angitia
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venerdì 29 settembre 2017
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una famiglia che non esiste
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Il film di S.Riso sicuramente incuriosisce, lo spunto di partenza e i primi minuti fanno presagire ad un mistero da sciogliere o in uno scavo nelle profondità, forse oscure di una coppia. Purtroppo già dopo una manciata di minuti ( sempre più pesanti) la trama si comincia a svelare senza sussulti o interesse, i personaggi principali, fra cui la brava Ramazzotti, si avviano in un percorso narrativo senza motivazioni reali o realistiche, tra tutti: perchè la Ramazzotti non fa i bagagli e va via? Mistero, questo sì, senza soluzioni perchè è solo volontà degli autori farla rimanere lì a soffrire e noi con lei fino al punto che, per reazione, a volte il film provoca più il riso che partecipazione emotiva.
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Il film di S.Riso sicuramente incuriosisce, lo spunto di partenza e i primi minuti fanno presagire ad un mistero da sciogliere o in uno scavo nelle profondità, forse oscure di una coppia. Purtroppo già dopo una manciata di minuti ( sempre più pesanti) la trama si comincia a svelare senza sussulti o interesse, i personaggi principali, fra cui la brava Ramazzotti, si avviano in un percorso narrativo senza motivazioni reali o realistiche, tra tutti: perchè la Ramazzotti non fa i bagagli e va via? Mistero, questo sì, senza soluzioni perchè è solo volontà degli autori farla rimanere lì a soffrire e noi con lei fino al punto che, per reazione, a volte il film provoca più il riso che partecipazione emotiva. Forse per questo anche buone idee, o sequenze riuscite almeno dal punto di vista della regia, non appassionano. Però è un film che fa riflettere sull'incapacità di certo cinema italiano degli ultimi anni di raccontare davvero la famiglia, e forse è questo che salvo del film, la sua incapacità di raccontare la famiglia come punto di partenza magari per un lavoro di RIso migliore e sicuramente più pensato, meno schiavo di dialoghi artificiosi e scelte narrative incomprensibili.
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angeloumana
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sabato 7 ottobre 2017
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la ragione sociale di una coppia
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'Woman is the nigger of the world' (John Lennon 1972): questa frase viene in mente guardando, e soffrendone, il film Una Famiglia, il viso stesso di Micaela Ramazzotti esprime sofferenza. Nessuna traccia di innamoramento – come dice qualche recensione - per il suo uomo, interpretato dal francese Patrick Bruel (personaggio spregiudicato e calcolatore, l'attore è nei fatti un buon giocatore di poker), quanto piuttosto sottomissione, devozione, ubbidienza e dipendenza da lui, con tratti solo occasionali di ribellione. Questa donna è stata dal suo compagno, e per sua volontà stessa, trasformata in “fattrice”, un corpo riproduttivo, fabbrica bambini da rivendere dopo il parto, 40-80000€ alla volta e han fatto l'impresa.
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'Woman is the nigger of the world' (John Lennon 1972): questa frase viene in mente guardando, e soffrendone, il film Una Famiglia, il viso stesso di Micaela Ramazzotti esprime sofferenza. Nessuna traccia di innamoramento – come dice qualche recensione - per il suo uomo, interpretato dal francese Patrick Bruel (personaggio spregiudicato e calcolatore, l'attore è nei fatti un buon giocatore di poker), quanto piuttosto sottomissione, devozione, ubbidienza e dipendenza da lui, con tratti solo occasionali di ribellione. Questa donna è stata dal suo compagno, e per sua volontà stessa, trasformata in “fattrice”, un corpo riproduttivo, fabbrica bambini da rivendere dopo il parto, 40-80000€ alla volta e han fatto l'impresa. Un'impresa usurante però, dove non c'è da arricchirsi, e dove infine Micaela s'interroga sulla 'ragione sociale', chiede al partner perché non potrebbero essere in tre (Una Famiglia), finalmente le è nato il desiderio che il bambino partorito sia suo e non più estraneo dato ad estranei. Il parto su commissione, nulla di desiderato, voluto, naturale; l'atto sessuale quasi a cottimo, violento come la violenza contenuta in tutto il film. Sfornare bambini per rivenderli come oggetti (quasi) pregiati. Ma per Patrick l'impresa deve continuare, le toglie violentemente la spirale che lei si era lasciata introdurre segretamente da un medico, affarista di qst traffici pure lui. Anzi, se la partner ora è sfiorita ed esausta, lui ne cerca una più giovane, raccolta dalla strada, a cui promettere un'altra vita: la ragazza gli ha chiesto quale sarebbe st'altra vita e la risposta è nell'inquadratura successiva di Micaela lasciata sola, chiusa in casa e col parto sopraggiunto.
L'idea del film il giovane regista Sebastiano Riso e i suoi sceneggiatori l'hanno tratta da un fatto vero, una coppia di Mondragone che avrebbe venduto 11 figli durante anni. Un mondo orribile vi è disegnato, il film racconta una vicenda disumana, sconvolgente. La fine del film fa esalare un sospiro liberatorio, liberatorio della realtà che vi è raccontata. In un'intervista Riso – che di recente, dopo il film, ha subito un'aggressione presumibilmente omofoba nell'androne di casa sua a Catania – sostiene che questa è una storia che doveva raccontare; il film, è detto, attribuisce la responsabilità allo Stato perché, complice l'interferenza della Chiesa, mette gli omosessuali nella posizione di considerare qualcosa di illegale. Se Riso sentiva che il film “doveva” farlo, gli spettatori dovrebbero vederlo, per prendere coscienza di un mondo poco conosciuto ai più. Pecca solo in qualche inquadratura stilistica, troppo studiata e in qualche dialogo incomprensibile a chi non sente bene le basse frequenze. Il film ha la presenza di vari volti noti del cinema italiano: Ennio Fantastichini, Pippo Delbono, Marco Leonardi, Gaetano Bruno. Speriamo che sia consentito a tutti, single e coppie di fatto, di adottare, una parvenza di famiglia a un bambino dà molto di più di una vita in solitudine. Più buio della mezzanotte (primo film di Riso) non può fare.
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roweena
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venerdì 7 settembre 2018
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aspettative disattese
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Un tema simile presenta diverse spigolosità, forse un progetto troppo ambizioso per un giovane regista, nonostante l'intento di fare un film denuncia di un commercio ignobile, nonostante i luoghi comuni di uomini cinici e cattivi e di donne succubi e fragili.
La storia tiene ma non coinvolge, non commuove, non indigna, non lascia sgomento.... (neanche quando Vincenzo vuole abbandonare il neonato tra i rifiuti). Prova timidamente a mostrare le sensazioni di una donna e il suo desiderio di maternità soffocato ma non ci riesce, forse perché la Ramazzotti, che ancora deve perdere quella sua zeppola toscana, recita i ruoli drammatici a fotocopia. Alcune scene sono alquanto surreali e poco credibili come il momento del parto e della nascita: manca veramente l'ABC .
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Un tema simile presenta diverse spigolosità, forse un progetto troppo ambizioso per un giovane regista, nonostante l'intento di fare un film denuncia di un commercio ignobile, nonostante i luoghi comuni di uomini cinici e cattivi e di donne succubi e fragili.
La storia tiene ma non coinvolge, non commuove, non indigna, non lascia sgomento.... (neanche quando Vincenzo vuole abbandonare il neonato tra i rifiuti). Prova timidamente a mostrare le sensazioni di una donna e il suo desiderio di maternità soffocato ma non ci riesce, forse perché la Ramazzotti, che ancora deve perdere quella sua zeppola toscana, recita i ruoli drammatici a fotocopia. Alcune scene sono alquanto surreali e poco credibili come il momento del parto e della nascita: manca veramente l'ABC ... una donna che desidera così tanto la maternità non avrebbe mai lasciato un neonato piangere senza allattarlo,non sarebbe mai svenuta, quasi in coma, (solo in preda a droghe o psicofarmaci ) senza accorgersi che le veniva sottratto il piccolo...In ultimo, in una parte così drammatico, io avrei evitato la scena di nudo rubata dalle commedie con la Fenech degli anni '70,
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ennio
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mercoledì 11 novembre 2020
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l''abisso morale in cui siamo caduti
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"Una famiglia" è soprattutto un film di denuncia. La denuncia del vuoto etico che la società occidentale si è scavata sotto i piedi, in nome di qualche presunto "diritto". Il "diritto", per chi ha molti soldi, di comprare un neonato appena sfornato da una coppia che, a sua volta, ha speso anni della propria vita per guadagnare questi soldi vendendosi il proprio figlioletto (oltre alla propia anima). Oppure il "diritto" di una coppia composta da due uomini, che nella loro ingenua bestialità si vedono come vittime di uno stato che non gli permette di fare i "mammi" con tutti i crismi di Legge, piuttosto che vedersi come dei carnefici di sentimenti, di Natura e di amore.
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"Una famiglia" è soprattutto un film di denuncia. La denuncia del vuoto etico che la società occidentale si è scavata sotto i piedi, in nome di qualche presunto "diritto". Il "diritto", per chi ha molti soldi, di comprare un neonato appena sfornato da una coppia che, a sua volta, ha speso anni della propria vita per guadagnare questi soldi vendendosi il proprio figlioletto (oltre alla propia anima). Oppure il "diritto" di una coppia composta da due uomini, che nella loro ingenua bestialità si vedono come vittime di uno stato che non gli permette di fare i "mammi" con tutti i crismi di Legge, piuttosto che vedersi come dei carnefici di sentimenti, di Natura e di amore. Basti la scena in cui il giovane omosessuale, appena ricevuto in braccio il neonato appena acquistato, si domanda con crudele candore "ma come mai piange?". Forse piange perchè non ha la sua mamma accanto a sè, risponde silenziosamente in coro tutto il mondo.
Ma a togliere il velo a questi presunti "diritti" sono i grandi occhi di Sara, morta dopo pochi mesi di vita, e solamente allora la madre si accorge di quanto gli occhi di quella bimba siano identici a quelli del marito quando si erano innamorati.
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flyanto
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mercoledì 4 ottobre 2017
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una famiglia insesistente
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Presentato quest'anno all'ultimo Festival del Cinema a Venezia, "Una Famiglia" è un film che per il suo argomento delicato ed allo stesso tempo scomodo ha sollevato molte critiche. In esso infatti si affronta il tema dell'utero in affitto e la storia è tratta da realtà, purtroppo, realmente esistenti ed accadute. La coppia protagonista è composta da una giovane donna (Micaela Ramazzotti) e da un uomo di più anni (Patrick Bruel) che vive da anni, portando avanti, in pratica, delle gravidanze per conto di color che per una qualche motivazione non possono diventare genitori. Quello che un tempo probabilmente veniva accettato dalla donna, ora non lo è più, ed ella si trova ormai costretta a rimanere incinta a tutti i costi e ad assecondare il proprio compagno che non vuole affatto rinunciare al lucroso traffico dei neonati.
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Presentato quest'anno all'ultimo Festival del Cinema a Venezia, "Una Famiglia" è un film che per il suo argomento delicato ed allo stesso tempo scomodo ha sollevato molte critiche. In esso infatti si affronta il tema dell'utero in affitto e la storia è tratta da realtà, purtroppo, realmente esistenti ed accadute. La coppia protagonista è composta da una giovane donna (Micaela Ramazzotti) e da un uomo di più anni (Patrick Bruel) che vive da anni, portando avanti, in pratica, delle gravidanze per conto di color che per una qualche motivazione non possono diventare genitori. Quello che un tempo probabilmente veniva accettato dalla donna, ora non lo è più, ed ella si trova ormai costretta a rimanere incinta a tutti i costi e ad assecondare il proprio compagno che non vuole affatto rinunciare al lucroso traffico dei neonati. Al momento attuale ella, nonostante si trovi in condizioni fisiche ormai all'estremo e profondamente spossate, vorrebbe avere un bambino tutto suo e costruire finalmente col proprio compagno una famiglia, ma dall'uomo è psicologicamente e fisicamente soggiogata sino a rendersi quasi impossibile ogni forma di ribellione....
Con questo film, il regista Sebastiano Riso affronta per la seconda volta, dopo il suo esordiente "Più Buio di Mezzanotte", un altro tema particolare e scottante e si pone, come sempre, dalla parte dei più deboli presentandone le varie problematiche e le dure e spesso inutili battaglie che questi devono affrontare giornalmente. Le realtà che egli ogni volta descrive sono realtà molto crude, insensibili ed indifferenti ai bisogni di persone che per una qualche ragione vivono in una condizione di profondo disagio psicologico. In "Una Famiglia" il protagonista maschile è l'essere più deplorevole perchè, mosso soltanto dal desiderio di guadagnare senza alcuna fatica, attraverso una sorta di coercizione psicologica, e non solo, costringe la propria compagna ad agire secondo il proprio volere e, si intuisce, che mai in futuro cambierà il proprio comportamento, mentre la donna, qui in evidente stato di soggezione al compagno, ha una coscienza, dei sentimenti veri ma nessuna forza psicologica per opporsi ai terrificanti traffici del marito. Sia Patrick Bruel che Micaela Ramazzotti, a cui peraltro spetta maggiore spazio e maggiori lodi, riescono ad essere realmente convincenti nei loro ruoli di personaggi estremi e molto da loro dipende anche la riuscita stessa del film che, altamente drammatico, rende perfettamente l'idea di una società contemporanea degradata, ostile ed irreversibile.
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