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lunedì 12 settembre 2016
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pablo escobar: geniale di stefano!
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Il Film "Escobar" (2014), diretto e sceneggiato da Andrea Di Stefano, è uscito nelle Sale Cinematografiche Italiane a due anni di distanza dalla sua produzione, ossia il 25 agosto 2016!
Il Film ha qualcosa di geniale, e a seguire scriverò perché!
Il Cast di attori è straordinario e bravissimo: Benicio Del Toro, Josh Hutcherson, Brady Corbet, Claudia Trisac, Carlos Bardem, Ana Girandot.
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Il Film "Escobar" (2014), diretto e sceneggiato da Andrea Di Stefano, è uscito nelle Sale Cinematografiche Italiane a due anni di distanza dalla sua produzione, ossia il 25 agosto 2016!
Il Film ha qualcosa di geniale, e a seguire scriverò perché!
Il Cast di attori è straordinario e bravissimo: Benicio Del Toro, Josh Hutcherson, Brady Corbet, Claudia Trisac, Carlos Bardem, Ana Girandot. La punta di diamante è certamente Benicio Del Toro, Big Star Hollywoodiana di una bravura che oramai non trova più aggettivi per definirla: è nato per fare l'Attore di livello planetario! Null'altro da dire!
Gli altri attori del cast, giovani e giovanissimi, sono tutti bravissimi e nel rappresentare il loro difficile ruolo non hanno mai avuto alcuna incertezza recitativa o interpretativa!
La regia del romano Andrea Di Stefano, trasferitosi a New York dopo la maturità scientifica acquisita a Roma, è eccellente! Di Stefano oramai si può considerare un cittadino italo-newyorkese ben integrato nel mondo del Teatro e del Cinema hollywoodiano e statunitense, dove ha studiato recitazione e regia!
La fotografia di Luis David Sansans è molto buona, ma non straordinaria: d'altra parte non doveva creare effetti scenici particolari! Il Film è prodotto dalla “Chapter 2” e distribuito dalla “Good Films”.
“Escobar” narra la storia di Nick, il protagonista vero del Film, rappresentato dal bravissimo Josh Hutcherson (notissimo per la serie Cinematografica del Grande Schermo di grandissimo successo planetario “Hunger Games”), che con il fratello Brady Corbet si trasferiscono in Colombia dove pensano di aver trovato una dimensione paradisiaca per vivere in mezzo alla boscaglia in prossimità di una delle più belle spiagge colombiane e praticare la loro grande passione: il surf!
Nel paesino a pochissimi chilometri della spiaggia, Nick conosce Maria, bellissima ragazza colombiana, nipote prediletta e amatissima di Pablo Escobar. I due si innamorano perdutamente e sono disposti a tutto pur di rimanere indissolubilmente uniti per tutta la vita.
Il Film, malgrado questa premessa, non racconta una storia d'amore, o meglio, non è la bella storia d'amore tra Maria e Nick il vero fulcro della narrazione cinematografica di Di Stefano. Ne è solo la cornice che a poco a poco per lo spettatore assume una veste empatica drammatica e terrificante al contempo.
Quello che invece con genialità e innovatività costruisce Di Stefano col suo Film, è descrivere magistralmente la personalità psicotico-delirante e nevrotico-ossessiva di Pablo Escobar: il Film è da consigliare agli studenti di Psicologia, di Psicoterapia e di Psichiatria.
Certo, Di Stefano ha scelto un attore fuori-classe per realizzare questo progetto cinematografico ambizioso, innovativo, e molto ma molto interessante: La narrazione scenica trasmettere allo spettatore, attraverso immagini, scene, episodi, sguardi, frasi, agiti di complicità e di apparente-affetto, posture del corpo, movimenti, frasi rassicuranti e adulatorie, tutto quello che si nasconde dietro la personalità psico-patica-delirante di un soggetto “Despota” quale è Pablo Escobar, nato per fare il “Tiranno” e privo del minimo scrupolo umano per alcunché; e privo di alcuna pietās umana!
La descrizione di Di Stefano è geniale e brillante insieme perché riesce a dirigere Benicio Del Tore per far venir fuori quelle componenti che tutti riconosciamo ma non comprendiamo quali componenti tipiche di un “Dittatore”, di un “Tiranno”, di un “Despota”, di un “Autocrate”, di un “Folle-Psicotico-Delirante-Convinto-che-tutto-può”. Convinto, nella sua sincera intimità, di avere ricevuto un mandato divino dall'alto, una Mission da assolvere ad ogni costo. Una Mission, come Escobar nel Film, affidatagli direttamente da Dio!
Ed è per questo stesso motivo che tutto quello che “decidono”: la vita o la morte di una persona, di un loro complice, di un loro “soldato”, di un loro familiare, di un loro figlio, di un nemico, è qualcosa che viene suggerito delirantemente e psicopatologicamente da Dio!
Del Toro riesce magistralmente ad esprimere questo cariotipo di personalità: abile, persuasivo, carismatico, intelligente, spregiudicato, egocentrico, narcisista, egoista, affettuoso, amorevole, che coltiva ossessivamente il culto della sua personalità, che distribuisce il benessere, i beni di prima necessità e la vita a chi lui decide sia giusto, apparentemente molto interessato alla vita e al benessere delle persone che lo circondano e lo amano; nessuno di chi gli sta accanto ed attorno lo teme: lo amano incondizionatamente. E' questo l'aspetto più inquietante che questi soggetti riescono ad innescare nei loro uomini fidati e nei loro familiari! Amare qualcuno vuol dire abbassare la guardia, spogliarsi di tutte le difese, di qualunque genere di protezione; è questo il motivo per il quale tutte le persone che stanno accanto a questi “Tiranni” sono vulnerabili come dei neonati in fasce appena nati che possono essere uccisi da questi démoni, senza alcuna esitazione, senza alcuna pietà, senza alcuna difficoltà, in qualsiasi momento!
Di Stefano mostra anche le debolezze e le fragilità di Escobar: in alcuni contesti sono soggetti (démoni) insicuri, e questa insicurezza li porta ad essere estremamente paranoici, a stare lontano da rapporti intimi e confidenziali con chiunque, anche con i propri familiari! Vivono nella solitudine psichica più devastante e dolorosa! E allora spesso parlano direttamente con Dio: Di Stefano è bravissimo in questo, e le scene che lo spettatore vedrà, anche se magistralmente e volutamente brevi, sono un brillante esempio di come la loro solitudine viene colmata dall'intimità che credono di avere in esclusiva con Dio; il loro unico interlocutore, perché è Dio che li ha mandati a compiere la loro importante Mission! Salvo se ad u n certo punto sentono di essere stati traditi e abbandonati dal loro stesso Di. E' allora, nel loro delirio, che minacciano con cattiveria e cinismo di vendicarsi brutalmente anche con chi poco prima era stato il loro Unico Dio!
Ecco, è questo che vedrete nel Film "Escobar" se avrete occhi per vedere questa dimensione narrativa!
Altrimenti, se lo spettatore non ha la perspicacia cinematografica necessaria per cogliere questi elementi strutturali di una personalità tirannica così come descritta con perizia ed intelligenza da Di Stefano, il Film rimarrà comunque un eccellente Opera d'Arte, anche se ingiustamente scorticata dell'elemento più brillante e geniale che Di Stefano costruisce con grande maestria cinematografica!
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storie di cinema
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lunedì 9 febbraio 2015
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ottimo debutto per di stefano, grande benicio
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Non è frequente che un attore-regista italiano possa debuttare dietro la macchina da presa con un budget di 25 milioni di dollari. È il caso di Andrea Di Stefano, nato in Italia e cresciuto artisticamente a New York, che riesce col suo script ad accendere in Benicio del Toro la voglia di prender parte al progetto e quella di farsi aiutare perfino nella raccolta dei fondi necessari.
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Non è frequente che un attore-regista italiano possa debuttare dietro la macchina da presa con un budget di 25 milioni di dollari. È il caso di Andrea Di Stefano, nato in Italia e cresciuto artisticamente a New York, che riesce col suo script ad accendere in Benicio del Toro la voglia di prender parte al progetto e quella di farsi aiutare perfino nella raccolta dei fondi necessari.
Nasce così Escobar: Paradise Lost, opera a metà tra l’azione e il biopic: La trama è indiscutibilmente figlia degli action movie americani, ma la figura di Pablo Escobar non è declassata ad un ruolo marginale, ed anzi un esemplare Benicio la erge a vera protagonista del film, dando all’opera anche un forte lato biografico.
Nick (Josh Hutcherson) e il fratello Dylan sono alla ricerca della loro isola felice, e giungono in Colombia. SI insediano nei pressi di una spiaggia e cullano i propri sogni, aprire una piccola attività per Dylan, e insegnare Surf per Nick. Nick qui conosce una splendida ragazza del posto, Maria, nipote del più grande e famoso trafficante di cocaina nel mondo, Pablo Escobar. L’accoglienza nella famiglia del Patròn è quanto mai amorevole, il giovane si lascia coinvolgere e inevitabilmente, suo malgrado, verrà coinvolto nelle losche attività del narcotrafficante.
Molto bravo Di Stefano a caratterizzare la figura di Escobar, magistrale l’attore a metterla in pratica. Freddo, distaccato, impassibile. Il Patròn adora la sua famiglia, e come ogni potente criminale la difende con ogni mezzo. Il suo popolo lo adora e scende in piazza per glorificarlo: “la gente qui in Colombia ha masticato la coca fin dall’inizio dei tempi. Pablo sta solo esportando un prodotto nazionale. Molto del denaro che fa lo devolve ai poveri. Va nei quartieri poveri e chiede di loro. Lo AMANO”, quando accorre in aiuto di Nick, il suo appare un “intervento divino”. La vita felice nelle famiglie della criminalità non può durare per sempre e ben presto Escobar mostrerà il suo lato più cattivo, calpestando anche i suoi stessi ideali, compreso l’amore verso gli affetti più cari.
Pur con qualche difetto (l’ottima resa del personaggio di Escobar mette a nudo una frammentaria caratterizzazione degli altri protagonisti), l’esordio di Di Stefano è assolutamente da promuoversi. Il film, premiato all’ultimo festival del cinema di Roma, non ha ancora una distribuzione nel nostro paese.
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ashtray_bliss
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domenica 3 gennaio 2016
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solido e coinvolgente dramma sulle orme di escobar
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Una famiglia di canadesi trasferita, la Colombia, la natura maestosa e selvaggia, il surfing, le onde, una bella ragazza locale che fa perdere la testa al più giovane dei fratelli, Nick. Quello che si prospetta per il giovane protagonista della pellicola sembra indubbiamente essere un paradiso ritrovato, fino al momento in cui la neo-fidanzata non decide di presentargli suo zio, Pablo Escobar. Queste le premesse che ci introducono all'opera prima di Andrea Di Stefano, al suo debutto internazionale come regista e sceneggiatore. Un opera indubbiamente riuscita e memorabile che ancora una volta ci consegna una robusta e magnetica interpretazione di un sempre più affermato Benicio Del Toro, qui calatissimo nella parte di Pablo Escobar, di cui riesce perfettamente a far esaltare luci e ombre, debolezze e manie, regalandoci un affresco impeccabile di uno dei più noti e controversi criminali dei nostri tempi, e lasciando come attore ia sua impronta distintiva.
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Una famiglia di canadesi trasferita, la Colombia, la natura maestosa e selvaggia, il surfing, le onde, una bella ragazza locale che fa perdere la testa al più giovane dei fratelli, Nick. Quello che si prospetta per il giovane protagonista della pellicola sembra indubbiamente essere un paradiso ritrovato, fino al momento in cui la neo-fidanzata non decide di presentargli suo zio, Pablo Escobar. Queste le premesse che ci introducono all'opera prima di Andrea Di Stefano, al suo debutto internazionale come regista e sceneggiatore. Un opera indubbiamente riuscita e memorabile che ancora una volta ci consegna una robusta e magnetica interpretazione di un sempre più affermato Benicio Del Toro, qui calatissimo nella parte di Pablo Escobar, di cui riesce perfettamente a far esaltare luci e ombre, debolezze e manie, regalandoci un affresco impeccabile di uno dei più noti e controversi criminali dei nostri tempi, e lasciando come attore ia sua impronta distintiva. Il ruolo di Escobar, infatti, sembra naturalmente pensato per essere indossato da un fenomenale Benicio, che ancora una volta ruba la scena al vero e proprio protagonista, Nico, diventando il centro gravitazionale del film. Inquietante ma affascinante al tempo stesso, la figura di El Patron assume nuove dimensioni, e ci viene presentata in tutte le sue forme più umane e spietate al tempo stesso: Prima un uomo e padre modello, un punto di riferimento per il popolo colombiano, un uomo devoto alla famiglia e alla religione ma anche uno spietato assassino che ordina le stragi persino dei suoi collaboratori più fidati, e un narcotrafficante tra i più pericolosi e ricercato internazionalmente.
La pellicola, dunque, è un abile incrocio di generi, tra il biografico, il dramma, il thriller con momenti esplicitamente action. Malinconico e romantico, nel senso di decadente, dalla prima all'ultima inquadratura il Paradise Lost di Di Stefano affida la narrazione della storia al giovane e innocente Nico, una figura diametricalmente opposta a quella di Escobar, un anti-eroe drammatico e segnato dal destino che perderà progressivamente tutto ciò che ama, conoscendo il dolore, la perdita, il tradimento, la rabbia in un crescendo di violenza inaspettata e ingiustificata. Nico, interpretato da un intenso e straordinariamente impegnato Josh Hutcherson, era la scelta inevitabile per raccontare, attraverso la sua figura, ciò a cui fa riferimento il titolo stesso: la perdita dell'innocenza, il passaggio dal idillio alla più cruda e brutale realtà, lo sgretolarsi di ogni speranza e aspettativa per raggiungere il culmine di tragicità nella perdita di coloro che ama di più: la sua famiglia. Il tutto avendo come sfondo la Colombia dei primi anni novanta, la Colombia piegata e ferita dalla miseria e povertà nella quale si era creato un impero Escobar. L'ingenuità e la semplicità di Nico si scontrano più volte col volto spietato di Escobar, che a sua volta diventa il simbolo di una nazione spezzata, un paradiso corroso e violentato nel nome della droga e dell'arrivismo, fin quando avviene la svolta decisiva e finale e anche lo sbigottito ragazzo perde defintivamente ogni traccia di umanità e innocenza. Il Male che contagia e trasforma il Bene in una furiosa macchina di vendetta.
Ma percepibile è pure il divario intestino della nazione: Da una parte c'è il popolo, le bande che si spartiscono i territori, le famiglie...dall'altra c'è lui, El Patron, che come un Dio onnipresente e onniscenete controlla e comanda tutto, compresa la vita e la morte dei suoi connazionali. Simbolica e suggestiva in tal senso la scena col piccolo Martin, anch'egli vittima dell'ondata di violenza che si innesca per ordine di Escobar nelle poche ore che lo separano dal consegnarsi alle autorità.
Realtà e finzione difatti si intrecciano costantemente in questo prodotto, che parte da un setting e un personaggio realmente esistito, incentrandosi nel periodo tra il 1991 e il 1993, per poi tessere la storia (fittizia) d'amore tra Nico e Maria e seguirne il progressivo disfacimento, la discesa verso l'inferno con l'arrivo dirompente di Pablo Escobar nella vita dei due, e raccontare una storia parallela fatta di sconfitta e dolore.
Paradise Lost è indubiamente un opera completa e riuscita, grazie alla serratissima regia, l'intensa, umana e verosimile interpretazione degli attori principali che riescono sempre a trasmettere allo spettatore le emozioni (anche contrastanti) che provano nelle diverse situazioni. Solida la sceneggiatura e la struttura narrativa, compresa di flashback e salti temporali avanti e indietro che però non disturbano e non confondono lo spettatore nel seguire la storia. Curatissima la fotografia e il contrasto dei colori, molto nitidi e vividi nella prima parte (quella che racconta la goia di vita) per optare successivamente verso tonalità più scure e cupe, seguendo il mutamento della trama e del protagonista. Altra carta vincente per la suddetta pellicola è che racconta la violenza ma senza cadere nella trappola del'autocompiacenza, evitando accuratamente di mostrare (visivamente) la crudeltà di cui narra. Niente scene forti, splatter o sensazionalistiche; qui la violenza è sopratutto percepita e immaginata ma altrettanto abrasiva. Curati e verosimili anche i dialoghi, Escobar ha tutte le carte in regola per essere un grande e memorabile film, che cattura, inquieta, coinvolge e commuove. Anche le prove recitative colpiscono, come puntualizzato prima, Benicio su tutti, ma la vera rivelazione si nasconde proprio nel volto prima statico poi stupito e sofferto di Hutcherson che riveste abilmente i panni del ragazzo qualunque, un po' impacciato che si vede crollare il mondo addosso ma riuscendo pienamente a farci immedesimare nelle sue peripezie e stati emotivi fino all'escalation conclusiva.
Note negative riguardo la suddetta pellicola? Il finale appare un po' troppo precipitoso e veloce, quasi come mancasse una parte che lega le azioni di Nico tra la scena notturna in auto e la successiva in chiesa. E probabilmente sarebbe stato opportuno approffondire maggiormente il personaggio del fratello Dylan. Superati e perdonati questi difetti, il film resta marcatamente memorabile. Assolutamente consigliato da parte mia.
Un piccolo must: 4.5/5
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tommaso
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sabato 3 settembre 2016
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luci e ombre per un film ben ideato
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Pablo Escobar è sicuramente un personaggio fortemente contraddittorio: narcotrafficante e filantropo (anche se sui generis), spietato capo e parente affettuoso. Di Stefano cerca di districare questa personalità così enigmatica attraverso gli occhi di uno straniero. L’idea è ottima, soprattutto perché sarebbe stato riduttivo rappresentare Escobar solamente in un’ottica di cieca e spietata violenza. Il climax creato da di Stefano è decisamente ben pensato: presentazione della Colombia, divisa tra bellezza naturale e crimine; conoscenza di Escobar: capofamiglia, politico e boss; escalation di violenza che rivela la natura spietata del patròn. Tuttavia, il film inizialmente fatica a procedere, bloccato in una stasi dalla quale esce solo con la conoscenza dell’Escobar più spietato.
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Pablo Escobar è sicuramente un personaggio fortemente contraddittorio: narcotrafficante e filantropo (anche se sui generis), spietato capo e parente affettuoso. Di Stefano cerca di districare questa personalità così enigmatica attraverso gli occhi di uno straniero. L’idea è ottima, soprattutto perché sarebbe stato riduttivo rappresentare Escobar solamente in un’ottica di cieca e spietata violenza. Il climax creato da di Stefano è decisamente ben pensato: presentazione della Colombia, divisa tra bellezza naturale e crimine; conoscenza di Escobar: capofamiglia, politico e boss; escalation di violenza che rivela la natura spietata del patròn. Tuttavia, il film inizialmente fatica a procedere, bloccato in una stasi dalla quale esce solo con la conoscenza dell’Escobar più spietato. Inizialmente si cerca di non sacrificare i particolari per creare un quadro d’insieme quanto più accurato possibile, rallentando, però, eccessivamente il film. Complice di questo anche l’incolore interpretazione di Josh Hutcherson, e il personaggio stereotipato ma ben interpretato da Claudia Traisac. Al contrario, Benicio del Toro conferma ancora una volta la sua grandezza. Le diverse sfumature di Pablo Escobar emergono in momenti diversi, ma confluiscono in una persona sempre apparentemente pacata e al vertice sia in famiglia sia nel cartello. La seconda parte del film sale decisamente di tono, più veloce, intensa e crea sequenze di tensione ed azione. Né esaltazione né condanna, ma rappresentazione di ciò che è stato e sarebbe potuto essere Pablo Escobar.
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domenico astuti
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martedì 11 ottobre 2016
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interessante ma ingenuo
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Negli Anni Ottanta, due fratelli canadesi Nick ( Josh Hutcherson ) e Dylan ( Brady Corbet ) vengono in Colombia per raggiungere un sogno, vivere sulla spiaggia in un vero paradiso. Lavorano il legno, vivono in tenda, vogliono aprire una scuola di surf ma hanno qualche problema con due fratelli del posto piuttosto minacciosi. Nick conosce Maria e i due si innamorano immediatamente e lei gli presenta la sua famiglia e il suo adorato zio Pablo, senatore e venditore di un prodotto tipico del Paese, la cocaina ( sarà l’amore, sarà che è canadese, ma sembra strano che Nick non si renda conto di chi ha di fronte ). Una sera il ragazzo parla con zio Pablo dei ragazzi che li aggrediscono e qualche giorno dopo i fratelli vengono trovati appesi a testa in giù e carbonizzati.
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Negli Anni Ottanta, due fratelli canadesi Nick ( Josh Hutcherson ) e Dylan ( Brady Corbet ) vengono in Colombia per raggiungere un sogno, vivere sulla spiaggia in un vero paradiso. Lavorano il legno, vivono in tenda, vogliono aprire una scuola di surf ma hanno qualche problema con due fratelli del posto piuttosto minacciosi. Nick conosce Maria e i due si innamorano immediatamente e lei gli presenta la sua famiglia e il suo adorato zio Pablo, senatore e venditore di un prodotto tipico del Paese, la cocaina ( sarà l’amore, sarà che è canadese, ma sembra strano che Nick non si renda conto di chi ha di fronte ). Una sera il ragazzo parla con zio Pablo dei ragazzi che li aggrediscono e qualche giorno dopo i fratelli vengono trovati appesi a testa in giù e carbonizzati. Per Nick la scoperta non gli fa spegnere il sogno d’amore ma il senso di libertà che credeva di aver trovato in Colombia si trasforma lentamente in un incubo a cui non sa come reagire dapprincipio fino a quando decide di fuggire con Maria, il fratello e la cognata verso il Canada. Ma proprio mentre stanno per andare all’aeroporto giunge a casa loro un uomo di zio Pablo e chiede a Nick di seguirlo. Raggiungono Escobar che, in una riunione segreta di fidati amici, rivela che nei giorni successivi si consegnerà alle autorità e che il suo tesoro dovrà essere nascosto in vari luoghi segreti fino a quando non uscirà. Nick dovrà guidare una delle auto fino alla città di Ituango, aspettare di fronte a una chiesa un contadino che gli farà da guida per nascondere la parte di tesoro in una miniera abbandonata, fatto il lavoro dovrà uccidere la guida per mantenere il segreto sul nascondiglio. Ma Nick naturalmente non ha il coraggio di sparare, inventa un piano per salvare il contadino e la sua famiglia. Ma si accorge che nei pressi della città ci sono i sicari di Escobar e che il capo Drago deve ucciderlo. Nick terrorizzato passa tutto il resto del giorno nascosto, poi ruba una macchina per raggiungere Bogotà e Maria, ma…
Un buon debutto, per un film godibile ma parecchio superficiale sia nel raccontare gli svelamenti emotivi, sia nel descrivere la Colombia e un personaggio dalle molte facce come Pablo Escobar. Probabilmente il carisma acclamato da anni di Benicio del Toro, la sua performance più ipnotica che profonda, riesce a svelare solo la doppiezza di un criminale e fa sfigurare il giovane attore ( Josh Hutcherson ) dall’espressione sempre monocorde e un po’ afasica. Splendido per carineria e allegria il debutto di Claudia Traisac ( Maria ) anche se un po’ troppo sorridente, tutti gli altri personaggi sono di contorno.
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elpiezo
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martedì 30 agosto 2016
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un ritratto intelligente!!!
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Il cupo ed enigmatico Benicio Del Toro è l'interprete perfetto di Pablo Escobar, il celebre narcotrafficante colombiano, il cui esordiente regista italiano Andrea Di Stefano, ne narra le gesta con una giudiziosa visione storico cinematografica.
Un film drammatico e violento le cui sequenze si diramano tra le soleggiate strade di una Colombia povera e spietata; il cinico ritratto di un personaggio amato e condannato, l'effige di un popolo infelice che nelle atroci gesta di un ricco criminale politicante, scorge con fanatico misticismo un barlume di infondata speranza.
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eugenio
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lunedì 5 settembre 2016
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riuscito affresco di un boss del narcotraffico
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Potente e visionario che strizza l’occhio a molti film americani, l’opera prima di Andrea di Stefano, giunge in Italia dopo un paio d’anni di vagabondaggio oltralpe.
Escobarcon l’ìmportante sottotitolo “Paradiso perduto” è insieme resurrezione e rinascita di un personaggio, Pablo Escobar, che ha saputo negli anni ottanta creare intorno a sè un impero, il Cartello di Medellin, basato sul narcotraffico, una fitta rete corruttiva e violenta.
In questa spira incappa, casualmente, il giovane protagonista, un ingenuo surfista canadese, Nick, (interpretato da un bravo Josh Hutcherson) animato dal desiderio di trasferirsi in Colombia per le “bianche spiagge” insieme al fratello e che si innamora, suo malgrado della nipote di Escobar, Maria, (Claudia Trasaic), finendo avviluppato, un pò per amore, un pò per ingenuità nei traffici dello zio.
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Potente e visionario che strizza l’occhio a molti film americani, l’opera prima di Andrea di Stefano, giunge in Italia dopo un paio d’anni di vagabondaggio oltralpe.
Escobarcon l’ìmportante sottotitolo “Paradiso perduto” è insieme resurrezione e rinascita di un personaggio, Pablo Escobar, che ha saputo negli anni ottanta creare intorno a sè un impero, il Cartello di Medellin, basato sul narcotraffico, una fitta rete corruttiva e violenta.
In questa spira incappa, casualmente, il giovane protagonista, un ingenuo surfista canadese, Nick, (interpretato da un bravo Josh Hutcherson) animato dal desiderio di trasferirsi in Colombia per le “bianche spiagge” insieme al fratello e che si innamora, suo malgrado della nipote di Escobar, Maria, (Claudia Trasaic), finendo avviluppato, un pò per amore, un pò per ingenuità nei traffici dello zio.
Un padre velenoso come un serpente a sonagli che non nasconde l’amore per il genero e che successivamente lo avvinghia a sè paralizzandolo con le sue azioni delittuose di cui volente o nolente l’ingenuo ragazzo dovrà farne parte.
Un progetto ambizioso quello di De Stefano, volto, basandosi su una storia vera, a tracciare la minaccia e la potenza di un corpo flaccido e ingombrante del boss del narcotraffico che sotto la facciata di benefattore, rappresentò uno dei feroci mandanti di stragi e assassini a danno di coloro che si opponevano a ogni suo ordine. Escobar, col volto perfettamente riuscito di Benicio del Toro, ha le movenze del grande dittatore che sfrutta uomini come pedine, con una fitta rete di rapporti che pilotano le stesse forze pubbliche e private.
Nel film di De Stefano, di difficile categorizzazione in quanto fonde più generi, il criminale è mostrato negli ultimi anni della sua pericola attività nel 1992 quando, per sfuggire all'estradizione negli Usa, decise di costituirsi non prima di aver chiamato al suo desco i fedeli per mettere in salvo il tesoro.
La caccia sarà l’espediente per un bagno di sangue e l’eliminazione di ogni possibile ostacolo, volto alla mera affermazione di un criminale traditore e nero come l’oscurità spietato anche verso la sua stessa famiglia.
Escobarindaga nelle nefandezze di un potente boss del narcotraffico ma rispetto a molti film di genere tipicamente hollywoodiani, non ha la pretesa di stupire e mostrare le gesta antieroiche del paladino del crimine amato dalla folla, quanto di analizzarne il punto di vista attraverso lo sguardo inedito dell’ingenuo surfista che credendosi in un paradiso perduto, l’azzecato sottotitolo del film, scoprirà suo malgrado di aver abboccato a un’esca avvelenata.
Originale il rimando all’innocenza perduta del “Libro della giungla” in una delle celebri scene del film nel quale Nick, solo tra animali e braccato da belve, si confida al suo carnefice che gli rivela come al termine della favola di Kipling, Mowgli avesse deciso di abbandonate i vecchi amici per la civiltà.
Una civiltà che qui ha il volto perduto dei due amanti, soli contro tutti, contro un sistema basato su tradimento, contro il male incacrenitosi nella sua forma pià estrema, contro la pia illusione di una salvezza eterna.
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iltrequartista
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venerdì 26 maggio 2017
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il gringo ed il re
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Sinceramente mi aspettavo molto di più ed è un peccato visto che Del Toro è stato strepitoso ed il personaggio di Escobar credo sia stato rappresentato in maniera più che soddisfacente.
Purtroppo la sceneggiatura non è curata a dovere e i tanti elogi a Di Stefano mi sembrano esagerati.
Di fatto il film ha due protagonisti e già questo la dice lunga sulle scelte del regista che si sarebbe dovuto concentrare solo ed esclusivamente sulla figura del re del narcotraffico.
La faccenda del nipote acquisito va molto per le lunghe,ad un certo punto stanca e sebbene si possa cogliere la prepotenza,la follia ed il senso di onnipotenza di Escobar nel volerlo perseguitare,non ci sono gli elementi narrativi sufficienti per cotanta crudele perseveranza.
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Sinceramente mi aspettavo molto di più ed è un peccato visto che Del Toro è stato strepitoso ed il personaggio di Escobar credo sia stato rappresentato in maniera più che soddisfacente.
Purtroppo la sceneggiatura non è curata a dovere e i tanti elogi a Di Stefano mi sembrano esagerati.
Di fatto il film ha due protagonisti e già questo la dice lunga sulle scelte del regista che si sarebbe dovuto concentrare solo ed esclusivamente sulla figura del re del narcotraffico.
La faccenda del nipote acquisito va molto per le lunghe,ad un certo punto stanca e sebbene si possa cogliere la prepotenza,la follia ed il senso di onnipotenza di Escobar nel volerlo perseguitare,non ci sono gli elementi narrativi sufficienti per cotanta crudele perseveranza.
Insomma sorge ben presto il dubbio che nel pipparsi la cocaina che vende,Pablo sia stato vittima di visioni inesatte mentre leggeva il libro della giungla da lui stesso citato.
Ribadisco che è un peccato perché nei momenti in cui si concentra sulle movenze,sui gesti e sulle espressioni facciali di Escobar si avverte la netta sensazione che ,sotto questo aspetto, il regista se lo sia studiato a dovere.
Oggettivamente quando in scena non c'è Benicio,la pellicola non è un granché.
Personalmente non credo si possa andare oltre la sufficienza.
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lucascialo
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venerdì 14 luglio 2017
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il doppio volto di escobar dipinto da un italiano
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Dopo una invidiabile gavetta e il trasferimento a New York, l'italiano Andrea Di Stefano firma il suo primo lungometraggio. Una biografia su un personaggio complesso come Pablo Escobar, narcotrafficante dal doppio volto: spietato boss miliardario da un lato e benefattore dei poveri connazionali dall'altro. Di Stefano dipinge egregiamente entrambe le sfaccettature del personaggio, servendosi della bravura di Benicio Del Toro. Il quale ha già vestito a pennello i panni di Ernesto Che Guevara.
La pellicola inizia con l'americano Nick che raggiunge il fratello su una spiaggia paradisiaca della Colombia. Vogliono avviare una scuola di surf, dedicandosi ad una vita immersa nella natura.
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Dopo una invidiabile gavetta e il trasferimento a New York, l'italiano Andrea Di Stefano firma il suo primo lungometraggio. Una biografia su un personaggio complesso come Pablo Escobar, narcotrafficante dal doppio volto: spietato boss miliardario da un lato e benefattore dei poveri connazionali dall'altro. Di Stefano dipinge egregiamente entrambe le sfaccettature del personaggio, servendosi della bravura di Benicio Del Toro. Il quale ha già vestito a pennello i panni di Ernesto Che Guevara.
La pellicola inizia con l'americano Nick che raggiunge il fratello su una spiaggia paradisiaca della Colombia. Vogliono avviare una scuola di surf, dedicandosi ad una vita immersa nella natura. Tuttavia, dei loschi figuri locali li minacciano dicendo che la spiaggia è la loro. Nick però conosce anche la conturbante Maria, della quale si innamora perdutamente. Lei gli fa conoscere lo zio Pablo, tanto amato. Che appare come un benefattore. Inizia a lavorare per lui, ma ben presto scoprirà che dietro quel castello dorato fatto di soldi e buone intenzioni, si nasconde un uomo spietato dedito al malaffare. Nick era stato avvertito: nessuno sfugge a Pablo Escobar.
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enzo70
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domenica 28 agosto 2016
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un grandissimo benicio racconta escobar
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E così Benicio del Toro passa dall’interpretazione del mito positivo per eccellenza, il Che, a quello negativo per definizione, Pablo Escobar. E bisogna anche segnalare un esordio alla regia, quello dell’italiano Andrea Di Stefano, che si trova subito con un film importante ed un cast di primo piano. Non è il romanzo della vita di Escobar, né del narcotraffico, anzi il tutto parte con un racconto laterale, due fratelli canadesi che si trasferiscono in Colombia per aprire una scuola di surf. Ma, e specialmente in quegli anni, la Colombia era l’impero di un uomo, Pablo Escobar, che si presenta come una sorta di dio pagano, tutto dedito alla famiglia ed alle buone azioni per declinare lentamente le caratteristiche di uno dei maggiori criminali del secolo scorso.
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E così Benicio del Toro passa dall’interpretazione del mito positivo per eccellenza, il Che, a quello negativo per definizione, Pablo Escobar. E bisogna anche segnalare un esordio alla regia, quello dell’italiano Andrea Di Stefano, che si trova subito con un film importante ed un cast di primo piano. Non è il romanzo della vita di Escobar, né del narcotraffico, anzi il tutto parte con un racconto laterale, due fratelli canadesi che si trasferiscono in Colombia per aprire una scuola di surf. Ma, e specialmente in quegli anni, la Colombia era l’impero di un uomo, Pablo Escobar, che si presenta come una sorta di dio pagano, tutto dedito alla famiglia ed alle buone azioni per declinare lentamente le caratteristiche di uno dei maggiori criminali del secolo scorso. Perfettamente a suo agio Benicio Del Toro, interpreta perfettamente le turbe di un personaggio complesso e contradditorio. Molto al di sotto Josh Hutcherson anche se la differenza di ruoli può essere una parziale giustificazione. In realtà questo film si trasforma verso la fine in un thriller che appassiona lo spettatore, ma ho l’impressione che con un personaggio come Pablo Escobar e con un attore straordinario come Del Toro, Di Stefano poteva fare meglio; ma, comunque, un buon esordio.
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