sergio buttironi
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lunedì 23 luglio 2007
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una delle migliori commedie all'italo-svizzera
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Ottimo Manfredi (fate caso curiosamente abituato a girare film su treni e ristoranti ) ottimo anche Dorelli ...Tutti bravi attori e comparse....
Un livello di merito ancora superiore va attribuito a Franco Brusati, il quale ha preso in mano una storia se vogliamo semplice, l'ha manipolata con tanta abilità, buon gusto, eccellente senso del ritmo e della misura... Ha saputo accompagniare lo spettore lungo tutto il film, giocando sempre sui contrasti I BUONI-I CATTIVI
I RICCHI-I POVERI I BELLI-I BRUTTI
penso che questa possa essere una chiave di lettura.
Ha saputo mettere in evidenza il disagio del personaggio calato in una realtà a lui non congrua, alla ricerca continua ( e in un certo senso inutile) della propria identità.
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Ottimo Manfredi (fate caso curiosamente abituato a girare film su treni e ristoranti ) ottimo anche Dorelli ...Tutti bravi attori e comparse....
Un livello di merito ancora superiore va attribuito a Franco Brusati, il quale ha preso in mano una storia se vogliamo semplice, l'ha manipolata con tanta abilità, buon gusto, eccellente senso del ritmo e della misura... Ha saputo accompagniare lo spettore lungo tutto il film, giocando sempre sui contrasti I BUONI-I CATTIVI
I RICCHI-I POVERI I BELLI-I BRUTTI
penso che questa possa essere una chiave di lettura.
Ha saputo mettere in evidenza il disagio del personaggio calato in una realtà a lui non congrua, alla ricerca continua ( e in un certo senso inutile) della propria identità....
Eccelente lungometraggio che voorremmo rivedere all'infinito, tipico di quei pochi prodotti cinematografici pregevoli. Non vorrei dimenticare le belle musiche di accompagniamemto, anch'esse ben miscelate...
Che dire di più se non manifestare un po di tristezza, nel comprendere che film così non se ne fanno più. Basati sulla semplicita quotidiana ( senza effetti speciali) ma che trovano la loro forza comunicativa nella direzione, nella recita, nei tempi, nelle inquadrature, nel buon gusto in generale... Bei tempi, al termine della visione lo spettatore si sentiva a sua insaputa, magari, ma più ricco, questo era il GRANDE CINEMA................
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marc provencher
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lunedì 2 gennaio 2006
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un'altra commedia all'italiana perfetta
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Scusame per il mio italiano di cucina. Ma perchè un messaggio scritto da un turisto straniero su questo film? Beh! Perchè Pane e cioccolata è stato visto nel tutto il mondo, anche qui, in Québec, dovè era un dei più grande successi del cinema italiano al nostro box-office (otto mesi di esclusività in Montréal nel 1979). E poi è passato è ripassato mille volte alla TV. Non posso capire come è possibile oggi di dare soltanto 3 stelle a un film perfetto così. Forse perchè i critici italiani sono i peggi del mondo quando il film è italiano? Come "I soliti ignoti", "La grande guerra", "Tutti a casa", "Una vita difficile", "Il sorpasso", "Lo scopone scientifico" o "C'eravamo tanto amati", "Pane e cioccolata" è una commedia all'italiana perfetta.
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Scusame per il mio italiano di cucina. Ma perchè un messaggio scritto da un turisto straniero su questo film? Beh! Perchè Pane e cioccolata è stato visto nel tutto il mondo, anche qui, in Québec, dovè era un dei più grande successi del cinema italiano al nostro box-office (otto mesi di esclusività in Montréal nel 1979). E poi è passato è ripassato mille volte alla TV. Non posso capire come è possibile oggi di dare soltanto 3 stelle a un film perfetto così. Forse perchè i critici italiani sono i peggi del mondo quando il film è italiano? Come "I soliti ignoti", "La grande guerra", "Tutti a casa", "Una vita difficile", "Il sorpasso", "Lo scopone scientifico" o "C'eravamo tanto amati", "Pane e cioccolata" è una commedia all'italiana perfetta. Nino Manfredi è un dei più grande comici della storia del cinema. La sua performanza "chaplinesque" è da solo una ragione per fare di questo film un classico eternale. La precisione chirurgicale della scenegiattura, il flawless tempo narrativo, e sopra tutto l'imprevisibilità emotionale tipica del grand genre : come spettatore, non posso mai sapere se la prossima scena sara una per ridere o per piangere. (Come sempre con la commedia all'italiana, la più straordinaria esplosione du creatività comica del cinema parlando). L'ultima scena, dovè Manfredi sta immobile sulla frontiera, con la sua vecchia valigia et le sue cappelli mi-bondi, mi-bruni, è un momento di cinema indimenticabile. Pane e cioccolata non sara mai un "vecchio" film, perchè ha la valore di una metafora universale e intemporale sulla situazione di tutti gli immigranti nei tutti i paesi; e evidemente perchè la sua comicità e irresistibile.
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massimo49
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mercoledì 5 marzo 2014
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affresco di un mondo senza retoriche.
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Affresco di un mondo senza retoriche.
Conosco bene, sin dall'infanzia, il mondo oltre-frontiera, avendo uno stretto rapporto di parentela con l'Austria.
Devo aggiungere che nessun altro film ha raggiunto vertici tanto alti di verismo nel dipingere la realtà variegata degli emigrati catapultati nella "Terra dei Sogni", la Svizzera, appunto: un mondo lontano pur essendo a mezz'ora da Milano.
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Affresco di un mondo senza retoriche.
Conosco bene, sin dall'infanzia, il mondo oltre-frontiera, avendo uno stretto rapporto di parentela con l'Austria.
Devo aggiungere che nessun altro film ha raggiunto vertici tanto alti di verismo nel dipingere la realtà variegata degli emigrati catapultati nella "Terra dei Sogni", la Svizzera, appunto: un mondo lontano pur essendo a mezz'ora da Milano. Qui, l'amosfera ovattata, ben rappresentata dal sottofondo di un quartetto di Haydn, si contrappone al dramma degli emigrati, umili lavoratori strappati alla loro terra ed estranei alla nuova patria, che non si rassegnano all'inedia e all'autocommiserazione. Mai altro documento ha affrontato con tanta intelligenza e senza retoriche patriottiche questa epopea. Due momenti del film sono indimenticabili: il balletto degli operai travestiti, che finisce nella disperazione di un giovane emigrato, e la scena allucinante del pollaio, dove i veri nemici della dignità non sono gli svizzeri, bensì nostri compatrioti: italiani che speculano sulla fragilità dei clandestini. Oggi diremmo "scafisti"...
Si tratta quindi di un affresco disincantato e realista, dove i padroni di casa fanno rispettare inesorabilmente le regole dell'immigrazione e dove non mancano emigranti italiani benestanti: l'imprenditore fraudolento Johnny Dorelli, "esiliato" nel mondo dorato d'una ricchezza illecita di esclusivo materialismo.
La speranza d'un domani migliore è la forza del protagonista, Nino Manfredi mondiale, che non si confonde con i luoghi comuni "pizza&mandolino".
La forza di quest'opera risiede proprio nella sua visione oggettiva di un mondo che andrebbe approfondito senza retoriche nazionaliste, ma con il giusto amore e rispetto indicati da questa vicenda umana.
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parsifal
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lunedì 7 maggio 2018
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immigrati italiani in svizzera
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Durante gli anni '70 il fenomeno dell' emigrazione verso il Nord Europa era un dato di fatto incontrovertibile, per giunta in esponenziale espansione. Brusati, regista ed autore italiano, decise di affrontare il tema in questo film, coadiuvato da Iaia Fastri e da Nino Manfredi nella stesura della sceneggiatura ( anche se in un primo momento, i due autori ebbero delle riserve nell'aggiungere il nome di Manfredi in qualità di co-sceneggiatore). Giovanni Garofoli è il protagonista di questa vicenda , dai toni grotteschi e dai risvolti amari, in più di un frangente. Dopo tre anni di permanenza in Svizzera, nazione civilissima che tratta gli stranieri al pari di moderni schiavi senza diritti e dignità ma sempre all'ombra della legalità, è ancora alla ricerca dell'occasione giusta per stabilirsi in via definitiva e far venire i suoi congiunti.
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Durante gli anni '70 il fenomeno dell' emigrazione verso il Nord Europa era un dato di fatto incontrovertibile, per giunta in esponenziale espansione. Brusati, regista ed autore italiano, decise di affrontare il tema in questo film, coadiuvato da Iaia Fastri e da Nino Manfredi nella stesura della sceneggiatura ( anche se in un primo momento, i due autori ebbero delle riserve nell'aggiungere il nome di Manfredi in qualità di co-sceneggiatore). Giovanni Garofoli è il protagonista di questa vicenda , dai toni grotteschi e dai risvolti amari, in più di un frangente. Dopo tre anni di permanenza in Svizzera, nazione civilissima che tratta gli stranieri al pari di moderni schiavi senza diritti e dignità ma sempre all'ombra della legalità, è ancora alla ricerca dell'occasione giusta per stabilirsi in via definitiva e far venire i suoi congiunti. In prova presso un ristorante esclusivo ( esilaranti le gag girate durante il servizio ai tavoli, durante il quale i camerieri tentano di affossare il colleghi con ogni mezzo), perde la possibilità del rinnovo del contratto quindi del permesso di soggiorno a causa di una foto che lo ritrae mentre oriina all'angolo di una strada. L'episodio era avvenuto in seguito al fermo di polizia a cui era atato sottoposto giorni prima, per aver ritrovato un cadavere in un parco. Le accuse su di lui crolleranno poichè l'assassino mitomane si consegnerà alla polizia spontaneamente. L'emozione gioca brutti scherzi e Nino , in preda al panico, si lascia andare. am questo non si può fare nella civilissima Svizzera e quindi sarà costretto a tornare a casa. Ma repentinamente cambia idea, vuole continuare la sua battaglia. SI rivolge ad un ' esule greca affinchè lo nasconda, poi raggiunge alcuni suoi connazionali in un allevamento di polli ( inquietante ed emblematica la scena in cui si delinea l'osmosi tra esseri umani e volatili). Incontrerà un ricco finanziere italiano , interpretato magistralmente da J.Dorelli, che si trova in Svizzera per motivi fiscali e tenterà di entrare nelle sue grazie; tentativo inutile perchè costui , essendo sull'orlo del baratro, tenta il suicidio, in barba alle speranze del buon Giovanni. Cerca riparo presso un amico operaio, ma ciò che gli viene offerto non può bastare poichè la coperta è troppo corta per poter scaldare tutti. Tenterà il tutto per tutto; si tingerà di biondo e così si mescolerà agli elvetici. Tentativo fallito che termina con il foglio di via. Ma Giovanni non cederà alla rassegnazione che caratterizza i suoi connazionali e colleghi. Spaccato agro-dolce sulla vita degli immigrati durante il boom economico. Ritratto lucido e tagliente di un aspetto difficile dell'economia politica del nostro paese.
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p.n.
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giovedì 5 maggio 2005
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farinotti e company cileccano: peccato
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Un italiano immigrato in Svizzera si abbassa ai lavori più umili pur di sopravvivere economicamente e difendere la propria dignità. All'inizio fa il cameriere in un ristorante di lusso (splendida la scena in cui sbuccia l'arancia a morsi), poi viene licenziato e si accasa come cameriere ad un riccone piantato dalla moglie e odiato dai figli. E intanto viene sorpreso a far pipì su un muro e portato dalle autorità dove fa la figura del "classico italiano", si spaccia per svizzero in un bar pieno di svizzeri dove si trasmette la partita di calcio Italia - Svizzera, ma alla fine non può più fingere e appena l'Italia segna non riesce a nascondere l'esultanza che ovviamente gli procura un'uscita ingloriosa dal bar.
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Un italiano immigrato in Svizzera si abbassa ai lavori più umili pur di sopravvivere economicamente e difendere la propria dignità. All'inizio fa il cameriere in un ristorante di lusso (splendida la scena in cui sbuccia l'arancia a morsi), poi viene licenziato e si accasa come cameriere ad un riccone piantato dalla moglie e odiato dai figli. E intanto viene sorpreso a far pipì su un muro e portato dalle autorità dove fa la figura del "classico italiano", si spaccia per svizzero in un bar pieno di svizzeri dove si trasmette la partita di calcio Italia - Svizzera, ma alla fine non può più fingere e appena l'Italia segna non riesce a nascondere l'esultanza che ovviamente gli procura un'uscita ingloriosa dal bar. Addirittura si ritrova a vivere in un pollaio e ad ammirare i belli e inarrivabili "dei" svizzeri (iperbolica ed efficace la scena anche se eccessivamente punitiva per l'italiana memoria e cultura) Desolato, sconsolato e oramai rassegnato a rimpatriare, sul treno che lo riporta a casa ha uno scatto d'orgoglio: l'italiano non è solo "pizza e mandolino" ma può fare di meglio, di più: riprende i bagagli e la sua sfida, deciso a non arrendersi.
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alessandro chiappetta
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martedì 7 aprile 2009
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appartenere ad un popolo=essere in gabbia
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Franco Brusati con l'ausilio di Nino Manfredi, nel suo film più equilibrato, crea un affresco sull'emigrazione italiana.
La scelta di raccontare una storia sull'emigrazione in svizzera non è casuale: un po per la grande differenza culturale e sociale che contraddistingue i due paesi e un po per la vicinanza di questi due paesi agli antipodi.
Per la prima volta ci si rende conto di come gli Italiani siano un unicum che ormai stava sopraggiungendo andando a cancellare per sempre quella differenza Nord Sud che nel cinema trova ampia rappresentazione.
Nino è un personaggio realistico calato in un contesto di fiaba, il quale però inevitabilmente subisce i retaggi di una cultura provincialista che influenza più di ogni altra cosa il comportamento umano.
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Franco Brusati con l'ausilio di Nino Manfredi, nel suo film più equilibrato, crea un affresco sull'emigrazione italiana.
La scelta di raccontare una storia sull'emigrazione in svizzera non è casuale: un po per la grande differenza culturale e sociale che contraddistingue i due paesi e un po per la vicinanza di questi due paesi agli antipodi.
Per la prima volta ci si rende conto di come gli Italiani siano un unicum che ormai stava sopraggiungendo andando a cancellare per sempre quella differenza Nord Sud che nel cinema trova ampia rappresentazione.
Nino è un personaggio realistico calato in un contesto di fiaba, il quale però inevitabilmente subisce i retaggi di una cultura provincialista che influenza più di ogni altra cosa il comportamento umano.
Emblematiche le scene sul treno, o quella della partita di calcio. A quel punto diventa difficile adattarsi a contesti diversi e ci vuole si una grande forza di volontà e una purezza sopra la norma.
La scena del pollaio è quanto di meglio abbia partorito il nostro cinema: Non le semplici esibizioni drammatiche alla Visconti, o le eccessive idealizzazioni felliniane, ma una sintesi dove basta uno sguardo per rendersi conto di come la vita sia vissuta male solo in funzione di una lontananza dal binomio Uomo - Ambiente naturale che la nazione italiana ha voluto sempre di più innescare.
Da qui capiamo che anche per i "buoni" essere nati in Italia significa essere nati in una gabbia dalla quale è difficile evadere, frutto di una educazione sbagliata molto spesso (basti pensare alla carta sul prato gettata) e anche dai piccoli gesti si capisce come per l'italiano medio la cura del territorio sia una cosa che non interessa. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: terremoti, degrado, frane, inquinamento. Alla faccia del patriottismo della partita di calcio! specchietti per le allodole come si suol dire. L'uomo vive bene non quando ha un'appartenenza razziale (i capelli biondi) ma quando riesce a mettersi nei panni dell'altro cercando di non invadere la libertà altrui. Jhonny Dorelli interpeta un personaggio che è metafora del vivi ricco, vivi male e che contraddistingue la maggior parte degli Italiani: ecco perchè le democrazie più avanzate pretendono la divisione sociale ed economica come base per l'esistenza stessa della nazione. Senza questi presupposti noi avremo sempre una marea di emigrati che dovranno sempre combattere contro i retaggi che questa cultura si porta dietro. O una schiera di adattati rassegnati che si accontentano del mare due mesi all'anno e vivere di precariato.
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