Gattaca - La porta dell'universo

Il tema portante del film è quello della discriminazione: in un futuro non troppo lontano l’umanità è divisa in Validi (coloro nati attraverso una selezione genetica) e Non Validi (coloro nati alla “vecchia maniera”). Essere Validi significa avere un quoziente intellettivo più alto, essere più prestanti fisicamente, con una prospettiva di vita più lunga, meno propensi a contrarre malattie (fisiche e mentali) dei Non Validi. In poche parole, essere perfetti. Ovviamente in una società del genere tutte le professioni più prestigiose e gli incarichi di rilievo vengono svolte dai Validi, mentre sono del tutto precluse ai Non Validi. Si tratta quindi di una discriminazione genetica: se non sei perfetto sia fisicamente che mentalmente allora non puoi pretendere nulla, sei destinato ad essere un individuo mediocre. Come dice il padre del protagonista Vincent al figlio adolescente desideroso di diventare un astronauta: “tu su un astronave ci metterai piede al massimo per pulire i pavimenti”. Una società in cui la volontà e la determinazione sembrerebbero non contare nulla, giacché l’unica cosa importante sono i geni. Vincent però non ci sta. Egli è consapevole di essere geneticamente inferiore al fratello Anton: per tanti anni hanno gareggiato a nuoto insieme, e lui ne è sempre uscito sconfitto. Ma un giorno accade qualcosa di diverso: il fratello rimane indietro, rischia di affogare e Vincent lo riporta a riva, salvandogli la vita. Da quel momento si rende conto che inferiorità e superiorità sono concetti relativi e che ciò che conta davvero è la volontà, la determinazione nell’inseguire un sogno. Il suo sogno è quello di partire, abbandonare la Terra per lanciarsi nello Spazio, scoprire cosa c’è al di là delle nuvole, ed è talmente motivato da essere disposto a tutto pur di realizzarlo, anche a rinunciare alla sua vera identità per assumerne un'altra, Valida. E così lo vediamo aggirarsi nella stazione spaziale di Gattaca perennemente impegnato in un’opera di trasfigurazione, depistaggio, imbroglio. Ogni mattina deve letteralmente “raschiare” via ogni traccia della sua reale identità dal suo stesso corpo e fare scorta di sangue e urina “validi”. Per superare i continui controlli deve essere sempre all’erta e allo stesso tempo comportarsi con naturalezza, per non destare sospetti. Una cosa non da poco. La sua ombra è Jerome, alleato ed al contempo antagonista, il Valido di cui Vincent ha acquisito l’identità. Un individuo così perfetto da essere stato schiacciato dalla sua stessa perfezione: apprendiamo infatti nel corso della vicenda che l’incidente automobilistico che lo ha costretto su una sedia a rotelle è stato un atto totalmente deliberato. La di là della trama, del dualismo Vincent/Jerome, delle riflessioni su identità ed omologazione, la metafora del film è chiara ed è espressa nella sequenza dell’ultima gara di nuoto tra Vincent e il fratello: alcuni nascono “perfetti”, altri un po’ meno; alcuni hanno un brillante futuro davanti a loro, altri dovranno farsi strada tra mille difficoltà; alcuni avranno molte persone al loro fianco ad incoraggiarli, altri saranno soli. Ma non è detto che solo coloro che partono avvantaggiati riescano ad avere successo nella vita. Sono quelli che procedono con decisione dritti verso la meta, quelli che ce la mettono tutta, senza risparmiare fiato, a realizzare i propri sogni.