Chi vive in quella casa?

 Conobbi "The Comeback" in una domenica di metà anni '80, durante un passaggio televisivo notturno, sull'onda d'urto dei britannici episodi "Hammer House of Horror" dei quali pareva degna estensione e lo trovai esattamente come doveva essere: inquietante. Tutto comincia con l'arrivo di Gail Cooper nelle Docklands, quartiere portuale di Londra. Ivi, celato in un anonimo palazzo a prova di fanatici si trova il super attico dove lei ed il famoso cantante Nick Cooper abitavano prima del divorzio. La casa coniugale è ormai sfitta. I drappi bianchi che coprono il mobilio sono come lenzuola fantasmagoriche di un passato ormai perduto. La rigogliosa vegetazione della veranda è l'unico segno tangibile della vita presente. Gail è lì per raccogliere i propri effetti personali e sembra visibilmente compiaciuta nel camminare tra i ricordi. Il sopraggiungere di Gail nell'appartamento è un memorabile incipit cinematografico, un assolo di classe e grazia destinato a finire nel peggiore dei modi, per lasciare spazio alle note musicali successive. E tu, spettatore, subito cogli che qualcosa non funziona, che c'è qualche intruso sulla scena, come quel pericoloso falcetto poggiato sul tavolino che chiunque potrebbe brandire. Ma cogli anche il particolare senso di raffinatezza con il quale Pete Walker riveste le sue muse femminili. Come fu per Stephanie Beacham nei film precedenti, così è qui per Holly Palance. Ho amato Holly Palance in questo film. Lei, la vera signora borghese di un tempo, della fine degli anni '70. Un gusto unico nell'arredare la casa, un tocco altrettanto elegante nell'ammobiliare la vita. E' ricca, è capricciosa. Ha scippato un uomo alle sue groupie, al suo agente discografico, alla sua carriera e alla sua patria contravvenendo alla volontà di tutti e moltiplicando nemici. Entra intera nel film, ne esce subito cadavere. Alla Palance basta spesso solo una decina di minuti per segnare indelebilmente un film. Ci riuscì benissimo anche in "The Omen" (1976). L'intento di Walker era forse quello di rappresentare una parabola discendente, della donna fiera e charmant che gradatamente va in decomposizione totale. Come un sogno brillante che si dissolve fino a divenire incubo. Come il successo di Nick, tutto da ricominciare con "un ritorno", appunto, in pompa magna. Ma a tornare sono anche gli spettri del passato, come le allucinazioni che la sua mente, ancora ignara dell'omicidio, comincia a sperimentare nella tenuta dove si è recato per preparare il suo prossimo disco e nella quale lui, che tra i suoni ha sempre vissuto, per una specie di pena del contrappasso sente la voce di Gail, e pianti, e urla notturne. Il corpo di Gail nel mentre giace abbandonato per giorni sulle scale. Nulla è rimasto del suo orgoglio e della sua acconciatura da principessa Leila. La narrazione s'interrompe di frequente per tornare da lei come ad un feticcio ricorrente, insanguinata, inanimata, accompagnata dal solo suono delle sirene mercantili in lontananza, mentre il tempo si avvicenda nella vibrante città londinese che sta fuori. Finché il suo spirito indomito sopravvive a tutto facendo capolino di tanto in tanto, fino a prendere vita nell'ultima scena quando, da una finestra, manda l'ultimo, soprannaturale saluto al consorte ormai scampato ad una vicenda da incubo. Girato nel '77, "The Comeback" si fregia a buon titolo delle atmosfere che solo quegli anni erano in grado di donare al cinema e di una cifra registica ineccepibile che ti spingono a tornare a vederlo.