onufrio
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lunedì 5 dicembre 2016
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nel braccio della morte
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Matthew Poncelet (Sean Penn) è ormai prossimo alla pena di morte, l'esecuzione lo attende, ma chiede aiuto ad una suora (Susan Sarandon) affinchè faccia luce sui fatti realmente accaduti e che portarono l'uomo alla condanna. La donna si ritrova così in una situazione molto complicata da gestire, Matthew chiede di starle accanto nel periodo che porrà fine alla propria esistenza sperando nel frattempo in un ripensamento da parte dei giudici, ma l'uomo è colpevole e dovrà pagare con la propria vita gli errori commessi. Film intenso e struggente che analizza tutti i punti di vista dei personaggi colpiti da questa triste vicenda che vide l'efferata uccisione di una coppia di fidanzatini; Oscar meritato alla Sarandon.
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Matthew Poncelet (Sean Penn) è ormai prossimo alla pena di morte, l'esecuzione lo attende, ma chiede aiuto ad una suora (Susan Sarandon) affinchè faccia luce sui fatti realmente accaduti e che portarono l'uomo alla condanna. La donna si ritrova così in una situazione molto complicata da gestire, Matthew chiede di starle accanto nel periodo che porrà fine alla propria esistenza sperando nel frattempo in un ripensamento da parte dei giudici, ma l'uomo è colpevole e dovrà pagare con la propria vita gli errori commessi. Film intenso e struggente che analizza tutti i punti di vista dei personaggi colpiti da questa triste vicenda che vide l'efferata uccisione di una coppia di fidanzatini; Oscar meritato alla Sarandon.
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nick castle
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sabato 2 luglio 2011
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un buon dramma...
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Un condannato a morte chiede aiuto a una suora di un ordine molto progressista, perchè il suo caso venga riesaminato, ma non è tutto come può sembrare. Dead Man Walking è un film che sfrutta il tipico filone drammatico dei condannati a morte o comunque dei carcerati innocenti o apparentemente innnocenti, che sia tratto da un romanzo o no. Tim Robbins, per la seconda volta regista, tiene in pugno la situazione. Con mano più ferma di registi di ben più lunga data, riesce a infondere tristezza e passionalità a personaggi semplici, riuscendo a farci provare persino pena per chì non è esattamente un bravo ragazzo. Ha la costruzione tipica di un film di genere, e in questo Robbins non si dato pena per trovare un qualcosa di nuovo da proporre.
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Un condannato a morte chiede aiuto a una suora di un ordine molto progressista, perchè il suo caso venga riesaminato, ma non è tutto come può sembrare. Dead Man Walking è un film che sfrutta il tipico filone drammatico dei condannati a morte o comunque dei carcerati innocenti o apparentemente innnocenti, che sia tratto da un romanzo o no. Tim Robbins, per la seconda volta regista, tiene in pugno la situazione. Con mano più ferma di registi di ben più lunga data, riesce a infondere tristezza e passionalità a personaggi semplici, riuscendo a farci provare persino pena per chì non è esattamente un bravo ragazzo. Ha la costruzione tipica di un film di genere, e in questo Robbins non si dato pena per trovare un qualcosa di nuovo da proporre. Quasi tutte le situazioni sono già viste e si rivedranno ancora (vedasi "Fino a prova contraria" di Eastwood del 1999, stessa identica storia però con un diverso finale), persino i flashback del duplice omicidio mi ricordano vagamente quelli di "Amityville horror" di Stuart Rosenberg. Insomma, una pellicola decisamente riuscita, ma a tratti eterogenea e un po' troppo bacchettona, però con delle ottime musiche originali di David Robbins.
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toty bottalla
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giovedì 3 novembre 2016
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film angosciante ben interpretato e diretto!
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Un uomo nel braccio della morte attende l'esecuzione tentando di scagionarsi in qualche modo ma invano, una suora lo aiuterà a confessare e a morire con dignità. Il film diretto dal bravo Tim Robbins è crudo ed essenziale e per questo credibile dando idea palpabile delle situazioni, una storia altamente drammatica interpretata come meglio non si potrebbe da Sean Penn e dalla Sarandon che non a caso vince l'Oscar, un film dall'argomento forte che induce a riflessioni che non troveranno mai una collocazione precisa e definitiva, e se un film riesce in questo vuol dire che ha toccato le corde giuste! Saluti.
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elgatoloco
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lunedì 30 agosto 2021
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datato, ma non inutile
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"Dead Man Walking"(Tim Robbins, anche sceneggiatura dall'autobiorgrafia di Sister Helen Prejean, 1996). Il fillm parla, ispirandosi a fatti reali, di un razzista e violento assassino(che però comne tale si professa innocente)che ottiene l'aiuto, insperato, di una suora che vuole comunque procrastinare, almeno, l'esecuzione(siamo in Lousiana, dove la condanna a morte è sancita per legge e pratica"comune")l'esecuzione, in attesa di alcuni chiarimenti tecnici e si appassiona la vicenda con umana e cristiana pietà: il giovane, però, non ottiene alcuna protoga e, quasi al momento dell'esecuzione o meglio poco prima, di procelama colpevole dellì'uccisione del ragazzo e di aver violentato la girl-freind dell'ucciso.
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"Dead Man Walking"(Tim Robbins, anche sceneggiatura dall'autobiorgrafia di Sister Helen Prejean, 1996). Il fillm parla, ispirandosi a fatti reali, di un razzista e violento assassino(che però comne tale si professa innocente)che ottiene l'aiuto, insperato, di una suora che vuole comunque procrastinare, almeno, l'esecuzione(siamo in Lousiana, dove la condanna a morte è sancita per legge e pratica"comune")l'esecuzione, in attesa di alcuni chiarimenti tecnici e si appassiona la vicenda con umana e cristiana pietà: il giovane, però, non ottiene alcuna protoga e, quasi al momento dell'esecuzione o meglio poco prima, di procelama colpevole dellì'uccisione del ragazzo e di aver violentato la girl-freind dell'ucciso. Segue l'esecuzione stessa, con tutto quanto si lega a ciò, a partire dalle reazioni della suora, della famiglia di chi è stato vittima dell'azione criminosa ma anche della madre e dei fmailiari del colpevole. Film che ha il merito di intercettare una questione dialettica, osisa la condanna radicale dlela vipolenza nazista.razzista e al tempo stesso(antitesi)la difesa, ad ogni costo, di chi sia stato colpevole, salvandolo in ogni caso da quella barbarie e mera vendetta sociale"statalizzata"che è la condanna a morte, oltre a tutto con i ritulai usati in moldi degli Stati USA. Impossibile rimanere indifferenti rispetto alle sequenze dell'esecuzione, come appare comunaue coinvolgente ed "empatico" tutto il fillm, quand mostra anche i dubbi e la vera propria angoscia partita realmente da Sister Helen, che Susan Sarandon rende perfettamente, avendo quale"antagonista"un altrettanto capace Sean Penn, Bibosgan però considerare che il film, che risale a un quarto di secolo fa, si inseriva in un clima di facile condanna della pena di morte(clima che non ha sortito nessune effetto a livello legislativo e politico, va altrettanto charamente rilevato, ma in certi momenti è stato funzionale a quella lotta politica tra due partiti, quelli maggioritari negli States, che, come afferma Noan Chomsky, sono quasi sempre e solo due facce"dello stesso partito", dunque non hanno quasi nulla di realmente distintivo), . Dunque molto appare scontato , ma vedere la suora, a suo modo"laica", che opera nella"Hope House", a contatto quasi solo con donne e bambini di colore, che a un certo punto viene quasi evitata dai suoi"assistiti", in quanto sembra difendere un razzista, è ancora una volta eelmento fecondo di un film dialetticamente conflittualee ed efficace in quanto tale. El Gato
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dandy
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sabato 19 febbraio 2011
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non perfetto,ma giustamente sopravvalutato.
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Robbins,qui alla sua seconda regia,si ispira all'autobiografia della vera Prejean e gira un film di impegno civile su un tema che in America(e non solo)non cesserà mai di essere scomodo.Per quanto sincero e abile nel suscitare compassione e disprezzo nei momenti giusti(vedi le scene in cui Helen visita i genitori delle vittime),il risultato è un pò troppo tendente al political correct.E non sempre riesce a convincere.Se lo stile piatto funziona quando obbliga lo spettatore a confrontarsi con la morte(e le componenti di classe della giustizia)il continuo ricorrere ai flashback degli omicidi per mostrare l'indubbia colpevolezza del condannato risulta compiaciuto e morboso.Perfetti comunque,i due protagonisti(Oscar alla Sarandon,futura moglie del regista,e Penn è stato premiato a Berlino).
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Robbins,qui alla sua seconda regia,si ispira all'autobiografia della vera Prejean e gira un film di impegno civile su un tema che in America(e non solo)non cesserà mai di essere scomodo.Per quanto sincero e abile nel suscitare compassione e disprezzo nei momenti giusti(vedi le scene in cui Helen visita i genitori delle vittime),il risultato è un pò troppo tendente al political correct.E non sempre riesce a convincere.Se lo stile piatto funziona quando obbliga lo spettatore a confrontarsi con la morte(e le componenti di classe della giustizia)il continuo ricorrere ai flashback degli omicidi per mostrare l'indubbia colpevolezza del condannato risulta compiaciuto e morboso.Perfetti comunque,i due protagonisti(Oscar alla Sarandon,futura moglie del regista,e Penn è stato premiato a Berlino).Musiche di David Robbins.Jack Black è uno dei fratelli di Matthew.La canzone dei titoli di coda è di Bruce Springsteen.
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gabridjango
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sabato 17 novembre 2012
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condannato per due ore
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Ho in parte apprezzato la maniera diretta, semplice e senza colpi di scena con cui viene trattato questo film e la tematica della pena di morte, della redenzione, del dolore che è universale che non ha parti, del pentimento di un uomo- il formidabile Sean Penn- che messo alle strette dal conto alla rovescia del braccio della morte sembra fare finalmente i conti con la realtà in un percorso di crescita, consapevolezza e rassegnazione, con il sostegno della suora Susan Sarandon. Il tutto da' un tocco formidabile di veridicità alla storia, ed è forse questa l'intenzione del regista Tim Robbins. Raccontare qualcosa di vero, un dramma qualunque che ogni anno accade davvero più volte negli stati dove è in vigore la pena di morte.
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Ho in parte apprezzato la maniera diretta, semplice e senza colpi di scena con cui viene trattato questo film e la tematica della pena di morte, della redenzione, del dolore che è universale che non ha parti, del pentimento di un uomo- il formidabile Sean Penn- che messo alle strette dal conto alla rovescia del braccio della morte sembra fare finalmente i conti con la realtà in un percorso di crescita, consapevolezza e rassegnazione, con il sostegno della suora Susan Sarandon. Il tutto da' un tocco formidabile di veridicità alla storia, ed è forse questa l'intenzione del regista Tim Robbins. Raccontare qualcosa di vero, un dramma qualunque che ogni anno accade davvero più volte negli stati dove è in vigore la pena di morte. Il tutto condito con un contorno disordinato di bei valori cristiani sull'amore, la verità, la libertà, il perdono. Dall'altra parte ho riscontrato un velo di superficialità quasi ridicola che accompagna la trattazione dei temi e lo svolgersi delle vicende. Il tutto è troppo piatto(niente a che vedere ad esempio con l'appassionante e formidabile storia di David Gale) E' un film carente sotto troppi punti di vista. I dialoghi sono orripilanti, pietistici, intrisi di luoghi comuni e la successione di scene scontatissima. Insomma ci si aspetta proprio tutto quello che poi accade. Lo sfondo è una popolazione della Louisiana povera, bigotta, chiusa, arcaica, razzista, "negra" e borghese(come ad esempio i genitori della sorella). In definitiva ne esce fuori un polpettone a mio avviso sgradevole, scontato e noioso che si fa forte solo del talento espressivo ed emozionale" di Penn e della Sarandon, calati completamente nei rispettivi ruoli e nella storia.
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luigi chierico
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mercoledì 22 luglio 2015
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essere o non essere
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Alla fine Suor Helen Prejean ce l’ha fatta nel suo intento,così come Susan Sarandon a conquistare l’ambita statuetta, l’Oscar per la migliore protagonista;nulla da eccepire,ma ha fatto di meglio in predenti candidature. In questo film il suo compagno di lavoro è un detenuto per violenza sessuale ed omicidio,Matthew Pancelet che poco,anzi nulla può offrire al di là delle sbarre;tra l’altro la parte è affidata ad un troppo riconoscibile Sean Penn che dopo sei anni di carcere non cambia mai fisionomia,sempre impomatato,profumato,sbarbato pronto ad un appuntamento galante,ma l’appuntamento è con la morte non con Suor Helen. Non ha voluto apparire un detenuto,un delinquente,un assassino,“Un detenuto in attesa di giudizio”,logorato nell’attesa della revisione del processo o di una grazia.
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Alla fine Suor Helen Prejean ce l’ha fatta nel suo intento,così come Susan Sarandon a conquistare l’ambita statuetta, l’Oscar per la migliore protagonista;nulla da eccepire,ma ha fatto di meglio in predenti candidature. In questo film il suo compagno di lavoro è un detenuto per violenza sessuale ed omicidio,Matthew Pancelet che poco,anzi nulla può offrire al di là delle sbarre;tra l’altro la parte è affidata ad un troppo riconoscibile Sean Penn che dopo sei anni di carcere non cambia mai fisionomia,sempre impomatato,profumato,sbarbato pronto ad un appuntamento galante,ma l’appuntamento è con la morte non con Suor Helen. Non ha voluto apparire un detenuto,un delinquente,un assassino,“Un detenuto in attesa di giudizio”,logorato nell’attesa della revisione del processo o di una grazia. Una partecipazione fredda e distaccata,fuori da ogni realtà,ambiente sano e comodo,un incontro quasi festoso con madre e fratelli poche ore prima di farla finita lui con la vita, noi spettatori con un noioso film sulla condanna a morte. Per fortuna che a salvare il film e il detenuto c’è una eccellente Susan Sarandon in piena forma a svolgere una parte davvero difficile. Così il film è solo un pretesto per far parlare intorno alla pena capitale:Contrario o Favorevole? Da che mondo e mondo pensatori,filosofi,giuristi e politici si sono battuti pro e contro,da Beccaria(le leggi che detestano l’omicidio non possono essere omicide)a Nietzsche che vide in Hitler il più tremendo sostenitore della pena di morte per la sola colpa di essere ebreo,gay o dissidente!. Non credo che vada confusa la morte,che ne è l’effetto,con il suicidio o l’omicidio,che ne sono le cause. Il suicidio è una liberazione non una condanna,è di poche ore fa la notizia di un detenuto sotto processo che avrebbe tentato il suicidio. E’ più difficile vivere che morire. Lo Stato condannando a morte il colpevole non fa altro che liberarlo dal peso di una vita fatta di rimorsi,di sensi di colpa,di privazioni per tutto il resto dei suoi anni,non certo per qualche anno. Chi assapora la libertà ad un’età molto avanzata subisce il rammarico di quanto ha perso, è come una condanna aggiuntiva vera e pesante. L’ergastolo è pena ben più tremenda che quella capitale che porta ad una morte liberatrice. Nel film si tace su tutta la tematica. Non si fa menzione di ciò che Shakespeare fa dire ad Amleto “Morire,dormire. Niente altro. E dire che col sonno mettiamo fine al dolore del cuore e ai mille colpi che la natura della carne ha ereditato. È un epilogo da desiderarsi devotamente. Chi vorrebbe portare dei pesi per gemere e sudare sotto il carico di una vita logorante?” L’esecuzione si compie in un’atmosfera assente e fredda,non assistiamo alla commuovente impiccagione di Selma in “Dancer in the dark”,alla terribile morte sulla sedia elettrica di Jhon Coffey in“Il miglio verde”,alla fine di Sam Cayhall nella camera a gas,vedi“L’ultimo appello”,infine,nel film "Difesa ad oltranza”,all’uccisione di Karla Faye Tucker con iniezione letale,come per Matthew Pancelet. Siamo su ben altro modo di rappresentare e far vivere una esecuzioni di morte. Pregevole la determinazione di suor Helen, anche se ha poco di suora, di riuscire a far capitolare l’arrogante e razzista Matthew,privo di ogni sentimento se non quello di apparire sempre in piena forma e sicuro di sé.
Il tema religioso,che ha ispirato il regista e l’autore del film,è rimasto nel Limbo.
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