L'ultima tentazione di Cristo |
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Un film di Martin Scorsese.
Con Barbara Hershey, Harvey Keitel, Willem Dafoe, David Bowie, Verna Bloom.
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Titolo originale The Last Temptation of Christ.
Religioso,
durata 161 min.
- USA 1988.
- VM 14 -
MYMONETRO
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Attraversa il tempo senza invecchiare. Geniale
di FrancescoFeedback: 0 |
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mercoledì 19 gennaio 2005 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La visione del film sconfessa l'etichetta che la Conferenza Episcopale Italiana gli attribuì all'epoca ("il film merita il silenzio che si deve alla mediocrità") e dimostra che non basta essere diligenti esecutori alla Gibson (tra fotogrammi da macelleria e citazioni in aramaico) per arrivare a grandi risultati. Ci vuole altro. Il coraggio di osare, di porsi domande senza sfidare l'ambito religioso in senso stretto. L'unico paragone degno rimane quello con "Il Vangelo secondo Matteo", nel quale Pasolini insegna a schiere di registi che non sussiste bisogno di colori o effetti speciali per lasciare la sensazione dell'immanente: basta la volontà di realizzare un buon prodotto e la presenza di un attore mediamente espressivo (Irazoqui, un ragazzo preso dalla strada ed usato-sfruttato con metodo neorealista). Il film non è adatto a chi desidera la rassicurante piattezza del credo, e lo dimostra dalla prima scena, in cui un dafoe da oscar declama i suoi dubbi. Altre scene arrivano a comporre in un turbinoso crescendo l'interrogativo di fondo, e lasciano ampio spazio alla discussione (pur prestando il fianco a critiche di vaghezza). I motivi che hanno indotto la maggioranza a "tenere sotto traccia" la pellicola sono noti, e non serve dilungarsi sul tema. Va comunque evidenziato che tra il non capire ed il rifiutare c'è in mezzo il non volersi interrogare. Film scomodo e pungente in numerosi passaggi, in grado di alterare i normali (marmorei, dogmatici) canoni religiosi senza mai oltrepassare la linea della decenza. Il fatto che sia stato condannato prima ancora di esser visto dimostra la cecità della Chiesa moderna, la stessa che ha condannato e condanna la gioventù italiana ad un ruolo subalterno nel panorama europeo. Non si sconfina nel truculento, non si devasta lo spettacolo con fuorvianti effetti speciali (Scorsese ne limita l'uso a vantaggio della narrazione). Ottimo il doppiaggio anche rispetto all'audio originale (che consiglio ugualmente per non perdere la contrapposizione tra ebrei con dialetto di NY e romani con accento british); straordinaria la prova recitativa del cast e la fotografia sgranata e satura di cromatismi, immensa, indimenticabile la colonna sonora affidata a Peter Gabriel. Un film che merita la visione incondizionata da parte di un pubblico pensante, quello che vorremmo vedere sempre nelle sale perchè capace di interagire in modo critico senza pregiudizi.
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