tom cine
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martedì 1 settembre 2020
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la morale di una favola nera
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NELLA MENTE DEL PICCOLO BRUNO
Parto da questa premessa: “Il bambino con il pigiama a righe” non é ( non vuole essere ) un film realistico sulla Shoah.
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NELLA MENTE DEL PICCOLO BRUNO
Parto da questa premessa: “Il bambino con il pigiama a righe” non é ( non vuole essere ) un film realistico sulla Shoah. Alcune inesattezze (non vi dirò in cosa consistono per non anticiparvi troppo) sono volute perché l’intenzione ( molto chiara ) è quella di dar vita ad una favola nera ( accessibile a tutti, ragazzini compresi ) e non ad una rievocazione realistica di un episodio che riguarda la Shoah. E’ una storia inventata e si prende delle necessarie (ai fini della narrazione) libertà. L’impronta favolistica è accentuata anche dall’età e dalla caratterizzazione del personaggio protagonista. Questo film, tratto da un romanzo di John Boyne che il regista ha adattato per il cinema, ha infatti, come protagonista, un bambino di otto anni ingenuo e sognatore: Bruno (Asa Butterfield, reso famoso da questo film e dal successivo “Hugo Cabret”). Il secondo conflitto mondiale è in corso e Bruno è il figlio di un ufficiale nazista. Un giorno, il padre di Bruno riceve il compito di dirigere un campo di sterminio. L’uomo e la sua famiglia traslocano: la nuova dimora è proprio nelle vicinanze del campo e l’orizzonte è contrassegnato dal macabro fumo prodotto dalle ciminiere dei forni crematori. Bruno è, però, all’oscuro di tutto questo perché è immerso nelle sue fantasie infantili e, soprattutto, perché la famiglia gli nasconde la verità. Ma la verità non si può nascondere per sempre ed un giorno, contravvenendo alle regole che gli sono state imposte, Bruno esce da una porta secondaria, percorre un bosco ( tipico elemento favolistico ) e arriva al recinto in filo spinato che cinge il campo ( lui crede che si tratti di una fattoria ). Dall’altra parte della recinzione c’é Shmuel, un bambino ebreo internato: è quello del titolo. Fra Bruno e Shmuel, nonostante il filo spinato che li divide, nasce una profonda amicizia che porterà la storia ad un finale imprevedibile.“Il bambino con il pigiama a righe” è un film che chiede, allo spettatore, di lasciare da parte la propria incredulità e di accettare, per tutta la sua durata, le volute inesattezze della favola che gli viene narrata: una storia sul potere dell’amicizia e sulla scoperta del Male ( sì, quello con la “M” maiuscola ). Se lo spettatore acconsente, si trova davanti ad un film bellissimo.Il pregio più grande di questo film è la capacità della sceneggiatura nel saper entrare dentro la psicologia del bambino protagonista e nel saper rendere credibili, all’interno del suo inquietante microcosmo familiare ( ha pure una sorella che è una simpatizzante del nazismo) i suoi stupori, i suoi dubbi e anche la maniera in cui la sua fantasia rifiuta una realtà che viene percepita ma che è troppo dura da accettare. Herman riesce anche ad evitare le facili trappole del dramma strappalacrime ( che in questo contesto sarebbero state inopportune ), raffreddando i toni, soprattutto attraverso l’uso di una fotografia che predilige tonalità algide, senza tuttavia rinunciare ai sentimenti e alle emozioni, che serpeggiano sotto l’apparente austerità. Il film è estremamente curato nel disegno psicologico non solo di Bruno, ma anche degli altri personaggi: dall’ebreo Pavel al tenente Kotler, dalla sorella fino alla madre Elsa, per finire con la figura del padre, un uomo dalle molte sfaccettature e che ricorda, allo spettatore, che persecutori e assassini si nascondono anche sotto un’apparenza bonaria e innocua. Quello del padre è un personaggio-chiave e che acquista una drammatica rilevanza nello splendido finale ( da non raccontare e da non farsi raccontare ), quando quel mostro (il lager), incombente per quasi tutta la durata di questa favola nera, si rivela in tutto il suo orrore svelando la profonda morale del racconto e orientandolo verso una conclusione che emoziona profondamente, commuove, si installa nella memoria e non se ne va più via.
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francesco marziani
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mercoledì 1 giugno 2016
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iluna profonda amicizia
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Il film ' il bambino con il pigiama a righe', fa riflettere molto sul fatto che i bambini sono all'oscuro nel modo di vedere le cose, rispetto agli adulti.
Il film e' tratto dal romanzo di John Boyne uscito nel 2006, e due anni dopo il regista Mark Herman decise di farne un film.
La vicenda vede come protagonista Bruno, un bambino di otto anni( nel libro nove), che vive a Berlino durante il secondo conflitto mondiale; e si può notare che vive una vita spensierata assieme ai suoi più cari amici: Karl, Leon e Martin. Un pomeriggio di ritorno da scuola, la mamma gli annuncia che devono cambiare residenza, andando a vivere in campagna, perché il padre e' un soldato che ha avuto una promozione( in realtà Bruno non sa di cosa si occupi il padre realmente).
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Il film ' il bambino con il pigiama a righe', fa riflettere molto sul fatto che i bambini sono all'oscuro nel modo di vedere le cose, rispetto agli adulti.
Il film e' tratto dal romanzo di John Boyne uscito nel 2006, e due anni dopo il regista Mark Herman decise di farne un film.
La vicenda vede come protagonista Bruno, un bambino di otto anni( nel libro nove), che vive a Berlino durante il secondo conflitto mondiale; e si può notare che vive una vita spensierata assieme ai suoi più cari amici: Karl, Leon e Martin. Un pomeriggio di ritorno da scuola, la mamma gli annuncia che devono cambiare residenza, andando a vivere in campagna, perché il padre e' un soldato che ha avuto una promozione( in realtà Bruno non sa di cosa si occupi il padre realmente).
Nella nuova casa, I primi tempi Bruno si annoia perché non trova nessuno con cui giocare, e passa le sue giornate in casa, o stando sull'altalena.
Un giorno però, senza farsi scoprire, esce dal cortile sul retro e si dirige verso la campagna: fino a quando scorge un campo di concentramento e vede un bambino seduto lì dentro e incomincia a fare amicizia: da lì nasce una profonda amicizia che li porterà ad un finale tragico: perché Bruno e Schmuel si addentrano nel campo per cercare il padre di quest'ultimo che non lo vedeva più' e vengono gasati in una camera a gas.
Il finale del film e' certamente drammatico, ma si può intuire perfettamente che la madre capisca l'accaduto, forse il padre rimane scioccato non capendo bene i fatti.
Anche Gretel, la sorella di Bruno, all'inizio pensava a giocare con le sue bambole, poi man mano che passa il tempo comincia ad affascinarsi su ciò che accadeva in quel periodo e comincia ad appendere foto e poster di nazisti in camera sua: in una foto si intravede chiaramente Adolf Hitler; forse troppo violenta la scena in cui il tenente Kotler, si scaglia contro Pavel( l'uomo ebreo che lavorava come servitore in casa di Bruno), che lo aggredisce e lo uccide a botte sul pavimento.
Nel Dvd si possono vedere le scene eliminate: è si può notare che nella scena iniziale quando Bruno incontra un uomo ebreo per le strade di Berlino, i suoi amici lo deridono: e' la stessa persona che rincontra nello spogliatoio della camera a gas, alla fine del film.
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sim one
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lunedì 18 gennaio 2016
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semplice e strappalacrime
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Film che riesce ad affrontare un tema pesante in modo essenziale e da diverse prospettive: dalla madre, la sorella che cresce, il padre, il servitore ebreo, il soldato giovane, e i due bambini protagonisti. Toccante, e se l'intento era far piangere ci sono riusciti.
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enigmista12
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sabato 21 novembre 2015
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quella sera che mi ha cambiato per sempre
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Ho visto Titanic. Ho visto L'attimo fuggente. Quella sera ero nel mio salotto. Ho acceso la Tv e, scorrendo sul giornale dei programmi, ho letto che su Italia 1 trasmettevano questo film. Era genere drammatico, ma non mi preoccupavo molto. Visto che era il 27 gennaio, il Giorno della Memoria, volevo vedere un film a tema. Così sono andato sul canale giusto ed è iniziato. A vederlo con me c'era anche mia madre. Solitamente, quando guardo un film con qualcuno, non mi piacciono le scene drammatiche, perché mi danno un senso di disagio, e quindi anche lì ero un po' tesa. Il film è andato avanti veloce, e la storia era così ben fatta che mi ha subito ipnotizzato, nella maniera che fanno solo le cose che mi piacciono veramente.
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Ho visto Titanic. Ho visto L'attimo fuggente. Quella sera ero nel mio salotto. Ho acceso la Tv e, scorrendo sul giornale dei programmi, ho letto che su Italia 1 trasmettevano questo film. Era genere drammatico, ma non mi preoccupavo molto. Visto che era il 27 gennaio, il Giorno della Memoria, volevo vedere un film a tema. Così sono andato sul canale giusto ed è iniziato. A vederlo con me c'era anche mia madre. Solitamente, quando guardo un film con qualcuno, non mi piacciono le scene drammatiche, perché mi danno un senso di disagio, e quindi anche lì ero un po' tesa. Il film è andato avanti veloce, e la storia era così ben fatta che mi ha subito ipnotizzato, nella maniera che fanno solo le cose che mi piacciono veramente. Ma poi c'è stato il finale. E allora è successo: mi sono messo a piangere. A grossi lacrimoni e singhiozzi. Ho visto Titanic. Ho viso L'attimo Fuggente. Nessuno dei due mi aveva fatto piangere, ma neanche farmi sentire qualcosa di pesante dentro. Non che non vossero tristi o belli, anzi sono degli autentici capolavori, ma è stato QUESTO film a riuscire a farmi aprire il rubinetto. E la cosa assurda è che mia madre mi ha consolato, e non aveva neanche gli occhi umidi, al contrario di come temevo io. Tempo dopo, a scuola, ci hanno rifatto vedere il finale. Stranamente non ho pianto e neanche sentito la pesantezza che avevo provato la prima volta. Forse perché da se' non si comprende il vero dolore, l'amicizia ostacolata dalla Shoah di Bruno e Shmuel. Un odio senza senso, il massimo orrore della storia umana, il Vero Male. Questi potrebbero essere gli aggettivi per definire l'Olocausto, ma se ci si pensa bene ce ne sono infiniti altri. Comunque, da quella sera qualcosa dentro di me è cambiato, anche se non so dire cosa: e per me CHIUNQUE guardi questo film verrà cambiato dentro. Ora, mentre sto scrivendo queste parole ripenso a quelle immagini, che non hanno niente a che vedere con quelle leggermente canzonatorie de La vita è bella e fuggitive de La chiave di Sara: no, parlano dell'intelligenza dei bambini in confronto alla stupidità adulta, dell'inutilità della guerra e dell'orrore razziale. E che questo ragionamento può fare la differenza.
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paolotog
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venerdì 16 gennaio 2015
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molto bello
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I miei commenti sono sempre molto " semplici " con il solo scopo di consigliare o meno un film.In questo caso sento di dover aggiungere qualche parola: film che mostra diversi aspetti della tragedia dell olocausto sotto una luce diversa. Il film risulta valido e toccante con un finale molto forte, tragico e purtroppo molto coinvolgente se cosi si può dire.
E' sicuramente da vedere in memoria di una tragedia immane.
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stefano bruzzone
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mercoledì 14 maggio 2014
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troppo leggero
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il film che..non ti aspetti, ma in senso negativo a mio modesto parere. La storia è basata sull'amicizia tra i due ragazzini anche se in realtà intervengono diverse situazioni nel corso della pellicola che ci distolgono dal rapporto fra i due e che dovrebbero raccontare la drammaticità di quei periodi e invece tutto quello che non è, appunto, il rapporto tra i due bambini, viene appena sfiorato con una banalità ed una superficialità quasi offensiva nei confronti di chi ha vissuto quelle situazioni. Sembrano quasi due film in uno ma che viaggiano paralleli e mai si incontrano, nemmeno nel finale cmq originale e commovente. I personaggi dei militari nazisti non sono sufficientemente profondi come dovrebbero e nemmeno la mamma del bimbo figlio di un ufficiale nazista regge il colpo.
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il film che..non ti aspetti, ma in senso negativo a mio modesto parere. La storia è basata sull'amicizia tra i due ragazzini anche se in realtà intervengono diverse situazioni nel corso della pellicola che ci distolgono dal rapporto fra i due e che dovrebbero raccontare la drammaticità di quei periodi e invece tutto quello che non è, appunto, il rapporto tra i due bambini, viene appena sfiorato con una banalità ed una superficialità quasi offensiva nei confronti di chi ha vissuto quelle situazioni. Sembrano quasi due film in uno ma che viaggiano paralleli e mai si incontrano, nemmeno nel finale cmq originale e commovente. I personaggi dei militari nazisti non sono sufficientemente profondi come dovrebbero e nemmeno la mamma del bimbo figlio di un ufficiale nazista regge il colpo. Non è accettabile che dopo una vita passata col marito con il quale ha allevato due figli abbastanza grandicelli debba rendersi conto di aver sposato un mostro solo dopo aver visto il fumo uscire dai camini del lager.....l'hanno smazzata via troppo all'acqua di rose questa vicenda gli sceneggiatori e nemmeno i due bambini riescono a commuovere come e quanto dovrebbero vista la situazione.
La sufficienza il film la raggiunge solo ed esclusivamente per merito di Jack Scanlon che interpreta il bimbo nel lager e avrebbe meritato l'Oscar e invece gli unici due premi li hanno vinti Vera Farmiga nei panni della madre e Asa Butterfield nei panni del bimbo figlio di tedeschi.....strana la vita è?
Voto: 6
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alessiomovie
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venerdì 28 marzo 2014
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olocausto e due bambini
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"Il bambino con il pigiama a strisce" è la riproposizione dell’omonimo romanzo di John Boyne.
Narra la storia toccante di un’amicizia tra due bambini, un tedesco e un ebreo, che vivono insieme il periodo dell’Olocausto. Bruno, figlio di un ufficiale delle SS, incontra e diventa amico di un piccolo prigioniero del campo Shmuel. Il racconto di questa amicizia è struggente: si nota la forza e la genuinità di un sentimento nato fra due piccoli ometti che riescono a volersi bene anche se divisi da rete con il filo spinato.
Il regista britannico Mark Herman focalizza il suo lavoro sulla contrapposizione tra la vita dei prigionieri del campo di concentramento e quella dei carcerieri.
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"Il bambino con il pigiama a strisce" è la riproposizione dell’omonimo romanzo di John Boyne.
Narra la storia toccante di un’amicizia tra due bambini, un tedesco e un ebreo, che vivono insieme il periodo dell’Olocausto. Bruno, figlio di un ufficiale delle SS, incontra e diventa amico di un piccolo prigioniero del campo Shmuel. Il racconto di questa amicizia è struggente: si nota la forza e la genuinità di un sentimento nato fra due piccoli ometti che riescono a volersi bene anche se divisi da rete con il filo spinato.
Il regista britannico Mark Herman focalizza il suo lavoro sulla contrapposizione tra la vita dei prigionieri del campo di concentramento e quella dei carcerieri. Da una parte sono sottolineate le sofferenze e le violenze subite, mentre dall’altra la perversa ricerca dell’efficienza dello sterminio. Questo ultimo aspetto mi ha colpito in modo particolare: l’unione fra ingegno e malignità da parte degli ufficiali nazisti è la prova irrevocabile della loro colpa e dell’impossibilità del perdono umano.
Il film è crudo, triste, scuro e dominato dai medesimi colori della divisa dei prigionieri del campo. Non è certamente di semplice visione: alla fine della pellicola rimarranno impressi gli occhi azzurri di Bruno, gli stracci sporchi di Shmuel e la disperata corsa di Elsa, la madre di Bruno.
Il cast è ricco, ma in particolare spiccano su tutti le interpretazioni di Asa Butterfield nel ruolo di Bruno, di David Thewlis già protagonista di un film indimenticabili come “Sette anni in Tibet” e della saga di “Harry Potter” nel ruolo di Ralf, il padre di Bruno, e di Vera Farmiga che interpreta la madre. Da non dimenticare è la figura dell’ebreo Pavel, interpretato da David Hayman che aggiunge commozione e sconforto al resto della storia.
In conclusione “Il bambino con il pigiama a strisce” è un film che racchiude il significato più doloroso di Olocausto e chi meglio di un bambino innocente può far capire quali crimini il nazismo è stato in grado di compiere.
"Si può vedere" preparandosi ad una drammatica visione.
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lollo2002
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sabato 19 gennaio 2013
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bellissimo
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Ho10 anni,ho appena visto il film con i miei genitori e lo consiglio anche ai miei coetanei.L'attore che ha interpretato Shmu è stato bravo.Molto bello....la fine é stata molto emozionante !!!!!!!
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queen251
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sabato 11 agosto 2012
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contrizione indotta...
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Si parla ancora delle atrocità naziste, e ancora una volta affiora la redenzione nata dalla consapevolezza che piano piano prende campo nelle coscienze più sensibili. In questo film in particolare l'aguzzino è costretto a svegliarsi con un urlo lacerante dal suo letargo interiore.
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nico11
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venerdì 29 giugno 2012
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5 stelle!
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Credo che questo film meriti di più...solo 3 stelle
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