sergio dal maso
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sabato 9 gennaio 2016
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piccole (grandi) donne
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“I mustang sono cavalli selvaggi che simboleggiano perfettamente le mie cinque eroine, il loro temperamento indomabile, focoso. Perfino visivamente le loro capigliature ricordano delle criniere, il loro scorrazzare nel villaggio ricorda quello di un branco di mustang... E la storia procede velocemente, qualche volta a tamburo battente. Per me il centro del film è proprio questa energia,
che somiglia a quella dei mustang del titolo.”
Deniz Gamze Ergüven
Sonay, Selma, Ece, Nur e Lale.
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“I mustang sono cavalli selvaggi che simboleggiano perfettamente le mie cinque eroine, il loro temperamento indomabile, focoso. Perfino visivamente le loro capigliature ricordano delle criniere, il loro scorrazzare nel villaggio ricorda quello di un branco di mustang... E la storia procede velocemente, qualche volta a tamburo battente. Per me il centro del film è proprio questa energia,
che somiglia a quella dei mustang del titolo.”
Deniz Gamze Ergüven
Sonay, Selma, Ece, Nur e Lale.
Cinque sorelle turche, dai 12 ai 18 anni. Sono orfane, vivono con la nonna e uno zio burbero in un villaggio lontano da Istanbul, sulla costa del Mar Nero.
Cinque splendide ragazze, cinque piccole donne, mustang fieri e vitali. Scalciano con l’energia straripante dell’adolescenza, assetate di conoscenza e di vita, emozionate dai primi innamoramenti.
E’ l’ultimo giorno di scuola. Dopo l’addio all’amata professoressa, trasferita a Istanbul, ragazzi e ragazze corrono alla spiaggia per un tuffo in mare con ancora addosso la divisa scolastica. Giocano tra le onde, con le ragazze a cavalcioni sulle spalle dei ragazzi. Giochi innocenti, senza malizia.
Non per le comari del villaggio che, si sa, non brillano certo d’iniziativa e corrono a riferire alla nonna dell’oltraggioso scandalo. Gli schiaffi della nonna saranno l’inizio di una via crucis di privazioni e vessazioni che le porteranno a una progressiva reclusione nella grande casa, trasformata in una prigione con tanto di sbarre e inferriate invalicabili.
L’unica via d’uscita che la retrograda e misogina tradizione patriarcale turca concederà alle ragazze sarà il matrimonio, naturalmente combinato tra famiglie “perbene” secondo regole e usanze secolari. Non sarà facile domare lo spirito libero e fiero delle protagoniste.
Le cinque sorelle, fortemente unite dall’ affetto e dalla complicità, non si arrenderanno facilmente e non mancheranno di tentare spericolate e rocambolesche fughe, azioni che finiranno però con l’inasprire l’ira dello zio/orco contro le nipoti/principesse e innalzare ancora di più le mura della prigione/castello.
La grande forza di Mustang è quella di non (voler) essere un film drammatico di denuncia secondo i canoni classici di quel tipo di cinema ma una favola nera, ricchissima di simbologie e di metafore. La grazia e la sensibilità con cui trasmette allo spettatore le emozioni e gli stati d’animo delle protagoniste, la loro caparbietà e l’ironia corrosiva, specialmente della più piccola, rivestono lo splendido esordio della giovane regista turca Deniz Gamze Ergüven di una freschezza e una vitalità contagiose.
L’enorme bravura della regista è quella di mantenere un grande equilibrio nel descrivere le contraddizioni della società turca, senza cadere in semplificazioni e banalizzazioni. Al contrasto tra il maschilismo bigotto dei costumi tradizionali e la gioiosa femminilità del mondo moderno si aggiunge quello tra la mancanza di prospettive della provincia remota e il sogno di libertà della grande città.
Ma non ci sono facili stereotipi: le figure femminili, per esempio, sono intense e complesse, in particolare la nonna delle ragazze, combattuta tra la comprensione dei bisogni delle nipoti e i rigidi principi cui è stata educata.
Mustang mette al centro soprattutto il desiderio e il corpo. Il desiderio represso degli adulti è opposto all’esuberanza e alla scoperta della sessualità delle ragazze, con i loro splendidi corpi acerbi e le loro chiome al vento.
Corpi solidali, spesso abbracciati e intrecciati, che verranno divisi, lunghi capelli simbolo di libertà che verranno tagliati. Quello che non sarà possibile sopprimere e soffocare è la speranza, il sogno di un futuro migliore in cui poter realizzare le proprie aspettative e realizzarsi come donne.
L’esordio della regista Deniz Gamze Ergüven è senza dubbio straordinario, importante per i temi trattati, un film destinato a essere ricordato. Non a caso la Francia lo ha candidato all’Oscar pur essendo girato in Turchia e parlato in turco (possibile per il fatto che la produzione è in parte francese).
Le cinque interpreti sono formidabili, unite e solidali come vere sorelle, tra l’altro solo una aveva avuto esperienze di recitazione. Eccellenti sono anche la fotografia, solare e luminosa negli spazi aperti e claustrofobica nella casa-prigione, il montaggio serrato, a tratti palpitante, oltre alle splendide musiche dell’australiano Warren Ellis, stretto collaboratore di Nick Cave.
Anche se la Turchia sta vivendo un momento storico difficile e complicato la Ergüven è ottimista, non le interessano le vicende politiche ma i cambiamenti culturali. “Malgrado tutto i tempi stanno cambiando in meglio” ha dichiarato,“oggi la società turca inizia ad interrogarsi sulla difesa dei diritti delle donne, come l’educazione delle ragazze. E’ una strada lunga, ma bisogna aver fiducia nel domani.”
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cos53
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mercoledì 4 novembre 2015
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cinque piccole donne in lotta
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Piccola città del Mar Nero, Turchia: tra attestati di verginità, vestiti che mortificano l’aspetto, corsi di cucina per mogli premurose e nozze combinate, cinque sorelle adolescenti pagano lo scotto per un comportamento giudicato immorale. La nonna e lo zio che si prendono cura di loro da quando sono rimaste orfane, cercano di infiacchire lo spirito delle cinque ragazze, abituate, fino a quel momento, a un modello di vita occidentale. Puledre selvagge da domare come i cavalli Mustang, noti per la loro fierezza e indipendenza.
"Mustang" opera prima della regista turca Deniz Gamze Ergüven, residente a Parigi, è stato scelto per rappresentare la Francia agli Oscar 2015.
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Piccola città del Mar Nero, Turchia: tra attestati di verginità, vestiti che mortificano l’aspetto, corsi di cucina per mogli premurose e nozze combinate, cinque sorelle adolescenti pagano lo scotto per un comportamento giudicato immorale. La nonna e lo zio che si prendono cura di loro da quando sono rimaste orfane, cercano di infiacchire lo spirito delle cinque ragazze, abituate, fino a quel momento, a un modello di vita occidentale. Puledre selvagge da domare come i cavalli Mustang, noti per la loro fierezza e indipendenza.
"Mustang" opera prima della regista turca Deniz Gamze Ergüven, residente a Parigi, è stato scelto per rappresentare la Francia agli Oscar 2015. Già vincitore di numerosi premi al Festival di Cannes, il film della Ergüven racconta il difficile percorso delle giovani donne, costrette a riti tribali e vessazioni, soprattutto nei piccoli centri lontani da Istanbul e Ankara.Con uno stile asciutto e privo di contrapposizioni manichee tra bene e male, la Ergüven tratteggia i caratteri delle sorelle e le differenti reazioni alla violenza cui sono sottoposte. L’appartamento in cui le ragazzine vengono recluse viene dipinto come una casa di bambole. Loro, le bambole, hanno un orizzonte ristretto da spiare: la strada di sotto e le finestre di fronte. Un mondo altro da cui sono escluse. Lale, la più piccola, risparmiata ancora per poco da combines matrimoniali, è la voce narrante. Una bimba attenta e ribelle che tenterà un riscatto per sé e le sue sorelle. La vicenda si snoda in modo drammatico e lo iato tra le modernità apparenti (il Suzuki dello zio, le mise disinvolte che le ragazzine possono ancora indossare tra di loro al riparo da sguardi maschili) e il medioevo in cui sono costrette, è angosciante. Belle, anzi bellissime, le cinque protagoniste, coi lunghi capelli, gli occhi chiari, i corpi slanciati da adolescenti che nemmeno le tuniche informi, color merda – come lo definiscono le ragazze – riescono a mortificare. La cultura misogina e maschilista che le avvilisce non è solo appannaggio della società mussulmana, ma frutto di retaggi ancestrali presenti, a volte, anche nelle civiltà più evolute.La battaglia di Lale e delle sue sorelle, è, alla fine, di tutte le giovani turche. E, nonostante la pena che ci stringe il cuore e la rabbia che ci monta alla testa, “Mustang” lascia dentro un grumo di speranza. Che la barbarie possa essere sconfitta, prima o poi, dal coraggio di piccole donne che crescono.
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zarar
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giovedì 29 ottobre 2015
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dalla parte di lale
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Sembra impossibile che una storia simile sia ambientata nella Turchia contemporanea, un paese che aspira da un pezzo ad entrare nell’UE, eppure è così. Il film, che ricorda per molti versi “The virgin suicides” di Sofia Coppola (1999), presenta cinque sorelle adolescenti, vitali e scatenate come cavallini selvaggi (mustang) che sono costrette a vivere, nel loro sperduto villaggio, una contraddizione insanabile tra spinte di modernità (la scuola, la moda occidentale) e una tradizione arcaica e soffocante, sessuofobica e maschilista, a cui si accompagna un controllo familiare e sociale feroce sulla donna. Sono orfane e vivono con la nonna e un poco raccomandabile zio.
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Sembra impossibile che una storia simile sia ambientata nella Turchia contemporanea, un paese che aspira da un pezzo ad entrare nell’UE, eppure è così. Il film, che ricorda per molti versi “The virgin suicides” di Sofia Coppola (1999), presenta cinque sorelle adolescenti, vitali e scatenate come cavallini selvaggi (mustang) che sono costrette a vivere, nel loro sperduto villaggio, una contraddizione insanabile tra spinte di modernità (la scuola, la moda occidentale) e una tradizione arcaica e soffocante, sessuofobica e maschilista, a cui si accompagna un controllo familiare e sociale feroce sulla donna. Sono orfane e vivono con la nonna e un poco raccomandabile zio. Tutto comincia con un ultimo giorno di scuola: le ragazze sono allegre ed eccitate e si sfogano in un gioco innocente di tuffi e battaglie in mare tra ragazzi e ragazze: uno scandalo, che viene subito riportato alla famiglia. Per le nostre cinque sorelle è l’inizio di un dramma¸ che vede un crescendo di atti di ribellione da una parte, di repressione e reclusione dall’altra. Persino la nonna che le adora è incapace di resistere alle pressioni del figlio e dell’ambiente e allora programma uno dopo l’altro precoci matrimoni combinati, per controllare una situazione che sente sfuggirle di mano. E’ Lale, la più piccola e indomita, a mettere fine, in modo rocambolesco, al vortice perverso che ha già travolto in modi diversi tre delle sorelle. Il film si apprezza per più motivi, tutti riconducibili alla bravura delle attrici e ad un abile montaggio scenico: la resa visiva del contrasto eclatante tra la solarità, l’energia, la voglia di vivere, la sensualità delle ‘fanciulle in fiore’ e la dimensione soffocante delle barriere che si stringono sempre più intorno a loro; l’espressività del dolore chiuso e compresso di chi finisce per piegarsi; l’efficacia dell'esplosione liberatoria finale simbolicamente affidata alla sorella più piccola Lale, l’unica che sa trasformare la ribellione in capacità di osservare, esprimersi apertamente, ragionare e decidere per una via di uscita. Sullo sfondo il mito di Istambul, dove la fuga di Lale e della sorella che ha trascinato con sé si concluderà felicemente, città simbolo di una Turchia moderna che sembra ancora lontana. Tre stelle e mezzo.
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maurizio d
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lunedì 7 settembre 2015
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straordinario
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Il film esplora in modo penetrante ed acuto l'universo
adolescenziale femminile: la scoperta della propria identità,
le conseguenze della trasformazione del corpo, il sorgere del desiderio.
Ma in una società ferma come quella turca, oppressa dal retaggio religioso
il corpo è tabu, il sesso peccato.
Malgrado le riforme promosse da Ataturk , la società turca ha resistito
tenacemente alla modernità restando ancorata ai costumi tradizionali:
il matrimonio è un contratto tra due famiglie, i sentimenti i desideri
non contano, esso è valido solo se l'imene è intatto.
Cinque sorelle adolescenti vivono una dopo l'altra il peso di questa
schiacciante consuetudine ed ognuna a suo modo deve piegarsi .
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Il film esplora in modo penetrante ed acuto l'universo
adolescenziale femminile: la scoperta della propria identità,
le conseguenze della trasformazione del corpo, il sorgere del desiderio.
Ma in una società ferma come quella turca, oppressa dal retaggio religioso
il corpo è tabu, il sesso peccato.
Malgrado le riforme promosse da Ataturk , la società turca ha resistito
tenacemente alla modernità restando ancorata ai costumi tradizionali:
il matrimonio è un contratto tra due famiglie, i sentimenti i desideri
non contano, esso è valido solo se l'imene è intatto.
Cinque sorelle adolescenti vivono una dopo l'altra il peso di questa
schiacciante consuetudine ed ognuna a suo modo deve piegarsi . Solo le
due sorelle più giovani trovano una risposta nella fuga nella grande città.
Nel film appare con tutta evidenza il contrasto fra la modernità
che arriva dall'occidente: i vestiti leggeri , la gioia di vivere , il desiderio
di emanciparsi ed una società che è ancora pesantemente ancorata
al passato.
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[+] semplificazione
(di paola c)
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fabiofeli
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mercoledì 11 novembre 2015
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"stavamo bene, ma poi siamo finite nella m...."
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Mustang di Deniz Gamze Erguven / Lale è una bambina che vive con le sue quattro sorelle maggiori in una cittadina, Trabzonspor, sulle rive del Mar Nero in Turchia. Alla fine dell'anno scolastico le ragazze festeggiano con una innocente gita al mare per giocare vestite nell'acqua con un gruppo di coetanei. I maligni riportano l'episodio caricandolo di intenti peccaminosi alla nonna delle ragazze e lo zio viene incaricato della punizione. È ora che la più grande, Sonay, si accasi- pensa la nonna - e arriva un involontario pretendente con lo stuolo delle donne di casa per celebrare il fidanzamento. La prima notte di nozze, però, non produce la prova della verginità della giovane e un medico deve certificare che Sonay non ha avuto precedenti incontri sessuali.
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Mustang di Deniz Gamze Erguven / Lale è una bambina che vive con le sue quattro sorelle maggiori in una cittadina, Trabzonspor, sulle rive del Mar Nero in Turchia. Alla fine dell'anno scolastico le ragazze festeggiano con una innocente gita al mare per giocare vestite nell'acqua con un gruppo di coetanei. I maligni riportano l'episodio caricandolo di intenti peccaminosi alla nonna delle ragazze e lo zio viene incaricato della punizione. È ora che la più grande, Sonay, si accasi- pensa la nonna - e arriva un involontario pretendente con lo stuolo delle donne di casa per celebrare il fidanzamento. La prima notte di nozze, però, non produce la prova della verginità della giovane e un medico deve certificare che Sonay non ha avuto precedenti incontri sessuali. Lale vuole andare a vedere la partita di calcio della squadra locale - è gratis per le sostenitrici - e si fa portare allo stadio da un giovane che porta un camioncino. Le telecamere la scovano tra il pubblico in TV e l'effetto è che la casa diventa un carcere per le giovani. Continua la sequela di fidanzamenti coatti per la seconda e la terza, che tra l'altro subisce strane visite notturne dello zio. Lo sfociare in tragedia è imminente e Lale non ha altra scelta che cercare la sua insegnante trasferita a Istambul per vivere una vita della quale essere padrona... La fresca recitazione delle ragazze, tra le quali spicca la minore, ricca di espressività e di verve, ed il personaggio della nonna, combattuta tra le tradizioni rigidamente maschiliste e patriarcali supportate da un matriarcato altrettanto rigido ed acquiescente e la comprensione delle esigenze femminili, rendono il film scorrevole e in molti brani divertente e spumeggiante. L'apparente leggerezza e gioiosita' dello sguardo infantile filtrano una realtà spietata e ineluttabile, alla quale le donne non possono sfuggire. Al fondo c'è una sofferenza non più tollerabile: "Stavamo tanto bene e poi siamo finite in un pozzo nero...". Un film da non mancare.
Valutazione *** e 1/2
FabioFeli
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alex62
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martedì 22 dicembre 2015
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come criniere al vento
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Sì, somiglia un bel po' al Giardino delle vergini suicide, film d'esordio della talentuosa e bella Sofia Coppola, ma c'è molto altro. Tanto per cominciare, un cast di alto valore, nessuno escluso, per un film corale alla Robert Altman ultima maniera e in gran forma. C'è una padronanza della sintassi filmica che è difficile aspettarsi da un debuttante, Denis Ergüven, insomma un cast senza stelle, ma ugualmente “luccicante”...sorprendemente smagliante proprio per le cinque protagoniste; cinque sorelle orfane, ma piene di vita. Come possono crescere nella nuova Turchia, col retaggio di una nonna e uno zio dei tempi e della temperie di prima di Atatürk?! Ma, ora non illudiamoci che Atatürk fosse un super-democratico liberale.
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Sì, somiglia un bel po' al Giardino delle vergini suicide, film d'esordio della talentuosa e bella Sofia Coppola, ma c'è molto altro. Tanto per cominciare, un cast di alto valore, nessuno escluso, per un film corale alla Robert Altman ultima maniera e in gran forma. C'è una padronanza della sintassi filmica che è difficile aspettarsi da un debuttante, Denis Ergüven, insomma un cast senza stelle, ma ugualmente “luccicante”...sorprendemente smagliante proprio per le cinque protagoniste; cinque sorelle orfane, ma piene di vita. Come possono crescere nella nuova Turchia, col retaggio di una nonna e uno zio dei tempi e della temperie di prima di Atatürk?! Ma, ora non illudiamoci che Atatürk fosse un super-democratico liberale...! Cinque cavalline selvatiche, allevate da una mamma moderna e amante, quale sicuramente hanno avuto e che le ha lasciate troppo presto, proprio nel momento in cui avrebbero avuto più bisogno di lei... Del padre non sappiamo proprio nulla, ma evidentemente anche lui era un buon padre a giudicare da come sono sbocciate. Tutto ci viene raccontato attraverso gli occhi intensi e indomabili di Lale, incantevole ragazzina, tifosa di calcio, con un sorriso contagioso. È lei a condurre il gioco, insospettabilmente, proprio perché è la più piccola, ma avendo vissuto il dolore delle tre sorelle da marito, una delle quali non ce l'ha fatta a opporsi alla terribile legge tribale che ancora oggi nel mondo costringe al matrimonio forzato milioni di bambine, addirittura impuberi, è diventata forte. È l'unica che può farcela e che può salvare la sorellina, appena più grande di lei. Quando ciò che teneva unito il ricordo della mamma: loro cinque insieme; si sgretola miseramente, di fronte ai tabù e agli obblighi della grettezza e dell'invidia dell'intera contrada, Lale resiste, si ribella, pianifica una fuga rocambolesca e piena di colpi di scena. Sembra aver previsto tutto...e il traguardo, almeno temporaneo dell'enorme, splendida città, coi suoi mille minareti, nell'atmosfera azzurrognola del carbon coke, si svela ai suoi occhi: è come se Lale si svegliasse da un lungo incubo...Ah, ecco un'altra grande differenza col film della Coppola...il finale!
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eugenio
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martedì 5 gennaio 2016
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cinque ragazze in turchia
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Pensiamo alla Turchia, non spazialmente limitata a Instanbul, bensì a quella porzione di territorio che si estende a circa seicento chilometri a nord della capitale nei luoghi di un’entroterra segnato da una cultura arcaica quasi retrogada. Non siamo distanti negli anni, ci troviamo ai giorni nostri in un tempo e in uno spazio in cui la condizione femminile di un paese così vicino all’occidente benestante europeo ma da essa potenzialmente distante, è asservita ancora a leggi patriarcali e a un regime quasi maschilista in cui la donna, volente o nolente, deve obbedire al volere paterno ad ogni costo.
Non è quindi sconcertante assistere al fatto che il film Mustang diretto da una donna, Deniz Gamze Ergüven, sia capace come non pochi di ispirarsi alla vita vera, con quel sapore parzialmente autobiografico che mal non fa se non fortemente intimo.
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Pensiamo alla Turchia, non spazialmente limitata a Instanbul, bensì a quella porzione di territorio che si estende a circa seicento chilometri a nord della capitale nei luoghi di un’entroterra segnato da una cultura arcaica quasi retrogada. Non siamo distanti negli anni, ci troviamo ai giorni nostri in un tempo e in uno spazio in cui la condizione femminile di un paese così vicino all’occidente benestante europeo ma da essa potenzialmente distante, è asservita ancora a leggi patriarcali e a un regime quasi maschilista in cui la donna, volente o nolente, deve obbedire al volere paterno ad ogni costo.
Non è quindi sconcertante assistere al fatto che il film Mustang diretto da una donna, Deniz Gamze Ergüven, sia capace come non pochi di ispirarsi alla vita vera, con quel sapore parzialmente autobiografico che mal non fa se non fortemente intimo.
Erguven recupera dallo scafandro dei suoi ricordi un evento cui ha assistito da adolescente, rievocandolo con la dovuta estraneità ed evitando ogni possibile coinvolgimento emotivo. Utilizza cinque giovani adulte, l’ultimo giorno di scuola e li inserisce in un contesto di gioia apparente quale possono essere i festeggiamente per l’arrivo della sospirata estate uniti alla malinconia per la partenza della dolce insegnante per Instanbul. Si festeggia come tanti in occidente. Bagni e schizzi d’acqua con altri giovani coetanei, con spontaneità senza alcuna leziosità di ogni genere.
E’ sufficiente l’interazione tra ragazzi non ufficialmente sposati in atteggiamenti troppo intimi e giudicati “estremi” per la nascita di uno scandalo. La nonna, appreso dalle voci del popolo quanto è avvenuto, la lotta a cavalcione sull’acqua tra ragazzi e ragazze vestiti, condanna le nipoti - che per inciso sono orfane e affidate alla tutela dello zio- per un comportamento che non si confà a delle ragazze di quell’età e non contenta, rivela al tutore quanto avvenuto.
Le reazioni saranno deleterie: sbarre verranno erette a mò di solida prigione dinanzi alla casa per impedire alle giovani di frequentare loro coetanei; uomini -non necessariamente belli d’aspetto e d’animo- meglio se con una cospicua dote saranno cercati con cura per matrimoni combinati al fine di recuperare l’onorabilità della famiglia.
Ma le giovani non si arrendono e i tentativi di emancipazione avranno conseguenze poco piacevoli per il quintetto costretto alla fuga per acquisire la giusta e dolorosa dignità di donne e di esseri umani.
Deniz Gamze Ergüven abilmente evita il filone della pesantezza, sottendendo un lamento nostalgico o di rimpianto di un tempo che mai sarà come nello stile di C’era una volta in Anatolia ma impasta le sue scene su un’abilità di movimento scenico scelto dal punto di vista “basso” della più giovane delle cinque sorelle, Lala, paradossalmente quella che vorrebbe evitare il destino già segnato delle maggiori, per vivere come tutte le ragazze della sua età.
Mai come in Mustang il confine tra adolescenza e maturità, tra antico e moderno e tra città e villaggio è così netto e marcato. Pare quasi confortante, al termine, osservare come la fuga delle sorelle, quasi “corpo unico” dotato di un’unica voce, quella della emancipazione, abbia come destinazione la città e la casa della docente.
Quasi a dimostrazione che il germe dell’ignoranza può essere combattuto solo con la cultura, unico strumento per cancellare le inferriate della dignità umana a favore di una luce di spensieratezza e responsabilità, propria di ogni donna adulta
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flobus
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lunedì 14 dicembre 2015
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far parlare le immagini
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Film bello: la trama, la regia e gli attori
Anche se la storia è un racconto della sofferenza delle donne Turchia e nel mondo in genere, non cede mai al patetico o al tragico, gli occhi delle ragazze, le loro espressioni dolenti raccontano pù di ogni parola. Brave tutte le attrici che sostengono primi piani ed esprimono i sentimenti dei personaggi con estrema naturalezza.
Molto buona la regia: inquadrature mai banali, cinepresa in movimento, immagini tagliate, inquadrature fuori dal comune per rendere la drammaticità o i momenti di divertimento delle ragazze. Non c'è bisogno di belle immagini (panorami e tramonti......) non c'è bisogno di musichetta di riempimento. La storia ha ritmo e non ha momenti di cedimento o di noia.
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Film bello: la trama, la regia e gli attori
Anche se la storia è un racconto della sofferenza delle donne Turchia e nel mondo in genere, non cede mai al patetico o al tragico, gli occhi delle ragazze, le loro espressioni dolenti raccontano pù di ogni parola. Brave tutte le attrici che sostengono primi piani ed esprimono i sentimenti dei personaggi con estrema naturalezza.
Molto buona la regia: inquadrature mai banali, cinepresa in movimento, immagini tagliate, inquadrature fuori dal comune per rendere la drammaticità o i momenti di divertimento delle ragazze. Non c'è bisogno di belle immagini (panorami e tramonti......) non c'è bisogno di musichetta di riempimento. La storia ha ritmo e non ha momenti di cedimento o di noia. Il finale di speranza è un augurio per tutte le donne che vivono dove la cultura e le credenze religiose le pongono in una condizione di sottomissione ai maschi.
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silvia d'ecclesiis
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sabato 2 gennaio 2016
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bellissima e toccante opera prima
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Mustang, che dà il titolo a questa bellissima e toccante opera prima della regista turca Deniz Gamze Erguven, significa alla lettera “cavallo impetuoso e selvaggio”, come può esserlo il passaggio dall’infanzia all’età dell’adolescenza e della scoperta del proprio corpo e della sessualità. Il film racconta la storia di Lale e delle sue quattro sorelle, la cui vita in una Turchia più arretrata di quanto sembri all’esterno si trasforma in un inferno per un gioco innocente con gli amici al mare. La perdita dell’innocenza, ancor più che della verginità, è ciò che colpisce lo spettatore nel breve giro di poche inquadrature, vissute attraverso lo sguardo della più piccola delle sorelle. L’energia e la vitalità che sprigionano dai corpi avvinghiati delle giovani ragazze sulla soglia dell’adolescenza nelle prime inquadrature lasciano presto il posto alla costrizione fisica (la casa diventa una prigione, gli abiti diventano tonache) e psicologica (la sessualità vissuta come tabù), e gettano una luce inquietante sull’arretratezza di una parte della società turca, che ancora basa la sua cultura sulla vergogna e sul senso di colpa.
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Mustang, che dà il titolo a questa bellissima e toccante opera prima della regista turca Deniz Gamze Erguven, significa alla lettera “cavallo impetuoso e selvaggio”, come può esserlo il passaggio dall’infanzia all’età dell’adolescenza e della scoperta del proprio corpo e della sessualità. Il film racconta la storia di Lale e delle sue quattro sorelle, la cui vita in una Turchia più arretrata di quanto sembri all’esterno si trasforma in un inferno per un gioco innocente con gli amici al mare. La perdita dell’innocenza, ancor più che della verginità, è ciò che colpisce lo spettatore nel breve giro di poche inquadrature, vissute attraverso lo sguardo della più piccola delle sorelle. L’energia e la vitalità che sprigionano dai corpi avvinghiati delle giovani ragazze sulla soglia dell’adolescenza nelle prime inquadrature lasciano presto il posto alla costrizione fisica (la casa diventa una prigione, gli abiti diventano tonache) e psicologica (la sessualità vissuta come tabù), e gettano una luce inquietante sull’arretratezza di una parte della società turca, che ancora basa la sua cultura sulla vergogna e sul senso di colpa. Questi ultimi, instillati poco alla volta nelle giovani ragazze, hanno poco a che fare con il pudore e la decenza di cui si fa portavoce la nonna, costretta a mediare fra una società maschilista e prepotente, rappresentata molto bene dalla figura dello zio, e la necessità di difendere le nipoti. Con uno sguardo acuto e penetrante, la Erguven fa emergere le differenze caratteriali e decisionali delle cinque ragazze, cui dà voce proprio la più piccola, Lale, che nella sua fanciullezza e nell’attaccamento alla maestra vede ancora la speranza di un futuro diverso dalle sorelle, condannate per un motivo o per l’altro a scelte imposte e difficili da gestire per un adulto, figuriamoci per un adolescente. Eppure, il drammatico passaggio all’età della coscienza di questo micro-cosmo adolescenziale è trattato con tocco lieve e privo di morbosità. Anzi, il finale, con l’unico uomo positivo di questa triste storia, il giovane autista che le accompagna a Istanbul, restituisce speranza e apre alla possibilità di un rapporto diverso e davvero paritario tra uomini e donne. In Turchia, e non solo.
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flyanto
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venerdì 6 novembre 2015
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un inno alla propria libertà
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Un'educazione e dei principi troppo rigidi non portano mai nulla di buono ed è quello che puntualmente si verifica nella vicenda narrata in "Mustang".
In un villaggio vicino al mare in Turchia vivono cinque sorelle di varia età ma tutte più o meno adolescenti. Esse frequentano la scuola locale ma appartengono ad una famiglia molto rigida dal punto di vista dei principi educativi e religiosi e pertanto quando esse, l'ultimo giorno di scuola, si recano a festeggiarlo al mare con alcuni compagni maschi, una volta tornate a casa vengono severamente sgridate in quanto ritenute essersi comportate scandalosamente, ed obbligate conseguentemente a trascorrere le proprie giornate a casa, dedicandosi ai lavori domestici in vista di futuri e troppo precoci matrimoni loro organizzati.
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Un'educazione e dei principi troppo rigidi non portano mai nulla di buono ed è quello che puntualmente si verifica nella vicenda narrata in "Mustang".
In un villaggio vicino al mare in Turchia vivono cinque sorelle di varia età ma tutte più o meno adolescenti. Esse frequentano la scuola locale ma appartengono ad una famiglia molto rigida dal punto di vista dei principi educativi e religiosi e pertanto quando esse, l'ultimo giorno di scuola, si recano a festeggiarlo al mare con alcuni compagni maschi, una volta tornate a casa vengono severamente sgridate in quanto ritenute essersi comportate scandalosamente, ed obbligate conseguentemente a trascorrere le proprie giornate a casa, dedicandosi ai lavori domestici in vista di futuri e troppo precoci matrimoni loro organizzati. Tutto ciò ovviamente viene mal accettato ed mal sopportato dalle ragazze e, chi più, chi meno, si ribella a questa decisione troppo severa impostale adottando per ritorsione una condotta abbastanza libertina all'insaputa di tutto il parentado. Dopo le nozze obbligate e combinate delle due sorelle maggiori le altre tre cercheranno in ogni modo di opporsi all'esistenza grigia e soprattutto rigida imposta loro con soluzioni differenti per ognuna di loro.
"Mustang", così il titolo dal veicolo che condurrà due delle sorelle "superstiti", cioè non ancora maritate, a fuggire dalla propria casa familiare verso la grande città di Istanbul e pertanto verso la libertà più totale, ricorda immediatamente "Il Giardino delle Vergini Suicide" , primo lungometraggio di una'allora giovanissima Sofia Coppola, dove, ambientato negli Stati Uniti, le cinque sorelle protagoniste vivevano anch'esse in una città di provincia e presso una famiglia dai rigidi principi a cui decisero di ribellarsi radicalmente suicidandosi. Ma mentre nella pellicola della Coppola l'anelito di libertà e la lotta a favore di essa, in quanto considerata irrealizzabile, terminava tragicamente con la morte ricercata da parte di tutte le ragazzze, in "Mustang", vi è un leggero spiraglio di speranza poichè, almeno due delle cinque sorelle protagoniste, riusciranno ad evadere dalla prigionia loro imposta e da un'esistenza e da un ambiente fatti di sacrifici e rigide leggi. E pertanto questo lungometraggio, anch'esso il primo per l'esordiente regista turca Deniz Ganìmze Erguven, risulta in qualche maniera provvisto di un più positivo significato ed un maggiore incitamento a lottare ai fini di raggiungere ciò che tanto si agogna.
La pellicola risulta ben diretta e ben esplicativa nel rappresentare la chiusura più totale di un ambiente troppo severo ed ottuso, ma nel complesso essa è un pò troppo semplicistica nello descrivere certi episodi, divenendo così un poco irreale e quasi esagerato. Sicuramente ciò che più premeva alla regista era testimoniare la lotta estrema verso la libertà e la sua possibilità a raggiungerla, ma in certe parti del film, svariate soluzioni si verificano essere quanto mai poco credibili. A parte ciò, comunque, il film consegna un messaggio di profonda speranza ed un interessante spunto di riflessione.
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