tmpsvita
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mercoledì 4 ottobre 2017
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quando anche un fantasma emoziona
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Poche, pochissime parole che lasciano spazio alle lunghe, alle volte quasi interminabili, inquadrature dal silenzio assordante che catturano delle splendide immagini, colorate da un impeccabile e fredda fotografia e incorniciate da un formato schermo vintage molto originale.
Il film sembra parlare di nulla, visti i dialoghi quasi assenti, ma dalle immagini, vere e proprie poesie per gli occhi, trascendono moltissimi significati riguardanti l'amore, la vita, la morte e, addirittura, l'esistenza umana.
E il suo modo di raccontare è estremamente lento ma anche rilassante, piacevole perché dà il tempo allo spettatore di poter osservare con molta attenzione ogni angolo dell'inquadratura e qualunque suo singolo cambiamento, inoltre in questo modo si esalta ogni più piccolo suono, aspetto fondamentale per alcune sequenze.
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Poche, pochissime parole che lasciano spazio alle lunghe, alle volte quasi interminabili, inquadrature dal silenzio assordante che catturano delle splendide immagini, colorate da un impeccabile e fredda fotografia e incorniciate da un formato schermo vintage molto originale.
Il film sembra parlare di nulla, visti i dialoghi quasi assenti, ma dalle immagini, vere e proprie poesie per gli occhi, trascendono moltissimi significati riguardanti l'amore, la vita, la morte e, addirittura, l'esistenza umana.
E il suo modo di raccontare è estremamente lento ma anche rilassante, piacevole perché dà il tempo allo spettatore di poter osservare con molta attenzione ogni angolo dell'inquadratura e qualunque suo singolo cambiamento, inoltre in questo modo si esalta ogni più piccolo suono, aspetto fondamentale per alcune sequenze.
Un film davvero singolare che , nella sua singolarità, trova il punto di forza.
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sigfreud
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giovedì 16 luglio 2020
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la presunzione fatta film
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È incredibile a quali livelli di presunzione si possa arrivare quando si è troppo presi da sé stessi e dalle proprie autoreferenziali percezioni artistiche. Bastasse girare in 4:3 - e per completare l'opera con i quattro angoli arrotondati, forse per scimmiottare i bei tempi della TV in 4:3 o chissà per quale altra ragione - per essere grandi intellettuali, lo saremmo tutti. Nel mestiere di regista occorre invece non soltanto aver qualcosa da dire ma possedere pure un minimo di talento per sapere come farlo.
Ci si accontenterebbe qui, se non della seconda, almeno della prima qualità. Invece, il nulla più disarmante. Scene, o per meglio dire, fermi immagine, di due o tre minuti, di cui non si vede alcuna utilità, si ripetono costantemente nel corso del film.
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È incredibile a quali livelli di presunzione si possa arrivare quando si è troppo presi da sé stessi e dalle proprie autoreferenziali percezioni artistiche. Bastasse girare in 4:3 - e per completare l'opera con i quattro angoli arrotondati, forse per scimmiottare i bei tempi della TV in 4:3 o chissà per quale altra ragione - per essere grandi intellettuali, lo saremmo tutti. Nel mestiere di regista occorre invece non soltanto aver qualcosa da dire ma possedere pure un minimo di talento per sapere come farlo.
Ci si accontenterebbe qui, se non della seconda, almeno della prima qualità. Invece, il nulla più disarmante. Scene, o per meglio dire, fermi immagine, di due o tre minuti, di cui non si vede alcuna utilità, si ripetono costantemente nel corso del film. Ma la lentezza non può bastare a compensare l'assenza di contenuti significativi, esalta piuttosto la banalità di concetti noti ai più: che da morti, aggirandoci inespressivi e coperti da un lenzuolo bianco con i buchi per gli occhi per i luoghi vissuti nella dimensione terrena, usciremo dalla presente percezione temporale; e che è meglio essere vivi che essere morti. Mediate gente, meditate.
Senza esagerazione, un'ora e mezza che poteva tranquillamente essere ridotta a un cortometraggio di 15 minuti.
Quel che resta - dopo uno sforzo, credete, non da poco, per arrivare alla fine - è il rimpianto di aver malamente investito un'ora e mezza del proprio tempo e un pizzico di nervosismo per essersi fatti convincere alla visione da critiche incomprensibilmente positive.
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peergynt
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lunedì 19 marzo 2018
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vita, passione e morte di un lenzuolo
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Con un coraggio sconcertante, questo film ci racconta la solitaria vita di un fantasma mostrandocelo nella sua iconografia più semplice e ironicamente scarnificata: quella di un lungo lenzuolo bianco con due buchi per gli occhi. Bisogna accettare senza ridere questo fatto per entrare in questo piccolo film e farsene affascinare. Scegliendo un curioso formato di schermo (quadrato e con gli angoli arrotondati), quasi fosse un album di fotografie di un tempo che fu, il regista racconta per immagini, e con pochissimi dialoghi (e, va detto, con piani-sequenza da cinema d'autore e una lentezza quasi esasperante), una storia di fantasmi che non entra mai nel genere horror, nemmeno da lontano, ed è piuttosto una riflessione sul dolore della perdita e sull'attaccamento disperato a quello che, per quanto assurdo sia, è ciò che noi chiamiamo vita.
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Con un coraggio sconcertante, questo film ci racconta la solitaria vita di un fantasma mostrandocelo nella sua iconografia più semplice e ironicamente scarnificata: quella di un lungo lenzuolo bianco con due buchi per gli occhi. Bisogna accettare senza ridere questo fatto per entrare in questo piccolo film e farsene affascinare. Scegliendo un curioso formato di schermo (quadrato e con gli angoli arrotondati), quasi fosse un album di fotografie di un tempo che fu, il regista racconta per immagini, e con pochissimi dialoghi (e, va detto, con piani-sequenza da cinema d'autore e una lentezza quasi esasperante), una storia di fantasmi che non entra mai nel genere horror, nemmeno da lontano, ed è piuttosto una riflessione sul dolore della perdita e sull'attaccamento disperato a quello che, per quanto assurdo sia, è ciò che noi chiamiamo vita. E l'emozione di non viverla più è tale da trascendere il tempo, uno strano evento che si avvolge su se stesso, e da farsi emozione lacerante per il protagonista, il fantasma-lenzuolo, un simbolo straniante di una storia che ha i tratti dell'assurdo e le profondità dell'apologo metafisico. Film indipendente senza effetti speciali per raccontare la storia di come quel groviglio scomposto di passioni, sentimenti e ricordi che è l'uomo fatica ad accettare di non essere più. E per questo continua a vivere ancora, ostinatamente. Cosa che ci avvicina al cuore questo originalissimo personaggio avvolto da un banale lenzuolo e ci fa penare per lui. Che è un po' come aver compassione di noi stessi.
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felicity
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martedì 6 aprile 2021
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surreale e ammaliante
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A Ghost Story, ammaliante e bizzarro oggetto filmico destinato a lasciare sconcertati e al contempo affascinati.
Ancor prima di essere una storia di fantasmi – meglio, di un fantasma, nella quale, peraltro, di orrore non ve ne è nemmeno l’ombra –, A Ghost Story si presenta innanzitutto come un ipnotico (melo)dramma dedicato al profondo (e al contempo sempre più relativo) rapporto fra amore e tempo, un racconto di sofferenza durante e oltre la vita capace di unire il cinema filosofico-cerebrale di Richard Linklater alle dilatazioni atmosferiche di Gus Van Sant. Protagonisti di questa piccola grande epopea sono C (Casey Affleck) e M (Rooney Mara), una coppia come tante da poco trasferitasi in una casa di periferia e legata da un complicato ma profondo affetto, il quale s’infrange nel momento in cui l’uomo muore in seguito a un incidente stradale.
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A Ghost Story, ammaliante e bizzarro oggetto filmico destinato a lasciare sconcertati e al contempo affascinati.
Ancor prima di essere una storia di fantasmi – meglio, di un fantasma, nella quale, peraltro, di orrore non ve ne è nemmeno l’ombra –, A Ghost Story si presenta innanzitutto come un ipnotico (melo)dramma dedicato al profondo (e al contempo sempre più relativo) rapporto fra amore e tempo, un racconto di sofferenza durante e oltre la vita capace di unire il cinema filosofico-cerebrale di Richard Linklater alle dilatazioni atmosferiche di Gus Van Sant. Protagonisti di questa piccola grande epopea sono C (Casey Affleck) e M (Rooney Mara), una coppia come tante da poco trasferitasi in una casa di periferia e legata da un complicato ma profondo affetto, il quale s’infrange nel momento in cui l’uomo muore in seguito a un incidente stradale.
Deciso tuttavia a non “passare oltre”, C ritorna alla propria dimora sotto forma di fantasma in piena regola, con tanto di lenzuolo bianco d’ordinanza e buchi per gli occhi, costretto (come il Buce Willis di Il sesto senso) a osservare impotente la propria compagna tentare di rifarsi una vita, mentre (come la Nicole Kidman di The Others) si trova a dover convivere con i nuovi inquilini/intrusi.
Gran parte del fascino di A Ghost Story risiede in un ammaliante impianto estetico, nel quale lente panoramiche esplorative e tableaux vivants densi di stasi si alternano a un montaggio sincopato che ben illustra la relatività del tempo che passa inesorabile, il tutto corredato da un insolito formato 4:3 dai bordi arrotondati che comprime lo sguardo all’interno di un universo eminentemente visuale (il buon vecchio “cinema puro” hitchcockiano) dominato dal silenzio, un mondo fatto solo d’immagine nel quale la parola sembra non trovare posto.
Se, come afferma Haneke, la sceneggiatura deve essere scarna come un osso al quale sono gli attori a dover ancorare la propria polpa, allora il lavoro compiuto dalla coppia di protagonisti appare qualcosa di davvero sublime.
Forte di un epilogo fra i più complessi e commoventi che il cinema abbia mai prodotto, A Ghost Story è tutto questo e molto di più, un mondo surreale e ammaliante.
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giovannastory
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sabato 14 aprile 2018
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nasce il genere thruller
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Con questo film, i produttori di BIDONI a livello interstellare si sono superati. Forse raggiungendo vette ineguagliabili.
Il regista e gli autori, di certo hanno inventato un nuovo genere: il Thruller
Trama commentata
Una figura spettrale (un imbecille col lenzuolone che sembra un Bacio Perugina al negativo oppure un Caciocavallo in abito da sposa) - che un tempo era stata un uomo ( infatti, i fantasmi, se esistono, un tempo dovrebbero essere stati uomini, non biciclette, oppure macchine da caffè.
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Con questo film, i produttori di BIDONI a livello interstellare si sono superati. Forse raggiungendo vette ineguagliabili.
Il regista e gli autori, di certo hanno inventato un nuovo genere: il Thruller
Trama commentata
Una figura spettrale (un imbecille col lenzuolone che sembra un Bacio Perugina al negativo oppure un Caciocavallo in abito da sposa) - che un tempo era stata un uomo ( infatti, i fantasmi, se esistono, un tempo dovrebbero essere stati uomini, non biciclette, oppure macchine da caffè... o sbaglio?) - si fa strada verso la sua ex casa, dove sarà destinata a rimanere per sempre… (scena di un patetico-ridicolo da mozzare il fiato, effetto Thruller. Il Caciocavallo, privato di macchina e patente, visto che la macchina l'aveva scassata con l'incidente mortale e la patente gli era stata ritirata per ovvi motivi, si trascina, lento e inutile, nella landa sconfinata: in poche parole se la fa a piedi dall’obitorio fino a casa!)
L'uomo è morto qualche tempo prima in un incidente stradale proprio davanti a casa sua. Lì osserva il lamento della sua amante addolorata, avvolto in un lenzuolo bianco (e ci mancava pure che, nello squallore generale, gli mettevano addosso un lenzuolo a fantasia, o a pois!)
Comunque, dove gli autori, il regista e il costumista, raggiungono l’apoteosi è quando, con una scelta da veri produttori di Thruller, fanno due buchi per gli occhi al “cosone” rincitrullito che gira per la casa.
In somma, se esiste un associazione che tutela la dignità di spiriti e fantasmi, credo proprio che ai produttori gli faranno una bella causa per vilipendio!
Non possiamo che concludere con il famigerato verso del più grande critico cinematografico di tutti i tempi, Fantozzi rag. Ugo:
“Per me, Ghost Story, è una cagata pazzesca…”
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[+] brava!
(di nicola1)
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