raro equilibrio semplicità stilistica a grande ricchezza di notazioni. Gli sceneggiatori hanno messo in visione un universo fatto di quotidianità, anche a limite della povertà, ma non di squallore. Ogni persona cerca di vivere, non di esistere banalmente: si pone il perché dei propri comportamenti, che assume con evidenza di motivazioni e di consapevolezza. Il bruciante sentimento è descritto nelle sue fasi con delicatezza, ma con cristallina chiarezza.
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“SETTIMO CIELO” di ANDREAS DRESEN; GER, 08. Inge sessantenne, sposata felicemente da 30 anni, incontra Karl, più anziano di lei: è amore devastante a prima vista. Sono di scena gli anziani: ma letti nella loro dimensione erotismo. Il film è un miracolo. “Sposa” con raro equilibrio semplicità stilistica a grande ricchezza di notazioni. Gli sceneggiatori hanno messo in visione un universo fatto di quotidianità, anche a limite della povertà, ma non di squallore. Ogni persona cerca di vivere, non di esistere banalmente: si pone il perché dei propri comportamenti, che assume con evidenza di motivazioni e di consapevolezza. Il bruciante sentimento è descritto nelle sue fasi con delicatezza, ma con cristallina chiarezza. E’ un amore che impone con assoluta “irragionevolezza” le sue spasmodiche ragioni esistenziali. Ogni passaggio è descritto con un controllo formale da capolavoro. E’ chiaro che è l’attrice protagonista, Ursula Werner, a “reggere” la struttura drammaturgica dell’intero film. Lo fa presentandosi con una semplicità e un’autorevolezza di presenza scenica, che provengono solo dal teatro: e in effetti tutti gli attori protagonisti sono del “Maxim Gorky Theater” , un prestigioso e indipendente teatro di ricerca dell’ex Berlino Est, tuttora attivo. Il fare di lei, deciso, è altresì ricco di sfumatura psicologiche, nel tratteggiare, all’interno dell’insieme delle sue definite relazioni familiari e sociali, la pervasività della passione. Pur se sono notazioni che crederemmo da adolescenti, si accompagnano, senza la minima ombra di grottesco e di posticcio, all’esistenza e all’esperienza di una persona adulta e matura. Non ci sono svenevolezze, eccitazioni meramente superficiali, gesti o metafore visuali che si rifanno all’esteriorità, ma un lavoro di gestualità fatto di “togliere”, al fine di potenziarne l’espressività interiore: è di scavo interiore e di asciutta concretezza psicologica, realizzato nella più pretta “scuola” brechtiana. Abituati agli anziani fasulli della nostra tv, che ragionano e parlano come dei ferlocchi, o, se va bene, come dei cascami hollywoodiani, vedere sulla scena tanta autorevolezza, chiarezza e originalità gestuale, è portentoso. Il regista comunque non si è lasciato condizionare da questo eccellente “parco” attori a sua disposizione; ha condotto la sua ricerca sull’erotismo dell’età anziana in piena autonomia autoriale. Usando una tecnica di ripresa in digitale, quindi “leggera” per i macchinari necessari, e poco invasiva rispetto alla concentrazione del lavoro degli attori, ha perfettamente secondato e implementato le professionalità in scena, ma facendo assistere alla trasformazione avvenuta nella vita di tutti i personaggi, dall’irrompere della passione. Gli spazi, semplici scenograficamente, però un po’ occlusivi, perché organizzati come scenario di una vita non ricca di benessere, sono come illuminati “dall’interno” e riscattati dalla presenza solare di questa donna: che diventa bella e piacente, perché una persona che non si nega, e non nega al suo maturo innamorato, la dignità della felicità; e la vive con forza e desiderio di dare e di esistere, di sottrarsi alla sua negazione, espressione di apatia sentimentale, che è già, come scelta, annuncio di morte. E anche il dolore dell’abbandono, sofferto dall’altro coniuge, è oggetto di una pudica, attenta e non moralistica riflessione sulla realtà ad essa correlata.
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