parsifal
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venerdì 27 ottobre 2017
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l'apparenza inganna ed il sorriso uccide
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Alberto Bevilacqua, eminente scrittore del ' 900 italiano, si cimentò con la regia cinematografica , per un periodo breve ma molto intenso , dando vita ad opere molto significativa, benchè di nicchia , dalla forte impronta letteraria e con un ' impostazione filosofica e psicanalitica. Il film in questione è ispirato a Le chant de Oyseaux di Clement Janequin, che narra di vicende imperniate sull 'amore ed i tradimento. La coppia e tutto ciò che la concerne era uno degli argomenti prediletti dello scrittore / regista. IL protagonista è MArcello , ( uno splendido e fulgido Manfredi, che collaborò anche alla sceneggiatura) un musicista dall'animo nobile.
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Alberto Bevilacqua, eminente scrittore del ' 900 italiano, si cimentò con la regia cinematografica , per un periodo breve ma molto intenso , dando vita ad opere molto significativa, benchè di nicchia , dalla forte impronta letteraria e con un ' impostazione filosofica e psicanalitica. Il film in questione è ispirato a Le chant de Oyseaux di Clement Janequin, che narra di vicende imperniate sull 'amore ed i tradimento. La coppia e tutto ciò che la concerne era uno degli argomenti prediletti dello scrittore / regista. IL protagonista è MArcello , ( uno splendido e fulgido Manfredi, che collaborò anche alla sceneggiatura) un musicista dall'animo nobile. puro sposato con Giulia ( M.Melato) donna avida e corrotta , dall'animo torvo , pronta a vendersi ad un odioso e borioso satrapo affetto da delirio di onnipotenza, interpretato da un poliedrico E. Wallach ( doppiato da Sergio Fiorentini), Così Marcello si ritroverà solo e deluso alla viglia della natività , mentre la sua famigli , figli compresi , sono nel feudo del non nobile signore. Rimane accanto lui il suo amico felino Wolfango e coloro che lo crebbero da bimbo, Salomone (Mario Scaccia) e la sua compagna che lo istruiranno per mettere in atto la vendetta. Marcello andrà dal ricco ed arrogante satrapo, si sottometterà ( apparentemente) ad ogni sorta di umiliazione, fingerà di mettere in vendita la sua famiglia, verrà etichettato come impotente dalla Sacra Rota ( i dialoghi tra lui ed i sacerdoti che si occupano della separazione , sono una lezione di teologia, impartita dalla mente di un ateo, quale era il compianto Bevilacqua), conoscerà tutti i loschi figuri di cui si circonda, compresi i suoi ex commilitoni della Decima Mas, fasciti violenti ed arroganti, dediti all'alcol e ad altri vizi. Tutto questo con un solo scopo; portare il disordine , lo scompiglio, seminare l'incertezza e far crollare il colosso dai piedi d'argilla e tutte le false certezze. Dare inquietudine a chi è troppo sicurodi sè. E così sarà, anche se il processo non sarà indolore, per nessuno. Da riscoprire e rivedere.
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great steven
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giovedì 5 febbraio 2015
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con un involucro sontuoso, ma vacuo all'interno.
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ATTENTI AL BUFFONE (IT, 1975) diretto da ALBERTO BEVILACQUA. Interpretato da NINO MANFREDI, MARIANGELA MELATO, ELI WALLACH, FRANCISCO RABAL, ENZO CANNAVALE, MARIO SCACCIA
Un quieto violinista, dopo una giornata di lavoro, rientra a casa e la trova tutta a soqquadro, e scopre che sua moglie non c’è più. Viene a sapere che è stata rapita ed è segregata da un ex gerarca fascista che vuole farne la sua concubina. Questo bieco e malvagio individuo vive in una villa che possiede pure un museo militare ed è circondata da un meraviglioso pieno di statue, e inoltre ha alle sue dipendenze un maggiordomo che segretamente lo sbeffeggia e un gruppo di prostitute a cui è affidato il compito poco serio di divertire le sue giornate.
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ATTENTI AL BUFFONE (IT, 1975) diretto da ALBERTO BEVILACQUA. Interpretato da NINO MANFREDI, MARIANGELA MELATO, ELI WALLACH, FRANCISCO RABAL, ENZO CANNAVALE, MARIO SCACCIA
Un quieto violinista, dopo una giornata di lavoro, rientra a casa e la trova tutta a soqquadro, e scopre che sua moglie non c’è più. Viene a sapere che è stata rapita ed è segregata da un ex gerarca fascista che vuole farne la sua concubina. Questo bieco e malvagio individuo vive in una villa che possiede pure un museo militare ed è circondata da un meraviglioso pieno di statue, e inoltre ha alle sue dipendenze un maggiordomo che segretamente lo sbeffeggia e un gruppo di prostitute a cui è affidato il compito poco serio di divertire le sue giornate. Al musicista pioveranno offerte (non solo in denaro) da tutte le parti affinché rinunci alla consorte, ma egli saprà sfoderare l’arma imbattibile dell’ironia con cui disgregherà il crudele avversario fino a distruggerlo. E si riprenderà la donna che gli appartiene di diritto. Ancora una volta, dunque, Davide ha sconfitto Golia. Bevilacqua ha realizzato ottime opere nella veste di scrittore che sicuramente gli è più congeniale: come regista, infatti, non s’è mai distinto particolarmente, e questo filmetto di nicchia è un esempio di come il cinema non abbia mai costituito per lui un veicolo espressivo adeguato e caratteristico. Di per sé, la storia ha anche una sua originalità intrinseca e accattivante (da ricordare il David di Donatello 1976 che la sceneggiatura di questo film ha vinto), ma l’andamento monotono e piatto della vicenda non riesce a riscattarla, anzi, la fa sprofondare in un bassofondo di bizzarria e caricatura involontaria che finisce solo per coprirla di ridicolo. La sontuosità della scenografia e la precisione della fotografia non bastano per abbellire una pellicola che tenta in tutte le maniere di emergere come discorso apologetico sull’importanza della famiglia, sul bisogno di sbarazzarsi di antiche convenzioni socio-politiche e sull’utilizzo dei più sottili sistemi psicologici allo scopo di sconfiggere gli avversari, ma c’è pure una messinscena che rovina il tutto dando troppo spazio alle ripetizioni e privilegiando un decadentismo filmico che imprime un ritmo e una camminata eccessivamente vuoti e inutilmente sfarzosi. Per dirla con una similitudine, Attenti al buffone assomiglia ad una sorta di calice dell’ultima cena decoratissimo e faraonico all’esterno ma riempito di un vino pessimo e rancido. Ha addosso un simulacro che lo ricopre e gli conferisce un’apparente fattura pregiata, ma se lo si guarda più a fondo si individua una vacuità irritante e insignificante. Nemmeno le interpretazioni aiutano ad alzare la media, sebbene tutti gli attori (o quasi) siano in parte, e abbiano ciascuno un ruolo che si addice alle proprie corde recitative: Manfredi è più controllato del solito, fa meno battute divertenti ma è comunque a suo agio nel ruolo di un atipico protagonista che riscopre dentro di sé un’incredibile potenzialità mentale che gli servirà per annientare, anche psicologicamente, il suo indesiderato rivale; se Manfredi suona uno zufolo, ad esso si contrappone il trombone di Wallach, che nella parte del cattivo si è sempre cimentato con successo, benché questo fascistone lussurioso e grossolano sia riuscito solo in parte; la Melato, contrariamente a come siamo abituati a vederla, appare scolorita e svilita, e di certo una parte così sottotono non valorizza la sua consueta parlantina micidiale e la sua innata energia; in conclusione, Scaccia colorisce un po’ troppo il suo personaggio di eccentrico aiutante del protagonista, esagerando con i salamelecchi e l’esasperata meccanizzazione dei dialoghi satirici e sarcastici, mentre Cannavale se la cava recitando la parte dell’assistente del carattere principale con piglio arguto e velata serenità.
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