ALLERTA SPOILER
C'è stato un periodo in cui Shyamalan si era dimostrato un maestro del macro-genere thriller, contaminandolo con sfumature horror, psicologiche e fantasy. Poi c'è stata una fase calante nella sua produzione artistica, in parte perchè proprio la produzione dei film non era più indipendente. Con The visit S. ritorna al thriller-horror, e lo fa con una pellicola in controtendenza rispetto alle precedenti produzioni ad alto budget ma dal più o meno scarso successo di pubblico e di critica.
Per la prima volta ricorre al found footage (non certo una novità nel cinema horror) ma lo rielabora a modo suo.
I protagonisti della vicenda, la quindicenne Rebecca e suo fratello minore Tyler, rapper provetto, vanno a trovare per la prima volta i nonni materni in una sperduta casa di campagna, dove saranno ospitati per una intera settimana. Rebecca gira un documentario su questa trasferta dai nonni, con l'obiettivo di estorcere ai due anziani parole di perdono per la mamma, che a diciannove anni scappò di casa convinta di aver trovato l'amore, interrompendo i contatti con loro per ben quindici anni.
Ecco qual è l'esperimento di S.: il film che noi vediamo è a tutti gli effetti una docu-fiction, girata e montata da Rebecca con l'aiuto del fratello (secondo operatore). Nel cinema horror siamo abituati a vedere un estratto delle riprese dei protagonisti, montate spesso non-si-sa-da-chi e non-si-sa-perchè. Qua, invece, siamo di fronte al risultato compiuto dell'esperienza dei due ragazzini. Pertanto non solo le inquadrature, ma anche la scelta del girato, le scelte stilistiche di montaggio, i titoli, le musiche, l'assenza di una ricerca palpabile nella colorazione, non solo richiamano il "cinema verità", ma vanno considerate anche per quello che "sono", il lavoro di una ragazzina, che viene ingenuamente spiegato e anticipato in corso d'opera: la scena del ricongiungimento con la madre contiene in sottofondo la musica (anempatica) che piaceva tanto a lei; le riprese in super8 col padre denotano il superamento del rancore di Rebecca verso di lui; la scena rap, in cui Tyler scherza sulla mania dei germi mentre Rebecca si pettina i capelli davanti allo specchio. I due hanno superato la prova.
Ma ciò non basta. Il regista pare non sia interessato a terrorizzarci, piuttosto a inquietarci, mischiando un registro orrorifico ad un altro a tratti comico in un contesto fiabesco: la doppia scena in cui Rebecca è invitata a infilarsi nel forno per pulirlo, la favola della nonna, il mostro giallo visto dal nonno, "l'incantesimo" dI Tyler, un luogo evocativo come il pozzo.
Il meccanismo sopra descritto funziona, in quanto le scene "horror", in cui vengono talvolta sfruttati clichè provenienti dal repertorio paranormale, vengono ricondotte puntualmente a innocenti episodi di demenza senile (i ragazzini interrogano ciascun nonno sulle stranezze nel comportamento dell'altro, venendo di volta in volta rassicurati). Finchè, come nel miglior S. (Il sesto senso, Signs, Umbreakable), arriva il colpo di scena che mette in discussione tutto (interessante intuizione smascherare il cambio d'identità in modo fortuito, durante una videochiamata su skype tra i ragazzini e la mamma). Il cuore del film è la difficoltà nell'interpretare ciò che si vede, il conseguente rischio di testimoniare senza capire, nel mondo contemporaneo dove la tecnologia può aiutare a ingannare o a scoprire la verità.
The visit non è altro che una fiaba complessa (più di Lady in the Water), raccontata dall'eroina Rebecca e suddivisa in capitoli (i giorni della settimana). Ambientazione vaga, fatti che sforano il limite della verosimiglianza, manicheismo morale (il bene e il male sono netti); lieto fine, con una morale volta alla ricostruzione di un ambiente familiare e intimo sereno.
Detto questo, perchè tre stelle?
Perchè pur apprezzando il suo originale contributo nella finzione horror con camera a mano e pur essendomi goduto la narrazione, mi pare che S. abbia fatto pochi sforzi per piegare la sua ricerca alla costruzione di una storia davvero avvincente, con ambientazioni più tetre, più d'impatto. Tre stelle perchè da Shyamalan mi aspetto, pretendo di più. Pare abbia ritrovato la sua dimensione: mi auguro pertanto che seguiti su questa strada e tiri fuori dal cilindro vera magia.
Promossi gli attori, in particolare Deanna Dunagan, la falsa nonna.
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