claudio salvati
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venerdì 10 ottobre 2008
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un altro pianeta (andata&ritorno).
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- di CLAUDIO SALVATI - Vivere su un altro pianeta deve essere straniante almeno quanto il prendere coscienza che nella vita esiste una possibilità in più e diversa di quello che si è disposti a credere per se stessi.
È così che Stefano Tummolini deve aver vissuto la sua prima volta dietro la macchina da presa, per la regia del suo film d’esordio, Un Altro Pianeta.
Sceneggiatore apprezzato per Maurizio Ponzi e soprattutto per Ozpetek, con cui ha lavorato per Il Bagno Turco – Hamam, Tummolini ha appreso da quest’ultimo l’arte di amare i suoi protagonisti, di riscaldarli quando soffrono il freddo della solitudine e di scuoterli quando gozzovigliano nell’abulia del proprio microcosmo, allontanandosi tuttavia dal sentimentalismo di maniera in cui inciampano spesso gli esordienti.
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- di CLAUDIO SALVATI - Vivere su un altro pianeta deve essere straniante almeno quanto il prendere coscienza che nella vita esiste una possibilità in più e diversa di quello che si è disposti a credere per se stessi.
È così che Stefano Tummolini deve aver vissuto la sua prima volta dietro la macchina da presa, per la regia del suo film d’esordio, Un Altro Pianeta.
Sceneggiatore apprezzato per Maurizio Ponzi e soprattutto per Ozpetek, con cui ha lavorato per Il Bagno Turco – Hamam, Tummolini ha appreso da quest’ultimo l’arte di amare i suoi protagonisti, di riscaldarli quando soffrono il freddo della solitudine e di scuoterli quando gozzovigliano nell’abulia del proprio microcosmo, allontanandosi tuttavia dal sentimentalismo di maniera in cui inciampano spesso gli esordienti.
E così sceglie di narrare con pochi mezzi e un’intraprendenza commovente, la giornata surreale di Salvatore, che nella spiaggia romana di Capocotta, tra le dune frequentate da nudisti e gay, spera di trovare quel sesso occasionale che lo estranei dalla realtà, e invece finirà col tuffarsi in una consapevolezza un po’ amara, ma anche tanto liberatoria, del senso della vita.
Sarà poi il suggestivo incontro con tre ragazze a sconvolgere la routine di quella giornata così diversa.
Una storia senza tempo, che solo la scelta di certi stili, mode, attualità, contestualizza, e che tuttavia in quel lembo di sabbia cocente poggia in sé il senso di stordimento, e il magma che ribolle è come la solitudine sopita dei suoi protagonisti.
Protagonisti quanto mai vivi, bisogna riconoscerlo, nella loro capacità di dare affetto e riceverlo, di vivere il passato, con i suoi odori e sapori, e di affacciarsi al futuro.
E le musiche dei giovane compositore Francesco Maddaloni spaziano tra gli stati d’animo, accarezzando le situazioni con elegante presenza, senza invadere né gli spazi, né le difficili psicologie di questi uomini e donne così tormentati, eppure vogliosi di vita.
Il cast di attori offre una prova encomiabile per risultato e devozione (hanno recitato gratis) e su tutti è doveroso citare Antonio Merone, anima e soprattutto corpo di questo prezioso film, che nella parte di Salvatore si abbandona attraverso un viaggio crepuscolare nella intimità umana, fatta di ricordi, esperienze, tempi, e Chiara Francini, una magnifica Stella, ragazza del gruppo, che diventa il collante umano attraverso cui queste solitudini interagiscono alla scoperta di loro stessi, che catalizza l’attenzione e la benevolenza del pubblico con una leggiadria e un “sense of humor” che sono presagi di altri tormenti.
A voler trovare un difetto, proprio perché siamo umani, si potrebbe imputare al regista un incipit titubante e lento, che tuttavia saprà riscattarsi nel corso del film, e la scelta di Francesco Grifoni in un ruolo non proprio marginale, evidentemente lontano dalle corde interpretative di un attore ancora poco maturo e troppo monocorde.
Vincitore del Queer Lion al Festival di Venezia 2008, sotto il giudice occhio di Tinto Brass, un film che è un piccolo miracolo.
CLAUDIO SALVATI
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ciccio capozzi
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mercoledì 19 novembre 2008
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persone vere, conflitti non esagitati
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“UN ALTRO PIANETA” di STEFANO TUMMOLINI; ITA, 08. Capocotta, spiagga del litorale romano, a giugno, mattina. Un ragazzo gay e un gruppo di ragazze tra incontri e confronti passano la giornata a mare. Questo film è un vero e proprio miracolo. Girato in digitale, e nemmeno di qualità, tutto in esterni, con attori e tecnici che saranno pagati dagli eventuali utili, è costato la “spaventosa” cifra di 970 euri: però funziona. Si fa vedere, e mostra una reale tensione narrativa. E’ chiaro che è un prodotto di nicchia: ma va segnalato per questo. Perché, senza alcuno sbattimento narcisistico, anche se con una non estemporanea consapevolezza culturale, il regista-sceneggiatore ha descritto delle persone vere, alle prese con conflitti di una drammaticità non esagitata.
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“UN ALTRO PIANETA” di STEFANO TUMMOLINI; ITA, 08. Capocotta, spiagga del litorale romano, a giugno, mattina. Un ragazzo gay e un gruppo di ragazze tra incontri e confronti passano la giornata a mare. Questo film è un vero e proprio miracolo. Girato in digitale, e nemmeno di qualità, tutto in esterni, con attori e tecnici che saranno pagati dagli eventuali utili, è costato la “spaventosa” cifra di 970 euri: però funziona. Si fa vedere, e mostra una reale tensione narrativa. E’ chiaro che è un prodotto di nicchia: ma va segnalato per questo. Perché, senza alcuno sbattimento narcisistico, anche se con una non estemporanea consapevolezza culturale, il regista-sceneggiatore ha descritto delle persone vere, alle prese con conflitti di una drammaticità non esagitata. Essa non è portata ad alcuna forzatura: benché questa dimensione sia presente, essa è calata, con molta intelligenza narrativa e verisimglianza, in un andamento che ha le apparenze della normalità, se non della banalità. Il protagonista, Salvatore, il ragazzo gay, si vive con un atteggiamento sospeso tra la passività esistenziale, e un dolore di una perdita affettiva che l’ha profondamente segnato, pur a distanza di tempo. L’attore, Antonio Merone, che proviene da solide esperienze teatrali, nonché coautore della sceneggiatura, gli ha dato un mix di spudoratezza fisica pasoliniana, di fragilità e curiosità sentimentali, ma anche di rassicurante umanità di fondo. Tutte caratteristiche evidenziate al meglio da una forte presenza scenica. A lui fa da contraltare la presenza della ragazza, Daniela, che sembra del tutto fuori posto. Anch’essa caratterizzata in modo svelto e felice, appare incerta nel come porsi: ma questo è il frutto di un riuscito gioco di sponda con l’altra, Stella, che, al contrario è ciarliera, onnipresente e desiderosa di conoscere; o l’altra amica, che vive sospesa nei suoi ricordi. La sceneggiatura riesce intelligentemente a dare spazio a sfondi animati umani collettivi: anche se di gruppi di pochi personaggi, sono continuamente compresenti, interagiscono e si danno continuamente il giusto ritmo nel raccontarsi e scoprirsi. Però il loro è un fare, non un dire teatrale. Essi sono accompagnati da una riuscita ambientazione scenografica naturale, metafora di un rapporto più intenso con se stessi, le memorie, le loro fantasie: aiuta a farli uscire dal limbo del non-vivere, dà il coraggio di assumere delle scelte che appaiono diverse dalle premesse che abbiamo viste poste: scelte che risultano ancora più intense e sentite; come quella d’amore di Daniela e Salvatore, molto tenera, che pare preludere ad un futuro aperto, in grado di spezzare le ossessioni in cui sembravano serrati nel loro “pianeta”.
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