storie di cinema
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mercoledì 25 marzo 2015
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un colpo di fulmine difficile da dimenticare
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"Quando un uomo piange, basta un fazzoletto, ma quando a piangere è una casa, ti tocca fare un sacco di fatica."
Hong Kong. Due poliziotti e altrettante storie d'amore finite male. La delusione dell'abbandono si fa ossessione: date da ricordare, oggetti da custodire, ricordi, in attesa di un ritorno. E poi due ragazze: occhiali da sole, una parrucca bionda, leggerezza, sentimenti mai rivelati.
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"Quando un uomo piange, basta un fazzoletto, ma quando a piangere è una casa, ti tocca fare un sacco di fatica."
Hong Kong. Due poliziotti e altrettante storie d'amore finite male. La delusione dell'abbandono si fa ossessione: date da ricordare, oggetti da custodire, ricordi, in attesa di un ritorno. E poi due ragazze: occhiali da sole, una parrucca bionda, leggerezza, sentimenti mai rivelati. Hong Kong express di Wong Kar-Wai è un film ipnotico, nato per caso tra le pause di un altro progetto, Ashes of time. Sceneggiatura improvvisata, attori e troupe spesso fuori per altri impegni cinematografici, scene girate senza evidenti connessioni. Wong Kar Wai ha fatto suo questo materiale confuso e lo ha caratterizzato aggiungendo stile e creatività da grande artista. Dettagli, step-framing, colori, musica, neon, voce fuori campo, virtuosi tagli fotografici, cinepresa in spalla. Un concentrato di suggestioni e atmosfere, di storie diverse eppure così vicine. C'è un' anima metropolitana emotivamente infantile, misteriosa, che affascina e cattura; perché i sentimenti sono il motore e il tabù di queste vicende, e hanno un potere enigmatico che mette insieme dramma e sogno, passato e presente. E l'effetto somiglia molto a quello di un colpo di fulmine difficile da dimenticare. Hong Kong express fu il primo successo mondiale di Kar-Wai, oltre che un film simbolo per una generazione che ha amato il pop, il romanticismo velato e la musica ad alto volume. Meraviglioso.
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parsifal
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lunedì 23 maggio 2011
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l’amore ai tempi delle metropoli
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Attraverso questo film romantico Wong Kar Wai racconta la vita dei protagonisti, attraverso il loro rapporto con l’amore. Rapporti segnati dalle peculiarità dei suoi personaggi, che hanno in comune il vivere nella caotica e spersonalizzante Hong Kong.
Il film entra nelle solitudini dei personaggi, monologo orso 2nelle loro case, attraverso un’osservazione attenta dei personaggi nei momenti più intimi e delicati, dove la camera fissa è utilizzata per restituirci lo spessore di ogni personaggio, con i propri silenzi, i propri monologhi e i propri smarrimenti. La scoperta dell’umanità di ognuno, un’umanità tanto dolce e bisognosa d’affetto, quanto frustrata da un mondo che opprime nella sua caoticità, e sembra non lasciar spazio per esprimersi ed esprimere le proprie emozioni, senza soprattutto riuscirle a condividere con l’altro.
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Attraverso questo film romantico Wong Kar Wai racconta la vita dei protagonisti, attraverso il loro rapporto con l’amore. Rapporti segnati dalle peculiarità dei suoi personaggi, che hanno in comune il vivere nella caotica e spersonalizzante Hong Kong.
Il film entra nelle solitudini dei personaggi, monologo orso 2nelle loro case, attraverso un’osservazione attenta dei personaggi nei momenti più intimi e delicati, dove la camera fissa è utilizzata per restituirci lo spessore di ogni personaggio, con i propri silenzi, i propri monologhi e i propri smarrimenti. La scoperta dell’umanità di ognuno, un’umanità tanto dolce e bisognosa d’affetto, quanto frustrata da un mondo che opprime nella sua caoticità, e sembra non lasciar spazio per esprimersi ed esprimere le proprie emozioni, senza soprattutto riuscirle a condividere con l’altro.
Il regista mostra con abilità e saggezza il contrasto tra il mondo interiore solo fuoridei personaggi e quello esterno del quartiere Chungking, con un sapiente uso della videocamera, che resta fissa durante i monologhi e i momenti piu intimi. Mentre per le riprese in esterno, e quelle più dinamiche, sceglie per lo più l’uso della camera a spalla in modo tale da restituire il caos da cui sono circondati i protagonisti; un caos che non lascia spazio nè alle personalità dei singoli, nè alla luce del sole, alla luce degli spazi aperti: anche durante le riprese esterne è difficile cogliere la sensazione di spazio aperto, mentre èlei sempre presente la sensazione claustrofobica, di chiusura, di un cielo che anche se è inquadrato non lascia aria.
Ogni personaggio è presentato con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue manie e ossessioni che aiutano a capire il bisogno di amore di ognuno, espresso in maniera tanto peculiare da riuscire a spiazzare ogni aspettativa.
Inoltre la scelta e la capacità di Wong di accostare la violenza a piccoli dettagli e comportamenti, all’apparenza insignificanti, lasciano scorgere le caratteristiche più umane in ogni persona, fino a trovare nei personaggi più inaspettati, come una killer o un poliziotto, gli aspetti più sensibili e commuoventi, come farà poi anche nel film successivo “Fallen Angels”.
Il film restituisce l’unicità e la profondità di ogni persona, in contrasto con un mondo tanto caotico quanto omologante. E’ nella stile e nella poetica di Wong che tale contraddizione trova un’armonia che va oltre la solitudine del singolo per esprimere la bellezza dell’incontro tra mondi differenti. Tecnicamente il regista trova la realizzazione filmica più significativa, con lo step freming, che consente di isolare un singolo personaggio dalla scena che gli ruota intorno ad una velocità molto più ampia, proprio a sottolinare l’individualità del singolo sperduto nella metropoli. Ma dove l’individuo non rinuncia e non può rinunciare a riempire di significato e d’amore ogni singolo gesto.
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ghisi
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sabato 5 giugno 2021
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amori desiderati
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In questi ultimi tempi stanno restaurando molte pellicole girate verso la fine del secolo scorso e in alcune sale romane le stanno riproiettando, talvolta sotto forma di rassegne monografiche. Il regista cantonese Wong Kar-wai, ad esempio, è diventato famoso nel mondo occidentale dopo il grande successo del film “I’m in the mood for love” del 2000. Un regista piuttosto atipico nella attuale filmografia cinese, considerato una New Wave per essere al di fuori di qualsiasi canone narrativo e per quella fotografia di immagini sbavate ed effimere realizzate da Chrisopher Doyle.
Wong Kar-wai aveva iniziato facendo lungometraggi di rivisitazione di eroi marziali della tradizione cinese e nel 1994, durante le pause delle riprese di “Ashes of Time” che durarono due anni, girò in tre mesi “Chungking Express”, traduzione internazionale di “Hong Kong Express”.
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In questi ultimi tempi stanno restaurando molte pellicole girate verso la fine del secolo scorso e in alcune sale romane le stanno riproiettando, talvolta sotto forma di rassegne monografiche. Il regista cantonese Wong Kar-wai, ad esempio, è diventato famoso nel mondo occidentale dopo il grande successo del film “I’m in the mood for love” del 2000. Un regista piuttosto atipico nella attuale filmografia cinese, considerato una New Wave per essere al di fuori di qualsiasi canone narrativo e per quella fotografia di immagini sbavate ed effimere realizzate da Chrisopher Doyle.
Wong Kar-wai aveva iniziato facendo lungometraggi di rivisitazione di eroi marziali della tradizione cinese e nel 1994, durante le pause delle riprese di “Ashes of Time” che durarono due anni, girò in tre mesi “Chungking Express”, traduzione internazionale di “Hong Kong Express”. Il titolo significa “la giungla di Chungking” ed è riferito a Chungking Mansions, un complesso di edifici nel cuore di Hong Kong dove persone di ogni nazionalità, in particolare indiani e pakistani, si riuniscono per pernottare e nutrirsi velocemente e a poco prezzo.
Il film, girato con cast e budget ridotti, era pensato inizialmente di tre episodi - con il terzo il regista ha poi sviluppato un altro film - e racconta due storie d’amore di due poliziotti a metà degli anni ’90 a Hong Kong, ancora colonia britannica all’epoca.
La prima storia narrata è più breve e mostra He Zhiwu (interpretato da Takeshi Kaneshiro), un giovane poliziotto con numero di matricola 223, che è stato abbandonato dalla sua fidanzata ed incontra di una misteriosa ed equivoca donna (interpretata da Brigitte Lin), di cui si innamora, implicata in un traffico di droga. La donna ha una pistola e porta una parrucca bionda, indossa un impermeabile ma anche gli occhiali da sole (una donna per tutte le stagioni…) e, un dettaglio messo in risalto dal regista, porta costosissime scarpe di Manolo Blahnik. Per chi non lo sapesse Manolo Blahnik è uno stilista spagnolo di scarpe da donna, con casa di moda a Londra, molto amato da Carrie Bradshaw, la protagonista di “Sex in the City” che però inizierà la serie quattro anni dopo.
La seconda storia invece racconta l’incontro tra un altro poliziotto (Tony Leung Chiu-Wai che ha vinto il Prix d’interpretation masculine al festival di Cannes per “I’m in the mood for love”) designato dal numero di matricola 663, anch'esso appena lasciato dalla sua donna, una hostess, e la giovane cameriera Faye (la cantante e attrice cantonese Faye Wong), che lavora nel chiosco di un fast food.
L’ambiente che il regista mostra è sempre uno fatto di interni un po' claustrofobici, anche quando le scene sono girate all’aperto nelle strade o nelle piazze. Sembrerebbe quasi che la situazione urbana sia prevalentemente mentale (simbolica?) o sociale, ma mai spaziale. Una curiosità: il secondo episodio è parzialmente girato nell’appartamento del direttore della fotografia Chrisopher Doyle.
Le sue storie d’amore sembrano nascere e morire durante divagazioni notturne, sempre molto desiderate e poco consumate, raccontano la vita di tutti giorni, a volte quasi banali corteggiamenti, attrazioni, fughe e ritorni, come se il desiderio del rapporto fosse la parte più bella del rapporto stesso, che troverà il suo apice in “I’m in the mood for love”. Il cinema di Wong Kar-wai è fatto di atmosfere, di sguardi, e il suo modo di fare cinema - film girati spesso senza sceneggiatura sulla base di suggestioni e improvvisazioni - è stato paragonato al modo di dipingere degli Impressionisti che coloravano le tele direttamente col pennello, senza realizzare prima un disegno con i contorni da riempire. Inoltre, il regista cantonese nelle sue sequenze ama giocare con il tempo che frammenta, e scompiglia andando ben oltre il semplice montaggio.
Come in tutti i film di Wong Kar-wai, la musica ha un ruolo importante e talvolta sovrasta il dialogo. Il film si apre e si chiude con Dreams dei Cranberries, in un rifacimento cinese cantato dalla stessa Faye Wong, mentre la seconda storia del film è caratterizzata dalla ripetizione quasi ossessiva del brano California Dreaming dei Mamas & Papas del 1963.
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