Lenny |
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Un film di Bob Fosse.
Con Valerie Perrine, Dustin Hoffman, Jan Miner, Stanley Beck, Gary Morton.
continua»
Biografico,
b/n
durata 112 min.
- USA 1974.
- VM 18 -
MYMONETRO
Lenny
valutazione media:
3,61
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un tosse che soffoca il pensierodi Gianni LuciniFeedback: 29144 | altri commenti e recensioni di Gianni Lucini |
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martedì 4 ottobre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Restìo a vestire i panni di Lenny Bruce, nel momento in cui accetta la parte Dustin Hoffman inizia a prepararsi con il maniacale perfezionismo che gli è proprio. Due sono le preoccupazioni che lo assillano. La prima è quella di non riuscire a vestire in maniera credibile i panni di un personaggio popolare, molto amato da una larga fetta di pubblico che ne ricorda battute, modi di dire, tic, manie, gestualità e presenza scenica. La seconda è quella di non annegare la propria personalità diventando una banale copia quasi fosse un imitatore. Per questa ragione rivoluziona spazi, tempi e modi della sua vita nel tentativo di immergersi completamente in una sorta di personalissimo “mondo di Lenny”. I muri della sua casa sono tappezzati da grandi tabelle sulle quali lui stesso annota luoghi, date, curiosità ed episodi della vita del personaggio mentre per mesi passa ore e ore ad ascoltare le registrazioni della sua voce per riuscire a catturarne il timbro e la particolare intonazione. Vuole conoscerlo a fondo, esplorarne i segreti, capire la sua personalità. Per questa ragione intervista decine di persone che gli sono state vicine e hanno avuto modo frequentarlo e passa ore e ore a chiacchierare con la madre, l’attrice comica Sally Marr. Quando inizia a girare Hoffman non “recita Lenny” ma “è diventato Lenny”. Vive le sue paure, le sue insicurezze, ne accompagna l’osservazione della realtà per cercare di trasferirla sul palcoscenico, ne fa proprie le ossessioni. Il regista Bob Fosse sfrutta appieno le potenzialità di questo lavoro con riprese che non ne penalizzino neppure le più sottili sfumature interpretative. La macchina da presa sembra ammaliata, stregata dal personaggio e lo segue con partecipazione nel suo percorso autodistruttivo schiacciando l’immagine su di lui quando lancia le sue invettive o percorre le sue elucubrazioni mentali e allargando nei casi in cui la parola diventa meno importante. Tra le scene indimenticabili c’è quella dell’ultimo spettacolo di Lenny in cui il protagonista, incapace di reggersi in piedi, indossa un impermeabile sulle gambe nude ed è a piedi scalzi. Hoffman parla interrotto da una continua tosse che lo soffoca quasi a suggerire che le parole che non riesce a pronunciare sono l’anticipazione della fine.
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