teofrasto
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lunedì 29 agosto 2011
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capolavoro di rosi
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Il film parte apparentemente come un giallo, all'inizio sembra su questioni di mafia, poi su una vendetta personale, ma alla fine diventa pretesto per denunciare la realtà politica di un'epoca. Può essere che le nuove generazioni possano trovare il film poco interessante nella sua tematica, tanto più che non è una ricostruzione storica. Ma il film quando uscì destò grande scalpore. Cosa rimane oggi? Grandissima regia dove si susseguono scene indimenticabili, come ad esempio la scena iniziale nella cappella dei Cappuccini di Palermo e il primo omicidio che avviene in strada dopo lo strano passaggio di un cavallo che segue un motorino. Bellissime le scene dei funerali e gli interni dei palazzi.
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Il film parte apparentemente come un giallo, all'inizio sembra su questioni di mafia, poi su una vendetta personale, ma alla fine diventa pretesto per denunciare la realtà politica di un'epoca. Può essere che le nuove generazioni possano trovare il film poco interessante nella sua tematica, tanto più che non è una ricostruzione storica. Ma il film quando uscì destò grande scalpore. Cosa rimane oggi? Grandissima regia dove si susseguono scene indimenticabili, come ad esempio la scena iniziale nella cappella dei Cappuccini di Palermo e il primo omicidio che avviene in strada dopo lo strano passaggio di un cavallo che segue un motorino. Bellissime le scene dei funerali e gli interni dei palazzi. Anche se il ritmo può sembrare lento la tensione va sempre più crescendo e ci si accorge di essere all'interno di un film denuncia. Drammatico finale. "La verità non è sempre rivoluzionaria" dice lapidario uno dei personaggi del film, ovvero: la storia non può essere raccontata anche se si conosce, nemmeno da chi vorrebbe. Se pensiamo a quanti fatti rimasero inspiegati in quegli anni capiamo quanto Rosi abbia colto l'essenza di un'epoca e di una realtà in modo magistrale: capolavoro. Meritatissimo premio alla regia.
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figliounico
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sabato 15 aprile 2023
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di complotti ne abbiamo visti tanti
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Trasposizione del Contesto di Sciascia in un noir in stile francese con Lino Ventura protagonista ed un cast di nomi eccellenti anche in piccole parti di contorno come quella del poeta Alfonso Gatto e di Lino Capolicchio. Il film, come il romanzo da cui è tratto, pone un interrogativo inquietante, ovvero se il partito comunista, pur sapendo dei complotti governativi degli anni ’70, noti con il nome di strategia della tensione, ispirata dai servizi americani, pur sapendo delle smanie golpiste di quel potere oscuro che assemblava in un mostro orrendo e grottesco uomini delle istituzioni della polizia dei servizi segreti ed elementi della criminalità nera, che per il vero qui non appaiono e sono invece messi in luce in Io ho paura di Damiano Damiani prodotto l’anno prima, pur conoscendo la verità abbia taciuto per opportunismo, ossia per una strategia politica intesa ad evitare il peggio, l’instaurazione di un regime autoritario come quello dei colonnelli in Grecia o di un governo fantoccio filoamericano come in una delle repubbliche delle banane dominate con gli stessi mezzi infami.
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Trasposizione del Contesto di Sciascia in un noir in stile francese con Lino Ventura protagonista ed un cast di nomi eccellenti anche in piccole parti di contorno come quella del poeta Alfonso Gatto e di Lino Capolicchio. Il film, come il romanzo da cui è tratto, pone un interrogativo inquietante, ovvero se il partito comunista, pur sapendo dei complotti governativi degli anni ’70, noti con il nome di strategia della tensione, ispirata dai servizi americani, pur sapendo delle smanie golpiste di quel potere oscuro che assemblava in un mostro orrendo e grottesco uomini delle istituzioni della polizia dei servizi segreti ed elementi della criminalità nera, che per il vero qui non appaiono e sono invece messi in luce in Io ho paura di Damiano Damiani prodotto l’anno prima, pur conoscendo la verità abbia taciuto per opportunismo, ossia per una strategia politica intesa ad evitare il peggio, l’instaurazione di un regime autoritario come quello dei colonnelli in Grecia o di un governo fantoccio filoamericano come in una delle repubbliche delle banane dominate con gli stessi mezzi infami. Girato tra Napoli e Palermo ed altre città del sud rivela in alcune sequenze un Italia arcaica legata ancora ad un passato terribile simbolicamente rappresentato dalle mummie della cripta dei cappuccini o dalle vestigia antiche della monumentale chiesa di San Domenico nell’omonima piazza partenopea, a contrasto con i filmati di repertorio delle contestazioni giovanili delle piazze italiane dell’epoca infuocate dalle bandiere rosse e dalla voglia di cambiamento, cambiamento che non c’è stato, anzi è seguita la restaurazione dal ’78 in poi dopo l’affaire Moro, anche perché forse i dirigenti di quel partito hanno creduto, come dice un attore nella battuta finale del film, che la verità non è sempre rivoluzionaria.
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