enrico omodeo sale
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venerdì 25 marzo 2016
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com'è intollerabile essere tollerati
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Com'è intollerabile essere tollerati. Pasolini intervistato da un giornalista francese cita Cocteau e l'aforisma racchiude il pensiero dell'ultimo periodo dell'autore, incurante del consenso, della tolleranza, perfino della morte. È un'estate, quella del 75, di ossessione per lo scrittore di Casarsa: per Cefis e il suo controllo tentacolare sul potere in Italia; per il Pelosi e le borgate, che stanno per perdere la loro magnifica innocenza; per il fascismo, quello piccolo borghese, molto piu presente nella società rispetto all'esiguo consenso dell'Msi. Il film 'La macchinazione' parte piano e finisce in crescendo, cosa rara nel cinema italiano, dove i film il piu delle volte iniziano con delle belle idee per poi perdersi.
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Com'è intollerabile essere tollerati. Pasolini intervistato da un giornalista francese cita Cocteau e l'aforisma racchiude il pensiero dell'ultimo periodo dell'autore, incurante del consenso, della tolleranza, perfino della morte. È un'estate, quella del 75, di ossessione per lo scrittore di Casarsa: per Cefis e il suo controllo tentacolare sul potere in Italia; per il Pelosi e le borgate, che stanno per perdere la loro magnifica innocenza; per il fascismo, quello piccolo borghese, molto piu presente nella società rispetto all'esiguo consenso dell'Msi. Il film 'La macchinazione' parte piano e finisce in crescendo, cosa rara nel cinema italiano, dove i film il piu delle volte iniziano con delle belle idee per poi perdersi. L'opera di Grieco finisce in un modo splendido, originale, visionario, proprio come il pensiero del poeta. Potenti le apparizioni oniriche della società di oggi e quella della fine (che non racconto), cosi come all'altezza le interpretazioni (De Rienzo-Pinna un gradino sopra tutti). Ottima la descrizione delle borgate, della P2 e la scelta delle location, non il massimo ma credibili gli effetti speciali.
Da storia del cinema l'incontro in trattoria con lo studente nerd fan dello scrittore, che però non capisce la provocazione scritta sul Corriere in cui PPP ritiene che per i figli degli operai possa bastare la quinta elementare, per non imbastardirli e portarli via dall'autentico sottoproletariato urbano alla odiata piccola borghesia consumistica.
Un film che non si limita alla cronaca ma cerca di scavare dentro i personaggi e la società italiana dell'epoca. E uscendo dalla sala ci si sente persi, perché di Pasolini, come diceva Moravia al funerale che sentiamo durante i titoli di coda, ce n'è uno ogni cento anni.
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maurizio meres
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giovedì 17 marzo 2016
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il pensiero di pasolini
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L'unica certezza che si può avere vedendo il film è quella che il pensiero di Pasolini è più vivo che mai,la sua voglia anticonformista di vedere e conoscere ciò che il mondo non vede,attraverso un consumismo generato nel controllare il pensiero delle persone,siamo agli inizi degli anni settanta,ma oggi siamo il frutto di quello che un potere occulto inizio.
Dopo tante rievocazioni sulla triste vicenda che vide la sua atroce morte,forse questa versione se così si può definire è quella che rispecchia di più i fatti,facendo dei nomi,intrecci politici con un controllo totale dei servizi istituzionali dando alla delinquenza il compito di eliminare le persone scomode.Ormai la prova che la delinquenza era in stretto contatto con i servizi segreti è un fatto conclamato.
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L'unica certezza che si può avere vedendo il film è quella che il pensiero di Pasolini è più vivo che mai,la sua voglia anticonformista di vedere e conoscere ciò che il mondo non vede,attraverso un consumismo generato nel controllare il pensiero delle persone,siamo agli inizi degli anni settanta,ma oggi siamo il frutto di quello che un potere occulto inizio.
Dopo tante rievocazioni sulla triste vicenda che vide la sua atroce morte,forse questa versione se così si può definire è quella che rispecchia di più i fatti,facendo dei nomi,intrecci politici con un controllo totale dei servizi istituzionali dando alla delinquenza il compito di eliminare le persone scomode.Ormai la prova che la delinquenza era in stretto contatto con i servizi segreti è un fatto conclamato.
Quello che più è sconcertante che ancora non si riesce a valutare la grande perdita per la cultura Italiana,non si può definire ciò che si è perduto è inimmaginabile.
Film benfatto scenografia in un ambientazione perfetta in ogni particolare di quell'anni,la trama scorre benissimo dando un quadro perfetto di ciò che accadeva,il bravissimo regista David Grieco non si limita nel raccontare solo i fatti,ma entra direttamente nella personalità dei vari personaggi dando ad ognuno una propria identità,anche se nella realtà ancora non si conoscono alcuni nomi,inoltre riesce nel migliore dei modi,con semplicità intendo nel legare alcuni dei grandi misteri Italiani con la denuncia che Pasolini intendeva fare,attraverso un romanzo.
Direi superlativo Ranieri,si vede che sente il personaggio,egli conosceva Pasolini,lo ammirava,lo stimava.
Bellissime le scene di Pasolini con la madre,commoventi,piene d'amore,
interessanti le sovrapposizioni delle sequenze finali,che come un puzzle si ricompongono dando una verità politica di come in effetti fu la fine di Pasolini.
Ottimo film politico-noir.
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[+] "ottimo film", ...
(di salvatore scaglia)
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lorifu
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sabato 2 aprile 2016
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una verità contrastata
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Nel film “La macchinazione”, il regista David Grieco, giornalista e fraterno amico di Pasolini, ha voluto riscrivere la vicenda degli ultimi tre mesi di vita dello scrittore e la sua morte secondo la modalità del complotto, da sempre osteggiata e voluta oscurare a favore di quella ben più semplice e comoda del delitto a sfondo sessuale al quale si è ispirato Abel Ferrara.
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Nel film “La macchinazione”, il regista David Grieco, giornalista e fraterno amico di Pasolini, ha voluto riscrivere la vicenda degli ultimi tre mesi di vita dello scrittore e la sua morte secondo la modalità del complotto, da sempre osteggiata e voluta oscurare a favore di quella ben più semplice e comoda del delitto a sfondo sessuale al quale si è ispirato Abel Ferrara.
Ecco perché Grieco, chiamato a suo tempo dal famoso regista a collaborare, rifiutò sdegnato, riuscendo con il suo film a rendere finalmente giustizia alla figura del grande scrittore attraverso una lettura dei fatti diametralmente opposta a quella di Ferrara.
La tesi del complotto non solo regge ma è suffragata da tutta una serie di tessere che vanno a comporre un puzzle pressoché perfetto andando a scardinare punto per punto i deboli indizi di un assassinio che si è voluto lasciar marcire nell’ombra.
Grieco sottolinea due fatti importantissimi vergognosamente elusi, sin dall’inizio delle indagini, il primo legato alle verità scomode sulle quali Pasolini stava indagando e che trovarono supporto nel libro di Giorgio Steimetz che sparì poco tempo dopo la sua comparsa “Questo è Cefis” e dal quale Pasolini aveva estrapolato intere frasi inserite nel romanzo Petrolio, a cui stava lavorando e in cui si intuisce che dietro lo pseudonimo di Troya c’è l’uomo ritenuto il fondatore della P2 e di tutte le trame legate allo stragismo italiano e alla fitta rete di corruzione e malaffare che investi il nostro Paese a partire dagli anni ’70.
L’altro è la sparizione delle bobine del film “Salò o le 120 Giornate di Sodoma”, per le quali il sottobosco malavitoso che eseguì materialmente l’omicidio chiese un riscatto, attirando lo scrittore in una trappola mortale.
Pelosi, contrariamente a quanto affermato nei verbali dopo l’omicidio, conosceva da tempo Pasolini ed ebbe un ruolo nell’omicidio ma non fu il solo responsabile, anzi fu la pedina di un crimine organizzato facente capo a una criminalità politico-finanziaria che ancor oggi, si presume sia infiltrata nei Palazzi del Potere.
Il film di Grieco riesce ad essere convincente e Massimo Ranieri che presta il volto al grande scrittore non poteva restituire meglio l’immagine di un uomo deluso, amareggiato, solo, capace di illuminarsi unicamente accanto alla madre, una Milena Vukotic ispirata nel ruolo di Susanna.
Un film in cui la ricostruzione dei fatti si accompagna al pensiero pasoliniano che affiora nei discorsi e che colpisce per l’aderenza tra il disfacimento di una società che ha perduto la sua innocenza e le configurazioni di un futuro che il regista fa intravedere attraverso visioni oniriche inquietanti.
Un finale simbolico e le musiche dei Pink Floyd sono il valore aggiunto di un film che non lascia nulla d’intentato nel tentativo estremo di ricercare la verità su un delitto di chiaro stampo politico.
Ed è nei titoli di coda, alle parole di un Moravia commosso ai funerali dell’amico mentre dice che di intellettuali come lui ne nasce uno ogni cento anni, che ne avvertiamo tutta la mancanza.
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robroma66
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domenica 27 marzo 2016
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l'altra verità sulla morte di pasolini
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Un omicidio politico e non sessuale: questo è il racconto che David Grieco fa dell'assassinio di Pasolini, ucciso -secondo la ricostruzione che ne dà il film- su mandato politico in collegamento con gli ambienti della P2 e della banda della Magliana.
La notte dell'omicidio di Pasolini all'idroscalo di Ostia c'erano due alfa GT: la prima di PPP e la seconda di Antonio Pinna (interpretato da Libero De Rienzo), appartenente alla banda della Magliana e la cui auto fu quella che uccise il Poeta.
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Un omicidio politico e non sessuale: questo è il racconto che David Grieco fa dell'assassinio di Pasolini, ucciso -secondo la ricostruzione che ne dà il film- su mandato politico in collegamento con gli ambienti della P2 e della banda della Magliana.
La notte dell'omicidio di Pasolini all'idroscalo di Ostia c'erano due alfa GT: la prima di PPP e la seconda di Antonio Pinna (interpretato da Libero De Rienzo), appartenente alla banda della Magliana e la cui auto fu quella che uccise il Poeta. Per inciso: Pinna sparì all'inizio del processo per la morte del Poeta e la sua famiglia -che lo cercò a lungo- si imbattè in un fascicolo secretato dallo Stato italiano.
Il delitto Pasolini maturò in connessione con la stesura di "Petrolio", un romanzo-verità chiaramente incentrato su Eugenio Cefis la cui vicenda vale la pena rileggere perchè è un condensato della triste storia patria del dopoguerra. Gli altri due aspetti centrali del film sono l'ultimazione della lavorazione di "Salò" -con relativo furto di bobine e richiesta di riscatto (da parte dello stesso sottobosco malavitoso che materialmente eseguì l'omicidio)- e il rapporto con Pino Pelosi, che non fu frequentazione di una sera.
Un film etico e un atto di amore da parte di David Grieco, che di Pasolini fu assistente e che ha rifiutato sdegnato di partecipare al film di Abel Ferrara su Pasolini perchè inconferente o distonico rispetto al tentativo di ricerca della verità.
Colpiscono, nel tessuto narrativo, anche gli incontri di PPP con Giorgio Steimetz (interpretato da Roberto Citran), autore di quello che nel film viene definito “un libro imperdibile di cui è rimasta solo una fotocopia” -sempre su Cefis-, fatto volutamente sparire.
Come prodotto filmico "La macchinazione" ha molti limiti: stenta a prendere vita, ha una direzione poco omogenea -come se il cast fosse lasciato a se stesso-, una recitazione romanesca ostentata e non credibile, una naiveté didascalica che non giova (come la visione delle trivelle pochi istanti prima della morte di Piera Paolo). Molto buona l'interpretazione di Ranieri e buona quella di Libero De Rienzo.
Ma questi difetti, per me, nulla tolgono al valore del film -che è un valore civile e di ricerca di verità e giustizia- e credo che chiunque abbia a cuore il Poeta e provi orrore/amarezza per quello che è (stata) la storia recente di questo Paese non dovrebbe fare a meno di vedere.
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sigfrido
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venerdì 24 marzo 2017
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mai titolo fu più azzeccato
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Mai titolo fu più azzeccato , come questo attribuito all'opera di David Grieco, scritto dallo stesso regista a quattro mani con Guido Bulla.
Si parte da un'ipotesi sino ad oggi non presa in considerazione e non accreditata ( oppure volutamente accantonata). Quella che il Poeta e regista fosse sentimentalmente legato al ragazzo di vita Pino La Rana e che il loro ultimo incontro non fosse sporadico ed occasionale, ma frutto di calcolate manovre oscure dei poteri forti , collusi con la malavita comune. Pino è interpretato dall'esordiente Alessandro Sardelli, che conferisce al personaggio un alone di ingenuità popolare, sino ad oggi non preso in considerazione.
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Mai titolo fu più azzeccato , come questo attribuito all'opera di David Grieco, scritto dallo stesso regista a quattro mani con Guido Bulla.
Si parte da un'ipotesi sino ad oggi non presa in considerazione e non accreditata ( oppure volutamente accantonata). Quella che il Poeta e regista fosse sentimentalmente legato al ragazzo di vita Pino La Rana e che il loro ultimo incontro non fosse sporadico ed occasionale, ma frutto di calcolate manovre oscure dei poteri forti , collusi con la malavita comune. Pino è interpretato dall'esordiente Alessandro Sardelli, che conferisce al personaggio un alone di ingenuità popolare, sino ad oggi non preso in considerazione. Attorno al poeta , il mondo del cinema , le sue personali inquietudini ed intuizioni, il rapporto inscindibile con la madre ( un'impeccabile Milena Vukotic) e di ragazzi di vita , tra cui spicca il sempreverde ed ottimo interprete Libero de Rienzo. L'interpretazione di Ranieri è decisamente passionale, a tinte forti e molto marcata, senza mai uscire dal seminato. Un film scomode e ben riuscito, frutto di un meticoloso lavoro di ricerca ed interpretazione. Paolo Bonacelli, che interpretò " Salò- le 120 giornate di Sodoma" appare nei panni di un alto prelato. Da vedere e ricordare.
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lorifu
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mercoledì 30 marzo 2016
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morte di pasolini: una verità contrastata
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Nel film “La macchinazione”, il regista David Grieco, giornalista e fraterno amico di Pasolini, ha voluto riscrivere la vicenda degli ultimi tre mesi di vita dello scrittore e la sua morte secondo la modalità del complotto, da sempre osteggiata e voluta oscurare a favore di quella ben più semplice e comoda del delitto a sfondo sessuale al quale si è ispirato Abel Ferrara.
Ecco perché Grieco, chiamato a suo tempo dal famoso regista a collaborare, rifiutò sdegnato, riuscendo con il suo film a rendere finalmente giustizia alla figura del grande scrittore attraverso una lettura dei fatti diametralmente opposta a quella di Ferrara.
La tesi del complotto non solo regge ma è suffragata da tutta una serie di tessere che vanno a comporre un puzzle pressoché perfetto andando a scardinare punto per punto i deboli indizi di un assassinio che si è voluto lasciar marcire nell’ombra.
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Nel film “La macchinazione”, il regista David Grieco, giornalista e fraterno amico di Pasolini, ha voluto riscrivere la vicenda degli ultimi tre mesi di vita dello scrittore e la sua morte secondo la modalità del complotto, da sempre osteggiata e voluta oscurare a favore di quella ben più semplice e comoda del delitto a sfondo sessuale al quale si è ispirato Abel Ferrara.
Ecco perché Grieco, chiamato a suo tempo dal famoso regista a collaborare, rifiutò sdegnato, riuscendo con il suo film a rendere finalmente giustizia alla figura del grande scrittore attraverso una lettura dei fatti diametralmente opposta a quella di Ferrara.
La tesi del complotto non solo regge ma è suffragata da tutta una serie di tessere che vanno a comporre un puzzle pressoché perfetto andando a scardinare punto per punto i deboli indizi di un assassinio che si è voluto lasciar marcire nell’ombra.
Grieco sottolinea due fatti importantissimi vergognosamente elusi, sin dall’inizio delle indagini, il primo legato alle verità scomode sulle quali Pasolini stava indagando e che trovarono supporto nel libro di Giorgio Steimetz che sparì poco tempo dopo la sua comparsa “Questo è Cefis” e dal quale Pasolini aveva estrapolato intere frasi inserite nel romanzo Petrolio, a cui stava lavorando e in cui si intuisce che dietro lo pseudonimo di Troya c’è l’uomo ritenuto il fondatore della P2 e di tutte le trame legate allo stragismo italiano e alla fitta rete di corruzione e malaffare che investi il nostro Paese a partire dagli anni ’70.
L’altro è la sparizione delle bobine del film “Salò o le 120 Giornate di Sodoma”, per le quali il sottobosco malavitoso che eseguì materialmente l’omicidio chiese un riscatto, attirando lo scrittore in una trappola mortale.
Pelosi, contrariamente a quanto affermato nei verbali dopo l’omicidio, conosceva da tempo Pasolini ed ebbe un ruolo nell’omicidio ma non fu il solo responsabile, anzi fu la pedina di un crimine organizzato facente capo a una criminalità politico-finanziaria che ancor oggi, si presume sia infiltrata nei Palazzi del Potere.
Il film di Grieco riesce ad essere convincente e Massimo Ranieri che presta il volto al grande scrittore non poteva restituire meglio l’immagine di un uomo deluso, amareggiato, solo, capace di illuminarsi unicamente accanto alla madre, una Milena Vukotic ispirata nel ruolo di Susanna.
Un film in cui la ricostruzione dei fatti si accompagna al pensiero pasoliniano che affiora nei discorsi e che colpisce per l’aderenza tra il disfacimento di una società che ha perduto la sua innocenza e le configurazioni di un futuro che il regista fa intravedere attraverso visioni oniriche inquietanti.
Un finale simbolico e le musiche dei Pink Floyd sono il valore aggiunto di un film che non lascia nulla d’intentato nel tentativo estremo di ricercare la verità su un delitto di chiaro stampo politico.
Ed è nei titoli di coda, alle parole di un Moravia commosso ai funerali dell’amico mentre dice che di intellettuali come lui ne nasce uno ogni cento anni che ne sentiamo tutta la mancanza.
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sellerone
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lunedì 30 luglio 2018
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una semplice macchinazione
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Film bellissimo soprattutto per una commistione fra gli attori, la storia vera e la romanzatura. Parla di una storia ostica per me, ma credo per molti, dove anche chi non era del pensiero pasoliniano, in questo film ne può apprezzare l'importanza e la profondità. Non entro nella veridicità, né nello studio dei caratteri, ma nel suo insieme, questo film è un bel film, va a mio avviso sganciato da una storia vera, per non farlo diventare un documentario di cui non ha i limiti di oggettività.
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giulio andreetta
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domenica 2 maggio 2021
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molto bene
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Il tragico epilogo della tormentata esistenza di Pasolini torna a vivere in questa bellissima pellicola... La ricostruzione storico-scenografica merita realmente un plauso, assieme ai costumi, scenografia ecc. La colonna sonora, intrigante e ipnotica è tratta da una suite dei Pink Floyd, e in questo caso la musica riesce a commentare bene a mio parere la narrazione. Ma a stupire è soprattutto l'abilità camaleontica di immergersi all'interno di un personaggio - Pasolini stesso - da parte di Massimo Ranieri: l'identificazione appare perfetta, non solo grazie alla stupefacente somiglianza fisiognomica. Ranieri merita dunque una menzione di merito per la recitazione convincente e realistica.
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Il tragico epilogo della tormentata esistenza di Pasolini torna a vivere in questa bellissima pellicola... La ricostruzione storico-scenografica merita realmente un plauso, assieme ai costumi, scenografia ecc. La colonna sonora, intrigante e ipnotica è tratta da una suite dei Pink Floyd, e in questo caso la musica riesce a commentare bene a mio parere la narrazione. Ma a stupire è soprattutto l'abilità camaleontica di immergersi all'interno di un personaggio - Pasolini stesso - da parte di Massimo Ranieri: l'identificazione appare perfetta, non solo grazie alla stupefacente somiglianza fisiognomica. Ranieri merita dunque una menzione di merito per la recitazione convincente e realistica. Intelligente la regìa, a firma di David Grieco, che si muove con destrezza nel dosaggio dei diversi codici filmici. C'è da dire che l'omicidio dello scrittore friulano rimane tuttora uno dei grandi misteri irrisolti d'Italia, ad oltre quarant'anni dalla scomparsa di Pasolini, e risulta comunque interessante la ricostruzione che ne dà Grieco. 4 stelline
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no_data
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sabato 2 aprile 2016
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una macchinazione contro il buon cinema
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Di “macchinazione” sulla morte di Pier Paolo Pasolini aveva già parlato autorevolmente Marco Tullio Giordana nel '95 con PASOLINI UN DELITTO ITALIANO. Oggi qualche fatto nuovo è emerso ma forse non era il caso per il regista David Grieco di buttarcisi a capofitto con la presunzione con cui ha diretto LA MACCHINAZIONE. Soprattutto non era il caso di scomodare i soliti “poteri occulti”, impersonati stavolta da Eugenio Cefis, già presidente della Montedison. E' vero che nel libro di Pasolini uscito postumo col titolo "Petrolio", proprio Cefis era quel Troya che secondo l'autore stava dietro il periodo buio italiano, dalla morte di Mattei alle stragi, ma da qui a farne anche il mandante di questo assassinio ne corre, oltretutto senza dirlo chiaramente, né portare alcuna prova a sostegno.
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Di “macchinazione” sulla morte di Pier Paolo Pasolini aveva già parlato autorevolmente Marco Tullio Giordana nel '95 con PASOLINI UN DELITTO ITALIANO. Oggi qualche fatto nuovo è emerso ma forse non era il caso per il regista David Grieco di buttarcisi a capofitto con la presunzione con cui ha diretto LA MACCHINAZIONE. Soprattutto non era il caso di scomodare i soliti “poteri occulti”, impersonati stavolta da Eugenio Cefis, già presidente della Montedison. E' vero che nel libro di Pasolini uscito postumo col titolo "Petrolio", proprio Cefis era quel Troya che secondo l'autore stava dietro il periodo buio italiano, dalla morte di Mattei alle stragi, ma da qui a farne anche il mandante di questo assassinio ne corre, oltretutto senza dirlo chiaramente, né portare alcuna prova a sostegno.
Ma non è questo il punto.
La cosa davvero drammatica è aver diretto uno dei film più sgangherati della storia del cinema italiano. La trama si arrampica sugli specchi finendo per essere involontariamente grottesca. La direzione degli attori è inesistente e la recitazione talmente ridicola da far fatica a sostenerla. Un'eccezione si può fare solo per gli incolpevoli Ranieri e Vukotic... perchè perfino Di Rienzo scivola miseramente nella macchietta. La colonna sonora dei Pink Floyd, presa in gran parte dalla suite di Atom Earth Mother, è completamente avulsa dalle scene che vorrebbe commentare e finisce per disturbarle (o più probabilmente succede il contrario) . La fotografia, con improvvise e incomprensibili immagini “in negativo”, lascia a dir poco sconcertati.
Insomma, non ho dubbi a dire che LA MACCHINAZIONE è uno dei peggiori film che abbia visto in vita mia.
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robroma66
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domenica 27 marzo 2016
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l'altra verità sulla morte di pasolini
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Un omicidio politico e non sessuale: questo è il racconto che David Grieco fa dell'assassinio di Pasolini, ucciso -secondo la ricostruzione che ne dà il film- su mandato politico in collegamento con gli ambienti della P2 e della banda della Magliana.
La notte dell'omicidio di Pasolini all'idroscalo di Ostia c'erano due alfa GT: la prima di PPP e la seconda di Antonio Pinna (interpretato da Libero De Rienzo), appartenente alla banda della Magliana e la cui auto fu quella che uccise il Poeta.
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Un omicidio politico e non sessuale: questo è il racconto che David Grieco fa dell'assassinio di Pasolini, ucciso -secondo la ricostruzione che ne dà il film- su mandato politico in collegamento con gli ambienti della P2 e della banda della Magliana.
La notte dell'omicidio di Pasolini all'idroscalo di Ostia c'erano due alfa GT: la prima di PPP e la seconda di Antonio Pinna (interpretato da Libero De Rienzo), appartenente alla banda della Magliana e la cui auto fu quella che uccise il Poeta. Per inciso: Pinna sparì all'inizio del processo per la morte del Poeta e la sua famiglia -che lo cercò a lungo- si imbattè in un fascicolo secretato dallo Stato italiano.
Il delitto Pasolini maturò in connessione con la stesura di "Petrolio", un romanzo-verità chiaramente incentrato su Eugenio Cefis la cui vicenda vale la pena rileggere perchè è un condensato della triste storia patria del dopoguerra. Gli altri due aspetti centrali del film sono l'ultimazione della lavorazione di "Salò" -con relativo furto di bobine e richiesta di riscatto (da parte dello stesso sottobosco malavitoso che materialmente eseguì l'omicidio)- e il rapporto con Pino Pelosi, che non fu frequentazione di una sera.
Un film etico e un atto di amore da parte di David Grieco, che di Pasolini fu assistente e che ha rifiutato sdegnato di partecipare al film di Abel Ferrara su Pasolini perchè inconferente o distonico rispetto al tentativo di ricerca della verità.
Colpiscono, nel tessuto narrativo, anche gli incontri di PPP con Giorgio Steimetz (interpretato da Roberto Citran), autore di quello che nel film viene definito “un libro imperdibile di cui è rimasta solo una fotocopia” -sempre su Cefis-, fatto volutamente sparire.
Come prodotto filmico "La macchinazione" ha molti limiti: stenta a prendere vita, ha una direzione poco omogenea -come se il cast fosse lasciato a se stesso-, una recitazione romanesca ostentata e non credibile, una naiveté didascalica che non giova (come la visione delle trivelle pochi istanti prima della morte di Piera Paolo). Molto buona l'interpretazione di Ranieri e buona quella di Libero De Rienzo.
Ma questi difetti, per me, nulla tolgono al valore del film -che è un valore civile e di ricerca di verità e giustizia- e credo che chiunque abbia a cuore il Poeta e provi orrore/amarezza per quello che è (stata) la storia recente di questo Paese non dovrebbe fare a meno di vedere.
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