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Benché le commedie raccontino storie leggere, non è inconsueto che abbiano ad oggetto fatti gravi e persino tragici, come nelle classiche commedie nere che costituisce uno dei filoni più apprezzati e praticati del genere.
Questa pellicola del britannico Martin McDonagh, pur dovendosi classificare come commedia per la narrazione leggera e ironica, valica decisamente i limiti della black comedy, introducendo degli elementi grotteschi che disturbano non poco lo spettatore, sia sul piano visivo che su quello psicologico. Il regista di origini irlandesi conferma in questo modo una peculiarità stilistica già rintracciabile in alcune sue precedenti pellicole ed in particolare in “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, l’ultimo film che aveva girato prima di questo. Anche stavolta il film funziona beneficiando a pieno del coraggioso stile narrativo, che lo caratterizza.
In realtà la pellicola non ha molto da raccontare; gli accadimenti che caratterizzano la storia sono ben pochi (di fatto si limitano soltanto a quelli più drammatici e sconvolgenti) e il film ha non pochi momenti morti, nonché soffre di una certa lentezza.
Nonostante questi difetti la pellicola riesce comunque a salvarsi: ciò è dovuto in parte alla curiosità, anche morbosa, che suscita la storia principale; nonché inoltre per merito dell’ambientazione suggestiva, con gli incantevoli paesaggi, tipicamente irlandesi, che lasciano a bocca aperta. In quest’ottica si segnalano le riprese dall’alto a campo lunghissimo, con cui McDonagh esalta le bellezze naturali di quelle terre.
Molto bravi gli interpreti, le cui performance costituiscono un altro punto di forza della pellicola. Su tutti si impone Colin Farrell che personalmente non ricordo così ispirato in altre sue prove attoriali; accanto a lui il sempre bravissimo Brendan Gleeson, che come Farrell aveva già avuto più collaborazioni con McDonagh, tra cui si ricorda “In Bruges - La coscienza dell'assassino” pellicola in cui McDonagh li aveva già diretti insieme. Ottimi anche gli altri interpreti nei ruoli di contorno, tra cui vanno ricordati la brava Kerry Condon ed il giovane Barry Keoghan.
La storia costituisce una specie di metafora della guerra, ed in particolare della Guerra civile irlandese, di cui il regista denuncia l’insensatezza ed il carattere autodistruttivo.
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