stefano
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martedì 21 febbraio 2006
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"lascia perdere, jake: è chinatown!"
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Jake Gittes (Jack Nicholson, indimenticabile con il suo consueto ghigno e il cerotto sul naso) è un detective privato cinico e senza scrupoli nell’assolata e torrida Los Angeles degli Anni ’30, che ricorda da vicino Philip Marlowe e Sam Spade per la brutalità dei suoi modi e per il suo sardonico senso dell’umorismo. Assunto per indagare su quello che sembra un banale caso di infedeltà coniugale, Jake si renderà ben presto conto di essere stato raggirato, e finirà per restare coinvolto in un’intricatissima serie di complotti, omicidi e doppi giochi, tra corruzione politica e torbidi segreti familiari. Suo malgrado, il detective deciderà di indagare per conto proprio sulle oscure vicende nelle quali è stato trascinato, con la renitente collaborazione di un’affascinante signora dell’alta società, Evelyn Mulwray (una splendida Faye Dunaway).
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Jake Gittes (Jack Nicholson, indimenticabile con il suo consueto ghigno e il cerotto sul naso) è un detective privato cinico e senza scrupoli nell’assolata e torrida Los Angeles degli Anni ’30, che ricorda da vicino Philip Marlowe e Sam Spade per la brutalità dei suoi modi e per il suo sardonico senso dell’umorismo. Assunto per indagare su quello che sembra un banale caso di infedeltà coniugale, Jake si renderà ben presto conto di essere stato raggirato, e finirà per restare coinvolto in un’intricatissima serie di complotti, omicidi e doppi giochi, tra corruzione politica e torbidi segreti familiari. Suo malgrado, il detective deciderà di indagare per conto proprio sulle oscure vicende nelle quali è stato trascinato, con la renitente collaborazione di un’affascinante signora dell’alta società, Evelyn Mulwray (una splendida Faye Dunaway). Realizzato nel 1974, “Chinatown” ha tutti gli ingredienti di un classico del genere noir: una trama complicatissima quasi quanto quella de “Il grande sonno”, la magistrale regia di Roman Polanski, l’eccellente sceneggiatura di Robert Towne, la magnifica colonna sonora di Jerry Goldsmith, un finale memorabile che lascia il segno, e soprattutto due protagonisti perfetti: il sensazionale Jack Nicholson, in uno dei migliori ruoli della sua carriera, e la bellissima Faye Dunaway, enigmatica e sfuggente come ogni femme fatale che si rispetti. Senza dimenticare il mitico John Huston, nel ruolo breve ma indelebile dell’ambiguo milionario Noah Cross, uno dei più formidabili “cattivi” nella storia del cinema. Tutti questi ingredienti contribuiscono a fare di “Chinatown” un capolavoro senza tempo, un autentico gioiello del cinema degli Anni ’70, premiato con l’Oscar per la miglior sceneggiatura e con 4 Golden Globes, incluso quello come miglior film. Un classico che con il passare degli anni non ha perso un grammo della sua forza e della sua cupa poesia, capace di tenerti incollato alla poltrona dal primo all’ultimo minuto, e che non può mancare dalla videoteca di tutti i giovani cinefili e di tutti coloro abbastanza grandi da aver avuto la fortuna di vederlo al cinema all’epoca della sua uscita.
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beppe baiocchi
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mercoledì 22 maggio 2013
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il noir perfetto
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Los Angeles, 1937. Jack Gittes (Jack Nicholson) è un investigatore privato, viene assunto da una facoltosa donna per scoprire l'infedeltà del marito. A seguito di questa indagine, Gittes si troverà immischiato in un turbinio di vicende, omicidi, corruzione che hanno come filo conduttore la costruzione di una diga per sopperire alla siccità che sta colpendo la città. Non credo sia doveroso svelare qualcosa di più della trama poichè è preferibile lasciarsi trasportare da una storia come un vero giallo, scoprendo gli indizi pian piano grazie anche alla perfetta sceneggiatura di Robert Towne. Ogni situazione infatti che nel film accade non è messa lì casualmente ma sono tutti piccoli tasselli che serviranno al protagonista (ma anche allo spettatore) per scoprire cosa c'è di losco in questa Los Angeles.
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Los Angeles, 1937. Jack Gittes (Jack Nicholson) è un investigatore privato, viene assunto da una facoltosa donna per scoprire l'infedeltà del marito. A seguito di questa indagine, Gittes si troverà immischiato in un turbinio di vicende, omicidi, corruzione che hanno come filo conduttore la costruzione di una diga per sopperire alla siccità che sta colpendo la città. Non credo sia doveroso svelare qualcosa di più della trama poichè è preferibile lasciarsi trasportare da una storia come un vero giallo, scoprendo gli indizi pian piano grazie anche alla perfetta sceneggiatura di Robert Towne. Ogni situazione infatti che nel film accade non è messa lì casualmente ma sono tutti piccoli tasselli che serviranno al protagonista (ma anche allo spettatore) per scoprire cosa c'è di losco in questa Los Angeles.
Difatti quello che Polanski vuole mostrare con questo maestoso noir è che non tutto è ciò che sembra, è una continua ricerca della verità , del ribaltare questo meccanismo, tutto però nella versione nichilista e pessimista del regista. Un Polasnksi che avendo fatto proprio il genere horror si butta su questo giallo dalle tinte molto hard-boiled facendo propri gli stilemi classici del genere ma con un tocco magistrale e personale alla regia, riuscendo inoltre con le sue inquadrature a far cogliere importanti particolari. Gli attori poi... Jack Nicholson è una garanzia, questo si sa, ma in questa pellicola riesce a dare veramente il massimo, basta uno sguardo per comprendere i suoi sentimenti, prestante nelle scene d'azione, rappresenta un uomo spocchioso e sicuro di se ma incorruttibile e testardo pronto a mettere la ricerca a ciò che c'è di marcio nella vicenda sopra ogni cosa. La controparte femminile invece è Faye Dunaway che pochi anni dopo avrebbe vinto un Oscar per Quinto Potere, credo che basti come presentazione.
Una ricerca diversa del Male quella del regista, che si annida dietro la facciata, un male profondo legato soprattuto alla moneta, una critica alla "politica", una critica al capitalismo. Un messaggio forte valido più che mai nei giorni nostri.
Un film davvero imperdibile
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rmarci 05
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venerdì 19 aprile 2019
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un perfetto noir su corruzione e drammi familiari
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Roman Polanski mescola sapientemente le atmosfere tipiche del noir con una trama che sembra essere degna del maestro Alfred Hitchcock, caratterizzata da un'intrigo che ruota attorno al suo disincantato protagonista e che si trasforma in un vortice di interessi politici, corruzione, tradimenti e drammi familiari, con un'esplicita critica ai primi aspetti e un'amara riflessione sugli ultimi due, intesi come eventi capaci di sconvolgere la vita familiare e di segnare inesorabilmente la vita di una persona. L'affascinante personaggio dell'investigatore, interpretato da un magnifico Jack Nicholson, nonostante possa apparire come il protagonista, è solo utilizzato dal regista come un punto di vista per raccontare una storia struggente e intrigante, dalla struttura complessa il cui messaggio viene trasmesso in modo efficace e molto potente, quasi disarmante: la corruzione, il ricatto e lo scandalo sono tutti elementi che portano ad una serie di eventi dalla preoccupante potenza distruttiva.
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Roman Polanski mescola sapientemente le atmosfere tipiche del noir con una trama che sembra essere degna del maestro Alfred Hitchcock, caratterizzata da un'intrigo che ruota attorno al suo disincantato protagonista e che si trasforma in un vortice di interessi politici, corruzione, tradimenti e drammi familiari, con un'esplicita critica ai primi aspetti e un'amara riflessione sugli ultimi due, intesi come eventi capaci di sconvolgere la vita familiare e di segnare inesorabilmente la vita di una persona. L'affascinante personaggio dell'investigatore, interpretato da un magnifico Jack Nicholson, nonostante possa apparire come il protagonista, è solo utilizzato dal regista come un punto di vista per raccontare una storia struggente e intrigante, dalla struttura complessa il cui messaggio viene trasmesso in modo efficace e molto potente, quasi disarmante: la corruzione, il ricatto e lo scandalo sono tutti elementi che portano ad una serie di eventi dalla preoccupante potenza distruttiva. L'ottima fotografia, i costumi eccellenti e la scenografia immersiva rendono questo film affascinante anche dal punto di vista visivo, senza però scadere nel manierismo compiaciuto. Gli unici difetti sono l'inutile relazione tra l'investigatore e la vedova e alcune lungaggini nella sceneggiatura (ricca di ottimi dialoghi): peccato. 4.5 stelle su 5.
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luca scialò
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sabato 16 gennaio 2010
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un giallo dal finale amaro
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Film "giallo" che scorre lento ed implacabile come un tango argentino. Un investigatore privato, ex poliziotto, J.J. Gittes, da quello che sembra un banale caso di tradimento extraconiugale finisce con lo scoprire un sistema di corruzione e illegalità messo in piedi dal magnate Noah Cross. Quest'ultimo, uomo di potere senza scrupoli, è pronto a fare fuori chiunque gli ostacoli i suoi diabolici e lucrosi progetti. Finale amaro.
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l''uomodellasala
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giovedì 15 giugno 2017
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un capolavoro sottovalutato
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote.
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote. un omaggio al genere noir da guardare, con l'unico difetto di essere uscito nello stesso anno del Padrino-parte II, cosa che l'ha gettato ingiusatamente nell'ombra.
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[+] sottovalutato?!?
(di emaspac)
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francesco2
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lunedì 17 gennaio 2011
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tutto il mondo è chinatown?
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(Ri) crea , negli anni'70, in cui è nato chi sta scrivendo ma chi gli sono stati descritti come epoca di transizione, un decennio di depressione (almeno economica) come quello degli
anni'30 (Ma i protagonisti, nota da ignorante, non vestono troppo moderno?) E' un atmosfera conturbata e conturbante (E'un caso che Veltroni, nello scrivere sul film, abbia citato Chandler?), in cui lo stesso protagonista può venir redarguito dal barbiere per la sua ambigua(?) moralità, che si nutre di spunti all'apparenza insipidi ma che in realtà lasciano il segno, come la scogliera dove il ragaino di madrelingua spagnola parla con Nicholson. Non è torrido ma torbido, come sarà sedici anni dopo un film di cui ci ricordiamo troppo poco, "Il posto caldo" di dennis Hopper.
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(Ri) crea , negli anni'70, in cui è nato chi sta scrivendo ma chi gli sono stati descritti come epoca di transizione, un decennio di depressione (almeno economica) come quello degli
anni'30 (Ma i protagonisti, nota da ignorante, non vestono troppo moderno?) E' un atmosfera conturbata e conturbante (E'un caso che Veltroni, nello scrivere sul film, abbia citato Chandler?), in cui lo stesso protagonista può venir redarguito dal barbiere per la sua ambigua(?) moralità, che si nutre di spunti all'apparenza insipidi ma che in realtà lasciano il segno, come la scogliera dove il ragaino di madrelingua spagnola parla con Nicholson. Non è torrido ma torbido, come sarà sedici anni dopo un film di cui ci ricordiamo troppo poco, "Il posto caldo" di dennis Hopper. Sotto la sua aria spavalda, Nicholson si porta dietro un grande peso citato (Chissa perché) nel titolo, come se, probabilmente, secondo Polanski ogni luogo sia una potenziale o reale "Chinatown", la (Non) isola dell'ingiustizia. In un futuro più o meno prossimo, vedremo il poliziotto complessato di "Guardia sdel corpo", i delitti capitali di "Seven", altro film dal finale amarissimo. (Ri) avremo "King Kong", anzi ne(RI) avremo due, con una scena madre finale che coinvolge tuta la folla. Ma i primi due film che ho menzionato, secondo me, sono inferiori a questo, anche se il personaggio del padre-padrone (Sono generoso) è fin troppo una macchietta, l'atmosfera ambigua e glaciale della prima parte porta (Gioco di parole) delle premesse che non sempre verranno rispettate. Ma "Chinatown" è, appunto, una piccola realtà che purtroppo si può estenderea tutto il mondo, dove paga chi magari non è innocentissimo ma è vittima della vita più che di sé stesso, e Nicholson partito per risolvere un intreccio che sembrava determinato da motivi economici, ha finito per tornare da dove se ne era andato: quel luogo pazzo che è il mondo. Sembra, senza averlo letto, di citare ciò che ho sentito dell'(Ultra) pessimista Chandlòler. Appunto.
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l''uomodellasala
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giovedì 15 giugno 2017
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un capolavoro sottovalutato
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote.
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote. un omaggio al genere noir da guardare, con l'unico difetto di essere uscito nello stesso anno del Padrino-parte II, cosa che l'ha gettato ingiusatamente nell'ombra.
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samanta
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domenica 26 febbraio 2023
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manca l''acqua a los angeles
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E' un film uscito nel 1974che concerne un problema chhe scosse la Los Angeles degli anni '30 la mancanza di acqua in una città che era situata tra il mare e il deserto, figura centrale fu William Mulholland capo del Dipartimento acque pubbliche le cui soluzioni scontentarono gli agricoltori della contea che vedevano le acque di un invaso depauperate a danno delle loro colture. La regia è di Roman Polanski giovane ed affermato direttore (Rosemary Babie's), con questo film di gran successo fu lanciato nell'Olimpo di Hollywood, la sceneggiatura e il soggetto sono di Robert Thorpe uno dei più celebri sceneggiatori (Il socio, Mission Impossible) che ricevette l'Oscar, ebbe contrasti con Polanski che cambiò radicalmente il finale (la storia è ben raccontata da D.
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E' un film uscito nel 1974che concerne un problema chhe scosse la Los Angeles degli anni '30 la mancanza di acqua in una città che era situata tra il mare e il deserto, figura centrale fu William Mulholland capo del Dipartimento acque pubbliche le cui soluzioni scontentarono gli agricoltori della contea che vedevano le acque di un invaso depauperate a danno delle loro colture. La regia è di Roman Polanski giovane ed affermato direttore (Rosemary Babie's), con questo film di gran successo fu lanciato nell'Olimpo di Hollywood, la sceneggiatura e il soggetto sono di Robert Thorpe uno dei più celebri sceneggiatori (Il socio, Mission Impossible) che ricevette l'Oscar, ebbe contrasti con Polanski che cambiò radicalmente il finale (la storia è ben raccontata da D. Thomson ne La regola perfetta).
Jake Gittes (Jack Nicholson) un detective privato ex-poliziotto riceve la visita di una donna che si presenta come la moglie dell'ingegnere Mulwray (Daniel Zwerling) capo del Dipartimento dell'acqua di L.A. e vuole che accerti se il marito le è fedele. Jake lo pedina e comprende che l'uomo si oppone alla creazione di un bacino che impoverirebbe gli agricoltori, lo sorprende poi in compagnia di una giovane donna, fotografa la coppia ma le immagini finiscono su un giornale. Si presenta la vera moglie di Mulwaray Ewelyn Cross (Faye Dunaway) e poco dopo è trovato il cadavere dell'ingegnere annegato, Jake comprende dall'autopsia che è stato ucciso e comincia ad indagare. Si troverà in un vortice di corruzione il cui il "padrino" è un ricco speculatore Noah Cross (John Houston) padre di Evelyn torbido individuo coinvolto in delitti, incesti, scoprirà Katherine sorella di Evelyn ed in realtà sua figlia frutto della violenza di Noah. Il finale vede il corrutore impunito, Evelyn uccisa e Jake che si allontana solo.
La storia ricorda 2 film: Il mistero del Falco Maltese e Il grande sonno, dal primo l'espediente di una donna che dà false generalità per avviare l'indagine, dal secondo l'atmosfera di inganni, misteri, false piste e colpi di scena. D'altra parte Jake assomiglia a Spade o Marlowe ed è interpretato con grande abilità professionale da Jack Nicholson. Di suo Polansky ha introdotto un ritmo veloce e la trovata del finale che malgrado l'opposizione dei produttori e dello sceneggiatore provocò l'interesse del pubblico, lo stesso Thorpe (a cui fu dato l'Oscar!) che aveva congegnato un finale con la sconfitta del cattivo e la vittoria dei buoni, successivamente riconobbe di avere avuto torto. Sempre presente l'ossessione di Polansky per il sesso che si troverà anche nei suoi film successivi (come Luna di fiele), d'altra parte questo fu l'ultimo suo film in USA da cui dovette fuggire per lo stupro di una ragazzina di 13 anni. Il film dipinge una L.A. degli intrighi e della corruzione imperante negli anni '30 (vedi Babylon), sorretto da un'indubbia abilità tecnica del regista e da una buona recitazione degli interpreti: di Nicholson si è già detto, ma bravi anche gli altri protagonisti come Faye Dunaway e John Houston, padre boss e stupratore.
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brundlefly
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sabato 15 ottobre 2011
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lacrime
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Un appassionato del pioniere della letteratura americana Raymond Chandler, la cui mente partorì nel 1939 il detective Philip Marlowe, troverà ogni ingrediente adatto a far rientrare questo film tra i grandi capolavori. L'intera pellicola è costellata da argute e mai scontate battute di spirito, personaggi particolarmente carismatici e, last but not least, la sempre accattivante metropoli losangelina degli anni '40.
Vera protagonista, dopo il grandioso (qui e ovunque) Jack Nicholson, è la trama, sporca e corrotta all'inverosimile che avvolge inesorabilmente le sue spire attorno al detective privato J. Gittes (Nicholson) per le due ore di durata della pellicola fino ad avvilupparlo definitivamente con l'ultima seqenza, definibile amara solo eufemisticamente.
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Un appassionato del pioniere della letteratura americana Raymond Chandler, la cui mente partorì nel 1939 il detective Philip Marlowe, troverà ogni ingrediente adatto a far rientrare questo film tra i grandi capolavori. L'intera pellicola è costellata da argute e mai scontate battute di spirito, personaggi particolarmente carismatici e, last but not least, la sempre accattivante metropoli losangelina degli anni '40.
Vera protagonista, dopo il grandioso (qui e ovunque) Jack Nicholson, è la trama, sporca e corrotta all'inverosimile che avvolge inesorabilmente le sue spire attorno al detective privato J. Gittes (Nicholson) per le due ore di durata della pellicola fino ad avvilupparlo definitivamente con l'ultima seqenza, definibile amara solo eufemisticamente.
Chinatown, la location per l'ultima scena e per il passato di Gittes, è solo un pretesto, come lo è anche la celebre frase, ultima battuta del film :"Lascia perdere Jake, è Chinatown"; L'ambientare i ciak finali a Chinatown è un modo per dare senso alla condotta immorale dei personaggi (dai poliziotti corrotti al magnate incestuoso), un modo per classificare e confinare il male per poi allontanarvisi più velocemente possibile lavandosene le mani.
Nessun personaggio, oltre a Gittes, sembra capire che a Chinatown ha luogo SOLO la conclusione di questa danza macabra ma la musica che l'ha accompagnata è stata suonata a Los Angeles, cioè nel mondo in cui i personaggi (e noi stessi) vivono.
Amaro inoltre è il ripetersi della massima "...fare il meno possibile..." solo al termine della vicenda si comprende quanto la frase sia intrisa di significato e il detective Gittes lo testerà di persona.
Sembra che a questo mondo sia impossibile combattere per una giusta causa ma Gittes, anche se perdente, rimarrà per sempre nel mio cuore, romantico paladino e uomo di buon gusto.
Di 11 nomination all'Oscar ne ottenne solo 1 per la migliore sceneggiatura.
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elgatoloco
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mercoledì 29 marzo 2017
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film straordinario, tipicamente"polanskiano"
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Nicholson, Dunaway, Huston(che qui è il"vilain", l'"hjio de puta", per dirla in latinoamericano più che in castigliano puro, con tutte le contrazioni e le variazioni previste...)in questo"Chinatown"di Polanski che rimane un grandissimo film, anche per chi preferisca(di poco, però, come anche chi scrive)il Polanski fantastico, "dark", di "Rosemary's Baby"ma anche quello fantastico-"quieto" di"Who?". Trama, se vogliamo, à la Chandler, dove intrighi e corruzione sono alla base del film, con sviluppi imprevisti ad ogni"tornante", con una fotografia che alterna la luminosità all'oscurità, sottolienendo i contrasti forti e inequivocabili, dove poi, però, ogni nuovo sviluppo nega quanto si era ritenuto di capire da quanto viene prima.
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Nicholson, Dunaway, Huston(che qui è il"vilain", l'"hjio de puta", per dirla in latinoamericano più che in castigliano puro, con tutte le contrazioni e le variazioni previste...)in questo"Chinatown"di Polanski che rimane un grandissimo film, anche per chi preferisca(di poco, però, come anche chi scrive)il Polanski fantastico, "dark", di "Rosemary's Baby"ma anche quello fantastico-"quieto" di"Who?". Trama, se vogliamo, à la Chandler, dove intrighi e corruzione sono alla base del film, con sviluppi imprevisti ad ogni"tornante", con una fotografia che alterna la luminosità all'oscurità, sottolienendo i contrasti forti e inequivocabili, dove poi, però, ogni nuovo sviluppo nega quanto si era ritenuto di capire da quanto viene prima... Un gioco al massacro totale, anche quando è avvertibile sottilmente(parlo qui, ovviamente, della parte iniziale del film), in maniera , diciamo pure"soft", ma che poi si rivela per quanto è in realtà, ossia terribile...Nessuna enfasi sull'ambientazione, appunto"chandleriana"(pieni anni Trenta del Novecento, 1937 per la precisione...), costumi e scene efficaci quanto non "esibiti", pregnanti, dove l'ambientazione è parte del "tutto"filmico ma, ovviamente, non lo esaurisce... Film decisamente onnivoro, totalizzante, dove, a proposito della detection/investigazione, nei canoni migliori del"thriller"ma anche proprio della ricerca filmica di Polanski"nulla è come sembra"("Who?", sempre e comunque mi sembra proprio un proclama, un"manifesto"), dove i primi indizi vengono subito e continuamente erosi, messi in crisi da quanto segue, con una "logica"(?)impeccabile, senza scampo, in qualche misura. Da considerare con molta attenzione, anche perché, al di là del sequel firmato come regista da Nicholson, che peraltro non conosco e ritengo sia stato proposto raramente, comunque non spesso, gli esiti del film non si sono visti"massicciamente". Da rivalutare e riscoprire-riproporre, direi, continuamente, per esaminarne(vale per tutto Polanski, per la sua opera omnia)ogni sequenza. El Gato
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