In tempi di crisi si sa si taglia su tutto tentando di ridurre i costi all’osso, minimizzando su location “esotiche”, evitando l’inutile dispendio di un cast stellare fine a sé stesso e soprattutto distraendo lo spettatore senza nascondere un’acidula critica nei confronti di una società sempre più incapace di comprendere il diverso (gli ultimi brucianti suicidi di giovani ritenuti dal branco “gay” suonano come un amaro monito) e di accettarlo nella sua dignità umana. Un concetto che Guillame Gallienne conosce bene e che costituisce il cuore della sua pellicola al suo esordio nello scintillante mondo cinematografico.
L’intento del novello cineasta è di adattare la piece teatrale "Les Garçons, et Guillaume, à table” da lui stessa scritta direttamente e tratto dalla sua personale esperienza autobiografica strutturandola come un monologo recitato dall’attore che si pone di intrattenere il pubblico (noi spettatori seduti dietro lo schermo/palco) attraverso il racconto di caratteristiciepisodi della propria esistenza sostenendo contemporaneamente il ruolo di protagonista, di madre, di scrittore e di altri bizzarri personaggi immaginari partoriti dalla sua “femminea” mentalità (come le nobildonne del ‘700 concepite dalla sua mente per trovare una controparte “immaginaria” alla sua distorta sessualità).
A discapito del lignaggio di appartenenza infatti (la sua famiglia, in particolare il padre, è assai poco clemente nei confronti di personalità poco mascoline) Gallienne è attratto dall’universo femminile che ha tra i suoi degni rappresentanti la madre dal carattere molto forte ma carente d’affetti che tuttavia è venerata dal ragazzo sino al punto da divenire un idolo capace di condizionare le sue scelte e azioni e le zuccherose e melense zie incapaci di comprendere le sue reali inclinazioni.
Dall’orientamento sessuale disturbato, Tutto sua madre ripercorre e analizza la ricerca della propria identità sessuale, il rapporto di amore-odio con la madre attraverso una sceneggiatura che fa uso di continue divagazioni distraendo lo spettatore dal suo preciso obiettivo: le inesauribili sfaccettature di un’educazione sentimentale lunga quanto la vita stessa (qui riprodotta sul palco) unica ma dai cammini e scelte infinite.
Osserviamo quindi il complicato cammino verso la maturità dell’adolescente Gallienne (molto abile a quaranta anni a interpretare il ruolo dell’adolescente “omosessualmente lesbico”) fatto di esperienze estive in Europa (contrariamente ai dettami del padre che vorrebbe facesse sport come i forzuti fratelli) : l’apprendimento della sivigliana sulle note di Julio Iglesias, il tè delle cinque a Londra dove conosce e si innamora in un collegio del nuotatore Jeremy, l’esonero dal servizio militare dopo il tentato suicidio per un amore non concesso, le peregrinazioni in Baviera da artisti psichici post-moderni del massaggio, l’iscrizione al corso di nuoto e di equitazione per vincere le sue paure.
Tutto ciò sarebbe stato poco credibile senza l’utilizzo di inquadrature d’avanguardia che fanno uso di frequenti cambi di ruolo (dal palco di un teatro al lettino di uno psicologo, dal viaggio in Spagna alla danza macabra in piscina mentre il corpo affonda sempre di più …) privi di un apparente ordine cronologico e talune volte permeati da un umorismo demenziale.
Gli eventi- raccontati in maniera di flusso di coscienza con sapiente ironia senza mai inveire o giudicare la deviazione sessuale del protagonista costruiscono un inverosimile canto alla femminilità, delicato e complesso, spiazzante e dalle forza visiva a tratti dirompente. Per quanto assurde siano le “prove” di Gallienne nel disperato tentativo di affermarsi psicologicamente al di là del blocco della forma imposto dal teatro, queste si traducono in assoluta quanto semplice verità, in intima e sofferta crisi con la conoscenza più profonda verso una nuova comprensione dello stato di coscienza interiore.
Affrontare i propri fantasmi, le proprie limitatezze, sottoporsi a diverse prove che possano mettere in luce il nostro io è scelta coraggiosa e atto d’amore verso noi stessi, verso il profondo macrocosmo interiore di latente umanità che nascondiamo.
Innovativo e intelligente, delicato, privo di rabbiosa vendetta o discriminazione e mai volgare, Tutto sua madre è un film che mescola sapientemente researche con demenzialità, sesso con psicologia.
Vita ma non forma che si spezza diventando nuovamente vita. Lo aveva detto Pirandello ottant’anni fa, Gallienne lo ricorda. Grazie.
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