carloalberto
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sabato 11 dicembre 2021
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alle origini della civiltà
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Un film appartnenete al genere cinema-verità che è un pugno allo stomaco per noi occidentali. La durezza delle condizioni di vita, per loro normali, di questa famiglia di orfani curdi che devono badare a sé stessi, impietosamente filmata in modo realistico, come fosse un documentario, colpisce le viscere prima di coinvolgere emotivamente, sorprende perché incomprensibile per il popolo di internauti che siamo diventati, ci riporta alle origini della lotta per la sopravvivenza quando la solidarietà tra gli umani era un valore assoluto.
E’ su quelle montagne innevate, al confine tra l’Iran e l’Iraq, che Bahman Ghobadi ci fa sentire il freddo dell’inverno, la fatica degli uomini e finanche dei muli, ubriacati con l’alcol per sopportare il gelo, ci fa provare cosa vuol dire essere uomini in quel mondo rimasto ai primordi, escluso dal villaggio globale del benessere economico e della tecnologia consumistica degli smartphone e dei televisori al plasma.
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Un film appartnenete al genere cinema-verità che è un pugno allo stomaco per noi occidentali. La durezza delle condizioni di vita, per loro normali, di questa famiglia di orfani curdi che devono badare a sé stessi, impietosamente filmata in modo realistico, come fosse un documentario, colpisce le viscere prima di coinvolgere emotivamente, sorprende perché incomprensibile per il popolo di internauti che siamo diventati, ci riporta alle origini della lotta per la sopravvivenza quando la solidarietà tra gli umani era un valore assoluto.
E’ su quelle montagne innevate, al confine tra l’Iran e l’Iraq, che Bahman Ghobadi ci fa sentire il freddo dell’inverno, la fatica degli uomini e finanche dei muli, ubriacati con l’alcol per sopportare il gelo, ci fa provare cosa vuol dire essere uomini in quel mondo rimasto ai primordi, escluso dal villaggio globale del benessere economico e della tecnologia consumistica degli smartphone e dei televisori al plasma.
Eppure è proprio in quei luoghi che riscopriamo l’essenza dell’uomo, ciò che è ormai irrimediabilmente perduto per noi. I fratelli che si sacrificano, ognuno a suo modo, il giovane protagonista col lavoro di contrabbandiere, la sorella offrendosi sposa in un matrimonio combinato, per salvare la vita del più debole, Madi, il fratellino nato storpio, sono modelli irraggiungibili e pur presenti, sebbene sepolti in un angolo remoto della nostra coscienza.
In quel mondo, fatto di povere cose, un quaderno nuovo da portare a scuola è un lusso, desta l’invidia dei compagni di banco, rende felice chi lo possiede. La retorica del libro di testo, letto dal ragazzino in aula, che esalta le imprese dei fratelli Wright e del loro primo volo come l’inizio degli sconvolgenti progressi tecnologici del novecento stride con la misera esistenza di questo popolo, che, senza saperlo, con la sua vita dolorosa e dignitosa si pone invece all’origine della civiltà stessa. Un’altra immagine a contrasto che genera il confronto paradossale col nostro mondo è quella del piccolo Madi estasiato di fronte ad un poster di Schwarzenegger, una fotografia comprata dal fratello maggiore in una taverna improvvisata in Iraq, una meteora caduta dall’iperuranio del mondo dei privilegiati in quella terra dimenticata da Dio.
Suggestiva la sequenza finale che si interrompe bruscamente lasciandoci in sospeso, quasi in ansia per la sorte di quei ragazzi, come se ormai la loro storia ci appartenesse un poco, e questo effetto lo può rendere soltanto un grande autore.
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stefanocapasso
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martedì 22 aprile 2014
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dove la vita si costruisce in modo artigianale
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“Il tempo dei cavalli ubriachi” è un film che descrive in modo minuzioso come è regolata la vita in un villaggio montano di confine tra Iran e Iraq.
Si tratta di situazioni davvero estreme. Il territorio, il clima, fa cosi freddo che si da alcol persino ai cavalli (da qui il titolo), la povertà, il costante pericolo delle imboscate che occorrono nel confine tra due nazioni ostili.
La vita per i 5 fratelli, tutti minorenni, uno malato, rimasti orfani è durissima, come lo è per tutti del resto. Loro hanno un problema in più, quello di far operare uno di loro che è malato e che è in pericolo di vita.
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“Il tempo dei cavalli ubriachi” è un film che descrive in modo minuzioso come è regolata la vita in un villaggio montano di confine tra Iran e Iraq.
Si tratta di situazioni davvero estreme. Il territorio, il clima, fa cosi freddo che si da alcol persino ai cavalli (da qui il titolo), la povertà, il costante pericolo delle imboscate che occorrono nel confine tra due nazioni ostili.
La vita per i 5 fratelli, tutti minorenni, uno malato, rimasti orfani è durissima, come lo è per tutti del resto. Loro hanno un problema in più, quello di far operare uno di loro che è malato e che è in pericolo di vita.
Il tentativo di trovare i soldi necessari a farlo operare è il filo conduttore del film che mostra con precisione i codici arcaici della comunità; codici inderogabili e gestiti secondo un preciso ordinamento gerarchico. Dalla ricerca del lavoro al matrimonio combinato, tutto segue un ordine preciso che serve in sostanza per il valore rappresenta nella propria possibilità di sopravvivenza. E i dolori e le sofferenze che sperimentano gli uomini, in questo caso i bambini della famiglia in questioni, sono sempre spunto per una decisa e continua mobilitazione in cerca di una nuova risorsa. Perchè in quelle condizioni non c'è tempo per fermarsi, ne va della vita.
Mi è piaciuto molto il film, che con un tono narrativo asciutto e puntuale porta a calarsi completamente nel tessuto geografico e sociale di una comunità davvero remota e altrimenti inconoscibile. E la sensazione che mi rimane è che come queste ve ne siano tante, che non siano certo casi sporadici ma piuttosto il serbatoio di risorse del pianeta. In questi posto si vive senza nessuna inutile mediazione, ogni cosa ha un suo senso e un suo scopo ed è ottenuta con tenacia fatica. E si può riflettere anche quanto alcuni codici e usanze che a noi possano sembrare inaccettabili, in quel contesto diventano fondamento per la sopravvivenza della comunità tutta
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matteo modesto
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lunedì 16 marzo 2009
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da vedere assolutamente
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dopo aver visto questo film si ha la netta sensazione di aver vissuto un'esperienza durissima,faticosa ma essere anche certi che nel mondo esiste ancora una speranza anche se viviamo tra mille difficoltà,questo film ne è la prova vivente.Ghobadi firma un cinema d'altri tempi, cinema semplice di straordinario effetto e che non si scorda facilmente.
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punkwithgun
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venerdì 27 giugno 2008
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un film da un altro pianeta
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venuto per riportarci sul nostro, sulla terra...
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