Titolo originale La pianiste.
Drammatico,
durata 129 min.
- Francia 2001.
- Bim Distribuzione
MYMONETROLa pianista
valutazione media:
3,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il cinema è un'arte e, come tale, offre anche (e giustamente) la possibilità di esplorare la psicologia umana in tutte le sue ambiguità perché, come tutte le arti, mette al centro dell'attenzione l'essere umano. E' una regola alla quale non sfugge nessuna opera, di nessun tipo. Molti film hanno messo ( e mettono ) l'accento sui lati più ombrosi degli esseri umani, quelli che sembrano sepolti sotto millenni di civiltà, e sulle pulsioni (soprattutto sessuali, come in questo caso) solo apparentemente messe in catene dalle regole della civile convivenza. E' bene che il cinema faccia, qualche volta, luce anche su queste pulsioni, su queste fantasie nascoste, perché esistono.
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Il cinema è un'arte e, come tale, offre anche (e giustamente) la possibilità di esplorare la psicologia umana in tutte le sue ambiguità perché, come tutte le arti, mette al centro dell'attenzione l'essere umano. E' una regola alla quale non sfugge nessuna opera, di nessun tipo. Molti film hanno messo ( e mettono ) l'accento sui lati più ombrosi degli esseri umani, quelli che sembrano sepolti sotto millenni di civiltà, e sulle pulsioni (soprattutto sessuali, come in questo caso) solo apparentemente messe in catene dalle regole della civile convivenza. E' bene che il cinema faccia, qualche volta, luce anche su queste pulsioni, su queste fantasie nascoste, perché esistono. Non dimentichiamo (e chiudo con questa premessa) che questo tipo di cinema, oltre che film mediocri, ha sfornato anche grandi capolavori (uno su tutti: "Arancia meccanica").
E arriviamo a questo film. Fece un certo scalpore, all'epoca, per le sequenze di sesso e di violenza. La storia vede, come personaggio principale, una pianista, Erika (Isabelle Huppert), che vive ancora con la madre (Annie Girardot) in un piccolo appartamento a Vienna. Erika, che insegna pianoforte al conservatorio della città, ha una doppia vita: in pubblico è una severa (ma è una severità che occulta le sue frustrazioni e con la quale si accanisce sadicamente sui suoi studenti, specialmente su quelli più dotati) insegnante di pianoforte, in privato è una donna repressa, piena di fantasie sessuali perverse e con un rapporto oppressivo e morboso con l'anziana madre. Il fragile equilibrio si rompe con l'entrata in scena di Walter (Benoit Magimel), uno studente talentuoso che rimane attratto da lei e comincia a corteggiarla. La donna cede e conosce anche il tarlo della gelosia, ma il rapporto fra i due si farà sempre più morboso e avrà delle conseguenze.
"La pianista" vorrebbe essere l'analisi spietata della psicologia di una donna repressa sessualmente da una madre soffocante e la visione non lesina di certo nel mostrarci la protagonista in tutta la sua discesa agli Inferi dell'autolesionismo e dell'ossessione erotica. E non tentenna di certo nell'offrirci una visione totalmente pessimistica del mondo e dell'essere umano in generale, che qui sembra dominato solamente dalle pulsioni sessuali di freudiana memoria. Tuttavia, nonostante le tematiche e le situazioni "forti", è un film debole e noioso. Racconta una storia che, nonostante l'impegno della Huppert, della Girardot e di Magimel, è di una banalità sconfortante e lo stile volutamente freddo di Haneke non aiuta, in questo caso, a salvare il film da una grigia noia. Il ritmo è troppo lento, non c'è un imprevisto che sia uno e, nel finale, si raggiungono punte quasi sublimi di umorismo involontario.
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E la storia di una donna sessualmente repressa, vive con mamma e quanto pare non abbia neppure un amico, cosa alquanto strana per una donna. Non ho ben capito le esplicite immagini VM18 fuori luogo in un film drammatico. Film estroso come il mio amico che me la proposto, poi si chiede come mai resta sempre di più da solo, mah....?
[+] lascia un commento a emanuele 1968 »[ - ] lascia un commento a emanuele 1968 »
Haneke lo psicologo/pornografo non delude mai. Dopo “funny games” prosegue il suo viaggio nei recessi più oscuri (affascinanti?) dell'inconscio sensuale umano.
Sicuramente una grande Huppert, ben supportata dai due co-protagonisti.
Quello che stupisce ancor oggi, nelle critiche e nei commenti, sono le definizioni di “imbarazzo” “scandalo” su questo film, come se non fossimo nel XXI secolo ma all'inizio del XX.
Che ci sarebbe di scandaloso, una donna che ama le fruste e le manette piuttosto che i mazzi di rose e i tramonti romantici? O un rapporto ai limiti del morboso con la madre? Davvero il sesso scandalizza ancora? Il SESSO che è ovunque nella nostra vita reale e virtuale? Ma siate seri!
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Un film che non ti molla. Cuore e testa, per un solo attico, suscitano molti imbarazzi e paure. Non un film sul "se so", bensì un affresco iperrealista sulla buccia. Parla di carpe e di sangue: un'insegnante di piano. Tuta conservatorio-casa che favorisce la sua pressione arteriosa, madre anziana nascosta sotto la gelida scorza intellettuale.
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Un film che non ti molla. Cuore e testa, per un solo attico, suscitano molti imbarazzi e paure. Non un film sul "se so", bensì un affresco iperrealista sulla buccia. Parla di carpe e di sangue: un'insegnante di piano. Tuta conservatorio-casa che favorisce la sua pressione arteriosa, madre anziana nascosta sotto la gelida scorza intellettuale. La perversione più pura, sì. Il film tratta dell'ennesimo film attraverso cui Haneke tratta dell'ennesimo film. Rappresenta lo scarto, l'apparente equilibrio (Mauro Felice) del mondo dei "benestanti", la "violenza" e il "disagio" che "stanno dentro". Un soggetto pericolosissimo, che spesso rischia di cadere. Ridicolo, si so, tieni grazie: un collante di spirito di sincerità e di spirito di urgenza e di spirito. La Huppert, perfetta partner della donna. Algida, femminile, Lars Von Trier. Un montaggio spezzato, interrotto, una fotografia, lucida per nulla, consolatoria, confezionano uno splendido cappotto. Analisi di un'umanità forse al capolinea.
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La guarigione di una pianista repressa dalle proprie perversioni malate attraverso un percorso spiazzante.
Che Michael Haneke sia un regista particolarmente dotato è cosa risaputa, che sia anche piuttosto esplicito e crudo nei contenuti anche, eppure ogni sua opera è una novità assoluta e questo film straordinario non è altro che l’ennesimo tassello che definisce l’immagine di un genio.
Gusto raffinatissimo si mescola a sequenze disgustose e umilianti per la povera protagonista che si trova al centro di questa caratterizzazione di uno dei tanti esempi di individuo che ci si può presentare in una qualsiasi società contemporanea.
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La guarigione di una pianista repressa dalle proprie perversioni malate attraverso un percorso spiazzante.
Che Michael Haneke sia un regista particolarmente dotato è cosa risaputa, che sia anche piuttosto esplicito e crudo nei contenuti anche, eppure ogni sua opera è una novità assoluta e questo film straordinario non è altro che l’ennesimo tassello che definisce l’immagine di un genio.
Gusto raffinatissimo si mescola a sequenze disgustose e umilianti per la povera protagonista che si trova al centro di questa caratterizzazione di uno dei tanti esempi di individuo che ci si può presentare in una qualsiasi società contemporanea. Isabelle Huppert impersona la repressa Erika il cui unico sfogo è il pianoforte e le cui perversioni ribolliscono come carburante esplodendo in piccole oasi di piacere privato, una donna che filtra la vita e che quando le si presenta l’occasione per mettere a frutto ciò che per tutta la vita è stata fantasia prova solo delusione perché quei sogni magici diventano reali in quella sua vita banale e di conseguenza banali anche loro determinando però anche la guarigione della protagonista da tutte le sue inquietudini. Informazioni allo spettatore che più che altro sembrano indizi (il modo di vestire, i comportamenti, le espressioni, alcune reazioni) e musiche dedite alla piena espressione della messinscena fino quasi a giungere alla parodia accompagnando in alcuni casi gli atti più bassi e disgustosi commessi da Erika.
In sostanza stiamo parlando di un racconto onesto sebbene un po’ esagerato e forse troppo esplicito, storia che si dedica a raccontare semplicemente un caso umano – forse più comune di quanto non si voglia ammettere – in questa repressiva società. [-]
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Come diceva Roland Barthes, ci sono dei rituali mediante cui chi (crede) di fare cultura “alta” deve darsi un “marchio di fabbrica”. Nella letteratura, questo marchio era una volta il preziosismo stilistico: bisognava mettere in evidenza che è “scritto bene”, che si sta consumando della Letteratura con la Elle maiuscola. Naturalmente, come dice il buon Barthes, tutto questo non presuppone la minima autenticità: si tratta semplicemente di un marchio che definisce un linguaggio, proprio come l’etichetta ci informa di un prezzo. O, se vogliamo, come la signora impellicciata che alla prima dell’opera, ci informa che lei appartiene a una classe “superiore”.
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Come diceva Roland Barthes, ci sono dei rituali mediante cui chi (crede) di fare cultura “alta” deve darsi un “marchio di fabbrica”. Nella letteratura, questo marchio era una volta il preziosismo stilistico: bisognava mettere in evidenza che è “scritto bene”, che si sta consumando della Letteratura con la Elle maiuscola. Naturalmente, come dice il buon Barthes, tutto questo non presuppone la minima autenticità: si tratta semplicemente di un marchio che definisce un linguaggio, proprio come l’etichetta ci informa di un prezzo. O, se vogliamo, come la signora impellicciata che alla prima dell’opera, ci informa che lei appartiene a una classe “superiore”. E’ uno stratagemma meramente “commerciale”, per colpire un target di riferimento.
Naturalmente, questo ha luogo anche nel cinema. Dopo la seconda guerra mondiale, tutto ciò è stato spazzato brutalmente: oggi non esistono più classi sociali ma solo differenze nel patrimonio. Il circolo di “eletti”, oggi ha vita dura: è in crisi di identità, e non sa più quali strategie commerciali mettere in atto per vendere i suoi prodotti. Questo è il dilemma che dilania il buon Michael Haneke, l’ultimo dei registi commerciali.
L’estetismo non vende più, l’assenza totale di contenuti è già totale. Mi trovo quindi costretto a fare una cosa brutta, e vuota: che idea posso trovare per dare un marchio di “valore” alla mia opera, evitando l’inconsistenza pura e semplice e dimostrando che sono un regista "per pochi eletti"? Un regista "di lusso"?
La risposta è dettata semplicemente dallo spirito di sopravvivenza, in quanto lui esprime giustamente un'umanità al capolinea: LA SUA. A corto di espedienti, non resta che la provocazione, pura e semplice. Pestare i piedi, insomma, fare i capricci, mantenendo però un alone "aristocratico" (basta allungare un po' i tempi delle inquadrature). Lo vediamo di questi tempi anche in politica: tristissimi revivals di partiti estremisti, e antipolica che scorre a fiumi.
La tesi di partenza è molto semplice: un'educazione sessuale repressiva genera mostri. Ineccepibile. Peccato che oggi viviamo in un mondo in cui le 15enni la danno via per una ricarica telefonica nei cessi delle scuole, ma nel patinato piccolo mondo antico in cui vive Haneke, fatto di salotti e conservatori, effettivamente è plausibile che esista ancora repressione sessuale. Allora arriva Haneke (con un secolo buono di ritardo rispetto a Freud), ad ammonirci sui danni irreparabili creati dalla borghesia Viennese dell'era Guglielmina. A questo punto, un artista serio e responsabile si rimboccherebbe le maniche e si darebbe da fare per contribuire (anche attravreso il cinema) all'erotizzazione della società, facendo del buon cinema porno da distribuire a pioggia tramite internet. Ma Haneke no, lui è un bambino viziato, e ovviamente si limita a pestare i piedi, a lamentarsi e a frignare su un problema già morto e sepolto da secoli. Forse, se faceva un film su una pornostar che si faceva suora di clausura, sarebbe stato molto più provocatorio, molto più attuale e molto meno commerciale.
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[+] 4 stelle da uno che forse ne capisce.. (di emaspac)[ - ] 4 stelle da uno che forse ne capisce..
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Premetto che sono un'amante dei drammi psicologi, dei film impegnati e di tematiche "scomode", come quella proposta. Trovo che questo film avesse tutte le carte per essere fenomenale, ma non le ha usate bene. Mi sono davvero, sinceramente, annoiata. Scene di una lunghezza infinita, che quasi pregano di essere mandate avanti. Credo che la prima cosa che deve colpirti, emozionarti e affascinarti in un film sia il suo protagonista, nel bene o nel male. Beh, della protagonista di questo film non mi è rimasto altro che il disgusto e il fastidio, null'altro. Non ho apprezzato l'interpretazione o il copione? Non saprei dire. So solo che non riguarderò questo film una seconda volta, probabilmente.
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Premetto che sono un'amante dei drammi psicologi, dei film impegnati e di tematiche "scomode", come quella proposta. Trovo che questo film avesse tutte le carte per essere fenomenale, ma non le ha usate bene. Mi sono davvero, sinceramente, annoiata. Scene di una lunghezza infinita, che quasi pregano di essere mandate avanti. Credo che la prima cosa che deve colpirti, emozionarti e affascinarti in un film sia il suo protagonista, nel bene o nel male. Beh, della protagonista di questo film non mi è rimasto altro che il disgusto e il fastidio, null'altro. Non ho apprezzato l'interpretazione o il copione? Non saprei dire. So solo che non riguarderò questo film una seconda volta, probabilmente. [-]
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Rigorosa ed intransigente, Erica è un'insegnante di pianoforte non più giovane che vive insieme all'anziana madre in una squallida e indolente cattività emotiva tra le lezioni private, i saggi al conservatorio e la grigia routine della vita domestica . Le attenzioni e l'interesse sentimentale di un suo allievo solleticano in lei l'istinto malsano di una perversa sessualità che impone al giovane amante il dispotico rituale di una cieca sottomissione, suscitandone la reazione violenta e disgustata fino ad una drammatica resa dei conti. Finale sospeso.
Risultato di una strenua corrispondenza tra le astrazioni di un soggetto di violento realismo psicologico e la precisione chirurgica di una rigorosa messa in scena, l'opera di Haneke scandaglia con la fredda lucidità di uno sguardo impietoso, gli invisibili recessi di una disperazione sociale ed emotiva al di sotto di una superficie di relazioni ordinarie in cui si forma ed emerge l'identità dell'individuo, dove si manifesta chiaro il segno di una disumana insensibilità e l'emergere di un brutale istinto di prevaricazione e di affermazione di sè.
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Rigorosa ed intransigente, Erica è un'insegnante di pianoforte non più giovane che vive insieme all'anziana madre in una squallida e indolente cattività emotiva tra le lezioni private, i saggi al conservatorio e la grigia routine della vita domestica . Le attenzioni e l'interesse sentimentale di un suo allievo solleticano in lei l'istinto malsano di una perversa sessualità che impone al giovane amante il dispotico rituale di una cieca sottomissione, suscitandone la reazione violenta e disgustata fino ad una drammatica resa dei conti. Finale sospeso.
Risultato di una strenua corrispondenza tra le astrazioni di un soggetto di violento realismo psicologico e la precisione chirurgica di una rigorosa messa in scena, l'opera di Haneke scandaglia con la fredda lucidità di uno sguardo impietoso, gli invisibili recessi di una disperazione sociale ed emotiva al di sotto di una superficie di relazioni ordinarie in cui si forma ed emerge l'identità dell'individuo, dove si manifesta chiaro il segno di una disumana insensibilità e l'emergere di un brutale istinto di prevaricazione e di affermazione di sè. Benchè, come tipico della sua filmografia, ci si tenga distanti dalla elaborazione di una qualunque tesi assolutoria (o consolatoria), si assiste comunque alla rappresentazione di uno spaccato sociale (familiare) distonico, dove cova sotterranea e latente la sconcertante degenerazione di un rapporto filiale cui ascrivere, nello spietato meccanismo di una rapporto causale, le inevitabili responsabilità di una personalità malata, incapace di relazionarsi all'altro secondo le modalità di una sana affettività, in grado di mediare tra le istintive pulsioni del desiderio sessuale e la rassicurante normalità delle relazioni sociali. La protagonista (una Isabelle Huppert che tocca i vertici dell'arte recitativa) dichiara con sconcertante candore la sua inadeguatezza affettiva, la sua irredimibile insensibilità e agisce con la fredda e disperata lucidità di un narcisismo patologico che esclude, che nega l'altro fino a considerarlo il mero strumento di un appagamento fisico e psicologico, nel gioco perverso e violento di una reciproca insoddisfazione. Il regista austriaco indaga l'insondabile mistero della complessità umana nella stridente contraddizione tra l'esasperata sensibilità di una razionalità raffinata in grado di cogliere le infinite sfumature di temi musicali e concettuali e la infima bassezza di una personalità gretta, incapace di rinvenire in sè gli strumenti emotivi e psicologici di relazione con l'altro, facendo prevalere la spietata rivendicazione dei propri bisogni nella doppiezza di una immaturità infingarda e vessatoria (i tentativi di svincolarsi dalle ossessive attenzioni materne, la crudele e vendicativa animosità contro la talentuosa allieva, il sadismo ottuso delle pratiche sessuali come sottile forma di coercizione e di ricatto ai danni dell'accondiscendente spasimante).
Opera di indubbia compattezza e rigore formale, si avvale della recitazione misurata e intensa di una straordinaria coppia di attrici: la inossidabile e impassibile maschera di una crudele Annie Girardot e la dolente e disperata pianista di una superlativa Isabelle Huppert vincitrice del premio per la miglior interpretazione femminile al 54º Festival di Cannes. Finalmente un regista che al di là delle sterili masturbazioni cerebrali dei suoi colleghi europei, sa di cosa parla e lo fa con la impietosa efficacia di un pugno ben assestato allo stomaco dello spettatore. Finale sospeso e incompiuto come la violenza repressa di un 'coitus interruptus'. Fredda anatomia della disperazione.
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[+] lascia un commento a gianleo67 »[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
Molto raro, oserei dire praticamente quasi sempre impossibile trovare condensati in un calderone cosi eterogeneo turbamenti, angosce, amori diversi e violenza in una sola pellicola. In questo che è senza dubbio uno dei capolavori di Haneke si prova davvero di tutto; in queste esimie due ore e passa minuti non si riescono a staccare gli occhi dallo schermo senza venire al contempo rapiti anima e corpo da questa "Education sentimentale" alla Flaubert di Erika, un'affermata pianista ed insegnante alto-borghese che alla veneranda età di quasi cinquant'anni vive ancora con la madre e ne condivide il medesimo letto. Ha un padre internato in clinica per pazzia e nulla ci vieta di pensare che anche lei sia in parte affetta dal medesimo morbo.
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Molto raro, oserei dire praticamente quasi sempre impossibile trovare condensati in un calderone cosi eterogeneo turbamenti, angosce, amori diversi e violenza in una sola pellicola. In questo che è senza dubbio uno dei capolavori di Haneke si prova davvero di tutto; in queste esimie due ore e passa minuti non si riescono a staccare gli occhi dallo schermo senza venire al contempo rapiti anima e corpo da questa "Education sentimentale" alla Flaubert di Erika, un'affermata pianista ed insegnante alto-borghese che alla veneranda età di quasi cinquant'anni vive ancora con la madre e ne condivide il medesimo letto. Ha un padre internato in clinica per pazzia e nulla ci vieta di pensare che anche lei sia in parte affetta dal medesimo morbo. Apparentemente ed in superficie donna distinta, dalla passione/ossessione per Schubert (di cui i pezzi sono colonna sonora portante del film), Erika, che non ha probabilmente mai avuto una vita sessuale, spesso e volentieri si reca ai drive in per spiare le giovani coppie amoreggiare e con estrema spavalderia frequenta le videoteche pornografiche peccando ogni volta di yoyeurismo. La sua quotidianità dalla doppia faccia si scontra un giorno con il reale interesse ricambiato di un giovane ragazzo studente di ingegneria, che però tocca ama la musica e suona Schubert come nessun altro prima d'ora aveva fatto per Erika. Ella però non solo non è pronta ad amare nessuno, ma non è assolutamente in grado. La sua vita passata tra le ferree regole del conservatorio e un pianoforte che ha sempre emanato privazioni e tristezze non riesce a piegarsi all'arrivo dell'amore in maniera sana. Erika chiederà a Walter (il giovane che dice di amarla) di diventare il suo giocattolo di azioni perverse, dove la morbosità di vestire finalmente panni diversi e di liberarsi dall'involucro di donna per bene, toccherà cime scabrose di frasi non-sense e voglie sadiche di atti sessuali bondage. Seguendo la falsa riga di "Bella di giorno" di Bunuel, Erika proprio come Severine, riterrà appagante e liberatorio solo quel modo di fare l'amore, volontà che ovviamente ripugnano il giovane Walter, che ormai toccando nell'orgoglio e più volte cercato, stimolato ed eccitato, non lascerà andare la sua preda finchè non avrà capito che le regole di qualsiasi gioco (sessuale o di vita) non possono essere impartite da uno solo dei partecipanti. Un'analisi visivamente fredda (intere sequenze si giostrano sul viso impassibile della mai cosi brava Isabelle Huppert) si scontrano paradossalmente con immagini di pulsante vitalità inespressa (da citare la scena in cui Erika a letto con la madre la bacia sulla bocca urlandole per la prima volta in vita sua "Ti voglio bene"). La società ci conduce ad una sottile follia e spesso nemmeno un principe azzurro su un cavallo bianco potrebbe redirmirci dall'atarassia e aponia verso il mondo. Erika sentenzia in un momento di lucidità a Walter <<Io non ho sentimenti e anche se ce li avessi per un giorno non prevarrebbero certo sulla mia intelligenza">>; una chiara visione di vita che vigliaccamente rifugge l'amore a due e si annicchilisce su se stesso, come dimostra la scena in cui Walter stufo di venir preso in giro, sollecitato e poi rifiutato "violenta" Erika e si ritroverà a svolgere una mera azione meccanica di incontro di sessi senza interagire minimamente con l'anima della compagna. C'è rimedio a tutto questo? Il finale non ci risponde in toto: Erika pare aver acceso una miccia di speranza dentro sè (inizia a sciogliersi i capelli in presenza di Walter, lo bacia qualche volta sulla bocca e desidero vederlo spesso) ma quando si troverà di fronte alla realtà del rifiuto da parte di lui, si renderà conto che una volta assaggiato un briciolo d'amore non si può più vivere in astinenza da esso come prima, facendo finta di niente. E piuttosto che piegarsi a nuove regole, ovvero quelle "normali" dell'attrazione e del desiderio, è forse meglio ferirsi con un coltello sul cuore e aggirarsi per le strade di Vienna continuando a sognare una vita che non si avrà mai. [-]
[+] lascia un commento a giugy3000 »[ - ] lascia un commento a giugy3000 »
Carente l'approfondimento psicologico della protagonista : non credo sia sufficiente a giustificare la sua situazione mentale il fatto che suo padre sia pazzo e neppure il rapporto asfissiante con la madre che mi ha ricordato subito lo stesso tipo di relazione disturbata ne " Il cigno nero " , a mio parere film di tutt'altra levatura. Dopo l'eccessiva lentezza della prima parte può intrigare la prima scena erotica che avviene nel bagno della scuola di musica che non ha però un seguito coerente. Per quanto io ne possa sapere la protagonista ha delle tendenze sadomasochiste ma il suo problema mentale è talmente complesso che lascia spiazzato lo spettatore.
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Non riesco a definirlo un capolavoro
Carente l'approfondimento psicologico della protagonista : non credo sia sufficiente a giustificare la sua situazione mentale il fatto che suo padre sia pazzo e neppure il rapporto asfissiante con la madre che mi ha ricordato subito lo stesso tipo di relazione disturbata ne " Il cigno nero " , a mio parere film di tutt'altra levatura. Dopo l'eccessiva lentezza della prima parte può intrigare la prima scena erotica che avviene nel bagno della scuola di musica che non ha però un seguito coerente. Per quanto io ne possa sapere la protagonista ha delle tendenze sadomasochiste ma il suo problema mentale è talmente complesso che lascia spiazzato lo spettatore.
La lettura ad alta voce della lettera può rappresentare un specie di colpo di scena ma confonde ed irrita. Allo stesso modo risulta incomprensibile la dichiarazione d'amore del giovane: un amore nato come, attraverso quali esperienze? Forse ... aveva intuito una forte passionalità dietro l'aspetto algido e ( volutamente )scarsamente atttraente della pianista ? Poco comprensibile anche la reazione della protagonista durante e dopo l'unico rapporto sessuale. So bene che non si dovrebbe mai cercare un perchè di fronte a certe scelte di regia ma un 'opera dovrebbe suscitare emozioni od offrire spunti di riflessione. che qui non ritrovo. Certamente il ragazzo , benchè in qualche modo attratto proprio dalla sua " " diversità "decide di non seguirla nella sua follia e sceglie un comportamento sessuale " sano".
E' per questo che lei decide di uccidersi ? forse.. dato che il finale rimane comunque aperto e non contribuisce a sciogliere alcun dubbio... Non posso che definirlo deludente, soprattutto dopo aver visto " Il nastro Bianco" dello stesso autore.
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