felicity
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martedì 23 marzo 2021
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storia universale sul rapporto con lo straniero
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Waiting for the Barbarians è una storia universale, il racconto metaforico di un rapporto millenario.
Da un lato noi, l’occidente, forte della nostra presunzione fragile di essere i detentori della Civiltà, della vera Religione, della giusta Morale. Dall’altro c’è l’Alieno, il Barbaro, quello che, nel migliore dei casi, è un eccentrico personaggio da sfruttare, nel peggiore, un pericolo da annientare.
Il film di Ciro Guerra, pur ambientato in un tempo improprio che unisce elementi medioevali a sapori ottocenteschi, vuole ribadire la propria atemporalità, in un’esposizione “contraddittoria” che è, allo stesso tempo, saggio storico e storia d’attualità.
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Waiting for the Barbarians è una storia universale, il racconto metaforico di un rapporto millenario.
Da un lato noi, l’occidente, forte della nostra presunzione fragile di essere i detentori della Civiltà, della vera Religione, della giusta Morale. Dall’altro c’è l’Alieno, il Barbaro, quello che, nel migliore dei casi, è un eccentrico personaggio da sfruttare, nel peggiore, un pericolo da annientare.
Il film di Ciro Guerra, pur ambientato in un tempo improprio che unisce elementi medioevali a sapori ottocenteschi, vuole ribadire la propria atemporalità, in un’esposizione “contraddittoria” che è, allo stesso tempo, saggio storico e storia d’attualità.
Waiting for the Barbarians potrebbe essere ambientato il giorno prima della Caduta dell’impero romano, nel pieno della conquista del West o a Lampedusa dei nostri giorni. Il peso del suo messaggio rimarrebbe identico.
Guerra si pone al centro dei deliri paranoici e dell’ambizione famelica di una società, la nostra, che dietro ad alibi ottusi perde inesorabile la propria umanità e accentua il lato metaforico del romanzo per comporre un quieto ma incisivo pamphlet sul senso del razzismo contemporaneo e i rigurgiti colonialisti della nostra società.
È soprattutto interessante e originale il lavoro di descrizione del protagonista: un baluardo di ragionevolezza contro la scomposta violenza del potere, contro il bisogno disperato di ogni governo – qui ritratto nel suo braccio armato – di costruirsi un nemico ad hoc, costruendo attorno a esso una propaganda, contro la voglia di costruire sempre nuovi muri e nuovi confini.
Eppure, il magistrato dello splendido Mark Rylance fa parte dello stesso sistema di dominio razziale, seppure ne mostra il lato “buono”: tutta l’emozionante parte centrale, che descrive il rapporto con la barbara sfregiata dagli interrogatori dell’esercito, sancisce la distanza tra i mondi che collidono, mette alla berlina il modo in cui funziona il senso di colpa, basato sul paternalismo peloso anziché sulla comprensione.
Più ieratico rispetto al testo scritto, il film può lasciare perplessi proprio per le sue scelte di ritmo, per il suo andamento cadenzato e anche per qualche tocco più goffo con cui si evidenza una difficoltà di Guerra a interagire con una produzione più grande, con i modi e le strutture del cinema d’autore tradizionale.
Però, nell’uso di un set metafisico, nella capacità di mettere in scena i gesti del suo protagonista e di dar loro un senso, nel modo di mettere in scena gli spazi e i luoghi, Waiting for the Barbarians resta un film affascinante e a suo modo compiuto, più intimo e personale di ciò che appare al primo sguardo.
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xerox
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giovedì 4 febbraio 2021
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bello!
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Togliamoci subito un sassolino che non ne parliamo più: TROPPO LUNGO!!! Ma perchè tutti o quasi i films devono durare per forza due ore???? Un'ora e mezza non basta?
BON!, il film..... La galleria dei cattivoni del cinema si arricchisce con questo film di un personaggio che secondo me resterà nella memoria: Il colonnello Joll, col viso squadrato di Johnny Depp, il berretto militare a scatoletta, ma soprattutto gli occhiali neri con la x (è questo particolare che non si dimentica del personaggio!), acquista la ieraticità e l'ineluttabilità di un moai del Male.
Simbolo di tutta la violenza, il sadismo, la cattiveria di tutti gli invasori del mondo.
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Togliamoci subito un sassolino che non ne parliamo più: TROPPO LUNGO!!! Ma perchè tutti o quasi i films devono durare per forza due ore???? Un'ora e mezza non basta?
BON!, il film..... La galleria dei cattivoni del cinema si arricchisce con questo film di un personaggio che secondo me resterà nella memoria: Il colonnello Joll, col viso squadrato di Johnny Depp, il berretto militare a scatoletta, ma soprattutto gli occhiali neri con la x (è questo particolare che non si dimentica del personaggio!), acquista la ieraticità e l'ineluttabilità di un moai del Male.
Simbolo di tutta la violenza, il sadismo, la cattiveria di tutti gli invasori del mondo. Mark Rylance inspiegabilmente non compare nella scheda introduttiva del film! E come al solito, è superbo anche in questo film. Bellissimi i paesaggi desertici.
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casomai21
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giovedì 8 ottobre 2020
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quante attese nel deserto
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Per chi ha visto "Il deserto dei Tartari" di Valerio Zurlini il paragone è improponibile, in quel film il cast era davvero stellare, analogamente i doppiatori di una generazione di attori formidabili della storia del nostro cinema.
Quei soldati sono l'immagine di un decadente impero austroungarico, che ai confini del mondo civile si confrontano con un ambiente ostile , polveroso e misterioso, con un nemico sconosciuto e con strategie dai tempi indefiniti.Per degli occidentali l'attesa diventa insopportabile, soprattutto nell'nterpretazione dei segnali di un attacco per nulla imminente e nel desiderio di fare il loro mestiere di soldati.
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Per chi ha visto "Il deserto dei Tartari" di Valerio Zurlini il paragone è improponibile, in quel film il cast era davvero stellare, analogamente i doppiatori di una generazione di attori formidabili della storia del nostro cinema.
Quei soldati sono l'immagine di un decadente impero austroungarico, che ai confini del mondo civile si confrontano con un ambiente ostile , polveroso e misterioso, con un nemico sconosciuto e con strategie dai tempi indefiniti.Per degli occidentali l'attesa diventa insopportabile, soprattutto nell'nterpretazione dei segnali di un attacco per nulla imminente e nel desiderio di fare il loro mestiere di soldati. Le scene iniziali furono girate in Alto Adige, per avere come sfondo l'architettura ottocentesca austriaca, le seguenti in un fortezza in Iran, distrutta da un sisma nel 2003.In entrambi i film è protagonista vero il deserto, che condiziona gli spostamenti e rappresenta l'incompiuta civilizzazione di questi luoghi.In quest'ultimo film mostra la sua forza nella scena della tempesta di sabbia che terrorizza i cavalli oscura ogni cosa ed isola il forte dalle comunicazioni e dai pericoli di improvvise ribellioni di un popolo sottomesso. Il protagonista del film, nonostante le accuse di complottare col nemico, esprime quella umanità e desiderio di legalità caratteristica di ogni uomo giusto. Subisce il martirio della tortura e del pubblico ludibrio, solo per essersi infatuato di una donna barbara e aver alleviato le pene dei ribelli incarcerati. Gli attori ciascuno nel suo ruolo
interpretano magistralmente la loro immagine di spietatezza, di connivenza col più forte o di rara umanità. Tra le note il film sottolinea che una presenza militare in un luogo porta all'impoverimento degli abitanti, esposti a saccheggi di cibo, cavalli, quale unico mezzo per spostarsi ed al rapimento di donne da far prostituire sia in tempi di vittoria che di sconfitta. Greta Scacchi ha un ruolo marginale nella Storia e rappresenta una figura rassicurante, mentre Johnny Depp con la sua professionalità interpreta bene il ruolo dell'inesorabile giustiziere militare privo di scrupoli,pur di arrivare allo scopo, ma anche dello sconfitto che credeva di aver compreso l'entità della resistenza di un popolo sconosciuto. Le torture subite dal protagonista, la lavanda dei piedi e il viaggio nel deserto hanno un chiaro richiamo evangelico, ma il protagonista da onesto silenzioso funzionario di un esercito invasore non è certamente un missionario
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rosmersholm
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lunedì 28 settembre 2020
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scolastico
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Grande e meritevole impresa produttiva che mette insieme grandi attori, un romanzo importante e un regista di valore. Ma il risultato è scolastico e poco riuscito. Ciro Guerra ha fatto film interessanti, ma evidentemente questa storia necessitava un altro spessore e cultura per poter essere adeguatamente messa in scena. Un plauso e un augurio a Iervolino per il suo coraggio.
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parando
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lunedì 28 settembre 2020
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un film senza trama. noioso e lentissimo
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Un film che non appassiona il pubblico, che non lo emoziona e che al più lo annoia. Bella a tratti la fotografia, dura la critica al colonialismo ed alle sue violenze più dure ed inutili ma manca totalmente una trama che coinvolga il pubblico. Il finale sembra scritto da qualcuno che non sapeva come terminare una storia noiosa e prevedibile.
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mita
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sabato 26 settembre 2020
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un film mancato
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Un film senza una vera trama, senza una vera storia se non quella asettica della guerra. Noioso, pesante, inconcludente, contorto. Troppi silenzi. Manca l’epilogo che ho tanto atteso per quasi due ore....e non può essere la vittoria dei barbari, banale e troppo tecnico, sicuramente bello come documentario...peccato che dovrebbe essere un film!!!
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peer gynt
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venerdì 6 settembre 2019
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ma chi sono i barbari?
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In una terra brulla e sconfinata dominata da una solida fortezza (paesaggio che rimanda a quello visto nel "Deserto dei tartari" di Zurlini tratto da Buzzati) un Magistrato (Mark Rylance) gestisce, in modo sereno e ricco di umanità, i rapporti della potenza imperiale che controlla quella zona di frontiera con i "barbari", cioè le popolazioni native. Ma il lontano Impero manda ad investigare sulle attività ostili dei nemici il colonnello Joll (Johnny Depp), spietato e determinato, che con atroci torture ai danni dei nativi ottiene le informazioni che andava cercando. La terribile disumanità di Joll provoca una crisi di coscienza nel Magistrato, che curerà personalmente, iniziando con una cristologica lavanda dei piedi, una giovane donna vittima dei sistemi di Joll.
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In una terra brulla e sconfinata dominata da una solida fortezza (paesaggio che rimanda a quello visto nel "Deserto dei tartari" di Zurlini tratto da Buzzati) un Magistrato (Mark Rylance) gestisce, in modo sereno e ricco di umanità, i rapporti della potenza imperiale che controlla quella zona di frontiera con i "barbari", cioè le popolazioni native. Ma il lontano Impero manda ad investigare sulle attività ostili dei nemici il colonnello Joll (Johnny Depp), spietato e determinato, che con atroci torture ai danni dei nativi ottiene le informazioni che andava cercando. La terribile disumanità di Joll provoca una crisi di coscienza nel Magistrato, che curerà personalmente, iniziando con una cristologica lavanda dei piedi, una giovane donna vittima dei sistemi di Joll. In seguito questo amore misto ad espiazione per una ragazza "barbara" porterà il Magistrato a trovarsi accusato dal Potere di tradimento e connivenza con i barbari, e a trovarsi a sua volta nello scomodo ruolo del nemico.
In un racconto simile, dal carattere metaforico (tratto dal romanzo omonimo dello scrittore sudafricano J. M. Coetzee e da lui personalmente sceneggiato), quindi senza quasi nomi dei personaggi e senza indicazioni precise di luoghi e di tempi in cui si svolge l'azione, ognuno di noi ci può vedere sia un generale apologo contro la disumanità dell'Uomo sia degli agganci anche precisi a situazioni contemporanee. Se a questo aggiungiamo che la narrazione scorre fluida, la location è suggestiva, la fotografia molto ben curata e la recitazione (soprattutto Rylance ma anche Depp) convincente, dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un film sicuramente da vedere.
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