flyanto
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lunedì 16 settembre 2013
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come ad ogni livello si manifesta la passione del
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Film dove viene rappresentato il mondo del calcio, sia dal punto di vista di un arbitro professionista, interpretato da Stefano Accorsi, che ambisce ad un avanzamento cospicuo di carriera, sia dal punto di vista di due squadre di dilettanti di un paesino remoto della Sardegna che si sfidano nel corso del loro personale campionato in maniera assai agguerrita. Molti degli intrighi, degli affari e delle dispute che coinvolgono il mondo del pallone vengono qui denunciate apertamente, sia a livello professionale che non, come quasi a voler dimostrare che il gioco del calcio è vissuto in eguale maniera e misura a tutti i livelli. Pertanto si assiste all'arbitro Accorsi che, dopo un avanzamento di carriera, verrà drasticamente retrocesso per motivi di corruzione alla funzione di "giudice" nel corso delle partite disputate dalle squadre dei dilettanti.
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Film dove viene rappresentato il mondo del calcio, sia dal punto di vista di un arbitro professionista, interpretato da Stefano Accorsi, che ambisce ad un avanzamento cospicuo di carriera, sia dal punto di vista di due squadre di dilettanti di un paesino remoto della Sardegna che si sfidano nel corso del loro personale campionato in maniera assai agguerrita. Molti degli intrighi, degli affari e delle dispute che coinvolgono il mondo del pallone vengono qui denunciate apertamente, sia a livello professionale che non, come quasi a voler dimostrare che il gioco del calcio è vissuto in eguale maniera e misura a tutti i livelli. Pertanto si assiste all'arbitro Accorsi che, dopo un avanzamento di carriera, verrà drasticamente retrocesso per motivi di corruzione alla funzione di "giudice" nel corso delle partite disputate dalle squadre dei dilettanti. Gli stessi imbrogli e raggiri, sebbene in forma assai più modesta, coinvolgono anche le due squadre sarde di dilettanti che, al fine di vincere una partita a tutti i costi, arrivano a "scendere a patti" con un arbitro di dubbia moralità (interpretato da Francesco Pannofino), sino poi alla gioia ed ai festeggiamenti finali della vittoria tanto agognata. Nato da un cortometraggio dello stesso regista Paolo Zucca questo film è stato poi da lui allungato e reso pertanto a film. Girato tutto in bianco e nero come se fosse un documento d'epoca, questa pellicola rispecchia molto chiaramente le dinamiche e la tifoseria che regolano il mondo del calcio, facendo evincere soprattutto quanto ad ogni livello, sia professionale che dilettantistico, sia forte e durevole la passione per questo tipo di sport. Nel complesso, direi, che il film è ben reso ma da consigliare esclusivamente a tutti coloro che nutrono una passione calcistica. A parte pochi (quali Stefano Accorsi, Marco Messeri, Francesco Pannofino e Geppi Cucciari) tutti gli attori del film sono poco famosi o, addirittura, dei dilettanti che però ben si calano nei rispettivi ruoli rendendoli credibili e, dunque, apprezzabili.
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stefano capasso
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venerdì 8 agosto 2014
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e' l'episodio che cambia le cose
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Due storie che si svolgono parallele, apparentemente molto lontane tra loro, che hanno in comune il calcio. Cruciani è un arbitro emergente; gli manca di arbitrare una finale europea per entrare tra i grandi. In Sardegna una squadra di terza divisione, dopo una serie di sconfitte, col rinforzo di Matzuzi, tornato a casa dall'Argentina, arriva ad un passo dalla vetta.
Un mondo di altissimo livello uno, di campagna e contadini, regolato da faide quotidiane l'altro.
Cruciani, pure integerrimo fino a quel momento, pur di arbitrare la finale accetta di vendersi ad una squadra potente.
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Due storie che si svolgono parallele, apparentemente molto lontane tra loro, che hanno in comune il calcio. Cruciani è un arbitro emergente; gli manca di arbitrare una finale europea per entrare tra i grandi. In Sardegna una squadra di terza divisione, dopo una serie di sconfitte, col rinforzo di Matzuzi, tornato a casa dall'Argentina, arriva ad un passo dalla vetta.
Un mondo di altissimo livello uno, di campagna e contadini, regolato da faide quotidiane l'altro.
Cruciani, pure integerrimo fino a quel momento, pur di arbitrare la finale accetta di vendersi ad una squadra potente. In Sardegna i rivali della squadra di Matzuzi, grazie ad una vecchia amicizia, chiamano un arbitro compiacente, che falsa in modo clamoroso la partita della squadra avversaria escludendoli dalla possibilità di vincere il campionato.
Ma le cose non vanno come sperato. Cruciani scoperto e retrocesso ai dilettanti, viene inviato ad arbitrare la partita decisiva tra le due squadre sarde, visto che, scoperta la combine, si era deciso di giocarsi tutto nell’ultimo match, una contro l’altra.
Bel film di Paolo Zucca, girato in un rigoroso bianco nero, come è la divisa dell'arbitro. Una sceneggiatura ben fatta, con molti spunti di sottile ironia e vaghi rimandi religiosi, simbolicamente rappresentate da scene che ricordano la passione, l'ultima cena, la crocifissione, per sottolineare la religiosità del calcio e l'importanza rituale delle figure e dei momenti che lo compongono. Alla fine è sempre l'episodio che fa girare le cose in un verso piuttosto che in un altro, mentre la vita, contemporaneamente, segue le sue logiche inarrestabili di passioni e potere. Un film sul calcio, che presenta tutti i protagonisti, dall'arbitro, ai calciatori, al padre padrone della squadra e che con questi rappresenta la metafora della vita. Come recita all’inizio del film Camus: “Tutto quello che so sulla moralità e sui doveri degli uomini lo devo al calcio”
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catcarlo
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martedì 4 marzo 2014
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l'arbitro
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La rappresentazione della vita e, soprattutto, della società per interposto calcio (come da frase di Camus in esergo) è materia da maneggiare con cura, essendo a rischio di scivolata nell’ovvio o nel banale. Paolo Zucca accetta la sfida costruendo il suo film d’esordio come una sorta di prequel all’omonimo cortometraggio, girato quattro anni prima e la cui struttura è mantenuta nella parte finale: non si può dire che ne esca indenne, perché ci sono momenti poco efficaci e passaggi a vuoto, ma il risultato è comunque un lavoro ben fatto e, a tratti, davvero intrigante. Due sono le storie raccontate, all’apparenza lontanissime e che, invece, sono destinate a incrociarsi: da una parte c’è l’arbitro Cruciani, che pare destinato a un brillante futuro internazionale, dall’altra le squadre di due paesini vicini nell’interno della Sardegna che vivono agli estremi della classifica nel loro girone di Terza Categoria.
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La rappresentazione della vita e, soprattutto, della società per interposto calcio (come da frase di Camus in esergo) è materia da maneggiare con cura, essendo a rischio di scivolata nell’ovvio o nel banale. Paolo Zucca accetta la sfida costruendo il suo film d’esordio come una sorta di prequel all’omonimo cortometraggio, girato quattro anni prima e la cui struttura è mantenuta nella parte finale: non si può dire che ne esca indenne, perché ci sono momenti poco efficaci e passaggi a vuoto, ma il risultato è comunque un lavoro ben fatto e, a tratti, davvero intrigante. Due sono le storie raccontate, all’apparenza lontanissime e che, invece, sono destinate a incrociarsi: da una parte c’è l’arbitro Cruciani, che pare destinato a un brillante futuro internazionale, dall’altra le squadre di due paesini vicini nell’interno della Sardegna che vivono agli estremi della classifica nel loro girone di Terza Categoria. Mentre Cruciani, pur di far carriera, si affida ad alcuni viscidi personaggi che lo porteranno alla rovina, gli eterni sconfitti cominciano a rimontare la graduatoria grazie all’arrivo del tamarro Matzutzi (Jacopo Cullin), figlio di un compaesano emigrato in Argentina: sarà proprio l’ex promessa arbitrale a dover dirigere la sovraccarica sfida che potrebbe suggellare la rimonta. Sovraccarica è dir poco: si tratta di una Terza Categoria dell’anima – quella reale, al confronto, è il Barcellona – in cui su uno scalcagnato campo in sabbia tutta la follia fino ad allora accumulata si scarica in maniera solo all’apparenza inarrestabile, perché a fermare il tutto basta un gol casuale. Nella rappresentazione della partita, raggiunge il suo culmine l’estetica da ‘Cinico tv’ che domina la parte sarda del racconto: corpi sformati e visi abbrutiti vengono messi in risalto dal bianco e nero che disegna contorni netti sotto la luce abbacinante del sole. La fotografia pulita ed essenziale di Patrizio Patrizi è senza dubbio uno dei punti di forza della pellicola, non solo quando indaga i primi piani in maniera espressionista, ma pure nel chiaroscuro del sottobosco che circonda Cruciani e, ancor di più, nei campi lunghi che si aprono all’improvviso descrivendo paesaggi quasi western. Un altro pregio sta nei personaggi minori, nelle loro facce scelte con cura a partire dai baffoni inconfondibili di Benito Urgu, per non parlare delle trovate surreali, ma sempre gustose, e delle immagini iconiche – il cavallo che entra al bar, l’allenatore cieco Prospero, i due tizi che discutono in cima alla montagna. Meno riuscito è invece l’utilizzo dei volti più noti. Detto che l’arbitro Mureno di Pannofino è superfluo (per non parlare della banalità del nome), Accorsi subisce l’irresolutezza della parte dedicata a Cruciani, dove si distingue soprattutto l’interpretazione di Marco Messeri nei panni del trafficone Candido: il parallelo tra gesto atletico e balletto è sfruttato in maniera eccessiva – anche se funziona l’utilizzo della contagiosa ‘Vivere’, canzone degli anni Trenta - e l’attore, di suo, ci mette più il fisico che l’espressività. Altrettanto poco incisiva la prova di Geppi Cucciari nei panni di Miranda, la figlia di Prospero concupita dal salvatore della patria Matzutzi al quale alla fine si concede un po’ per amore e un po’ per forza: peccato, perché la sua figura mostra un’altra variante nel racconto dei rapporti di potere su cui, in fondo, è costruito tutto il film (inclusa la piccola sottotrama della faida legata alla pastorizia che partorirà una tragedia ignorata da tutti). Il tono del racconto è però sempre quello della commedia – magari nera, ma pur sempre commedia – in cui il grottesco, sottolineato a volte dal rallentatore, si mantiene in equilibrio evitando la volgarità per un film che, malgrado le imperfezioni, merita di sicuro una visita.
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stockton
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giovedì 13 settembre 2018
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stupendo
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film veramente interessante e molto caratteristico, in cui il protagonista in realtà non è l'arbitro Stefano Accorsi ma la ruralità calcistica sarda, unita ad una spigolosa rivalità tra paesi limitrofi.. in questo contesto avviene tutto e il contrario di tutto, arbitraggi che dire faziosi è eufemistico, partite di calcio giocate su campi che l'erba non l'hanno mai vista, funerali in cui l'argomento principale è la classifica del campionato, ma oltre a questo, fuori dal campo (ma mai abbastanza in realtà) anche faide tra cugini, una tresca amorosa dall'andamento curioso..
sembra un po' fuori luogo, imho, l'inserimento della storia parallela con Accorsi; il film secondo me reggeva già abbastanza senza, pero' il finale giustamente doveva rispettare l'idea del corto, per cui ci sta l'inserimento del dramma sportivo dell'arbito Cruciani .
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film veramente interessante e molto caratteristico, in cui il protagonista in realtà non è l'arbitro Stefano Accorsi ma la ruralità calcistica sarda, unita ad una spigolosa rivalità tra paesi limitrofi.. in questo contesto avviene tutto e il contrario di tutto, arbitraggi che dire faziosi è eufemistico, partite di calcio giocate su campi che l'erba non l'hanno mai vista, funerali in cui l'argomento principale è la classifica del campionato, ma oltre a questo, fuori dal campo (ma mai abbastanza in realtà) anche faide tra cugini, una tresca amorosa dall'andamento curioso..
sembra un po' fuori luogo, imho, l'inserimento della storia parallela con Accorsi; il film secondo me reggeva già abbastanza senza, pero' il finale giustamente doveva rispettare l'idea del corto, per cui ci sta l'inserimento del dramma sportivo dell'arbito Cruciani ..
da vedere assolutamente..
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stefano bruzzone
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lunedì 22 dicembre 2014
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troppo surreale
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Le disavventure di un arbitro corrotto si intrecciano con quelle di una squadretta di bassa categoria sarda. Un film grottesco e surreale ma vedibile anche se a me è risultato lento e noioso, ma ben costruito, con una fotografia bellissima e tutto girato in bianco e nero. Nel cast, oltre ad Accorsi, Geppy Cucciari brava e divertente.
Voto: 6,5
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rita branca
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venerdì 13 settembre 2013
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sport… che delusione!
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L’arbitro, film (2013) di Paolo Zucca con Stefano Accorsi, Geppi Cucciari, Jacopo Cullin, Marco Messeri, Grégoire Estermann, Benito Urgu, Franco Fais, Quirico Manunza, Francesco Pannofino e Alessio Di Clemente
Un bel film in bianco e nero, scelta che aiuta efficacemente l‘ambientazione nella Sardegna degli anni ’50, offrendo un’idea complessivamente corretta delle problematiche esistenti nell’isola a quel tempo e non solo: un cenno alla miseria della popolazione e conseguente forzata emigrazione in altri paesi, in questo caso in Argentina, l’abigeato punito con la legge dell’ ”occhio per occhio, dente per dente”, l’omertà, e le scorribande degli arroganti “balente” che intimidiscono con i loro fucili e le minacce e gli insulti di ogni tipo e, per finire, il campanilismo sportivo fra villaggi di poche anime.
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L’arbitro, film (2013) di Paolo Zucca con Stefano Accorsi, Geppi Cucciari, Jacopo Cullin, Marco Messeri, Grégoire Estermann, Benito Urgu, Franco Fais, Quirico Manunza, Francesco Pannofino e Alessio Di Clemente
Un bel film in bianco e nero, scelta che aiuta efficacemente l‘ambientazione nella Sardegna degli anni ’50, offrendo un’idea complessivamente corretta delle problematiche esistenti nell’isola a quel tempo e non solo: un cenno alla miseria della popolazione e conseguente forzata emigrazione in altri paesi, in questo caso in Argentina, l’abigeato punito con la legge dell’ ”occhio per occhio, dente per dente”, l’omertà, e le scorribande degli arroganti “balente” che intimidiscono con i loro fucili e le minacce e gli insulti di ogni tipo e, per finire, il campanilismo sportivo fra villaggi di poche anime.
La splendida colonna sonora sottolinea potentemente il tema principale: la carriera giunta quasi al top dei riconoscimenti di un arbitro integerrimo
e religiosissimo che cattura l’attenzione dello spettatore con i rituali del prepartita che richiamano quelli di qualche setta imprecisata, gli esercizi preparatori all’ingresso in campo, i volteggi e l’agilità di un fisico perfetto, quello di Accorsi o forse di una sua controfigura, stupefacente nella sua bellezza nell’inquadratura di spalle. Esaltanti le scene in cui, illuso da promesse mendaci, ebbro di gioia volteggia sulle note della celeberrima e azzeccatissima “Vivere”, lusingato dai commenti di un viscido presidente e di un altro personaggio influente nel mondo calcistico, che gli prospettano il raggiungimento della gloria massima per le sue doti eccezionali di bravura, rivelando solo verso la fine che a nulla o quasi serve la conduzione onesta e rigorosa dei match, anzi, quella costituisce un ostacolo e tale idea è rinforzata dal leader nazionale degli arbitri che, in un convegno, evidenzia il diritto dell’arbitro di commettere errori e la necessità di evitare tecnologie che ne sostituiscano il giudizio sul campo sportivo. Lo spettatore si aspetta che l’arbitro, interpretato egregiamente da Accorsi, resista, persistendo nella sua condotta onesta, ma, come troppe volte succede nella realtà, non sopporta il declassamento e, per risalire la china, conduce il match fra due oscure squadre da sempre rivali, in maniera scandalosamente scorretta. Il messaggio è scoraggiante ma veritiero, purtroppo.
Il tema parallelo è quello delle squadre, una sostenuta da un arrogante “balente” senza scrupoli e l’altra da un appassionato cieco, la cui figlia, interpretata simpaticamente e in maniera forzatamente macchiettistica da Gieppi Cucciari, resa assai più rozza e brutta che nella realtà, che rende fedelmente l’idea della donna sarda un po’ scontrosa che era difficile conquistare a quei tempi, e che però prima o poi soccombe all’appassionato corteggiamento, ricompensando l’amato degli sforzi compiuti.
Oltre la simpatica vecchietta in abiti tradizionali, che fa il tifo per la sgangherata squadra, in cui è arruolato il figlio di un emigrante, cambiandone totalmente le sorti, è presente un’altra figura femminile, la sposa dell’arrogante, anche lei piuttosto bruttina e ci si chiede il perché di queste scelte visto che le donne sarde sono notoriamente fra le più belle d’Italia.
Un altro piccolissimo appunto, fatto affettuosamente al bravo regista: le lattine di birra compaiono sul mercato molto più tardi.
Splendida anche tutta la fotografia.
Un film di grande spessore fortemente consigliato.
Rita Branca
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(di thewanderer)
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(di voss117)
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(di luca\s)
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