Madison (una brava e bella Annabelle Wallis) è afflitta da spaventose visioni di macabri omicidi. Scoprirà che non si tratta soltanto di visioni, ma di episodi reali che hanno luogo proprio quando lei assiste a queste scene, e che inoltre lei ha un legame con il crudele autore di queste efferatezze.
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Horror “low-budget” estremo, libero e creativo, “Malignant” segna il ritorno del regista James Wan ai suoi esordi, a quelle pellicole stravaganti e personali come “Saw” e quindi con uno stile diverso che si distacca dalle sue ultime famose serie cinematografiche “The Conjuring – L’evocazione” e “Insidious”.
Madison (una brava e bella Annabelle Wallis) è afflitta da spaventose visioni di macabri omicidi. Scoprirà che non si tratta soltanto di visioni, ma di episodi reali che hanno luogo proprio quando lei assiste a queste scene, e che inoltre lei ha un legame con il crudele autore di queste efferatezze.
Non è un’opera che parla di possessioni demoniache o strane creature dall’oltretomba come potrebbe sembrare, è qualcos’altro, qualcosa di simile ma differente; è un thriller soprannaturale ma anche un body horror, un giallo cruento ma anche un omaggio moderno al thriller-horror anni ’70-’80-’90 .
Nonostante il suo approccio apparentemente classico riesce a sorprendere e scioccare lo spettatore, creando una sorta di rivisitazione moderna del genere.
“Malignant” è notevole soprattutto da un punto di vista visivo-sensoriale più che narrativo (il vigoroso e piacevole soggetto è firmato da Wan insieme a Ingrid Bisu; la sceneggiatura, spesso schematica e poco credibile, è invece firmata da Akela Cooper), concentrandosi molto sui dettagli, non prendendosi troppo sul serio e rendendo la messa in scena spettacolare, audace, piena di virtuosismi ed eccessi mai compiaciuti nella sua crescente ambiguità e follia violenta.
Formalmente è di ottima fattura (vedi le efficaci atmosfere, la funzionale fotografia, il ritmo sostenuto, gli eccellenti effetti speciali visivi, la musica tensiva, la regia creativa – degno di nota su tutto la panoramica dall’alto delle stanze della casa di Madison o la prima apparizione di Gabriel) ed è molto interessante per come riesce a trasmettere tutto il suo fascino perturbante e un’intensa inquietudine che evita di puntare sui soliti cliché e sui facili attimi di improvviso spavento (i c.d. jump scares).
Il ritratto dei personaggi, a parte la protagonista, è purtroppo soltanto abbozzato a livello caratteriale e molti passaggi narrativi sono poco sviluppati o approfonditi (vedi anche il veloce epilogo).
Ma i suoi inattesi colpi di scena, i continui cambi di registro (dall’azione al divertimento in modo armonioso), e lo stile appassionato e coinvolgente, lo fanno uno dei film più liberi, personali, folli ed estremi del regista, ma anche un’opera in sé riuscita, nel complesso godibile, apprezzabile e meritevole di visione, soprattutto sul grande schermo.
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