gianleo67
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martedì 12 novembre 2013
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triste parabola di un uomo senza qualità
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Finito in carcere per una maldestra simulazione di reato, un modesto e sprovveduto padre di famiglia si ritrova in cella con tre ergastolani sodali decisi ad evadere. Coinvolto suo malgrado nella fuga e fatta amicizia con il più truce ma leale dei tre, una volta fuori scopre che la moglie lo ha lasciato per vivere con un uomo povero ma onesto che la aiuta a crescere i figli ancora piccoli. I due lo convincono a farsi catture insieme al suo compagno fuggiasco per riscuotere la taglia e risollevare così le proprie sorti economiche.
Scritto da Age & Scarpelli con la collaborazione di Monicelli e dello stesso regista su di un comune soggetto, è una commedia di amara e caustica ironia che fonda il suo presupposto drammaturgico sulla simulazione e sull'inganno quale componente dominante della natura e delle relazioni umane laddove l'infingimento e l'apparenza sono la maschera fatua di una realtà che non tarda a mostrare la sua cinica e spietata doppiezza.
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Finito in carcere per una maldestra simulazione di reato, un modesto e sprovveduto padre di famiglia si ritrova in cella con tre ergastolani sodali decisi ad evadere. Coinvolto suo malgrado nella fuga e fatta amicizia con il più truce ma leale dei tre, una volta fuori scopre che la moglie lo ha lasciato per vivere con un uomo povero ma onesto che la aiuta a crescere i figli ancora piccoli. I due lo convincono a farsi catture insieme al suo compagno fuggiasco per riscuotere la taglia e risollevare così le proprie sorti economiche.
Scritto da Age & Scarpelli con la collaborazione di Monicelli e dello stesso regista su di un comune soggetto, è una commedia di amara e caustica ironia che fonda il suo presupposto drammaturgico sulla simulazione e sull'inganno quale componente dominante della natura e delle relazioni umane laddove l'infingimento e l'apparenza sono la maschera fatua di una realtà che non tarda a mostrare la sua cinica e spietata doppiezza. Seguendo il filo della candida confessione di un uomo senza qualità (uno straordinario Nino Manfredi) ci si inoltra lungo vicissitudini tragicomiche di un ineluttabile fatalismo dove ogni possibilità di riscatto e di redenzione sono vanificate dall'inevitabile concorso degli eventi avversi e dalla maldestra propensione all'onestà del suo ingenuo protagonista. Nel segno di una lunga tradizione della commedia di costume nostrana (di cui gli autori sono stati indiscussi protagonisti sin dagli esordi) anche l'opera di Comencini ne riflette gli aspetti peculiari tanto nella duttile agilità della sceneggiatura quanto nella raffinata umanità con cui abbozza ambienti (il carcere) e personaggi (il sottoproletariato urbano) non sfuggendo ai consolidati espedienti di una comicità sociologica di fulminate efficacia (il 'sorcio' furbo e infido, il 'dottore' borioso e moralista, il Tagliabue rude e leale) che si tiene a distanza di sicurezza dagli eccessi della caricatura per una indiscutibile verosimiglianza antropologica e per la calibrata misura del registro drammatico. Sicuramente più efficace la prima parte (dove la citata teoria dell'inganno trova una sua geniale declinazione nel riuscito tentativo di evasione simulata) precipita gli eventi nel rocambolesco finale di amara rassegnazione. Bella la fotografia di Aldo Scavarda. Blando remake di Mazzacurati del 2002. Si ride, ma a denti stretti.
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carloalberto
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sabato 31 luglio 2021
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una tragicommeddia che non lascia speranze
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Commedia amara di Comencini, con un grande Manfredi, che offre uno spaccato sarcastico ed impietoso dell’Italia degli anni sessanta, quando la miseria morale e materiale delle classi popolari risaltava stridente nel contrasto con l’incipiente progresso tecnologico e pseudo culturale del boom economico. La voce fuori campo del protagonista, lo stesso Manfredi, accompagna la narrazione con un italiano stentato e maccheronico, appreso dalla televisione, con un effetto comico che trasforma immediatamente la tragedia del racconto filmico in farsa grottesca. Simbolica la caduta del giovanissimo Volontè, macchiatosi di un delitto d’onore, sul tetto del cinema che si apre sotto i suoi piedi fagocitandolo, a significare lo spirito neorealistico che anima le intenzioni dell’autore, che, al di là delle apparenze e nonostante i toni della commedia, intende catturare le storie reali di uomini presi dalla vita di tutti i giorni per trasfigurarli in personaggi esemplari destinati all’immortalità della celluloide.
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Commedia amara di Comencini, con un grande Manfredi, che offre uno spaccato sarcastico ed impietoso dell’Italia degli anni sessanta, quando la miseria morale e materiale delle classi popolari risaltava stridente nel contrasto con l’incipiente progresso tecnologico e pseudo culturale del boom economico. La voce fuori campo del protagonista, lo stesso Manfredi, accompagna la narrazione con un italiano stentato e maccheronico, appreso dalla televisione, con un effetto comico che trasforma immediatamente la tragedia del racconto filmico in farsa grottesca. Simbolica la caduta del giovanissimo Volontè, macchiatosi di un delitto d’onore, sul tetto del cinema che si apre sotto i suoi piedi fagocitandolo, a significare lo spirito neorealistico che anima le intenzioni dell’autore, che, al di là delle apparenze e nonostante i toni della commedia, intende catturare le storie reali di uomini presi dalla vita di tutti i giorni per trasfigurarli in personaggi esemplari destinati all’immortalità della celluloide. Il cast si avvale dell’emergente Mario Adorf, caratterista d’eccezione, e di un attore teatrale di grande talento quale fu Ferruccio De Ceresa. La morale della favola è che non si può evadere dal carcere invisibile della propria condizione sociale e che gli ultimi hanno il futuro già scritto, nonostante il desiderio di riscatto e la voglia di emancipazione. Non resta al protagonista altro che intonare per i compagni di prigionia e di sventura una canzone di successo di quegli anni, Il mare di Sergio Bruni, e mimando l’artista fingere a sé stesso un’altra vita, un altro destino.
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