spalla
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giovedì 28 maggio 2009
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cupo, avvincente e ben realizzato
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Un ottimo film. Il fatto che possa venire male interpretato è a mio parere la causa delle numerose critiche negative che ha ricevuto. Tanto per cominciare, malgrado le scene sanguinose è sbagliatissimo considerarlo un horror. Lo definirei più un thriller paranormale. E lo scopo del film non sono le scene macabre, bensì il dimostrare come la Chiesa, anche oggigiorno sia molto riluttante a mettere in discussione le proprie teorie, anche se non dovessero rivelarsi completamente corrette. Tema molto valido che è stato poi ripreso appunto da altri film, come "Il Codice Da Vinci". E' vero che il film gioca con argomenti molto scottanti, ma direi che il regista li ha usati con grande maestria. Bravissimi poi gli interpreti, in particolare Patricia Arquette.
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Un ottimo film. Il fatto che possa venire male interpretato è a mio parere la causa delle numerose critiche negative che ha ricevuto. Tanto per cominciare, malgrado le scene sanguinose è sbagliatissimo considerarlo un horror. Lo definirei più un thriller paranormale. E lo scopo del film non sono le scene macabre, bensì il dimostrare come la Chiesa, anche oggigiorno sia molto riluttante a mettere in discussione le proprie teorie, anche se non dovessero rivelarsi completamente corrette. Tema molto valido che è stato poi ripreso appunto da altri film, come "Il Codice Da Vinci". E' vero che il film gioca con argomenti molto scottanti, ma direi che il regista li ha usati con grande maestria. Bravissimi poi gli interpreti, in particolare Patricia Arquette. Ritengo quindi che Stigmate possa essere un film non facilissimo da apprezzare, ma sicuramente ben realizzato.
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lunedì 23 dicembre 2013
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denuncia colorata di metafisico.
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Parrucchiera atea, che conduce la vita nell'edonismo, riceve un'indiazione e diventa profeta sibillina e visionaria di un credo che dà molto fastidio alla Chiesa.
Non è mai facile trattare tematiche simili. Specie senza ricadere nel banale, nel già detto, nella maniera o in blasfemia ricercata per attirare l'attenzione. E' un film che merita più di una parola.
Formula ricorrente dell'opera è la rielaborazione del versetto 77 del Vangelo di Tommaso, scritto considerato apocrifo dalla Chiesa: "Il regno di Dio è in te e attorno a te, non in edifici di legno e pietra. Spezza un pezzo di legno ed io sarò lì, alza una pietra e lì mi troverai".
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Parrucchiera atea, che conduce la vita nell'edonismo, riceve un'indiazione e diventa profeta sibillina e visionaria di un credo che dà molto fastidio alla Chiesa.
Non è mai facile trattare tematiche simili. Specie senza ricadere nel banale, nel già detto, nella maniera o in blasfemia ricercata per attirare l'attenzione. E' un film che merita più di una parola.
Formula ricorrente dell'opera è la rielaborazione del versetto 77 del Vangelo di Tommaso, scritto considerato apocrifo dalla Chiesa: "Il regno di Dio è in te e attorno a te, non in edifici di legno e pietra. Spezza un pezzo di legno ed io sarò lì, alza una pietra e lì mi troverai". Silloge delle concezioni immanentista e agostiniana ("La natura è Dio nelle cose" Giordano Bruno; "La verità risiede nell'interiorità dell'uomo" Sant'Agostino), inno alla ricerca di Dio nella primordiale natura del mondo o nell'intima natura di se stessi, è un pericolo per l'istituzione della Chiesa, interessata a tutelare il rapporto del fedele con Dio tra le mura artificiali di edifici da cui deriva tutta la sua ricchezza. Da questo centro nevralgico della riflessione dottrinale di cui l'opera si fa latrice, si articolano le più svariate tematiche, tutte di matrice cristiana (quelle stesse che dal Medioevo in avanti hanno scatenato dibattiti che hanno coinvolto dottori della Chiesa, mandato al rogo uomini, causato scismi eresie e guerre). Ad esempio, è emblematica la contrapposizione tra libertà e predestinazione, tra volontà e necessità: la nostra protagonista è considerabile "eletta" da Dio, i suoi segni di elezione sono le stigmate (dal greco, "segni"), veri e propri "doni di Dio" che - come afferma - darebbe volentieri indietro, da buona donna edonista e materialista qual è. Il resto ha tutto il sapore di già visto: rapporto tra scenza e religione, monopolio della Chiesa nella conoscenza ("Il nome della Rosa"), ripercussione fisica della sofferenza spirituale, tema della castità, contrapposizione tra edonismo e contemptus mundi, e molto altro, trattato in taluni casi più che con dialettica con frivolezza da salotto.
Ma spostiamoci ora all'aspetto visivo: come comunicare allegorie e concetti filosofici facendoli passare attraverso i nostri occhi? Il regista non poteva scegliere di peggio: da buon pubblicitario, opta per un bombardamento esasperato di immagini in un caotico coacervo tra ieratico e profano. Certo, colpisce. Urta il nostro immaginario. Ma l'intensità espressiva diventa forzatura, l'aspetto emotivo prende a pugni la riflessione, la "pornografia" vince sull'utilizzo consapevole di simboli e allusioni. Pensiamo agli elementi topici dell'opera: l'acqua, il fuoco, il sangue. Il sangue è spesso immerso nell'acqua (suggestione che verrà riproposta in "Confessions", cambiando il solvente nel latte): il primo simboleggia il sacrificio, la seconda l'elemento vitale, insieme possono riferirsi a morte e resurrezione. Un forte diluvio segue le scene della crocifissione rivissute dalla protagonista, allegoria dell'universale purificazione dell'umanità. Il fuoco è simbolo della passione di Cristo. Simbologia semplice, ma utilizzata in modo ridondante e tautologico. Il sangue schizza, l'acqua inumidisce in modo costante l'atmosfera, il fuoco avvampa fino a bruciare povere madonnine. Senza senso e senza bisogno. Il risultato è un "The Ring" pseudo-intellettuale, al profumino di fiori di santo. Croce e delizia di quest'opera è la sua ricerca di plusvalenza artistica: impatto nell'attirare, suggestività nel comunicare, moderazione nel far riflettere e impegno nel denunciare. La somma di questi elementi eterogenei ha come risultato uno zibaldone composito e artificioso, che commistiona in modo disordinato temi morali, scene horror, denuncia sociale e, chi più ne ha più ne metta, anche un amore, che di lirico e passionale ha ben poco. L'Arquette in ruolo nero non è assolutamente confrontabile con quella che è emersa in "Strade Perdute".
Nel voler, al tempo stesso, spiccare il volo nel trattare il metafisico ed entrare in profondità nelle più basse agonie dell'animo umano, si resta in superficie.
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fluturnenia
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sabato 18 aprile 2009
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il cinema è pur sempre un divertissement
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Mi permetto, dal basso della mia incompetenza, di suggerire alla gentilissima Marianna Cappi di rivedersi il film anche più di una volta e di leggersi la recensione della stampa, quotidiano che per altro amo poco, firmata Lietta Tornabuoni: un esempio fulgido e lampante di imparzialità e di buon gusto. Non ci giurerei ma sono molto propenso a credere che alla suddetta miss Cappi aggradino molto di più i film italiani, magari quelli di Nanni Moretti.
A parte le sequenze videoclippate e le banali scene con tanto di fumogeni, quando ci si presta a recensire, commentare o esprimere un giudizio su cose molto delicate e particolari come quelle che vengono raccontate, sicuramente più per creare sensazionalismo che per dovere di cronaca come è giusto che sia per un film, in pellicole quali Stigmate, Il Codice da Vinci e molti altri, sarebbe opportuno conoscere un po' meglio la storia o pseudo tale.
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Mi permetto, dal basso della mia incompetenza, di suggerire alla gentilissima Marianna Cappi di rivedersi il film anche più di una volta e di leggersi la recensione della stampa, quotidiano che per altro amo poco, firmata Lietta Tornabuoni: un esempio fulgido e lampante di imparzialità e di buon gusto. Non ci giurerei ma sono molto propenso a credere che alla suddetta miss Cappi aggradino molto di più i film italiani, magari quelli di Nanni Moretti.
A parte le sequenze videoclippate e le banali scene con tanto di fumogeni, quando ci si presta a recensire, commentare o esprimere un giudizio su cose molto delicate e particolari come quelle che vengono raccontate, sicuramente più per creare sensazionalismo che per dovere di cronaca come è giusto che sia per un film, in pellicole quali Stigmate, Il Codice da Vinci e molti altri, sarebbe opportuno conoscere un po' meglio la storia o pseudo tale. E quando dico storia intendo quella che c'è sui libri...ufficiali e ufficiosi. Tutti sanno ad esempio che Garibaldi era un guerrafondaio ma se lo diciamo ai "rossi" rischiamo al linciaggio. Ciò che è scritto non è detto che sia ciò che è successo e ciò che è vien detto tanto meno. Io mi limito, se mi è permesso e concesso, a trarre giovamento da ogni attività proposta. Le mie idee/impressioni personali riguardo a contenuti e messaggi trasmessi, impliciti e non, me li tengo per me. Sarò forse un conformista, si!
Ma politically INCORRECT...e me ne vanto
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toty bottalla
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martedì 26 febbraio 2013
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il mistero della fede in scena!
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Wainwright, getta le basi della riflessione già vista in altri film sulle controversie vaticane e sull'immenso mistero indefinibile, "stigmate" è un prodotto tipicamente americano di spettacolo a tutti i costi che tuttavia apre alla riflessione una volta di più. Il lavoro di wainwright non mi ha entusiasmato, e fino a qui poco male, ma mi sono chiesto come sarebbe stato questo film diretto da pupi avati. Saluti.
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