onufrio
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venerdì 3 febbraio 2017
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l'orchidea d'acciaio
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L'incredibile storia di Aung San Suu Kyi raccontata dal regista Luc Besson attraverso salti temporali partendo dal 1947 anno in cui venne ucciso il padre di San Suu Kyi, per poi riprendere il racconto nel 1988 quando la protagonista ormai da anni ad Oxford con marito e 2 figli riceve la notizia che la madre non versa in buone condizioni, allora si reca subito in Birmania e vede coi propri occhi gli abusi di una dittatura sanguinosa, il suo arrivo nella terra natia viene visto da molti come una sorta di liberazione dall'oppressore e la donna, spinta dal popolo,intraprende un lungo e complicato cammino per guidare il proprio paese verso la democrazia e la libertà.
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kondor17
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domenica 14 settembre 2014
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film che onora (a metà) aung san suu kyi
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Il film inizia mostrando Aung Suu mamma di due adolescenti ad Oxford, sposata con uno scozzese. Aung nel 1988 è costretta a tornare d'urgenza in Birmania per un infarto della madre Khin, personaggio fondamentale nella storia della Birmania e nella crescita umana e culturale della figlia. Di questo periodo di Suu e Khin insieme in India non viene però fatto accenno alcuno e non si capisce il perchè. Infatti Khin, dopo l'omicidio del marito, il generale Aung San, nel 1947, quando Suu aveva solo due anni, fu molto attiva sia politicamente che socialmente. Divenne anche ambasciatrice birmana in India, dove Aung Suu potè frequentare scuola e università, laureandosi nel 1967 in filosofia, scienze economiche e politiche.
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Il film inizia mostrando Aung Suu mamma di due adolescenti ad Oxford, sposata con uno scozzese. Aung nel 1988 è costretta a tornare d'urgenza in Birmania per un infarto della madre Khin, personaggio fondamentale nella storia della Birmania e nella crescita umana e culturale della figlia. Di questo periodo di Suu e Khin insieme in India non viene però fatto accenno alcuno e non si capisce il perchè. Infatti Khin, dopo l'omicidio del marito, il generale Aung San, nel 1947, quando Suu aveva solo due anni, fu molto attiva sia politicamente che socialmente. Divenne anche ambasciatrice birmana in India, dove Aung Suu potè frequentare scuola e università, laureandosi nel 1967 in filosofia, scienze economiche e politiche. Poi a New York, Aung Suu, lavorando per l'Onu, conobbe il marito inglese Michael, che le fu molto vicino, finchè potè, durante il periodo delle elezioni democratiche e del successivo isolamento. Questa parte è fin troppo ben descritta, rendendo noiosi e ripetitivi i continui incontri e addii con marito e figli. La madre viene invece mostrata solo sul letto di morte, con la figlia al capezzale. Ma la sua casa diventa però subito pellegrinaggio di accademici e storici, che non solo ignorano la madre morente, ma conferiscono misteriosamente a Aung Suu l'onere di traghettare la Birmania fuori dalla dittatura, e lei non ne sembra più di tanto sorpresa. Noi sì. Anche lì, del passato, niente. Speravo ed attendevo fino alla fine in un qualche flash back, che spiegasse allo spettatore i retroscena, la storia di Khin e la crescita di Suu, e i perchè di un tale movimento in quella casa ed il significato di tale investitura. Niente di niente.
Film quindi monco, che rende solo parzialmente onore a una delle donne più coraggiose e forti degli ultimi 40 anni, nessun onore alla madre, mentre il padre viene venerato ed inneggiato dalla folla. Lascia alla fine l'amaro in bocca per un'occasione decisamente sprecata. Un vero peccato!
La seconda stella solo per te, Suu.
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margan
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mercoledì 16 ottobre 2013
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bellissimo film!
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Bellissimo film con ottima interpretazione e una forte drammaticità. Ti coinvolge a pieno e ti fa sentire molto vicino alla protagonista, non ci sono scene eccessivamente violente e quindi lo consiglierei anche come film da far vedere nelle scuole per studiare la storia di altre nazioni e di altri continenti per esempio a geografia, se esiste sempre.
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rita branca
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mercoledì 11 settembre 2013
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l’orchidea d’acciaio: un’eroina moderna
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The Lady - L’amore per la libertà, film (2011) di Luc Besson con Michelle Yeoh e David Thewlis
Gran bel film sulla biografia di Dau Aung San Suu Kyi, la leader democratica birmana, premio Nobel per la pace 1991, a lungo perseguitata dal regime dittatoriale militare per la sua opposizione pacifista e lo stimolo offerto alla popolazione oppressa del suo paese a pretendere il rispetto dei diritti umani arrogantemente negati.
La storia di una creatura davvero speciale, un nobile esempio di cui si ha bisogno per non abbattersi davanti alle pratiche quotidiane nazionali e internazionali di corruzione politica ed egoismo individualista.
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The Lady - L’amore per la libertà, film (2011) di Luc Besson con Michelle Yeoh e David Thewlis
Gran bel film sulla biografia di Dau Aung San Suu Kyi, la leader democratica birmana, premio Nobel per la pace 1991, a lungo perseguitata dal regime dittatoriale militare per la sua opposizione pacifista e lo stimolo offerto alla popolazione oppressa del suo paese a pretendere il rispetto dei diritti umani arrogantemente negati.
La storia di una creatura davvero speciale, un nobile esempio di cui si ha bisogno per non abbattersi davanti alle pratiche quotidiane nazionali e internazionali di corruzione politica ed egoismo individualista.
“L’orchidea d’acciaio”, come un giornale inglese l’aveva opportunamente ribattezzata, sottolineando il fisico dall’aspetto fragile e aggraziato ed il coraggio indomito, la determinazione e la pazienza, nonché il senso di sacrificio che le ha fatto sopportare anni di penosa lontananza dall’amata famiglia, marito inglese illuminato e due figli, imposta dal regime per obbligarla a rinunciare alla sua lotta per affermare la democrazia.
Pur consapevole del potere cieco a cui voleva far fronte (da bambina le avevano già assassinato il padre, leader del Partito Comunista del paese) questa donna meravigliosa, sempre con la non violenza, ha donato tutte le sue energie mentali, rinunciando al suo privato.
Luc Besson ne evidenzia in profondità il dramma umano, le rinunce e l’eroismo, sottolineando bene anche l’aiuto psicologico offerto in particolare dal marito, il prof. Michael Aris, che si ammala di cancro e ne muore senza poterla rivedere, poiché gli viene negato ripetutamente il visto per la Birmania e Dau Aung San Suu Kyi, d’accordo con lui, decide di non cadere nel tranello tesole dal regime per sbarazzarsi di lei, una volta lasciato il paese.
Film altamente educativo e incoraggiante, dove i ruoli sono egregiamente interpretati, accompagnati da una bella fotografia e da una bella colonna sonora.
Rita Branca
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francesco2
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martedì 30 aprile 2013
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concordo.....meglio "adèle"
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Nel suo piccolissimo "Miral", il pittore regista Schnabel aveva già costruito una telenovela a sfondo sociale; ma il suo film, quantomeno, sollevava qualche problema che andava oltre il privato della protagonista. Besson, anche a causa di una sceneggiatura talora pessima -Si vedano le scene che hannoc ome protagonista il direttor e e company- fa anche di peggio; peraltro, l'ultima parte è prolissa e strappalacrime. Come ritratto femminile, gli è riuscito un pò meglio "Adèle e l'enigma del faraone", anche se non è sicuramente un fondo a sfondo sociale.
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luigi chierico
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giovedì 25 aprile 2013
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"libertà ben sa chi per lei vita rifiuta"
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Non il film commuove ma la Storia.Narrato con scruplo e precisione, gli Affetti fanno da padroni: l'Amore per la Patria, per il marito, per la moglie, per i figli, per il proprio popolo, per la Libertà. L'impegno è notevole,il commento musicale è sottolineato nella spiegazione:"è Musica", e tanto basta.La vicenda drammattica in tutta la sua cruda verità porta a momenti di commozione, che non nuocciono allo spettatore sensibile e partecipe a tali vicende che toccano gli individui e travolgono le nazioni, gettandole nell'oppressione,altro che "la democrazia non si fa in un giorno"!
C'è la devastazione della personalità umana, delle tradizioni, del rispetto delle idee e della giusizia.
Peccato che il meglio sia nelle didascalie che non si riescono a leggere perchè mal riportate e troppo veloci, tutto a discapito
del film che perde punti.
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Non il film commuove ma la Storia.Narrato con scruplo e precisione, gli Affetti fanno da padroni: l'Amore per la Patria, per il marito, per la moglie, per i figli, per il proprio popolo, per la Libertà. L'impegno è notevole,il commento musicale è sottolineato nella spiegazione:"è Musica", e tanto basta.La vicenda drammattica in tutta la sua cruda verità porta a momenti di commozione, che non nuocciono allo spettatore sensibile e partecipe a tali vicende che toccano gli individui e travolgono le nazioni, gettandole nell'oppressione,altro che "la democrazia non si fa in un giorno"!
C'è la devastazione della personalità umana, delle tradizioni, del rispetto delle idee e della giusizia.
Peccato che il meglio sia nelle didascalie che non si riescono a leggere perchè mal riportate e troppo veloci, tutto a discapito
del film che perde punti.
Mi ha fatto ricordare un film rimasto impresso, ma sopito, nella mia memoria e vivo nel mio cuore "L'arpa birmana", definito "un poema lirico che raggiunge momenti di dolorosa mastosa bellezza".
Lo suggerisco agli appassionati del buon cinema che non l'hanno potuto vedere.
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filippo catani
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mercoledì 5 dicembre 2012
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il coraggio di una donna
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Il film prende le mosse dalla vita dell'attivista birmana Sun Suu Khy e indaga soprattutto sulla sua parabola politica e sul suo delicato rapporto con il marito e i figli lontani.
Davvero bello, forte ed entusiasmante questo film diretto da Luc Besson. Sicuramente la scena più ad effetto e che si scolpisce nella memoria dello spettatore è senza dubbio quella di quando Aung Sun Suu Khy passa in mezzo ai fucili spianati degli odiosi militari birmani mandati dalla dittatura a disperdere un suo appuntamento elettorale. Il film ci fa riflettere sulla grande forza che ha avuto e ha ancora questa straordinaria e carismatica donna (figlia del generale che ottenne l'indipendenza) che senza sparare un colpo ma solo attraverso la democrazia sta cercando di cambiare il suo paese.
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Il film prende le mosse dalla vita dell'attivista birmana Sun Suu Khy e indaga soprattutto sulla sua parabola politica e sul suo delicato rapporto con il marito e i figli lontani.
Davvero bello, forte ed entusiasmante questo film diretto da Luc Besson. Sicuramente la scena più ad effetto e che si scolpisce nella memoria dello spettatore è senza dubbio quella di quando Aung Sun Suu Khy passa in mezzo ai fucili spianati degli odiosi militari birmani mandati dalla dittatura a disperdere un suo appuntamento elettorale. Il film ci fa riflettere sulla grande forza che ha avuto e ha ancora questa straordinaria e carismatica donna (figlia del generale che ottenne l'indipendenza) che senza sparare un colpo ma solo attraverso la democrazia sta cercando di cambiare il suo paese. E la sua determinazione non solo venne messa a dura prova durante gli anni di arresti domiciliari che la isolarono dal mondo ma specialmente quando fu posta davanti alla tragica scelta se cioè raggiungere il marito morente in Inghilterra senza più possibilità di fare ritorno in Birmania o rimanere in casa propria. Naturalemnte le fu impedito di ritirare il Nobel per la Pace (cosa che solo recentemente ha potuto fare) e, anche una volta ottenuta la libertà, subiva intimidazioni e vedeva la linea del suo telefono cadere in continuazione. Naturalmente la dittatura dispone di tutti i caratteri repressivi e peggiori che la storia ci ha mostrato (e per altro lucidamente enumerati nel libro Le origini del totalitarismo della Arendt): polizia repressiva, ampio e stratificato sistema di delatori, grande sfarzo della gerarchia a confronto della povertà della popolazione (vedi la scena del generale che gioca tranquillamente a golf e fa scacciare cani a suon di mitragliatrice) e prigioni dove gli attivisti erano rinchiusi in gabbie da animali (terribile il momento in cui la leader birmana chiede un trattamento più umano per i suoi sodali e un uomo viene trasferito da una gabbia per cani alla cella di una prigione). La situazione ultimamente è cambiata in piccola parte e la stessa Suu Khy è stata eletta in parlamento ma sono tante ancora le cose che devono essere fatte. Certo è che il film solleva anche un altro inquietante interrogativo: dove si trovavano i grandi paesi democratici mentre in Birmania succedeva tutto ciò e al potere c'era un feroce e superstizioso dittatore (che fece coniare monete di taglio da nove con multipli e sottomultipli in quanto era il suo numero fortunato)? Ai posteri l'ardua sentenza con la speranza che il recente viaggio di Obama possa aver ulteriormente sbloccato la situazione. E poi non va dimenticato il lato umano in quanto la protagonista è donna, moglie e madre e ben ha fatto Besson ad esplorare anche questo universo che ha finito per essere troppo spesso schiacciato. Una menzione particolare per la bravissima Michelle Yeoh che si cala splendidamente nella parte.
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andrea giostra
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lunedì 19 novembre 2012
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la non violenza
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E’ un bellissimo film, delicato e per certi versi semplice, che racconta senza alcuna retorica la straordinaria storia di una grandissima donna birmana, Aung San Suu Kyi, Nobel per la Pace nel 1991. E’ una storia vera che dà il senso della sofferenza, del dolore, ma anche della forza straordinaria espressa da questa donna, che con tenacia, determinazione e con il sano principio della non violenza, ha saputo, da sola, sconfiggere il potente potere militare birmano, cinico e al contempo cieco ad un mondo i cui confini non sono più solo quelli geografici e culturali.
Da vedere assolutamente, soprattutto oggi, 20 novembre 2012, che San Suu Kyi, dopo aver conquistato un seggio nel parlamento birmano alle elezioni dello scorso aprile, ha ricevuto la visita commossa del Presidente degli Stati Uniti Obama, in quella che è stata per più di vent’anni anni la sua casa sul lago e la sua prigione di reclusa ed interdetta dal regime militare birmano.
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E’ un bellissimo film, delicato e per certi versi semplice, che racconta senza alcuna retorica la straordinaria storia di una grandissima donna birmana, Aung San Suu Kyi, Nobel per la Pace nel 1991. E’ una storia vera che dà il senso della sofferenza, del dolore, ma anche della forza straordinaria espressa da questa donna, che con tenacia, determinazione e con il sano principio della non violenza, ha saputo, da sola, sconfiggere il potente potere militare birmano, cinico e al contempo cieco ad un mondo i cui confini non sono più solo quelli geografici e culturali.
Da vedere assolutamente, soprattutto oggi, 20 novembre 2012, che San Suu Kyi, dopo aver conquistato un seggio nel parlamento birmano alle elezioni dello scorso aprile, ha ricevuto la visita commossa del Presidente degli Stati Uniti Obama, in quella che è stata per più di vent’anni anni la sua casa sul lago e la sua prigione di reclusa ed interdetta dal regime militare birmano.
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andrea giostra
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lunedì 19 novembre 2012
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la non violenza.
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E’ un bellissimo film, delicato e per certi versi semplice, che racconta senza alcuna retorica la straordinaria storia di una grandissima donna birmana, Aung San Suu Kyi, Nobel per la Pace nel 1991. E’ una storia vera che dà il senso della sofferenza, del dolore, ma anche della forza straordinaria espressa da questa donna, che con tenacia, determinazione e con il sano principio della non violenza, ha saputo, da sola, sconfiggere il potente potere militare birmano, cinico e al contempo cieco ad un mondo i cui confini non sono più solo quelli geografici e culturali.
Da vedere assolutamente, soprattutto oggi, 20 novembre 2012, che San Suu Kyi, dopo aver conquistato un seggio nel parlamento birmano alle elezioni dello scorso aprile, ha ricevuto la visita commossa del Presidente degli Stati Uniti Obama, in quella che è stata per più di vent’anni anni la sua casa sul lago e la sua prigione di reclusa ed interdetta dal regime militare birmano.
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E’ un bellissimo film, delicato e per certi versi semplice, che racconta senza alcuna retorica la straordinaria storia di una grandissima donna birmana, Aung San Suu Kyi, Nobel per la Pace nel 1991. E’ una storia vera che dà il senso della sofferenza, del dolore, ma anche della forza straordinaria espressa da questa donna, che con tenacia, determinazione e con il sano principio della non violenza, ha saputo, da sola, sconfiggere il potente potere militare birmano, cinico e al contempo cieco ad un mondo i cui confini non sono più solo quelli geografici e culturali.
Da vedere assolutamente, soprattutto oggi, 20 novembre 2012, che San Suu Kyi, dopo aver conquistato un seggio nel parlamento birmano alle elezioni dello scorso aprile, ha ricevuto la visita commossa del Presidente degli Stati Uniti Obama, in quella che è stata per più di vent’anni anni la sua casa sul lago e la sua prigione di reclusa ed interdetta dal regime militare birmano.
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lalli
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mercoledì 4 luglio 2012
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orgoglio di donna
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una bella, triste, dura storia, (di cui nessuno parla e pochi sanno, -dove nn c'è interesse...-) ci vorrebbero tante donne come lei..e allora chissà che mondo sarebbe...
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