zarar
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domenica 30 ottobre 2016
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un morto senza nome è tutti noi
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I fratelli Dardenne si misurano in questo film con il senso di colpa come inizio di un percorso per recuperare il senso dell’altro, le emozioni, l’empatia, in una parola, un po’ di umanità autentica. Da un punto di vista narrativo, lo spunto è intrigante. Siamo in una grigia e desolata Liegi di periferia. Una giovane dottoressa, Jenny Davin, non vuole aprire la porta del suo ambulatorio a qualcuno che suona il campanello fuori orario. Il giorno dopo scopre che si tratta di una giovane donna che è stata uccisa la stessa sera. Il suo cadavere è stato trovato proprio di fronte all’ambulatorio, al di là della tangenziale, sulla banchina della Mosa.
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I fratelli Dardenne si misurano in questo film con il senso di colpa come inizio di un percorso per recuperare il senso dell’altro, le emozioni, l’empatia, in una parola, un po’ di umanità autentica. Da un punto di vista narrativo, lo spunto è intrigante. Siamo in una grigia e desolata Liegi di periferia. Una giovane dottoressa, Jenny Davin, non vuole aprire la porta del suo ambulatorio a qualcuno che suona il campanello fuori orario. Il giorno dopo scopre che si tratta di una giovane donna che è stata uccisa la stessa sera. Il suo cadavere è stato trovato proprio di fronte all’ambulatorio, al di là della tangenziale, sulla banchina della Mosa. Jenny, che abbiamo visto fredda e controllata, padrona di sé, nemica delle emozioni che potrebbero alterare la chiarezza di visione di un medico, accusa il colpo, al di là di quella maschera impenetrabile e silenziosa dietro cui si trincera. Se solo avesse aperto la porta, la ragazza, una giovane prostituta rimasta senza nome, sarebbe ancora viva. Il rimorso prende le forme di un’ossessione: dare almeno un nome a quella ragazza. E come si capirà dal resto del film, un nome vuol dire non solo identità, ma anche affetti, memorie, appartenenza al consesso umano, è un problema che dovrebbe coinvolgere tutti. Questo il motore di un film che poteva essere veramente interessante, ma che purtroppo non decolla. Adèle Haenel presta alla protagonista un volto e un atteggiamento inguaribilmente rigido e impacciato; l’indagine di Jenny, che è insieme il suo percorso interiore verso la riconquista dell’empatia e delle emozioni, si sviluppa come un teorema, con forzature e inverosimiglianze che infastidiscono; il ritmo è lento e ripetitivo, nonostante i colpi di scena. Ho una passione per i Dardenne, ma, nonostante la nobiltà del ‘messaggio’, questo non è il loro film migliore.
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[+] la ragazza senza nome, la società senza cuore
(di antonio montefalcone)
[ - ] la ragazza senza nome, la società senza cuore
[+] le stesse cose che avrei scritto io...........
(di francesco2)
[ - ] le stesse cose che avrei scritto io...........
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vanessa zarastro
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venerdì 4 novembre 2016
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un giallo etico
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Un elemento tipico dei film dei fratelli Dardenne è l’uso di una storia - o di un protagonista solitamente femminile – per incrociare varie umanità, occuparsi di persone differenti tra loro, mettere in luce problemi diversi. Anche ne La Fille Inconnue sembra quasi che la vicenda sia un pretesto per uno squarcio sul sociale urbano costituito da operai, piccoli spacciatori, malati anziani, malati giovani e così via.
Siamo in Belgio a Seraign-sur-Meuse, una piccola cittadina industriale nella regione Vallone della provincia di Liegi. Jenny Davin è una giovane dottoressa che lavora nell’ambulatorio medico di un quartiere operaio vicino al fiume, e sostituisce da qualche mese il vecchio medico titolare che ha avuto un serio incidente ed è ricoverato in una casa di cura.
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Un elemento tipico dei film dei fratelli Dardenne è l’uso di una storia - o di un protagonista solitamente femminile – per incrociare varie umanità, occuparsi di persone differenti tra loro, mettere in luce problemi diversi. Anche ne La Fille Inconnue sembra quasi che la vicenda sia un pretesto per uno squarcio sul sociale urbano costituito da operai, piccoli spacciatori, malati anziani, malati giovani e così via.
Siamo in Belgio a Seraign-sur-Meuse, una piccola cittadina industriale nella regione Vallone della provincia di Liegi. Jenny Davin è una giovane dottoressa che lavora nell’ambulatorio medico di un quartiere operaio vicino al fiume, e sostituisce da qualche mese il vecchio medico titolare che ha avuto un serio incidente ed è ricoverato in una casa di cura. Una sera qualcuno suona fuori orario alla porta dell’ambulatorio, dove Jenny si era attardata con lo stagista Julien, ed essendo stato superato già da un’ora l’orario di chiusura, Jenny non apre né guarda chi è. La mattina dopo, la ragazza che aveva suonato sarà trovata morta (forse omicidio?) sull’argine del fiume, senza alcun documento d’identità e Jenny, in preda ai sensi di colpa per non averle aperto, si metterà alla ricerca di indizi per conoscerne almeno il nome. Prende addirittura una tomba al cimitero per poterla seppellire lì, una volta identificata. Far sapere ai suoi parenti che “la ragazza senza nome” è morta, diventerà la sua ossessione e finirà lei stessa ad ossessionare alcune persone che sospettava la conoscessero. Il film avrà quindi uno sviluppo da thriller costituendosi in un’indagine per presunto omicidio o quantomeno, per una morte sospetta.
Alla fine si scoprirà che sono tutti, almeno un po’ colpevoli: uno per omissione di soccorso, l’altro per lo sfruttamento di prostituzione, l’altra ancora gelosa per aver desiderato la sparizione della ragazza, il ragazzo per l’omertà, tutti con tanti sensi di colpa nel momento che Jenny li mette di fronte alle proprie responsabilità. Sembrerebbe che la ragazza sia stata uccisa da una concomitanza di colpe, ma prevalentemente dalla indifferenza – quando non cattiveria – di tutti gli abitanti della cittadina belga (ma non sarà estendibile a tutta l’Europa?). Così i Dardenne lanciato questo mònito contro una società sprofondata in una dimensione sempre, più individualista, che vive in assenza di solidarietà umana e chiudendosi attorno al proprio piccolo nucleo familiare.
Interessante è la figura di Julien (Jérémie Renier attore feticcio dei fratelli Dardenne), studente di medicina tirocinante che si spaventa nel vedere un attacco epilettico e cade in crisi sulla sua capacità di fare il medico. Jenny riuscirà a convincerlo a proseguire quando, ritornato in campagna dalla nonna, meditava di abbandonare gli studi.
Jenny Davin, ben interpretata da Adèle Haenel, non è simpatica, anzi all’inizio è proprio scostante e asserisce che un bravo medico non si deve far coinvolgere dai propri sentimenti. Attraverso tutta la vicenda della sua inchiesta portata avanti con determinazione, e solo dopo aver dato retta alle sue emozioni, si trasformerà in una persona più calda e umana.
Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2016 dove però ha vinto Ken Loach con Io, Daniel Blake.
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fabiofeli
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sabato 5 novembre 2016
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"conosce questa donna?"
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Nell’alienante paesaggio di Liegi nei pressi della Mosa c’è l’ambulatorio di Jenny (Adèle Haenel), una giovane dottoressa coadiuvata da Julien, un ragazzo neolaureato che cerca la specializzazione. Jenny insegna al giovane come si ausculta un paziente spiegandogli come il medico non debba essere coinvolto nel diagnosticare il male; è convinta che Julien ha talento e che decida di continuare nella professione. L’orario di chiusura è passato da un’ora e quando trilla il citofono dell’ambulatorio la donna decide di non aprire.
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Nell’alienante paesaggio di Liegi nei pressi della Mosa c’è l’ambulatorio di Jenny (Adèle Haenel), una giovane dottoressa coadiuvata da Julien, un ragazzo neolaureato che cerca la specializzazione. Jenny insegna al giovane come si ausculta un paziente spiegandogli come il medico non debba essere coinvolto nel diagnosticare il male; è convinta che Julien ha talento e che decida di continuare nella professione. L’orario di chiusura è passato da un’ora e quando trilla il citofono dell’ambulatorio la donna decide di non aprire. Non immagina che il giorno dopo un ispettore di polizia le chiederà la registrazione della telecamera di sorveglianza alla quale ha citofonato una giovane di colore, sconosciuta, trovata morta vicino al fiume. Jenny è sconvolta: se lei avesse aperto … Il senso di colpa la convince a rifiutare un posto di prestigio in un ospedale; rinuncia alla casa che ha e si trasferisce nell’ambulatorio: così si sente più vicina a quel luogo, quella terra di nessuno dove qualcuno, molti possono avere bisogno di lei. Comincia, nonostante il divieto della polizia, a cercare qualcuno che avesse conosciuto la ragazza morta mostrandone la foto. Una sorta di indagine poliziesca, una specie di risarcimento per l’aiuto inconsapevolmente ed incolpevolmente rifiutato. Ma nessuno sembra saperne nulla …
Il film presentato a Cannes 2016 non ha avuto una grande accoglienza da parte del pubblico: troppe scene di visite mediche, si diceva. Una sforbiciata di appena sette minuti ed un montaggio più serrato hanno cambiato pelle alla storia rendendola più filante, già nobilitata da una recitazione eccellente di tutti con una sottolineatura particolare per quella della bravissima Haenel. Certo nel film restano diverse scene di visite, ma sono perfettamente funzionali allo svolgersi del racconto che oscilla tra poliziesco e psicologico, perché un bravo medico come Jenny deve indagare la malattia cercandola con le mani e con il rapporto psicologico ed emotivo che diminuiscono la distanza tra paziente e malato quando i corpi vengono a contatto. Ma i Dardenne riflettono anche sull’assenza del nome. Quanti Alì, Mohamed, Alina giacciono in fondo al Mediterraneo senza identità? Sono solo numeri, non uomini e donne, vecchi e bambini: nella fredda cronaca di ogni giorno sono 491, 219, 12, 325 morti nei tentativi di sbarco. Anche il cane o la gatta di casa, con rispetto parlando, diventano “qualcuno”, quasi una persona, quando li chiamiamo Fido o Musetta. Ecco, è tutto qui. Un conto è un anonimo migrante disperato, una cosa del tutto diversa è se ci parlano di Alì di diciotto anni o di Sherazad di sei anni; in loro riconosciamo i nostri conterranei, amici o parenti: i Giuseppe, i Pasquale, le Maria, a suo tempo emigrati negli USA o in altri paesi lontani in cerca di una speranza di vita. Il nome è importante: diminuisce le distanze tra le persone come una stretta di mano o una carezza e coinvolge. Senza nome non si può vivere e neanche morire. I Dardenne sanno quello che dicono. Un buon film da vedere.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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(di rabbit58)
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lbavassano
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sabato 5 novembre 2016
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un nuovo, indimenticabile, personaggio femminile
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Si aggiunge un nuovo, difficilmente dimenticabile, personaggio femminile alla ricca galleria dei Dardenne. Donne, o ragazze, forti, anche quando sconfitte dalla vita, soprattutto caparbie, nella volontà di affermare la propria dignità attraverso il lavoro, disperatamente ricercato o difeso, o praticato senza compromessi, attraverso la difesa di un figlio, proprio o altrui, o forse solo sognato, nel rifiutare di volgersi dall'altra parte. Donne che sono uno scandaglio per raccontare la realtà contemporanea, senza mai perdere la propria concreta individualità, così come uno scandaglio è sempre la macchina da presa dei Dardenne, incollata ai personaggi, aliena al pittoresco o agli effetti speciali, portatrice di uno sguardo lucido e attento, partecipe senza ricorrere al patetismo, alla lacrimuccia facile, vicinissima eppure obiettiva, dichiaratamente schierata ma non pregiudizialmente parziale, capace di comprendere anche chi sbaglia.
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Si aggiunge un nuovo, difficilmente dimenticabile, personaggio femminile alla ricca galleria dei Dardenne. Donne, o ragazze, forti, anche quando sconfitte dalla vita, soprattutto caparbie, nella volontà di affermare la propria dignità attraverso il lavoro, disperatamente ricercato o difeso, o praticato senza compromessi, attraverso la difesa di un figlio, proprio o altrui, o forse solo sognato, nel rifiutare di volgersi dall'altra parte. Donne che sono uno scandaglio per raccontare la realtà contemporanea, senza mai perdere la propria concreta individualità, così come uno scandaglio è sempre la macchina da presa dei Dardenne, incollata ai personaggi, aliena al pittoresco o agli effetti speciali, portatrice di uno sguardo lucido e attento, partecipe senza ricorrere al patetismo, alla lacrimuccia facile, vicinissima eppure obiettiva, dichiaratamente schierata ma non pregiudizialmente parziale, capace di comprendere anche chi sbaglia.
Per questo vale sempre la pena di vedere i film dei Dardenne, anche quando, appena uscito dalla sala, non sei del tutto convinto, il precedente, o il primo che hai visto, o un altro, ti è sembrato migliore. Ci penserà il tempo a farti comprendere che hai visto un grande film, un film necessario, un film che non potrai dimenticare.
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stefano capasso
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domenica 30 ottobre 2016
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l'evoluzione di una persona fa evolvere gli altri
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Jenny conduce un ambulatorio medico a Liegi. E’ una giovane dottoressa molto disciplinata che non lascia nulla al caso. Proprio per questo modo di essere decide di non rispondere al campanello quando qualcuno suona 1 ora dopo l’orario di fine visite.
Il giorno dopo verrà a sapere che quella persona, una giovane donna, che aveva suonato è stata trovata morta poco distante, e da quel momento il senso di colpa la porterà a compiere una lunga e pericolosa ricerca per risalire all’identità della vittima.
Bel film dei Dardenne, dai contenuti e dalla messa in scena estremamente essenziali, quasi duri, un po' come tutti i protagonisti del film. Il racconto non perde di vista per un momento la protagonista operando una profonda analisi psicologica sul suo travaglio.
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Jenny conduce un ambulatorio medico a Liegi. E’ una giovane dottoressa molto disciplinata che non lascia nulla al caso. Proprio per questo modo di essere decide di non rispondere al campanello quando qualcuno suona 1 ora dopo l’orario di fine visite.
Il giorno dopo verrà a sapere che quella persona, una giovane donna, che aveva suonato è stata trovata morta poco distante, e da quel momento il senso di colpa la porterà a compiere una lunga e pericolosa ricerca per risalire all’identità della vittima.
Bel film dei Dardenne, dai contenuti e dalla messa in scena estremamente essenziali, quasi duri, un po' come tutti i protagonisti del film. Il racconto non perde di vista per un momento la protagonista operando una profonda analisi psicologica sul suo travaglio. Il senso di colpa per una presunta mancanza diventa il motivo per un’indagine sui fatti che diventa un auto analisi. Un percorso di conoscenza di se stessa, che la porta a rivedere parti di se e che coinvolge allo stesso modo tutte le persone che con lei sono coinvolte. Come dire, il movimento di una persona può mettere in moto quello di molte.
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guidobaldomariariccardelli
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giovedì 30 marzo 2017
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i dardenne non deludono, seguendo la loro strada
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I cineasti belgi, inserendosi nel solco da loro creato, ripropongono un'opera necessaria e toccante, prendendo lo spunto dai temi a loro cari: l'umanità, la forza femminile, l'empatia, la componente extra professionale dell'ambito lavorativo, la multiculturalità come sfida ed obiettivo.
Nel fare questo si avvalgono della messa in scena loro abituale, piacevolmente diretta e senza artifici, pungente e cruda, in un compendio ben costruito di tutta la loro poetica.
Assolutamente ben sostenuto da un ritmo ben dosato, il lungometraggio inquadra quella realtà pienamente mitteleuropea del Belgio moderno, fatta di obblighi ed ostacoli, doveri e possibilità: uno scenario multiforme ma pregno di possibilità, per coloro in grado di rilevarle.
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I cineasti belgi, inserendosi nel solco da loro creato, ripropongono un'opera necessaria e toccante, prendendo lo spunto dai temi a loro cari: l'umanità, la forza femminile, l'empatia, la componente extra professionale dell'ambito lavorativo, la multiculturalità come sfida ed obiettivo.
Nel fare questo si avvalgono della messa in scena loro abituale, piacevolmente diretta e senza artifici, pungente e cruda, in un compendio ben costruito di tutta la loro poetica.
Assolutamente ben sostenuto da un ritmo ben dosato, il lungometraggio inquadra quella realtà pienamente mitteleuropea del Belgio moderno, fatta di obblighi ed ostacoli, doveri e possibilità: uno scenario multiforme ma pregno di possibilità, per coloro in grado di rilevarle.
Un mondo fatto sì di persone, vincolate da costrizioni sociali, chi più chi meno però capaci di aprirsi al cambiamento, da lasciare varchi a chi possa offrire una possibilità di scelta.
Ciò non vuol dire che sussista una giustizia sociale divina o comunque capace di regolarsi a prescindere, quanto piuttosto un complesso ingranaggio dove emergano vittime e carnefici, santi e peccatori.
Recitato ottimamente, si avvale in primis della maiuscola prova di Adèle Haenel nel ruolo della protagonista. Costantemente in primo piano, e i tanti fuori campo a sottolinearne la centralità programmatica, è capace di disimpegnarsi in grande stile, offrendoci un personaggio dai contorni ottimamente laschi.
Da vedere.
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flyanto
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mercoledì 2 novembre 2016
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due solitudini a confronto
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"La Ragazza senza Nome" è l'ultima opera dei fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne ora nelle sale cinematografiche. Dal titolo si evince che la vicenda ruota tutta intorno ad una ragazza di cui non si conosce l'identità , di colore e trovata morta nei pressi del fiume a Liegi. Chi cerca in tutti i modi, in maniera anche sin troppo esasperata, di risalirne all'identità è la protagonista del film: una giovane dottoressa di nome Jenny la quale si sente fortemente in colpa del fatto che la sera prima del rinvenimento del cadavere, la suddetta ragazza sconosciuta le aveva suonato alla porta dell' ambulatorio medico e lei, poichè molto fuori dall' orario delle visite, non le aveva aperto. Nel corso delle indagini che in maniera del tutto personale Jenny condurrà, verrà a contatto con numerose persone e verrà anche grandemente osteggiata nelle sue ricerche finchè finalmente ella riuscirà ad arrivare alla risoluzione piena del caso.
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"La Ragazza senza Nome" è l'ultima opera dei fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne ora nelle sale cinematografiche. Dal titolo si evince che la vicenda ruota tutta intorno ad una ragazza di cui non si conosce l'identità , di colore e trovata morta nei pressi del fiume a Liegi. Chi cerca in tutti i modi, in maniera anche sin troppo esasperata, di risalirne all'identità è la protagonista del film: una giovane dottoressa di nome Jenny la quale si sente fortemente in colpa del fatto che la sera prima del rinvenimento del cadavere, la suddetta ragazza sconosciuta le aveva suonato alla porta dell' ambulatorio medico e lei, poichè molto fuori dall' orario delle visite, non le aveva aperto. Nel corso delle indagini che in maniera del tutto personale Jenny condurrà, verrà a contatto con numerose persone e verrà anche grandemente osteggiata nelle sue ricerche finchè finalmente ella riuscirà ad arrivare alla risoluzione piena del caso.
Un film girato con il tipico e quanto mai personale stile dei fratelli Dardenne e, cioè, in maniera asciutta, lineare, chiara, precisa e nella tempistica ottimale ma, questa volta, meno cruda nel suo contenuto di alcune opere loro precedenti, quale, per esempio "Rosetta". Sì, si parla di una morte oscura e misteriosa e soprattutto dell'identità sconosciuta di una donna, probabilmente immigrata irregolarmente in Belgio e pertanto facente parte di una minoranza di persone lasciata da parte ed esclusa completamente dalla Società. Colei, infatti, che si prende a cuore della faccenda, anche forse più della Polizia stessa, è solo e proprio un giovane medico donna che, per la sua stessa naturale vocazione di dedicarsi agli altri, nonchè un suo personale senso di colpa per non avere aperto la porta ad una bisognosa d'aiuto e probabilmente non esserle riuscita a salvarle la vita, se ne occupa al di là dell'indifferenza più totale della moltitudine. Una storia che sicuramente induce lo spettatore a riflettere sulla condizione di anonimato in cui vivono molti individui, quasi fossero dei reietti, e per questo di severa denuncia da parte dei Dardenne alla generale indifferenza umana. Ben interpretata dalla giovane protagonista Adele Haenel, la pellicola è interamente ambientata nella patria stessa dei due registi, il Belgio e, precisamente, la città di Liegi qui descritta come fredda, umida, buia a guisa di specchio della ostile ed indifferente società stessa.
Caldamente consigliabile come esempio di ottima regia.
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[+] "conosce questa donna?"
(di fabiofeli)
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luca scialo
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domenica 19 febbraio 2017
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la ragazza senza coinvolgimento
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Dopo aver visto il precedente Due giorni, una notte, ho temuto che i fratelli Dardenne si fosser anch'essi adeguati al cinema moderno. Soprattutto per l'Happy ending smielato non consono ai loro canoni. Invece, la presente pellicola mi riporta per fortuna indietro ai vecchi film dei registi belgi. Un mix, come dice anche la recensione ufficiale di Mymovies, tra La promesse (per l'ingiustizia nei confronti degli immigrati non considerati umani neanche da morti) e Il ragazzo con la bicicletta (per la generosità e la caparbietà di una protagonista femminile).
Jenny Davin è una giovane dottoressa scrupolosa, ma al contempo rigida con le regole. Al punto che al pronto soccorso non apre a una bussata perchè già passata più di un'ora dalla chiusura.
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Dopo aver visto il precedente Due giorni, una notte, ho temuto che i fratelli Dardenne si fosser anch'essi adeguati al cinema moderno. Soprattutto per l'Happy ending smielato non consono ai loro canoni. Invece, la presente pellicola mi riporta per fortuna indietro ai vecchi film dei registi belgi. Un mix, come dice anche la recensione ufficiale di Mymovies, tra La promesse (per l'ingiustizia nei confronti degli immigrati non considerati umani neanche da morti) e Il ragazzo con la bicicletta (per la generosità e la caparbietà di una protagonista femminile).
Jenny Davin è una giovane dottoressa scrupolosa, ma al contempo rigida con le regole. Al punto che al pronto soccorso non apre a una bussata perchè già passata più di un'ora dalla chiusura. Litigando anche con lo stagista che invece avrebbe voluto aprire perchè poteva trattarsi di una emergenza. Jenny verrà a scoprire che la citofonata era di una donna che scappava dal proprio aggressore per cercare riparo. E che avrebbe potuto salvarle la vita. Così, presa dal rimorso, cercherà di investigare sulle cause della sua morte. Trovando nella cittadina in cui opera tanta omertà e ostilità.
La storia è comunque lodevole e conferma l'inclinazione verso l'impegno sociale dei Dardenne. Ma il film manca di idee nuove e, soprattutto, di mordente e coinvolgimento. Che anche i fratelli belgi abbiano esaurito le loro idee? Speriamo di no. Abbiamo ancora bisogno del loro cinema "alternativo".
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figliounico
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domenica 12 febbraio 2023
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noioso
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Il tema del razzismo e quello della triste condizione dei diseredati delle grandi metropoli, la cui morte non interessa a nessuno, nemmeno ai familiari più stretti, si intrecciano con una banale detective story senza mordente ed il dramma psicologico della protagonista, interpretata da Adèle Haenel, che indossa lo stesso cappotto e la stessa espressione facciale per tutto il film, la dottoressa del piccolo ambulatorio che non ha aperto la porta alla senza nome senza tetto senza identità bisognevole di aiuto, poi inspiegabilmente morta. Un rumore di sottofondo continuo di motori e di traffico, anche quando passa una sola macchina sulla strada, anche quando le riprese si trasferiscono dalla città alla campagna, sembra fatto apposto per rendere più ostica la visione di questo film che alla fine fa calare la palpebra nonostante che i temi trattati siano invece tutt’altro che noiosi.
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Il tema del razzismo e quello della triste condizione dei diseredati delle grandi metropoli, la cui morte non interessa a nessuno, nemmeno ai familiari più stretti, si intrecciano con una banale detective story senza mordente ed il dramma psicologico della protagonista, interpretata da Adèle Haenel, che indossa lo stesso cappotto e la stessa espressione facciale per tutto il film, la dottoressa del piccolo ambulatorio che non ha aperto la porta alla senza nome senza tetto senza identità bisognevole di aiuto, poi inspiegabilmente morta. Un rumore di sottofondo continuo di motori e di traffico, anche quando passa una sola macchina sulla strada, anche quando le riprese si trasferiscono dalla città alla campagna, sembra fatto apposto per rendere più ostica la visione di questo film che alla fine fa calare la palpebra nonostante che i temi trattati siano invece tutt’altro che noiosi. I fratelli Dardenne hanno scelto di guardare il mondo dalla prospettiva di una piccola borghese attanagliata dai suoi piccoli sensi di colpa, perdendo così di vista il focus della vicenda, che rimane volutamente sullo sfondo, ovvero l’angosciante esistenza della giovane prostituta di colore. Una scelta discutibile ma di sicuro effetto soporifero.
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francesca50
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domenica 30 ottobre 2016
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i dardenne hanno fatto centro ancora!
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Premetto che sono entrata a film iniziato (quando alla dottoressa arriva la telefonata che è morta una ragazza) e all'inizio mi è sembrato un film un po' lento. Poi invece mi ha preso e ho riconusciuto la mano dei maestri perché il film non è affatto noioso, ma si dipana asciutto dietro la cocciutaggine della ragazza che vuole dare un nome e una degna sepoltura a colei che è morta, incidentalmente e indirettamente, per colpa sua. La visione lenta è così funzionale al far capire e a riflettere sull'importanza della coscienza.
Poi si può notare come quella del medico sia una vera missione e non un lavoro dai facili guadagni.
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Premetto che sono entrata a film iniziato (quando alla dottoressa arriva la telefonata che è morta una ragazza) e all'inizio mi è sembrato un film un po' lento. Poi invece mi ha preso e ho riconusciuto la mano dei maestri perché il film non è affatto noioso, ma si dipana asciutto dietro la cocciutaggine della ragazza che vuole dare un nome e una degna sepoltura a colei che è morta, incidentalmente e indirettamente, per colpa sua. La visione lenta è così funzionale al far capire e a riflettere sull'importanza della coscienza.
Poi si può notare come quella del medico sia una vera missione e non un lavoro dai facili guadagni.
Gli attori non noti si vede che sono stati scelti non per l'avvenenza ma per la loro espressività e vicinanza alla gente comune, con la quale così lo spettatore può immedisimarsi.
Quello che è un fatto di cronaca, che si può leggere ormai spesso sui giornali, la morte di una prostituta, si trasforma dunque in un dramma umano interessante e a tratti avvincente.
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