cineofilo92
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venerdì 6 ottobre 2006
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w il cinema d'arte
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Kurosawa era di certo un tipo dotato di grande carisma artistico. E lo conferma con Sogni, un capolavoro surreale presentato da Steven Spielberg, così surreale da far impallidire Federico Fellini.
Questi otto piccoli e intensi capolavori di cinema soo una profonda chiave di comprensione per l'uomo, una dimostrazione ironica e struggente del meglio e del peggio dell'essere umano.
Si parte con due cortometraggi che hanno per protagonista un bambino molto curioso, che nel primo viene sorpreso nel bosco da delle diffidenti creature chiamate volpi, nel secondo è alle prese con delle bambole infuriate per la scomparsa del loro pescheto. Nel terzo un gruppo di esploratori durante una tormenta viene salvato da una misteriosa fata della neve.
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Kurosawa era di certo un tipo dotato di grande carisma artistico. E lo conferma con Sogni, un capolavoro surreale presentato da Steven Spielberg, così surreale da far impallidire Federico Fellini.
Questi otto piccoli e intensi capolavori di cinema soo una profonda chiave di comprensione per l'uomo, una dimostrazione ironica e struggente del meglio e del peggio dell'essere umano.
Si parte con due cortometraggi che hanno per protagonista un bambino molto curioso, che nel primo viene sorpreso nel bosco da delle diffidenti creature chiamate volpi, nel secondo è alle prese con delle bambole infuriate per la scomparsa del loro pescheto. Nel terzo un gruppo di esploratori durante una tormenta viene salvato da una misteriosa fata della neve. Nel quarto un comandante sopravvissuto alla guerra è alle prese con un cane infuriato che fà fersi disumani e un plotone ancora fedele alla vita ma ormai caduto all'inferno. Nel quarto si compie una breve e curiosa escursione nei quadri di Van Gogh. Il quinto e il stesto sono strettamente correlati. Nel quinto il vulcano Fujiama ha una spettacolare e spaventosa eruzione che fà esplodere sei reattori nucleari, probabilmente alludendo a Hiroshima e Nagasaki. Nel sesto dopo un bombardamento atomico il mondo è popolato enormi denti di leone e da demoni cornuti che scontano le loro pene nel dolore. Nell'ultimo e forse il più tranquillo, si sensibilizza in modo curioso il problema dell'inquinamento e dei rifiuti.
Come qualità si è vicini a 2001: odissea nello spazio. Le scene lunghissime sanno emozionare e ammaliare in modo costante e avvincente.
Un viaggio nell'ignoto che vi farà... sognare.
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paola di giuseppe
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martedì 26 gennaio 2010
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"..e il sogno è l'infinita ombra del vero"
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Abbandonata l’epica,esplorate le ragioni del cuore e della mente,dopo aver dimostrato nei fatti,nelle storie,nelle scelte linguistiche,che l’unico colore “è il colore dell’uomo”,a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca,Kurosawa,con questo sogno in otto quadri,apre quella parte di sé che è stata la matrice prima della sua arte,e a quella ora dà forma,quasi urgesse ormai,sul finale,dire quanto sia breve la strada,se per tutta la vita continuiamo a dire sempre la stessa cosa.
Negli otto sogni percorre la strada dal bambino al vecchio,perchè dentro questa breve vita soffriamo,amiamo,temiamo e dunque sognamo,e nei sogni si raccoglie in simboli quello che l’arte fa diventare più reale del reale.
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Abbandonata l’epica,esplorate le ragioni del cuore e della mente,dopo aver dimostrato nei fatti,nelle storie,nelle scelte linguistiche,che l’unico colore “è il colore dell’uomo”,a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca,Kurosawa,con questo sogno in otto quadri,apre quella parte di sé che è stata la matrice prima della sua arte,e a quella ora dà forma,quasi urgesse ormai,sul finale,dire quanto sia breve la strada,se per tutta la vita continuiamo a dire sempre la stessa cosa.
Negli otto sogni percorre la strada dal bambino al vecchio,perchè dentro questa breve vita soffriamo,amiamo,temiamo e dunque sognamo,e nei sogni si raccoglie in simboli quello che l’arte fa diventare più reale del reale.
Il bambino dei primi due sogni attraversa incantamenti e paure che dipingono di colori,fiori e suoni gli scenari di quella natura fiabesca che tanto affascinò Van Gogh.Il bambino può credere,nella dimensione mitica dell’infanzia,che le volpi siano dove nasce l’arcobaleno e che i peschi rifioriscano dove l’uomo ha fatto il deserto,ma l’uomo,immerso nella tormenta,può perdere facilmente la strada.
Il tempo del terzo sogno è quello dell’incubo,piombo spinge sul fondo mentre si dissolve nell’aria il velo della sirena incantatrice.
Il campo base,la salvezza, è la visione insperata del mattino,ma quanto dolore costa il risveglio?
E convivere con i nostri sensi di colpa? Dal tunnel del quarto sogno,che ogni volta ci risucchia,escono morti che bisogna esorcizzare per continuare a vivere,rimandandoli nel loro nulla, mentre il cane ringhioso della coscienza esce ad azzannarci.
Ma la pena del vivere è anche tragedia collettiva,se dal Fuji scende una nuvola nera,rossa,gialla,blu (il colore dei veleni elencati dallo scienziato)e non basta un giubbottino sventolato disperatamente a diradarla (nei sogni si crede ai miracoli, a volte).
Nel mare gonfio e scintillante,oltre lo sperone di roccia,c’è una tomba comune di smisurata capienza. Chi sopravvive avrà un insolito destino:recuperata la fisionomia mostruosa delle origini,ritroverà una collocazione di classe e saprà da chi e quando sarà divorato,bisogna solo essere nella categoria sottostante.
Il delirio onirico di questi due sogni,prima di placarsi nell’idillio dell’ultimo,trova una magica pausa nella fantasia vangoghiana del quinto,visionarietà pura,entrare in un quadro e perdervisi.
E’ il momento forse più bello del film:Scorsese truccato da Van Gogh con l’orecchio bendato che ringhia all’ammiratore,che ha scavalcato i confini dell’immaginario,di non poter perdere tempo con lui, il sole lo costringe a dipingere…e poi dentro di sè troverà il vuoto,mentre uno stormo di corvi neri si alza gracchiando sul campo di grano.
Sul finire del tempo Kurosawa colloca il sogno dei sogni,il mito che l’uomo ha creato per non convincersi di essere definitivamente infelice:l’età dell’oro.
Una natura primordiale,intatta,un mondo dai ritmi semplici,dove morire è il normale epilogo del vivere e si festeggia con canti, colori e maschere.Mentre scorre il festoso corteo funebre, il vecchio artigiano ancora al lavoro parla dei suoi 103 anni al giovane passante.Tra poco toccherà a lui, è il ciclo naturale delle cose.
“Sono un uomo fortunato” disse di sé Kurosawa nel ’51, l’anno di Rashomon.
Conosciamo le sue traversìe successive,ma siamo convinti che questa passione di essere al mondo non l’abbia mai abbandonato,se fa dire al vecchio dell’ultimo sogno “dicono che la vita è dura,ma creda a me,vivere è bello,anzi,è entusiasmante?
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luigi chierico
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mercoledì 19 giugno 2013
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vivere nei “sogni”
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Vorrei essere un buon critico per poter commentare, come si conviene, questo capolavoro, dovrò invece limitarmi a dire le mie impressioni e sensazioni con quello che hanno goduto i miei occhi, raccolto la mia anima, colpito ed illuminato la mia ragion d’essere.
Generalmente non rientra nella mia abitudine soffermarmi sulla trama, perché sarebbe come anticipare ad un tifoso il risultato di una partita che si appresta a vedere.
Il grande Akira Kurosawa ci invita a partecipare ad 8 sogni che vogliono essere un monito per l’umanità, contro la devastazione e la distruzione, l’abbandono delle tradizioni, per il ritorno, 9nvece, alla coscienza, al rimorso di ogni genere di nefandezza, dalla guerra allo sterminio, dalla distruzione del creato all’inferno, che è l’inferno che l’uomo si porta dentro.
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Vorrei essere un buon critico per poter commentare, come si conviene, questo capolavoro, dovrò invece limitarmi a dire le mie impressioni e sensazioni con quello che hanno goduto i miei occhi, raccolto la mia anima, colpito ed illuminato la mia ragion d’essere.
Generalmente non rientra nella mia abitudine soffermarmi sulla trama, perché sarebbe come anticipare ad un tifoso il risultato di una partita che si appresta a vedere.
Il grande Akira Kurosawa ci invita a partecipare ad 8 sogni che vogliono essere un monito per l’umanità, contro la devastazione e la distruzione, l’abbandono delle tradizioni, per il ritorno, 9nvece, alla coscienza, al rimorso di ogni genere di nefandezza, dalla guerra allo sterminio, dalla distruzione del creato all’inferno, che è l’inferno che l’uomo si porta dentro.
Vi è il ritorno all’apprezzamento della natura, nello spirito attonito e nostalgico di un bambino per l’abbattimento di un pescheto, come, attraverso l’arte, nello stupore di un visitatore di una pinacoteca.
Il sogno finale è un augurio di un ritorno alla vita semplice, a dimensione dell’uomo, priva che si evolvesse.
Gli 8 sogni:
il matrimonio delle volpi
il pescheto
la tempesta
il tunnel
i corvi
Fuji in rosso
Demone che piange
il villaggio dei mulini
In sostanza ricorda la creazione con un avvertimento all’uomo, che non è quello di non raccogliere il frutto proibito, ma al bambino, all’umanità che viene al mondo, di non guardare….di non scoprire i segreti di quel che accade attorno a noi.
La disobbedienza, il perdono, l’arcobaleno!
La scomparsa, per colpa dell’uomo del giardino dell’Eden, la nostalgia di un innocente fanciullo, l’umanità privata, commuove la Divinità ridando un germoglio, per una vita nuova.
Lo sconcerto della coscienza tra l’essere o non essere, obbedire o contestare, cedere alle passioni o salvarsi.
La terribile voce della coscienza attraverso il buio dell’anima che ti segue e ti rimprovera per il resto della vita.
L’ingresso nel mondo della natura attraverso i dipinti, l’uomo ci si muove meglio che nella realtà che va distruggendo, vede quel che va scomparendo alla sua vista.
Nel contrasto di un mondo di guerra e di distruzione che tutto rovina e trasforma, forse per sempre, c’è un ricordo: Hiroshima 6 agosto 1945 h.8,16 e 8 secondi, la fine dell’uomo voluta dall’uomo, un crimine contro l’umanità.
I demoni non puniranno mai tanto i colpevoli.
Un monito: Uomo fermati, guarda indietro, non serve correre, calpestare i fiori e l’erba trasgredire alle consuetudini; ammira un vecchio che lavora alla sola luce del giorno, finché abbandonerà una vita fortunata nel tripudio della sua gente.
Tutto questo accompagnato da una buona colonna sonora, ma soprattutto dallo sfarzo dei costumi
In una esplosione di colori, la fantasia non incontra limiti, il racconto avvincente, non c’è il tempo di pensare e riflettere, occorre vedere, vedere, vedere. Ogni immagine deve rimanere espressa nella mente e nel cuore, come per il cinese allorché fa il suo ingresso in un mondo fantastico, quasi irreale, espresso con la magia del pennello.
Il film nello splendore del colore e dei costumi soddisfa l’occhio e riempie lo spirito, arrivando al cuore di chi ama la vita ed il creato.
La bellezza della natura è un trionfo, va difesa e custodita perché tutti nell’apprezzarla, possano amarla e salvaguardarla da ogni minaccia che viene dall’uomo.
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lucaguar
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lunedì 28 ottobre 2013
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l'ultimo kurosawa stupisce ancora
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Vari elementi possono far intuire che "Sogni" sia il vero e proprio testamento artistico del grandissimo Akira Kurosawa. In questo film infatti tanti elementi della poetica del regista giapponese si uniscono perfettamente (teatro, epica, introspezione umana, solo per citarne alcuni) e fanno di questa pellicola un vero capolavoro, benchè il regista di Tokyo ci abbia abituato a vette talmente alte di espressione cinematografica che questo, nonostante il suo spessore, non sia considerato IL film di Kurosawa.
Attraverso otto episodi il regista ci fa entrare in una dimensione onirica, costantemente presente in tutto il film, che si tramuta in un surrealismo sempre equilibrato, mai banale e, come vedremo, strettamente collegato alla vita umana.
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Vari elementi possono far intuire che "Sogni" sia il vero e proprio testamento artistico del grandissimo Akira Kurosawa. In questo film infatti tanti elementi della poetica del regista giapponese si uniscono perfettamente (teatro, epica, introspezione umana, solo per citarne alcuni) e fanno di questa pellicola un vero capolavoro, benchè il regista di Tokyo ci abbia abituato a vette talmente alte di espressione cinematografica che questo, nonostante il suo spessore, non sia considerato IL film di Kurosawa.
Attraverso otto episodi il regista ci fa entrare in una dimensione onirica, costantemente presente in tutto il film, che si tramuta in un surrealismo sempre equilibrato, mai banale e, come vedremo, strettamente collegato alla vita umana.
"Sogni" ci coinvolge, facendoci viaggiare nel tempo e nello spazio attraverso un vero e proprio percorso di vita (quello di Kurosawa forse?) che parte dall'infanzia nei primi due episodi con protagonista un bambino, per passare all'età adulta negli episodi centrali e per giungere infine alla saggia confessione di un anziano all'epilogo della propria vita.
Questo percorso è eseguito magistralmente, attraverso bellissimi suoni e sgargianti colori, che danno la vera impressione di sognare ad occhi aperti; meravigliosa in tal senso è la danza rituale degli spiriti degli alberi nel secondo episodio "Il pescheto" e altrettanto suggestivo è viaggio del protagonista all'interno del quadro di Van Gogh nel episodio "Corvi". Tutti i sogni sono caratterizzati da una "serenità drammatica", che a mio avviso rappresenta perfettamente il percorso della vita, che Kurosawa vuole presentarci attraverso la sua esperienza onirica. L'aspetto più straordinario sta però nel fatto che tramite storie apparentemente prive di nesso logico il regista riesce a creare splendidamente un ritratto completo dell'esperienza della vita, in tutta la sua bellezza e tutta la sua deformità, ma che trova il suo compimento nel messaggio finale del vecchio al tramonto della sua vita (qui sicuramente il cineasta è autobiografico), il quale, nonostante tutto, ci dice che "la vita è entusiasmante". Proprio così, entusiasmante è la parola che più sia addice a questo film, che personalmente mi ha toccato il cuore e riscaldato lo spirito come pochi altri hanno fatto. Una straordinaria lezione di verità e di etica espressa attraverso il racconto di un percorso di vita ma anche attraverso un chiaro, profondo e nostalgico messaggio ecologista di denuncia verso la vita frenetica e necessitata degli esseri umani i quali, presi dai loro interessi, non sono più in grado di sentirsi parte della natura e che, sfruttando a dismisura le risorse della Terra, finiranno per distruggere anche loro stessi. Impossibile però non tornare ad approfondire l'aspetto estetico "entusiasmante" almeno quanto quello morale dell'opera. Questo film gode della solita "teatralità" tipica delle opere di Kurosawa, ma che qui, presentatosi attraverso una realtà onirica, riesce a trovare la sua massima espressione. Un altro aspetto sicuramente degno di nota sta nel fatto che nel corso degli episodi non si perde mai quella sensazione di pace e di purezza, e nonostante alcuni episodi tragici, non si ha mai la sensazione di cupezza.
Un opera staordinaria, che colpisce per la sua particolarità e che si fa amare subito, non solo per la profondità del senso morale, ma anche per il modo in cui è espresso, originale e che restererà meritatamente nella storia della settima arte. Se il cinema deve dare emozioni, "Sogni" è vero cinema. Grazie Kurosawa.
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iuriv
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giovedì 9 marzo 2017
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si lascia dietro qualcosa.
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Film a episodi nel quale Kurosawa mette in scena dei piccoli racconti ispirati ad alcuni sogni che dice di aver avuto nel corso della sua vita.
Una pellicola difficile da approcciare, almeno per me, in quanto i primi due racconti narrati, quelli col bimbetto per capirci, sono anche i più indigesti. Forse sono i riferimenti alla cultura giapponese che io non capisco, o magari l'atmosfera fiabesca che li avvolge e che ritroveremo alla fine della visione, ma la tentazione di mollare è stata forte.
Sarebbe stato un errore imperdonabile, però. Perché superati i primi due spezzoni il film di Kurosawa mette sul piatto una serie di riflessioni potenti su varie sfumature dell'umanità.
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Film a episodi nel quale Kurosawa mette in scena dei piccoli racconti ispirati ad alcuni sogni che dice di aver avuto nel corso della sua vita.
Una pellicola difficile da approcciare, almeno per me, in quanto i primi due racconti narrati, quelli col bimbetto per capirci, sono anche i più indigesti. Forse sono i riferimenti alla cultura giapponese che io non capisco, o magari l'atmosfera fiabesca che li avvolge e che ritroveremo alla fine della visione, ma la tentazione di mollare è stata forte.
Sarebbe stato un errore imperdonabile, però. Perché superati i primi due spezzoni il film di Kurosawa mette sul piatto una serie di riflessioni potenti su varie sfumature dell'umanità.
Gli alpinisti nella tormenta, il comandante alle prese con i fantasmi dei suoi sottoposti, l'epica eruzione del Fuji sono momenti durante i quali la cupezza del pensiero proposta dal regista rimane attaccata allo spettatore. Immagini di una potenza rara, filtrate dallo stile onirico che Kurosawa cerca di riproporre attraverso scenografie ed effetti speciali volutamente lontani dal realismo.
C'è spazio per ogni sorta di racconto, quasi che il regista giapponese, ormai ottantenne, abbia deciso di lasciarsi andare completamente e senza freni: dal viaggio dentro il mondo di van Gogh, a un mondo post apocalittico abitato da demoni, qui c'è davvero di tutto. E quasi tutto è fantastico.
Certo, bisogna adattarsi a una narrazione che dilata il tempo fin quasi a fermarlo e, in questo senso, i primi due capitoli aiutano ad ambientarsi.
Poi si viene travolti da uno spettacolo visivo e narrativo che resta impresso a lungo nella memoria.
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