maopar
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martedì 24 marzo 2015
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elogio alla commedia italiana,ma forse molto dipiù
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Tutto fa pensare che è un film autobiografico,ma più che a una storia privata ,fa riferimento a un ambiente, a un vissuto profondamente assaporato ,forse patito…
La Comencini racconta con molta partecipazione ,dimostrando di conoscere intimamente ,le relazioni che intercorrono tra un DIVO e il suo contesto
familiare ,il più Delle volte complesso ,articolato in una baraonda di affetti non fioriti .
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Tutto fa pensare che è un film autobiografico,ma più che a una storia privata ,fa riferimento a un ambiente, a un vissuto profondamente assaporato ,forse patito…
La Comencini racconta con molta partecipazione ,dimostrando di conoscere intimamente ,le relazioni che intercorrono tra un DIVO e il suo contesto
familiare ,il più Delle volte complesso ,articolato in una baraonda di affetti non fioriti .Si aprono le persiane della amata casa di Saverio Crispo Divo del cinema ,per
ospitare tutti i suoi familiari in occasione del decennale della sua morte. Sotto una pioggia di petali del maestoso albero fiorito tutti si abbracciano nel ricordo del
tempo che fu ,avaro di relazioni appagate ,perché la vita frenetica del divo scorre più velocemente .Flirt, amori occasionali ,incontri amorosi sui set , distraggono il bel Divo
che “non si accorge di quanta bellezza lo circonda”, le sue donne la prima italiana , la spagnola ,la francese …le figlie i nipoti ,l’altra figlia americana, la figlia della serva…..
Una costellazione di donne ,di storie che necessitano un chiarimento narrativo che occupa tutto il primo tempo appesantendolo…..Ma il film si riprende alla grande,
e si percepisce chiaro e forte il messaggio della Comencini : esaltare l’intesa sincera e affettuosa di donne diverse , che hanno amato lo stesso (grande) uomo… una volta scopertone
l’ assoluta ordinarietà .Bellissima la sequenza dei frammenti dei film interpretati ,nei quali volutamente ci si rifà a , Gasman ,Sordi,Vittorio De Sica,e Tognazzi ecc..
e forse alle loro storie familiari…! perché la vita privata dei Divi è pubblica..!
E dopo un susseguirsi di situazioni che sembrerebbero insormontabili, questo gruppo di donne dimostra addirittura ,superandole di migliorare anche nei comportamenti
e sotto una pioggia di petali si chiudono le persiane di casa ,ma dopo tutto quanto è anche merito di Saverio?
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marezia
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lunedì 30 marzo 2015
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viaggio nell'animo umano: niente è come sembra...
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Nuovo film corale della Comencini che, dopo il per me PESSIMO "Il più bel giorno della mia vita", riesce a scrollarsi quello schematismo a volte intransigente che limitava e la storia e gli attori stessi chiamati a renderla sullo schermo per volare con piglio preciso e puntuale (la parte commemorativa è veramente STRAORDINARIA) ma anche con tanto houmor, brio e ritmo. I piani di lettura si intersecano senza stridere e soprattutto ricomponendosi in una visione a tutto tondo che è non solo una lezione sul concetto di sogno che il cinema regala con le sue icone senza tempo ma anche su quello che è la fascinazione umana che ne è alla base. Sfera privata e sfera pubblica in un mix DI RARA INTENSITA' E BELLEZZA: da Oscar, se l'Italia saprà scegliere IL MEGLIO IN CIRCOLAZIONE.
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Nuovo film corale della Comencini che, dopo il per me PESSIMO "Il più bel giorno della mia vita", riesce a scrollarsi quello schematismo a volte intransigente che limitava e la storia e gli attori stessi chiamati a renderla sullo schermo per volare con piglio preciso e puntuale (la parte commemorativa è veramente STRAORDINARIA) ma anche con tanto houmor, brio e ritmo. I piani di lettura si intersecano senza stridere e soprattutto ricomponendosi in una visione a tutto tondo che è non solo una lezione sul concetto di sogno che il cinema regala con le sue icone senza tempo ma anche su quello che è la fascinazione umana che ne è alla base. Sfera privata e sfera pubblica in un mix DI RARA INTENSITA' E BELLEZZA: da Oscar, se l'Italia saprà scegliere IL MEGLIO IN CIRCOLAZIONE. P.S. Occhio al finale. SUBLIME.
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alex2044
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lunedì 23 marzo 2015
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che bella storia il cinema italiano
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Un film gradevole , simpatico , sincero . Gli attori sono bravi e credibili . Una citazione in particolare per Marisa Paredes e Valeria Bruni Tedeschi . Si sorride ,qualche volta si ride ma con educazione e senza volgarità . Cristina Comencini ha diretto il film con mano ferma e senza sbavature o lungaggini . Ma la sequenza migliore arriva nel finale ed è la commemorazione del grande attore scomparso . Un vero pezzo di bravura che ad un appassionato di cinema , con tutti i rimandi presenti , fa venire un groppo alla gola . Ma che bei ricordi , che film indimenticabili . In quelle sequenze inoltre emerge la notevole bravura di Francesco Scianna , perfetto nella sua parte , una rivelazione sorprendente per me ma forse una conferma per altri di un ottimo attore .
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Un film gradevole , simpatico , sincero . Gli attori sono bravi e credibili . Una citazione in particolare per Marisa Paredes e Valeria Bruni Tedeschi . Si sorride ,qualche volta si ride ma con educazione e senza volgarità . Cristina Comencini ha diretto il film con mano ferma e senza sbavature o lungaggini . Ma la sequenza migliore arriva nel finale ed è la commemorazione del grande attore scomparso . Un vero pezzo di bravura che ad un appassionato di cinema , con tutti i rimandi presenti , fa venire un groppo alla gola . Ma che bei ricordi , che film indimenticabili . In quelle sequenze inoltre emerge la notevole bravura di Francesco Scianna , perfetto nella sua parte , una rivelazione sorprendente per me ma forse una conferma per altri di un ottimo attore . Si esce contenti che poi è il motivo principale per cui si va al cinema .
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amgiad
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lunedì 23 marzo 2015
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il ritorno della buona commedia all' italiana
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Per primo un piccolo appunto a My Movies. Nella locandina, nella parte superiore, il film è indicato come "drammatico". Se questo lo è mi chiedo come saranno quelli che veramente lo sono?
Invece siamo davanti a una garbata commedia nel solco della migliore tradizione italiana. Più che al padre la Comencini pare sia maggiormente debitrice a Monicelli e alla struttura dei suoi indimenticabili film. Anche la sceneggiatura è molto valida, con dialoghi veri, personaggi ben disegnati e un ritmo molto buono.
Un film valido che riconcilia con un caratteristico linguaggio italiano che, troppo spesso, impropabili eredi riducono invece a mera elencazione di barzellette, o a rappresentazione di situazioni cervellotiche e incomprensibili ai più.
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Per primo un piccolo appunto a My Movies. Nella locandina, nella parte superiore, il film è indicato come "drammatico". Se questo lo è mi chiedo come saranno quelli che veramente lo sono?
Invece siamo davanti a una garbata commedia nel solco della migliore tradizione italiana. Più che al padre la Comencini pare sia maggiormente debitrice a Monicelli e alla struttura dei suoi indimenticabili film. Anche la sceneggiatura è molto valida, con dialoghi veri, personaggi ben disegnati e un ritmo molto buono.
Un film valido che riconcilia con un caratteristico linguaggio italiano che, troppo spesso, impropabili eredi riducono invece a mera elencazione di barzellette, o a rappresentazione di situazioni cervellotiche e incomprensibili ai più.
Bravi tutti gli interpreti ma un bacio a Virna Lisi.
Finisco sparandola non troppo grossa. Lo terrei presente nella scelta per il film che rappresenterà l' Italia per il prossimo Oscar. Il fascino del Latin Lover è uno stereotipo che potrebbe ancora piacere agli anziani giurati americani. Badate che vuole essere solo una considerazione oggettiva, confortata dall' analisi degli ultimi successi.
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aris62
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venerdì 27 marzo 2015
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film che non decolla
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Purtroppo non posso unirmi al coro delle tante recensioni positive. Il film della Comencini, regista che peraltro ho apprezzato in opere passate, ha troppe ambizioni, e non ne centra nemmeno una.
La celebrazione del cinema italiano d'autore si concreta in una stucchevole serie di immaginette che sembranno photoshoppate dai film dai quali prendono ispirazione, e delle quali si stenta a comprendere il valore aggiunto. Poco convincente anche l'attore che le interpreta, che ha l'ingrato ruolo di confrontarsi con i Gassmann e i Mastroianni e ne esce, inevitabilmente, schiacciato.
Il tentativo di opera "corale" si trasforma in realtà in un confuso patchwork che fatica a stare assieme; ci vuole quasi tutto il primo tempo per spiegare chi siano i (troppi) personaggi e quali siano i loro legami, e alla fine per "animarli" in modo adeguato resta ben poco tempo.
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Purtroppo non posso unirmi al coro delle tante recensioni positive. Il film della Comencini, regista che peraltro ho apprezzato in opere passate, ha troppe ambizioni, e non ne centra nemmeno una.
La celebrazione del cinema italiano d'autore si concreta in una stucchevole serie di immaginette che sembranno photoshoppate dai film dai quali prendono ispirazione, e delle quali si stenta a comprendere il valore aggiunto. Poco convincente anche l'attore che le interpreta, che ha l'ingrato ruolo di confrontarsi con i Gassmann e i Mastroianni e ne esce, inevitabilmente, schiacciato.
Il tentativo di opera "corale" si trasforma in realtà in un confuso patchwork che fatica a stare assieme; ci vuole quasi tutto il primo tempo per spiegare chi siano i (troppi) personaggi e quali siano i loro legami, e alla fine per "animarli" in modo adeguato resta ben poco tempo.
La dimensione "rievocativa", con tanto di rivelazioni a sorpresa(?), è parecchio déjà vu, rifacendosi in modo piuttosto stereotipato ai tanti modelli di quello che ormai è diventato un genere codificato, dal "grande freddo" in poi.
Neanche la dimensione del film "al femminile" risulta convincente, con la sua insistenza nel mettere alla berlina i pochi e bistrattati maschi presenti; anche se forse è proprio questo aspetto che ruffianamente guadagna al film le simpatie di molte delle spettatrici.
Restano alcune interpretazioni significative, la Lisi e la Paredes tra tutte, che però da sole non bastano a far decollare un'operetta tutto sommato modesta.
Non lo consiglio.
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maurizio meres
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lunedì 23 marzo 2015
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un italiano
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Gradevole commedia che vuole dare una visione grottesca di quello che nel dopo guerra i divi Italiani seminavano nel mondo ,in quel periodo erano i più ricercati per la loro bravura ma soprattutto per il loro modo di fare ,semplice e senza pregiudizi.La sceneggiatura che intreccia i vari personaggi scorre via in un monologo al femminile dove tra mogli e figlie il confronto con colpi di scena mettono a nudo le realtà individuali con tutti i loro problemi esistenziali,senza tralasciare simpatici siparietti tra sorellastre con battute e situazione anche un po' demenziali.
Cast nutritissimo con la brava Virna Lisi che nel suo ultimo film detta i tempi nei dialoghi dando spazio a tutte le altre di esprimersi come loro consuetudine.
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Gradevole commedia che vuole dare una visione grottesca di quello che nel dopo guerra i divi Italiani seminavano nel mondo ,in quel periodo erano i più ricercati per la loro bravura ma soprattutto per il loro modo di fare ,semplice e senza pregiudizi.La sceneggiatura che intreccia i vari personaggi scorre via in un monologo al femminile dove tra mogli e figlie il confronto con colpi di scena mettono a nudo le realtà individuali con tutti i loro problemi esistenziali,senza tralasciare simpatici siparietti tra sorellastre con battute e situazione anche un po' demenziali.
Cast nutritissimo con la brava Virna Lisi che nel suo ultimo film detta i tempi nei dialoghi dando spazio a tutte le altre di esprimersi come loro consuetudine.
Il bel Saverio personalmente poteva ricordare Mastroianni,Gasman,De Sica padre è così via ,ma poteva anche impersonare il semplice Italiano nel suo piccolo mondo individuale.
La Comencini potenzialmente può dare molto di più attraverso una maggiore personalità e originalità per adesso a dir la verità un po' scarsa soprattutto nei contenuti troppo ripetitivi ma comunque rimane una delle più brave registe Italiane .
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robert eroica
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mercoledì 25 marzo 2015
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donne sull'orlo di una crisi di nervi
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C’è più di un tocco alla Almodovar nell’ultima, riuscita, commedia di Cristina Comencini, “Latin lover”. Le donne in crisi, di varia età e con stili di vita diversissimi, hanno tutte a che fare con il bell’imbusto del titolo, il grande attore del cinema italiano Saverio Crispo (Francesco Scianna, già con Tornatore per “Baaria”), morto ormai da una decina d’anni e di cui si apprestano a celebrare i successi di una carriera (una via di mezzo tra Gassman, Mastroianni e De Sica). Sono infatti due le mogli (una italiana, l’altra spagnola) e ben 5 le figlie (tre avute da relazioni extraconiugali) che si incontrano nel paese natale di Saverio, San Vito dei Normanni, sotto l’egida del noto critico e biografo Picchi.
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C’è più di un tocco alla Almodovar nell’ultima, riuscita, commedia di Cristina Comencini, “Latin lover”. Le donne in crisi, di varia età e con stili di vita diversissimi, hanno tutte a che fare con il bell’imbusto del titolo, il grande attore del cinema italiano Saverio Crispo (Francesco Scianna, già con Tornatore per “Baaria”), morto ormai da una decina d’anni e di cui si apprestano a celebrare i successi di una carriera (una via di mezzo tra Gassman, Mastroianni e De Sica). Sono infatti due le mogli (una italiana, l’altra spagnola) e ben 5 le figlie (tre avute da relazioni extraconiugali) che si incontrano nel paese natale di Saverio, San Vito dei Normanni, sotto l’egida del noto critico e biografo Picchi. Emergono, come si potrà immaginare, rancori mai sopiti, rivalità, piccoli e grandi egoismi, e anche sul defunto, probabilmente, un segreto ben custodito potrà finalmente essere rivelato. Alla fine, come in un valzer gioioso, la morale è assolutoria e coerente con un ideale di vita leggero ma non frivolo, giocoso ma non superficiale. La Comencini sa di giocare forte e va sul sicuro nel rispetto dei ruoli, usando attori della sua Factory (la Finocchiaro, simile a se stessa, ma funzionale alla trama, era anche nel cast de “La bestia nel cuore”) e new entry (Marcorè, Pena, Bruni Tedeschi, che disegna forse il personaggio meno riuscito) e lasciando la scena a veri e propri mostri sacri; non c’è che dire, quando hanno la parola la Lisi (purtroppo al suo ultimo lavoro) e Marisa Paredes (meravigliosa) alle altre vengono lasciate solo le briciole… La macchina da presa quindi non ha bisogno di inventarsi una regia complessa, e spesso resta ammirata a seguire il gioco d’attrici. Ma non è teatro e l’atmosfera non è mai asfittica. Non tutto è a fuoco e certe sequenze, come quella della parata con la banda nelle vie del paese, suona sghemba e grottesca, come ne “La terra” di Sergio Rubini, ma il risultato c’è, ed è tangibile. Di prodotti italiani, preferiamo trovare cento film come questi nel cinema sotto casa, piuttosto che roba come “Il nome del figlio” fastidioso birignao radical chic che non diverte nessuno. La Comencini, almeno, fa ancora un cinema popolare che guarda alla testa e al cuore.
Robert Eroica
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greatsteven
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martedì 30 ottobre 2018
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5 discendenti travolte da un fascino misterioso.
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LATIN LOVER (IT, 2015) diretto da CRISTINA COMENCINI. Interpretato da Virna Lisi, Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Candela Peňa, Pihla Viitala, Nadeah Miranda, Francesco Scianna, Neri Marcorè, Claudio Gioè, Lluìs Homar, Toni Bertorelli, Jordi Molla
Saverio Crispo, un volto inconfondibile del cinema italiano, un genio (come lo definisce il critico Picci), è venuto a mancare un decennio fa. Le sue quattro figlie, avute da mogli diverse in altrettante parti del mondo, si radunano nella sontuosa casa della piccola località pugliese dove l’attore ebbe i natali. La figlia francese, con il più piccolo dei tre figli avuti da tre padri differenti.
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LATIN LOVER (IT, 2015) diretto da CRISTINA COMENCINI. Interpretato da Virna Lisi, Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Candela Peňa, Pihla Viitala, Nadeah Miranda, Francesco Scianna, Neri Marcorè, Claudio Gioè, Lluìs Homar, Toni Bertorelli, Jordi Molla
Saverio Crispo, un volto inconfondibile del cinema italiano, un genio (come lo definisce il critico Picci), è venuto a mancare un decennio fa. Le sue quattro figlie, avute da mogli diverse in altrettante parti del mondo, si radunano nella sontuosa casa della piccola località pugliese dove l’attore ebbe i natali. La figlia francese, con il più piccolo dei tre figli avuti da tre padri differenti. La figlia spagnola, l’unica sposata, con un marito che impunemente la tradisce. E l’ultima figlia svedese che il padre non l’ha quasi mai neanche visto. Giungono anche le due vedove, la prima moglie italiana che se lo è ripreso e curato durante la vecchiaia, e la di lui collega iberica che si era unita a lui in matrimonio ai tempi degli spaghetti-western. Nessuna delle figlie ha conosciuto appieno il fenomenale padre che ognuna ha mitizzato e adorato nelle svariate epoche della sua trionfale carriera. Quando la celebrazione è ancora in atto, mentre ancora è in attesa la quinta figlia, la statunitense riconosciuta con la prova del DNA, irrompe invece Pedro Del Rio, lo stunt che pare conoscere l’attore dongiovanni meglio delle sue stesse parenti femmine. Fra conferenze stampa, proiezioni, rivelazioni notturne di segreti, le donne dell’incorreggibile divo rivaleggiano e si confrontano, in un crescendo rossiniano di emozioni e situazioni tragicomiche. Ritratto di una famiglia allargata e intercontinentale che il film critica velatamente ma pur sempre con un’acredine convinta, associato alla descrizione del quadro biografico fittizio di un artista che ha girato il mondo più per sedurre e abbandonare donne che per recitare, seminando segni della sua presenza in maniera inequivocabile con l’esperienza di un teatrante consumato quale lui stesso era. Sostenuta dalla robusta sceneggiatura di Laura Calenda (scritta con la regista), impreziosita dalle musiche di Andrea Farri e baciata dalla carezzevole fotografia di Italo Petriccione, l’opera di C. Comencini è una divertente commedia corale al femminile incentrata su un gruppo di signore che fra di loro si conoscono meno di quanto credono, poiché, finché le confessioni fattesi vicendevolmente su segreti, rivelazioni, frasi taciute, incursioni omosessuali e avventure impensabili non vengono a galla, un autentico legame che le unisca non esiste. Il crisma che al termine le rende sorelle al 100%, malgrado siano pur sempre sorellastre sul piano genetico, consiste proprio nell’aver conosciuto meglio il loro padre, al quale sono interessati pure un critico cinematografico (Bertorelli) che ha recensito la sua intera filmografia, un giornalista (Gioè) a caccia di notizie sulla sua vita privata e il cascatore (Homar) col quale ha pure avuto una relazione amorosa fugace rimasta celata per lungo tempo. Comencini si conferma autrice in tutto e per tutto della sua creatura dal momento che punta sulla recitazione per altro impeccabile delle sue attrici, valorizzandole una per una per i propri talenti: V. Lisi (cui il film è dedicato, già ammalata durante le riprese e scomparsa prima che Latin Lover uscisse nelle sale italiane) come prima moglie assennata cui soltanto il vino veritas estorce gli aneddoti più reconditi; M. Paredes, seconda moglie, di origini spagnole, che ricorda i profumi preferiti del marito e rivela con svariato ritardo di portare una parrucca in testa da lei stessa definita un "topo morto"; A. Finocchiaro, primogenita melodrammatica, che con l’abituale espressione stralunata e il piglio stupito non perde un colpo; V. Bruni Tedeschi, secondogenita nevrastenica in cura presso uno psicanalista, capace però di ritrovare un equilibrio mentale dopo una serie di fortuite scenate; C. Peňa, terzogenita pragmatica e fedele al marito che invece la cornifica senza neanche troppa avvedutezza, forse colei che più di ogni altra figlia ama il padre che le donne hanno in comune; P. Viitala, quartogenita svedese introversa che ha seguito le orme paterne, probabilmente la meno riuscita del reparto femminile perché recita troppo sotto le righe; e N. Miranda, quintogenita americana autrice di tre album di musica, che chiude il film in un immaginario duetto con Saverio (uno Scianna che interpreta con maestria e autocompiacimento un personaggio beckettiano, quasi un Godot che però nessuno aspetta perché il suo nome, anzi, la sua rinomanza, è sulla bocca di chiunque) al pianoforte nell’esecuzione di un brano italo-americano. Ma sul fronte maschile non si rimane tantomeno delusi: abbiamo un ottimo N. Marcorè più tranquillo e misurato del solito che si sollazza nel fare la parte del montatore degli ultimi film di Crispo; un C. Gioè assetato di gossip, ma con impeccabile eleganza; un T. Bertorelli ossessionato dal suo attore preferito tanto da bandire una cerimonia in suo onore per esaltarne, magari pure oltre i debiti limiti, la memoria; un J. Molla "unico marito", ricco produttore di vini e propenso ai tradimenti coniugali come una mosca che fiuta il miele; e un L. Homar energumeno onnisciente che strappa l’applauso e pure un frammento di commozione nel parlare del suo amico (e occasionale partner!) mentre sullo schermo scorrono le immagini delle sue eclettiche prove attoriali. Nessun sentimentalismo e una morale profondamente educativa per un caleidoscopio interiore e sfaccettato che si identifica come atto d’amore per il cinema e favore per i più genuini valori famigliari che rinsaldano i nuclei e aiutano a superare le difficoltà che minacciano di scioglierli lambendo coste pericolose.
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degiovannis
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venerdì 15 maggio 2015
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un film sul cinema e dentro il cinema
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Si esce piacevolmente soddisfatti dalla visione del film, che comincia un po' in sordina, con la graduale presentazione dei personaggi e continua in crescendo con una serie di scene madri che divertono lo spettatore, ma al tempo stesso lo inducono a riflettere sul cinema e non solo.
Ma andiamo con ordine. Il film si può dire che sia articolato, tra gli altri, su tre temi: il rapporto uomo-donna, il rapporto attore-pubblico, il rapporto cinema-arte. Riguardo al primo tema la regista non ha particolari tesi da difendere o da proporre allo spettatore: si limita a descrivere la realtà dell'oggi in cui la frammentarietà dei rapporti è anche la cifra di un mondo disorientato e indecifrabile, rispetto al quale tuttavia la sensibilità femminile e la sua leggerezza sembrano muoversi più a loro agio, mentre il maschio ripete stancamente modelli ormai desueti e un po' patetici.
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Si esce piacevolmente soddisfatti dalla visione del film, che comincia un po' in sordina, con la graduale presentazione dei personaggi e continua in crescendo con una serie di scene madri che divertono lo spettatore, ma al tempo stesso lo inducono a riflettere sul cinema e non solo.
Ma andiamo con ordine. Il film si può dire che sia articolato, tra gli altri, su tre temi: il rapporto uomo-donna, il rapporto attore-pubblico, il rapporto cinema-arte. Riguardo al primo tema la regista non ha particolari tesi da difendere o da proporre allo spettatore: si limita a descrivere la realtà dell'oggi in cui la frammentarietà dei rapporti è anche la cifra di un mondo disorientato e indecifrabile, rispetto al quale tuttavia la sensibilità femminile e la sua leggerezza sembrano muoversi più a loro agio, mentre il maschio ripete stancamente modelli ormai desueti e un po' patetici. Vedasi il ruolo dell'unico marito presente nel film per convincersene. Col secondo tema entriamo però nel cuore del film: la regista si muove e a suo agio perché, essendo figlia d'arte ha sicuramente frequentato da vicino attori e registi e di conseguenza ha conosciuto gli uomini oltre che le loro maschere. Bene: il clima è comunque quello del rimpianto. E' come se l'uomo (la donna) non sapesse fare a meno di questa figura che è la proiezione di un sogno e, anche se spesso si sogna ad occhi aperti sapendo di sognare, perché rinunciare? Questo in barba a tutte le contraddizioni e gli effetti collaterali negativi a cui può portare un atteggiamento del genere. La lettura critica del ruolo dell'attore dunque non ne inficia la figura, traendone anzi la conclusione di una sua indispensasbile necessità.
Riguardo al ruolo del cinema infine viene in mente il recente Mia Madre di Moretti. Ma nella Comencini non c'è ombra della lacerante domanda di Moretti sull'utilità del ruolo del cinema e quindi del regista. Molto più 'banalmente' qui si esprime una sostanziale fiducia nell futuro della decima arte e il finale sembra adombrare un ritorno al successo del cinema italiano rappresentato poprio in questi giorni a Cannes da ben tre registi, tra cui proprio quel Moretti così scettico e pessimista
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lorifu
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mercoledì 7 ottobre 2015
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latin lover ...ed è subito cinema.
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Latin Lover, l’ultimo film di Cristina Comencini, è un bel film corale dove non è difficile ritrovare le atmosfere tipiche del cinema di Almodovar, spesso in bilico tra memoria e immagini, talvolta visionarie ma pur sempre di grande impatto emotivo.
È un film che ruota attorno alla figura di Saverio Crispo, grande attore del passato, che per i festeggiamenti in sua memoria, nel decennale della morte, vede radunate, nella grande casa di famiglia, tutte le donne della sua vita, moglie e figlie, avute in maniera generosa ma anche alquanto distratta, accomunate soltanto da quella bizzarria parentale, tanto lontane e distanti, e non solo per la svariata provenienza geografica.
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Latin Lover, l’ultimo film di Cristina Comencini, è un bel film corale dove non è difficile ritrovare le atmosfere tipiche del cinema di Almodovar, spesso in bilico tra memoria e immagini, talvolta visionarie ma pur sempre di grande impatto emotivo.
È un film che ruota attorno alla figura di Saverio Crispo, grande attore del passato, che per i festeggiamenti in sua memoria, nel decennale della morte, vede radunate, nella grande casa di famiglia, tutte le donne della sua vita, moglie e figlie, avute in maniera generosa ma anche alquanto distratta, accomunate soltanto da quella bizzarria parentale, tanto lontane e distanti, e non solo per la svariata provenienza geografica.
Una famiglia allargata, anzi intercontinentale, si ritrova a convivere per qualche giorno e all’inizio fai fatica ad addentrarti in quel mondo femminile così eterogeneo e apparentemente privo di affinità composto dalla moglie italiana, la seconda spagnola, le rispettive figlie, una terza, figlia di una costumista francese ei suoi tre bimbi avuti da tre uomini diversi, una quarta svedese, un’ultima americana riconosciuta attraverso l’esame del Dna e intuisci che potrebbe non essere finita là.
La figura del marito e padre diventa quindi l’occasione per dar sfogo a frustrazioni, emozioni, rabbie represse, perché ognuna di queste donne cela dentro di sé qualcosa che troverà libero sfogo solo nel momento in cui caduti veli e ipocrisie, a difesa disicurezze apparenti, potrà mostrare il vero volto e sarà un momento liberatorio perchè da allora in poi niente sarà più come prima.
Quando il padre leggendario, mitizzato per anni, vissuto coi riflettori puntati soltanto su sé stesso, in una narcisistica contemplazione di sé, apparirà nudo e fragile nella sua inconsistenza di uomo e padre, potranno sentirsi finalmente libere dalla schiavitù di un sogno, ormai affrancate da quell’amore soggezione che le aveva stregate.
La Comencini riesce adar spessore alle nevrosi tipiche di una società in cui tutti si affannano a cercare di nascondere angosce e problematiche personali cercando di dare di sé un’immagine vincente che si sregetola nel momento in cui tutti si sentono accomunati dallo stesso bisogno di autenticità.
La regista riesce nell’intento, anche se con qualche caduta di stile nel finale che non ne inficia il valore anche perché restano impressi i dialoghi, sferzanti, essenziali, un pezzo di grande teatro e anche l’amarcord, attraverso la ricostruzioni di spezzoni di film del Mito, diventa un omaggio al periodo d’oro del nostro cinema italiano, quegli anni 60-70 che ci hanno imposti nel panorama cinematografico internazionale.
Uno stuolo di attori di talento è il valore aggiunto di questo film che si avvale del volto di Virna Lisi nella sua ultima apparizione cinematografica al fianco di un cast internazionale composto da Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Candela Peña, Pihla Viitala, NadeahMiranda, Cecilia Zingaro, Francesco Scianna, LLuis Homar, Neri Marcorè, Claudio Gioè, Toni Bertorelli e Jordi Molla.
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