taty23
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giovedì 21 febbraio 2019
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l'altra faccia della politica
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L’ascesa e la caduta di un politico in corsa per la Casa Bianca
Il film “ Front Runner – Il vizio del potere” racconta la storia del senatore del Colorado Gary Hurt(Hugh Jackman) che nel 1988 decise di concorrere per le presidenziali rappresentando il Partito Democratico.
Sempre più vicino alle elezioni, con il suo fare carismatico e le sue idee innovative riesce a diventare il favorito, ma la sua corsa alla Casa Bianca viene arrestata da uno scandalo legato ad una sua relazione extraconiugale con la modella Donna Rice, che gli farà decidere di ritirare definitivamente la sua candidatura.
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L’ascesa e la caduta di un politico in corsa per la Casa Bianca
Il film “ Front Runner – Il vizio del potere” racconta la storia del senatore del Colorado Gary Hurt(Hugh Jackman) che nel 1988 decise di concorrere per le presidenziali rappresentando il Partito Democratico.
Sempre più vicino alle elezioni, con il suo fare carismatico e le sue idee innovative riesce a diventare il favorito, ma la sua corsa alla Casa Bianca viene arrestata da uno scandalo legato ad una sua relazione extraconiugale con la modella Donna Rice, che gli farà decidere di ritirare definitivamente la sua candidatura.
Il film “Front Runner- Il vizio del potere” ruota attorno alla figura carismatica di Gary Hart, interpretato dal convincente Hugh Jackman, un personaggio che crede fortemente nei suoi ideali e che fino all’ultimo tenta di essere coerente con il suo essere saldo nei principi che ha sempre portato avanti.
Vera Farmiga veste i panni di Lee Hart, moglie del senatore, personaggio che cerca fino all’ultimo di essere si presente per il marito nei momenti chiave della corsa politica, ma lontana da quel mondo patinato che non sente suo.
Il versatile J.K. Simmons si cala nei panni del responsabile della campagna elettorale che abilmente riesce a gestire la situazione, un ruolo per lui ormai rodato e congeniale.
Dall’altra parte il film pone un quesito interessante riguardo alla libertà di stampa:
“ Quanto la notizia sia prima di tutto fondamentale per il giornale che la pubblica, in questo caso il Miami Herald, piuttosto che per il fruitore finale che è il cittadino che dovrà votare?”.
Il film “Front Runner- Il vizio del potere” è uno dei grandi esclusi agli Oscar. Una pellicola con un potenziale fresco ed interessante, a tratti molto elegante, ma che non riesce ad essere così potente come il tema trattato.
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fabio 3121
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venerdì 8 gennaio 2021
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scandalo sessuale alla corsa presidenziale
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il film è basato sulla storia vera del senatore del Colorado del Partito Democartico tale Gary Hart (Hugh Jackman) che nel 1988 era il candidato favorito alla presidenza degli Stati Uniti. La pellicola ripercorre in particolare quanto avvenne nelle ultime 3 settimane di campagna eletttorale. Coadiuvato da un ottimo staff di giovani convinti degli ideali liberali del senatore (che punta sull'ecologia e sulla difesa dei lavoratori) vediamo gli stessi - coordinati da Bill Dixon (J.K. Simmons) - consigliare il candidato nelle strategie politiche e negli eventi a cui partecipare per ottenere il maggiore consenso degli elettori. Il ritmo del film è a tratti frenetico circa gli incontri e i convegni a cui partecipa il sentatore Hart il quale, però giunto a Miami, partecipa ad una festa su uno yoth e qui conosce una giovane modella "laureata" Donna Rice che verrà poi invitata nella casa di Hart a Washington.
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il film è basato sulla storia vera del senatore del Colorado del Partito Democartico tale Gary Hart (Hugh Jackman) che nel 1988 era il candidato favorito alla presidenza degli Stati Uniti. La pellicola ripercorre in particolare quanto avvenne nelle ultime 3 settimane di campagna eletttorale. Coadiuvato da un ottimo staff di giovani convinti degli ideali liberali del senatore (che punta sull'ecologia e sulla difesa dei lavoratori) vediamo gli stessi - coordinati da Bill Dixon (J.K. Simmons) - consigliare il candidato nelle strategie politiche e negli eventi a cui partecipare per ottenere il maggiore consenso degli elettori. Il ritmo del film è a tratti frenetico circa gli incontri e i convegni a cui partecipa il sentatore Hart il quale, però giunto a Miami, partecipa ad una festa su uno yoth e qui conosce una giovane modella "laureata" Donna Rice che verrà poi invitata nella casa di Hart a Washington. I giornalisti del Miami Herald però scoprono la relazione extraconiugale e da lì in poi il senatore verrà attaccato da tutti i tabloid sulla sua vita privata e sulla sua morale a tal punto che sarà costretto a rinunciare alla sua candidatura. Con questo bel film il regista ci rappresenta una dinamica che si era già vista prima del 1988 e si è poi ripresentata successivamente nella politica americana e cioè l'importanza che gli elettori danno alla vita privata di un personaggio pubblico. In buona sostanza i comportamenti morali del politico "inghiottono" anche i suoi ideali e fanno vendere più copie dei giornali. Davvero buona la ricostruzione storica del contesto, sia per quanto concerne la scenografia che i costumi, nonchè la fotografia. Ottima e davvero convincente la performance attoriale di Hugh Jackman sul cui viso appare tutto l'imbarazzo di fronte alla moglie Lee (Vera Farmiga). Particina per Alfred Molina giornalista del Washington Post. In definitiva un film interessante di cui consiglio la visione.
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felicity
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mercoledì 17 marzo 2021
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un’opera di impareggiabile misura e saggezza
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The Front Runner – Il vizio del potere racconta il momento nella storia della politica americana nel quale il rapporto fra i cittadini e i leader politici è cambiato per sempre. Un punto di non ritorno che ha fatto sì che venisse meno una specie di patto di fiducia che era fin lì sempre esistito fra gli elettori e i loro rappresentanti nelle istituzioni. Un patto retto sulle idee, sui credo, sulle concezioni politiche e sulla visione della società che accomunano i primi ai secondi. È successo quando è crollato un muro che, pur avendo sempre un po’ vacillato, era riuscito a mantenersi in piedi: quello fra sfera pubblica e privata.
Il film di Reitman riporta alla luce lo scandalo sessuale che costò la candidatura per la corsa alle presidenziali del 1988 come esponente democratico a Gary Hart, all’epoca senatore dimissionario del Colorado e superfavorito – cioè front runner – nelle primarie del partito dell’asinello.
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The Front Runner – Il vizio del potere racconta il momento nella storia della politica americana nel quale il rapporto fra i cittadini e i leader politici è cambiato per sempre. Un punto di non ritorno che ha fatto sì che venisse meno una specie di patto di fiducia che era fin lì sempre esistito fra gli elettori e i loro rappresentanti nelle istituzioni. Un patto retto sulle idee, sui credo, sulle concezioni politiche e sulla visione della società che accomunano i primi ai secondi. È successo quando è crollato un muro che, pur avendo sempre un po’ vacillato, era riuscito a mantenersi in piedi: quello fra sfera pubblica e privata.
Il film di Reitman riporta alla luce lo scandalo sessuale che costò la candidatura per la corsa alle presidenziali del 1988 come esponente democratico a Gary Hart, all’epoca senatore dimissionario del Colorado e superfavorito – cioè front runner – nelle primarie del partito dell’asinello. La reputazione di Hart venne demolita nel giro di pochissimi giorni – e a meno di tre settimane dal voto delle primarie – a causa della messa in circolazione, da parte del quotidiano Miami Herald, di notizie riguardanti una presunta relazione extraconiugale dell’ex senatore con una giovane modella di nome Donna Rice. Il polverone che si alzò fu tale che Hart fu costretto a ritirare la propria candidatura e le primarie furono vinte da Michael Dukakis il quale poi perse le presidenziali contro George Bush Sr.
Il film ripercorre con fedeltà e rigore tutta la vicenda isolando il personaggio di Hart – e descrivendo la drammatica escalation che determinò la sua esclusione – attraverso i rapporti del protagonista con la propria famiglia, l’entourage di collaboratori che gestisce la sua campagna elettorale e i giornalisti e i reporter che lo seguono durante i comizi e gli eventi pubblici. Ovvero non viene dato alcuno spazio al confronto fra Hart e gli altri candidati democratici o fra lui e gli avversari repubblicani. Non si entra praticamente mai nel merito della visione o dei programmi politici del candidato, trascurando per tutto il film il profilo istituzionale di Hart. Una scelta precisa che risulta perfettamente funzionale al tipo di racconto che Reitman costruisce. Una storia politica che sposta il focus del proprio interesse sulla sfera personale e che dimostra – in un’assoluta consonanza con il battage mediatico dell’epoca – di tenere a guardare molto più il come che il cosa, ovvero a determinare le azioni di un uomo politico non in funzione del pensiero pubblico ma piuttosto delle azioni private.
«Quando Lindon Johnson assunse la carica di Presidente parlò con alcuni di noi dicendo che negli anni a seguire avremmo visto molte signore entrare e uscire dai suoi appartamenti. E che si sarebbe aspettato dalla stampa la stessa discrezione e indulgenza mostrata con Jack (ovvero JFK, ndr)» dice – nel film – il direttore del New York Times ai suoi collaboratori durante una riunione di redazione, aggiungendo che da allora le cose sono molto cambiate e ora nessuno potrebbe permettersi un simile comportamento.
È forse qui il senso di The Front Runner. La colpa più grave di Gary Hart non è quella di aver tradito la moglie in maniera maldestra di fronte agli occhi della nazione e nemmeno di aver mentito alle domande ricevute al riguardo. Ma piuttosto quella di non aver capito per tempo di vivere in un periodo storico – quello definito dal reaganismo – in cui si stava radicalizzando un pensiero puritano al quale avrebbe fatto seguito una concezione moralistica della politica. E all’interno della quale il volto pubblico degli uomini di potere sarebbe contato più di qualsiasi altro aspetto della loro vita. Hart, nel film, difende testardamente il suo diritto alla privacy e rivendica a più riprese l’importanza assoluta della propria prassi politica, non rendendosi conto che il valore di quest’ultima, nel 1988, non aveva più alcun valore se tarata in confronto alla questione morale. Ben altro che un incidente di percorso o di una serie sfortunata di eventi. Il protagonista dimostra, in ultima analisi, di essere inadatto al ruolo che ricopre proprio per via di queste mancanze e di meritare ampiamente le infauste conseguenze che si abbattono su di lui.
Ma c’è di più: come dice nel film una giornalista del NY Times a un collega, Hart è anche un uomo (forse d’altri tempi) che non ha chiaro quanto all’accrescimento del potere corrisponda l’accrescimento delle responsabilità individuali e quanto comportamenti superficiali nei conforti del sesso femminile – al di là delle semplici corna alla moglie – siano la cartina tornasole di un maschilismo gretto e indolente. Un dialogo, questo, che forse non sarebbe mai stato inserito nel film se non si fosse in epoca di #metoo e che probabilmente confonde eccessivamente le acque – mettendo nello stesso calderone ambiti e questioni differenti – ma che rende esplicita l’ingenuità e la goffaggine di Hart rispetto alla gestione del proprio ruolo pubblico. E del resto un film con così tanti ovvi ed espliciti riferimenti al presente non può non far pensare a fatti dei nostri giorni come le accuse di reato sessuale rivolte a Trump.
Ma fa pensare come anche qui dalle nostre parti sia cambiata la percezione, nel corso degli anni, in merito ai casi come quello di Hart. E quanto l’interesse per la vita privata di politici e uomini di potere abbia inquinato i giudizi dei cittadini riguardo l’esercizio della politica. Ai tempi dell’affaire Lewinski nel nostro Paese si sosteneva quasi unanimemente che una cosa simile, se fosse accaduta in Italia, non sarebbe interessata quasi a nessuno. Poi è venuto Berlusconi, i bunga bunga e Ruby Rubacuori.
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