nicola1
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domenica 28 ottobre 2018
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una vergogna indescrivibile
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Un ennesimo capolavoro di David Lean e in Italia non esiste il DVD. Mai satampato. Oltre una vecchia edizione in VHS il DVD non è stato mai stampato (e non parlaimo di Blu Ray) O si, certo per gli acculturati trovi "Natale in India" con Boldi-De Sica, E poi fanno tutte quelle leggi anti pirateria...
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totybottalla
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venerdì 6 aprile 2018
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i misteri dell'india!
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Il film racconta una storia velata di mistero ambientata nell'India colonizzata dagli inglesi, è il 1920...Il film di David Lean, certamente ben girato, rimane imbrigliato dentro una narrazione che si divide fra politica, tradizioni e mistero senza però mai decidersi, i personaggi si muovono su un piano onirico lasciando così la storia nel suo epilogo ad una interpretazione soggettiva che va forse ricercata in un contesto introspettivo. Saluti.
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marco michielis
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lunedì 21 dicembre 2015
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meraviglioso
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La grandezza di "Passaggio in India" sta tutta nel sapere coniugare alla perfezione il progresso e l'evolversi della Storia con il manifestarsi e lo schiudersi a poco a poco del sentimento e del conseguente dramma interiore. Questa convivenza di aspetti così distanti è, del resto, favorita e incoraggiata dal ruolo simbolico che i protagonisti si trovano ad assumere all'interno della vicenda: dalla signora e signorina inglesi, le splendide Peggy Ashcroft e Judy Davis, che, partite piene di speranze alla volta dell'India, come giustamente osserva Mereghetti, subiscono «la fascinazione sensuale esercitata dalla cultura esotica sull'animo britannico», al dottor Aziz, un colonizzato che neanche troppo inconsciamente aspira ad assomigliare ai colonizzatori, passando dal Professor Godbhole, il quale incarna proprio quell'esoterismo che tanto attrae le due donne e sembra quasi conoscere gli sviluppi del futuro, barricato nei suoi dogmi legati alla reincarnazione e al nirvana.
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La grandezza di "Passaggio in India" sta tutta nel sapere coniugare alla perfezione il progresso e l'evolversi della Storia con il manifestarsi e lo schiudersi a poco a poco del sentimento e del conseguente dramma interiore. Questa convivenza di aspetti così distanti è, del resto, favorita e incoraggiata dal ruolo simbolico che i protagonisti si trovano ad assumere all'interno della vicenda: dalla signora e signorina inglesi, le splendide Peggy Ashcroft e Judy Davis, che, partite piene di speranze alla volta dell'India, come giustamente osserva Mereghetti, subiscono «la fascinazione sensuale esercitata dalla cultura esotica sull'animo britannico», al dottor Aziz, un colonizzato che neanche troppo inconsciamente aspira ad assomigliare ai colonizzatori, passando dal Professor Godbhole, il quale incarna proprio quell'esoterismo che tanto attrae le due donne e sembra quasi conoscere gli sviluppi del futuro, barricato nei suoi dogmi legati alla reincarnazione e al nirvana.
Non è forse il più universalmente noto dei capolavori di David Lean, ma di certo uno di quelli che più si avvicinano a tale definizione, con la sua prodigiosa precisione e facilità di passaggio dalle classiche e magnifiche riprese paesaggistiche in panoramico ai primi piani ravvicinati che sanno descrivere i turbamenti emotivi in atto nell'animo dei personaggi, aiutati in questo anche dall'espressività e dal talento degli interpreti. Come dimenticare, infatti, Adela in lacrime all'interno della grotta che spegne con un soffio il fiammifero e osserva con il cuore gonfio di stupore e dolore per il sentimento nascente Aziz all'ingresso, oppure Mrs. Moore che si accascia dolcemente sulla via del ritorno in patria in una sorta di panismo che abbraccia anche le onde del mare e il cielo stellato...
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goldy
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sabato 11 aprile 2015
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una diversa lettura del mondo
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Tratto dal famoso romanzo di E.M. Forster, il libro fu pubblicato in Inghilterra negli anni '20 con l'intento di condannare il sarcasmo e la tronfia arroganza inglese. L'ideologia imperialista considera i paesi sottomessi come luoghi disabitati invece che abitati da popoli con una propria tradizione, una propria stopria, una propria dignità. Fioster che soggiornò a lungo in India fu conquistato dala cruda realtà indiana e dalla dolcezza dei musulmani di cui divenne amico. Il regista apporta qualche cambiamento rispetto al libro attenuando il risentimento verso i propri connazionali sottolinenado invece aspetti che hanno maggior rilevanza per la realtà contemporanea quali le difficoltà a superare le barriere razziali, culturali e religiose che invece la globalizzazione richiede e induce a riflettere su quanto pesanti siano i vincoli storici, geografici , razziali che rendono così problematici l'integrazione tra i popoli.
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Tratto dal famoso romanzo di E.M. Forster, il libro fu pubblicato in Inghilterra negli anni '20 con l'intento di condannare il sarcasmo e la tronfia arroganza inglese. L'ideologia imperialista considera i paesi sottomessi come luoghi disabitati invece che abitati da popoli con una propria tradizione, una propria stopria, una propria dignità. Fioster che soggiornò a lungo in India fu conquistato dala cruda realtà indiana e dalla dolcezza dei musulmani di cui divenne amico. Il regista apporta qualche cambiamento rispetto al libro attenuando il risentimento verso i propri connazionali sottolinenado invece aspetti che hanno maggior rilevanza per la realtà contemporanea quali le difficoltà a superare le barriere razziali, culturali e religiose che invece la globalizzazione richiede e induce a riflettere su quanto pesanti siano i vincoli storici, geografici , razziali che rendono così problematici l'integrazione tra i popoli.
Particolarmente mortificante è la definizione del personaggio interpretato da Alec Guinnes che nel film appare come personaggio insipiente e minore mentre nel libro è personaggio chiave per capire la complessità e la peculiarità della cultura indiana. Quando Mr Fielding gli chiede se ritiene Aziz colpevole o meno Godbole non ersprime alcun giudizio, non alza nemmeno un dito per l'amico che potrebbe essere salvato con il suo aiuto. Per un occidentale il suo sarebbe un compofrtamento ritenuto riprovevole. Non è così per un induista che ritiene che l'uomo non debba agire per cambiare il mondo. La condizione terrena è solo il necessario passaggio per ricongiungersi con una realtà spirituale al di sopra e al di fuori di noi. Inutili sono gli affanni e le preoccupazioni rispetto a una realtà il cui andamento viene deciso da forze a noi estranee e non condizionabili. Questo atteggiamento aiuta molto a capire il perchè della molta miseria e dell'indifferenza verso l'ambiente che caratterizza ancora oggi l'India.
Il film , rivisto oggi, recupera una sua freschezza proprio per l'attualità degli argomenti e per le riflessioni sulle difficoltà che rendonio i rapporti interculturali così complessi la cui soluzione fatica a fare appello alla razionalità e all'accettazione piuttosto che al rifiuto e al separatismo.
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francesco2
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mercoledì 8 giugno 2011
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il raggio indiano
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In pieni anni '80, gli anni degli ivoriani "Camera con vista" e "Maurice", ma anche del "Raggio verde" rohmeriano, nasce questo (Vero?) cult-movie d'autore, che secondo qualcuno Ivory avrebbe girato meglio. Dal punto di vista della messinscena, talora approssimativa,forse è vero, ma ho i miei dubbi quanto ad implicazioni psicologiche.
La protagonista si affaccia per la prima volta ad un altro mondo (Geografico, ancora prima che culturale), accompagnata da una figura un pò convenzionale ma anche britannicamente sottile come la zia, proprio in un momento in cui deve fare luce sul SUO mondo, su cosa la spinga veramente a prendere certe decisioni,ammesso vadano prese. In realtà l'ALTRO non è neanch'esso originale in termini di personaggi,data la figura fondamentale dell' indiano mite ed innocente, che poi -Plausibilmente- nell'India degli anni'20 rischierà di essere vittima dell'arroganza degli stranieri.
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In pieni anni '80, gli anni degli ivoriani "Camera con vista" e "Maurice", ma anche del "Raggio verde" rohmeriano, nasce questo (Vero?) cult-movie d'autore, che secondo qualcuno Ivory avrebbe girato meglio. Dal punto di vista della messinscena, talora approssimativa,forse è vero, ma ho i miei dubbi quanto ad implicazioni psicologiche.
La protagonista si affaccia per la prima volta ad un altro mondo (Geografico, ancora prima che culturale), accompagnata da una figura un pò convenzionale ma anche britannicamente sottile come la zia, proprio in un momento in cui deve fare luce sul SUO mondo, su cosa la spinga veramente a prendere certe decisioni,ammesso vadano prese. In realtà l'ALTRO non è neanch'esso originale in termini di personaggi,data la figura fondamentale dell' indiano mite ed innocente, che poi -Plausibilmente- nell'India degli anni'20 rischierà di essere vittima dell'arroganza degli stranieri. In realtà, comunque, in quel contesto un pò prevedibile e bozzettistico emergono i fermenti della tensione, sia limitatamente al travaglio interiore della protagonista (Si pensi a quella scena, forse piuttosto plateale, dell'incontro (Sfiorato) scontro con le scimmie), sia a momenti in cui i cadaveri cui si era accennato sembrano veramente galleggiare nell'acqua.
Questa inquietudine del personaggio femminile mi ha suggerito il titolo per questa recensione: è come se per lei, come per la protagonista del bellissimo ed immortale film rohmeriano, il contatto con gli altri fosse un collage di momenti ed esperienze che la spingono a conoscere meglio sé stessa. Ciò che la distingue, però, è un'inspiegata ma magari non inspiegabile scelta di un capro espiatorio per trovarsi al centro dell'attenzione (Forse), o per sfogare su un rappresentante del sesso forte (Sic!) il disagio verso gli uomini: sarà per questo che cambia spesso idea sul proposito di sposarsi, o piuttosto come ho detto l'inquietudine che trapela all'esterno è una metafora dei tormenti che l'assillano?
E' a quel punto che l'opera di Lean assume un significato -Parzialmente- più esplicitamente sociale, dove la giovane inglese sperimenta (Quasi) sulla propria pelle i connotati di bestia che le persone possono assumere, come quelle scimmie che avevano rischiato seriamente di aggredirla, aggrediti a loro volta da uomini ancora più bestie di loro. Non mancano scene eccessivamente plateali, o parole di denuncia un pò retorica affibbiate all'indiano ("Lo so perché è venuto qua: voi indiani siete tutti uguali!", e il racconto appare un pò dilatato. Un esempio comunque di cinema che trasmette un messaggio e lo fa sostanzialmente bene,lasciando però il sospetto che "La mia Africa" fosse un esempio migliore, quanto a presa di coscienza e conoscenza femminilmente parlando, nei primi decenni del secolo scorso.
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mondolariano
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mercoledì 27 aprile 2011
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superiore al romanzo
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Film-fiume concepito come un colossal, che passando in India ha lasciato un segno anche nella storia del cinema. L’opulenza dei mezzi è solo un fondale che fa da cornice ad un complesso psicologico variegato, grandioso affresco storico e di costume, spinto nella marea montante di una natura selvaggia che a poco a poco si fa dramma. Superiore al romanzo originale (che è poco avvincente nel momento culminante nella grotta), esotico, plateale, impreziosito da centinaia di comparse autenticamente indiane e da un ottimo terzetto di protagonisti. Il medico Aziz, prima di tutto, cui lo sconosciuto Victor Banerjee fornisce una prova indimenticabile di recitazione. Il direttore del college Fielding (non il più celebre Alec Guinness, che interpreta invece la parte secondaria del filosofo), solidissimo nel ruolo di amico degli oppressi quale tagliente autocritica all’imperialismo britannico.
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Film-fiume concepito come un colossal, che passando in India ha lasciato un segno anche nella storia del cinema. L’opulenza dei mezzi è solo un fondale che fa da cornice ad un complesso psicologico variegato, grandioso affresco storico e di costume, spinto nella marea montante di una natura selvaggia che a poco a poco si fa dramma. Superiore al romanzo originale (che è poco avvincente nel momento culminante nella grotta), esotico, plateale, impreziosito da centinaia di comparse autenticamente indiane e da un ottimo terzetto di protagonisti. Il medico Aziz, prima di tutto, cui lo sconosciuto Victor Banerjee fornisce una prova indimenticabile di recitazione. Il direttore del college Fielding (non il più celebre Alec Guinness, che interpreta invece la parte secondaria del filosofo), solidissimo nel ruolo di amico degli oppressi quale tagliente autocritica all’imperialismo britannico. L’australiana Judy Davis, infine, dal viso carino non immune dal fascino dell’India misteriosa capace di evocare gli spiriti e confondere le idee (il terribile rimbombo delle grotte, le scimmie, l’incubo dello stupro, l’incontro onirico tra Aziz e l’anziana signora, il tutto suggellato dall’apparizione sporadica della figlia Stella prima dell’ultimo addio).
Da conservare in cineteca. Quattro stelle e mezzo.
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ciukki
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giovedì 6 agosto 2009
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e ora voglio leggerlo(o rileggerlo)
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lETTERATURA E CINEMA QUI IN UN ABBRACCIO INCONSUETAMENTE FELICE:TUTTO CALIBRATO,ATTORI IN GIUSTA VENA,E SI OTTIENE IL RISULTATO SPERATO IN QUESTI CASI:e ora voglio leggere il libro...
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emanuel
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un feroce atto d'accusa contro l'arroganza razzista
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Forse Ivory l'avrebbe realizzato meglio e certo il personaggio di Adela sarebbe stato perfetto per Helena Bonham-Carter, ma anche diretto da Lean il filma sa rendere perfettamente l'atmosfera razzista e claustrofobica dell'India coloniale. Chiunque abbia una normale coscienza democratica non può che fremere davanti all'arroganza, alla presunzione ed alla profonda ignoranza dei colonizzatori inglesi, perfettamente convinti della loro supposta superiorità e del tutto impermeabili al ridicolo. Un feroce atto d'accusa contro tutte le dittature di ieri e di oggi.
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