lisa casotti
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venerdì 29 novembre 2013
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adele o “del perduto amore”
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È piacevole come sfogliare un album di fotografie delle superiori e nostalgico come ricordare il primo amore. L’identificazione con Adele è totale: i suoi turbamenti sono stati i nostri turbamenti, la scoperta sofferta ed esaltante del corpo e della sessualità. E quella fedeltà al primo amore che non si vuole perdere, in cui si continua a credere nonostante i tradimenti e l’evidenza di una passione che si spegne, ma che sembra unica e l’unica possibile, per cui si è disposti a rischiare la faccia, ad accettare la solitudine come penitenza, e si piange, ci si morde il labbro, si soffocano le grida sbattendo la testa contro il muro. Poi, di lì in avanti, seguitare a ricercare quel sentire, le stesse emozioni – paura, coraggio, forza esplosiva e abbattimento – e infine capitolare e crescere.
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È piacevole come sfogliare un album di fotografie delle superiori e nostalgico come ricordare il primo amore. L’identificazione con Adele è totale: i suoi turbamenti sono stati i nostri turbamenti, la scoperta sofferta ed esaltante del corpo e della sessualità. E quella fedeltà al primo amore che non si vuole perdere, in cui si continua a credere nonostante i tradimenti e l’evidenza di una passione che si spegne, ma che sembra unica e l’unica possibile, per cui si è disposti a rischiare la faccia, ad accettare la solitudine come penitenza, e si piange, ci si morde il labbro, si soffocano le grida sbattendo la testa contro il muro. Poi, di lì in avanti, seguitare a ricercare quel sentire, le stesse emozioni – paura, coraggio, forza esplosiva e abbattimento – e infine capitolare e crescere. Cambiare e indirizzare altrove l’energia. Costruire, proseguire, sole/i o accompagnate/i, mentre il destino lambisce l’esistenza e, grazie a nuovi incontri, ci traghetta oltre.
E così il film segue la parabola della vita di Adele: ascendente nella prima parte, decisamente discendente nella seconda. Si confonde, strisciante, con la sabbia del fondale di quel mare dove si era immersa per scoprire fantastici e accecanti colori.
E veniamo alle famigerate scene di sesso, che hanno destato tanto scalpore e/o stupore; e mi hanno lasciato indifferente, perché le ho percepite “distaccate” dal contesto e per nulla appassionate, come un freddo reportage di guerra. Ben venga, invece, che finalmente qualcuno racconti una relazione d’amore tra donne del tutto verosimile. Così autentica, però, da risultare scontata per chi quella realtà, con i suoi cliché, già la conosce. E infine ho sofferto lo stile di regia, a parte l’utilizzo dell’odiosa camera a mano, non credo si possa reggere senza provare un filo di noia un film di tre ore montato a mezzi e primi piani, primissimi piani e particolari. L’effetto è di soffocamento: un nodo di cravatta legato troppo stretto.
Detto questo, il pensiero più profondo e partecipato torna alla povera Adele, che ha scritto sulla pelle ‘La canzone dell’amore perduto’, ma senza quell’ultima strofa: “…sarà la prima che incontri per strada che tu coprirai d’oro per un bacio mai dato, per un amore nuovo”.
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michele
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sabato 11 gennaio 2014
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una storia d'amore
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Palma d’oro al Festival di Cannes 2013, l’ultima fatica del regista tunisino Abdellatif Kechiche è stato il film di cui più si è parlato durante la stagione cinematografica appena conclusasi e di cui si continuerà a farlo nei mesi e negli anni a venire, tutte le volte che il tema dell’omosessualità ritornerà sul grande schermo, ma anche al di fuori di esso, semplicemente come tematica sociale nella vita di tutti i giorni. Ebbene si, dopo molti anni in cui vi si è dibattuto intorno e in cui il cinema ha fatto ampiamente la sua parte, con ‘La vita di Adele’ si è arrivati finalmente al film che si posiziona al di sopra di ogni pellicola preesistente sull’argomento.
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Palma d’oro al Festival di Cannes 2013, l’ultima fatica del regista tunisino Abdellatif Kechiche è stato il film di cui più si è parlato durante la stagione cinematografica appena conclusasi e di cui si continuerà a farlo nei mesi e negli anni a venire, tutte le volte che il tema dell’omosessualità ritornerà sul grande schermo, ma anche al di fuori di esso, semplicemente come tematica sociale nella vita di tutti i giorni. Ebbene si, dopo molti anni in cui vi si è dibattuto intorno e in cui il cinema ha fatto ampiamente la sua parte, con ‘La vita di Adele’ si è arrivati finalmente al film che si posiziona al di sopra di ogni pellicola preesistente sull’argomento. E’ un capolavoro il film di Kechiche, di recitazione prima, di regia poi. Tutta la storia è retta dalla giovane protagonista Adele (Adele Exarchopoulos) che scopre, dopo un rapporto sessuale con un ragazzo della sua età dal quale è rimasta insoddisfatta, la sua attrazione verso il sesso femminile. Avviene così l’incontro con Emma (Lea Seydoux), una studentessa di Belle Arti con la quale s’instaura presto una relazione. Nel secondo capitolo vedremo l’evolversi di questa storia. E’ tutto qui, narrativamente una storia piatta, ma di un’intensità disarmante. Quasi tre ore di primi e primissimi piani sui volti delle protagoniste, la regia sottolinea ogni espressione del volto delle due attrici, in particolare di Adele, niente è lasciato al caso e permette allo spettatore di immagazzinare qualunque sentimento che viene espresso dalla loro interpretazione, ma il merito maggiore del regista è quello di porre su un secondo piano, quasi invisibile, la tematica omosessuale della vicenda, per risaltare invece la purezza dell’amore che lega l’attrazione tra i due corpi. Si potrebbe ragionare addirittura in modo matematico, se infatti alla co-protagonista del film, Emma, sostituissimo un personaggio maschile, la storia non perderebbe né d’intensità, né di valore, né tantomeno di senso, come a dimostrare che quello che il film ci racconta non è una storia d’amore lesbo, ma molto più semplicemente una storia d’amore. Nessuna analisi sociale, niente moralismi e soprattuto alcuna descrizione di carattere psicologico sull’omosessualità, della famiglia di Adele ci viene mostrato poco ad esempio, qualche scena all’inizio, ma non sappiamo cosa pensano i suoi genitori della vita della figlia e di questa sua natura ‘diversa’, le amiche di scuola che all’inizio prendono in giro la loro compagna poi scompaiono del tutto dalla vicenda e rimangono solo loro due, Emma e Adele. Kechiche riesce ad isolare la vita delle due protagoniste da qualunque contesto ed è abilissimo a non cadere in quei cliché narrativi retorici e scontati nei quali era molto facile incappare e si concentra invece solamente nel condurci attraverso le varie fasi di un rapporto sentimentale, da quello della conoscenza e dell’imbarazzo iniziale, passando per la sua proiezione più intima che trova sfogo nel contatto dei corpi e nella liberazione della libido attraverso il sesso, fino a quello della convivenza e della ricerca di una maturazione. Forse mai, prima di adesso, si era riusciti a trattare un tema come questo in maniera, oserei dire ‘normale’, come una qualunque storia d’amore.
Michele Iovine
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gabriele marolda
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lunedì 13 gennaio 2014
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saffo in famiglia
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L'ultimo tango a Parigi , il film del 1972 del grande maestro della cinematografia Bernardo Bertolucci, subì la censura per la scena del burro, ritenuto offensivo della moralità pubblica non tanto per quel poco che lasciava vedere quanto per l'atto che veniva rappresentato, ritenuto dalla religione cattolica secondo i canoni allora imperanti contra naturam. Se la rivediamo oggi (se ne può avere il trailer su Google), Marlon Brando e Romy Schneider quasi interamente vestiti e ansimanti in una scomodissima posizione, sembra quasi goffa e persino penosa.
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L'ultimo tango a Parigi , il film del 1972 del grande maestro della cinematografia Bernardo Bertolucci, subì la censura per la scena del burro, ritenuto offensivo della moralità pubblica non tanto per quel poco che lasciava vedere quanto per l'atto che veniva rappresentato, ritenuto dalla religione cattolica secondo i canoni allora imperanti contra naturam. Se la rivediamo oggi (se ne può avere il trailer su Google), Marlon Brando e Romy Schneider quasi interamente vestiti e ansimanti in una scomodissima posizione, sembra quasi goffa e persino penosa. Eppure sappiamo dalle confessioni della compianta attrice che quella scena, che le sarebbe stata quasi estorta dal regista, portò in lei un segno indelebile che ne condizionò per sempre la psiche,
Ne La vita di Adele le due protagoniste si mostrano in in interminabile rapporto passionale, avendo quasi cura di consentire all'occhio dello spettatore di indugiare su tutte le parti solitamente coperte del loro giovane e sensuale corpo, anche la più intima. Sarebbe interessante conoscere quali siano state le reazioni dei genitori, parenti amici e se mai si pentiranno di essersi tanto concesse per questa specie di Kamasutra cinematografico per lesbiche.
Detto questo (come si abusa dire nei talk show), il film diretto dal tunisino Abdellatif Kechiche, meritoriamente premiato con la Palma d'oro al festival di Cannes, non trascende i confini dell'eros , tenendosi nell'accezione attuale del comune senso del pudore odierno, magari in età post adoloscenziale.
Adele è una quindicenne che vive a Parigi con i genitori medio-borghesi, trovando nei gustosi pranzi a base di pastasciutta al pomodoro i momenti di maggiore sintonia di interessi e affetti familiari. Frequenta un liceo classico e si dedica soprattutto ala letteratura. Avida di amicizie e di tutto ciò che può offrire la vita, non tarda ad approdare alla prima esperienza sessuale, concedendosi senza troppi dubbi ad un compagno per cui ha provato una certa attrazione. Pur avendo provato piacere, ma tura da quel momento un indefinibile senso di disagio che l'induce ad evitare altri incontri con dello stesso tipo con il giovane interdetto o con altri ragazzi, mentre avverte un vago turbamento di voluttà per un bacio fintamente saffico di una disinibita amica.
No, non sono lesbica grida con forza e rabbia ai compagni che la dileggiano perché hanno sospetto di una sua presenza in locale per omosessuali.
Ma quella ragazza dai capelli tinti di blu dall'aria tanto sicura di sé che l'aveva avvicinata ed offerto da bere, no, proprio non riesce a togliersela dalla mente.
Emma è una giovane artista che frequenta il corso di Belle Art; con il pretesto di averla come modella ne diverrà amica e presto amante.
Adele vivrà con convinzione la sua identità sessuale, accettandone anche i limiti dolorosi e il rischio della solitudine.
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gianniquaresima
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lunedì 21 aprile 2014
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amore-solo-amore :)
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Ero partito in negativo nel parlare e valutare il film di Kechiche. E per una questione prettamente di stile di regia, a me non piacciono troppo quei registi che mettono in scena dei movimenti di macchina che danno eccessivamente sul mosso e caotico. Ma, ( perché c’è sempre un ma ), a volte dipende dal film, e ci sono soggetti così belli e potenti che fanno passare in secondo piano certi stili e capacità di regia. Dopo 10 minuti di Adéle l’ho capito, e Pasolini docet, lo sappiamo tutti noi appassionati di cinema.
Non era certo Spielberg, la sua regia era parca ed essenziale, ma qualcosina di più marcata ed importante di altri professionisti ce l’ha senza dubbio lasciata.
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Ero partito in negativo nel parlare e valutare il film di Kechiche. E per una questione prettamente di stile di regia, a me non piacciono troppo quei registi che mettono in scena dei movimenti di macchina che danno eccessivamente sul mosso e caotico. Ma, ( perché c’è sempre un ma ), a volte dipende dal film, e ci sono soggetti così belli e potenti che fanno passare in secondo piano certi stili e capacità di regia. Dopo 10 minuti di Adéle l’ho capito, e Pasolini docet, lo sappiamo tutti noi appassionati di cinema.
Non era certo Spielberg, la sua regia era parca ed essenziale, ma qualcosina di più marcata ed importante di altri professionisti ce l’ha senza dubbio lasciata.
Il cinema italiano ha ricevuto, e ne sono certo contento, un riconoscimento importante, ( almeno così ritenuto dalla maggioranza dell’opinione pubblica ), con il film di Sorrentino, critico verso la bellezza vuota modaiola e fittizzia delle gens aristocratiche romane, ( un film che non mi entusiasma per come è stato costruito nei personaggi, a partire da Gambardella dittatore tra amici stereotipati, ma c’è di peggio in giro ). Certo però ci porta a riflettere sul come viene visto oggi il nostro cinema.
L’altro film sotto ai riflettori di un 2013 ancora all’insegna delle crisi è stato appunto e senza dubbio La vita di Adéle, vincitore a Cannes. Molte polemiche, forse il più criticato degli ultimi 10 anni, ma anche Pasolini ne ha ricevute a suo tempo.
E il film del regista Tunisino naturalizzato Francese è un prodotto a mio parere molto Pasoliniano. Ieri nelle borgate povere di Roma, oggi nei quartieri della media borghesia operaia, i tempi cambiano. Ha preso la telecamera ed ha iniziato a girare il suo film senza staccarsi mai dai suoi protagonisti. Come già detto scelta stilistica forse discutibile, ma il film lo esigeva. Chi è Adéle ? Come ce la fanno vedere ?
La critica più frequente al film è che è stato marchiato come un prodotto pornografico.
Troppe scene di sesso esplicito, ma ci si sofferma solo su di esse ? Un film che dura quasi 3 ore ( 175’ ), e nel quale ci sono forse 20 minuti in tutto in 5 scene di letto, ( nelle quali tra l’altro gli atti sessuali non sono evidenti come in un vero film porno ) mi sembra eccessivo bollarlo come ad un film pornografico. Poi l’altra critica è che dura troppo, ma ogni film fa storia a se, e a mio avviso la storia raccontata da Kechiche poteva durare anche 4 ore ! Quasi dispiace infatti a fine film vedere Adéle che se ne va senza sapere cosa succederà a lei nella vita.
E’ senza dubbio un film anche carnale, ma lo è di più quando Adéle convince i suoi amici e la sua amata della bontà dei suoi spaghetti alla Bolognese piuttosto che nelle scene di erotismo. Un omaggio forse inconsapevole al buon gusto della cucina italiana, una metafora forse cercata nel voler soddisfare tutti i sensi e le passioni. Ed il cibo, si sa………………………. !
Non è certo un film pornografico allora, ne un film volgare o violento, non è neanche snob o perbenista. Non c’è morbosità o morale. Gli eterosessuali sono più volgari ed intolleranti degli omosessuali, nei discorsi delle compagne di scuola di Adéle c’è infatti molta più trasgressione e violenza. La recitazione delle protagoniste è probabilmente una delle migliori dieci mai viste al cinema da quando sono nato, Adéle capisce ( e con molta sofferenza all’inizio ) che è attratta molto di più dalle donne che dagli uomini. Ha paura certo delle reazioni altrui ma non ha certo senso andare contro se stessi, contro quello che si è. E gli atti fisici nel voler “respirare”, sentire la sua amata e condividere con lei tutto quello che vuole, nel cuore e nel sesso, è totale.
Mi chiedo, allora, dove sta la pornografia ?? Forse molti se lo scordano, ma la pornografia è solo dello sport. Un modo come un altro per scaricare le energie in eccesso, ed in questo film non ci sono atti di perversione, di prestazioni agonistiche e record da battere. Forse per molti la perversione è il sentire attrazione per lo stesso sesso ?
No, la perversione non è questo, è un'altra cosa. E quando non è dannosa per gli altri prima, e per se stessi poi, non è male neppure quella.
Adéle passa dalle scene di amore con la sua Emma alla vita con i suoi, con i compagni di classe. Ma soprattutto con i suoi bambini dell’école Maternelle, che adora, il lavoro che vorrebbe fare nella sua vita. Entra certamente anche nei locali Gay, dove c’è anche la trasgressione, ovvio, ma lei non trasgredisce affatto. Lei vive, semplicemente, la sua condizione. Infatti è infastidita da alcune amiche di Emma che scherzano sulla sua ancora immaturità di lesbica. E Adele tradisce Emma proprio per questo, perché pur amando solo lei, ancora sente attrazione anche per gli uomini.
Solitamente io non sono d’accordo con le locandine dei film, nelle quali si scrive di tutto e di più. Ma questa volta si, ho letto didascalico “un film definitivo sull’amore”, e sono d’accordo. Come posso dire che è un film universale, e non solo da intellettuali Francesi come ho letto da qualche parte. Non i soliti spaghetti-western in senso metaforico e globale.
Poi il rispetto per tutti ci impone di capire il perché qualcuno lo ha percepito solo come un film pornografico o per meglio dire, provocatorio. Non tutti abbiamo le stesse sensibilità e parametri morali, ed etici. E’ un film però che io, personalmente, consiglierei a tutti di vedere. Accettandone poi tutte le reazioni possibili, e per me non è un film pornografico.
Di film davvero belli se ne fanno sempre di meno ( ed è anche fisiologico, le idee ce ne sono sempre di meno ), La vita di Adéle merita per me tutta l’attenzione possibile.
Come ha meritato il riconoscimento a Cannes.
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gianleo67
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domenica 27 aprile 2014
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adele...una storia d'amore
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Adolescente inquieta e bulimica, Adele attraversa le difficili e complicate fasi di una scoperta sessuale e sentimentale che la portano dalle braccia di un giovane compagno di scuola a quelle di una più matura studentessa d'arte con cui scoprirà inclinazioni e preferenze di una inconfessata omosessualità.
Finito il liceo ed iniziato un percorso nel mondo del lavoro come educatrice d'infanzia, si accorgerà che la convivenza con la sua nuova compagna riserva le ordinarie difficoltà di una vità di coppia tra incomprensioni professionali, tradimenti sentimentali e solitudine emotiva che la porterà a rompere il rapporto ed a ricostruire dall'inizio la sua esistenza e la sua identità di donna libera e indipendente.
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Adolescente inquieta e bulimica, Adele attraversa le difficili e complicate fasi di una scoperta sessuale e sentimentale che la portano dalle braccia di un giovane compagno di scuola a quelle di una più matura studentessa d'arte con cui scoprirà inclinazioni e preferenze di una inconfessata omosessualità.
Finito il liceo ed iniziato un percorso nel mondo del lavoro come educatrice d'infanzia, si accorgerà che la convivenza con la sua nuova compagna riserva le ordinarie difficoltà di una vità di coppia tra incomprensioni professionali, tradimenti sentimentali e solitudine emotiva che la porterà a rompere il rapporto ed a ricostruire dall'inizio la sua esistenza e la sua identità di donna libera e indipendente.
Dalle 'strisce' del romanzo a fumetti 'Il blu è un colore caldo' di Julie Maro e da questa sconfessato, l'eccentrico regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche trae questa fluviale 'histoire de l'amour libre' che cerca la verità dei sentimenti tra le pieghe di una cronaca adolescenziale di formazione e di coraggio, sviluppando il discorso cinematografico lungo le consolidate direttrici di un cinema francese da sempre attento al realismo della messa in scena ed alle sottili declinazione della psicologia amorosa.
Tallonando da presso la sua protagonista (la giovane rivelazione Adèle Exarchopoulos) con gli implacabili piani stretti di un esasperato realismo descrittivo che, spesso e volentieri, nulla concede all'immaginazione dello spettatore, Kechiche sembra organizzare la struttura del racconto con i prevedibili scarti di una iterazione narrativa che dalle cene 'dai genitori' porta alla piacevole e ansimante ginnastica del dopocena e dalle feste tra amici alle 'scene da un matrimonio' tra nubili che prelude alla ineluttabile (tragica?) fine del menage amoroso fino ad un finale interdetto e aperto dove dominano disincanto sentimentale ed amarezza sociale; come dire: la condivisione della passione omo(sessuale) non è un legame altrettanto forte delle insanabili differenze di cultura e di casta. Forse eccessivamente semplicistico (ma è un limite più di scrittura che di regia) nel liquidare questa evoluzione sentimentale di una 'eroina dei nostri tempi' entro uno spaccaso sociale multiculturale sì, ma pur sempre omofobo, come un sofferto percorso di formazione giovanile che trova momenti di verità e poesia più nelle appassionate discussioni scolastiche e letterarie (dal romanzo epistolare di Marrivaux alla prosa 'oggettivistica' di Ponge, dall'Antigone di Sofocle alla enigmatica molteplicità del discorso poetico: "La poesia del poeta serve per dire queste cose e mille, mille altre cose: non c'è bisogno di capirle") che nelle esplicite e insistite scene di amore lesbico, pure perfettamente funzionali alla storia. Rimane su tutto l'impressione di un certo distacco emotivo che la neutralità della cifra realista sembra paradossalmente conferire alla storia (assenza quasi totale di musiche extra-diegetiche e di teatralità recitativa), ma sembra il giusto prezzo da pagare per un rigore registico che dà comunque buoni frutti. Attori giovani, carini e...impegnati. Forse eccessivo entusiasmo al Festival di Cannes 2013 (Palma d'oro) ma, visti i film in concorso, va bene così.
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angelo umana
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domenica 2 novembre 2014
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la crescita e la scoperta della propria sessualità
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Però, Kechiche, un film da 2 ore e 53’, è comunque un tributo dello spettatore. Il film si fa attendere, vedere, si sa che un senso ci deve essere, saranno poi la crescita della 18enne Adèle e la scoperta della sua omosessualità? Ma è un tributo che si può dare a Kechiche, autore degli interessanti Cous-Cous (2007) e Venere Nera (2010), e questo su Adèle è Palma d’Oro a Cannes 2013. Ha la stessa atmosfera intimistica di Cous-Cous, la macchina da presa puntata quasi ossessivamente su Adèle che cresce, quasi a far cogliere i segni del crescimento attimo per attimo, le sue emozioni recondite che ci si aspetta vengano fuori nel viso.
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Però, Kechiche, un film da 2 ore e 53’, è comunque un tributo dello spettatore. Il film si fa attendere, vedere, si sa che un senso ci deve essere, saranno poi la crescita della 18enne Adèle e la scoperta della sua omosessualità? Ma è un tributo che si può dare a Kechiche, autore degli interessanti Cous-Cous (2007) e Venere Nera (2010), e questo su Adèle è Palma d’Oro a Cannes 2013. Ha la stessa atmosfera intimistica di Cous-Cous, la macchina da presa puntata quasi ossessivamente su Adèle che cresce, quasi a far cogliere i segni del crescimento attimo per attimo, le sue emozioni recondite che ci si aspetta vengano fuori nel viso.
Vi sono lunghissime scene di sesso tra Adèle (Adèle Exarchopoulos) e la sua amica artista Emma (Léa Seydoux), nelle prime due ore dedicate alla presentazione dell’ambiente, all’introspezione su Adèle e alla contemplazione dei due bellissimi corpi di ragazze quasi adolescenti, se due ore vi sembran poche. E’ un sesso delicato però, fatto di baci e di corpi che si prendono in modo molto softly. Che contrasto con l’omosessualità maschile e spiccia, violenta, de “Lo sconosciuto del lago”.
Marco Chiani scrive di Kechiche sul sito di mymovies di un’esistenza presa di petto dai suoi personaggi. Anche nel momento in cui soccombono e possono solo abbandonarsi agli scherzi del destino. Succede però che nella vita dell’adolescente che sboccia, Adèle, i momenti di soccombenza
- quando viene liquidata dal grande amore Emma ad esempio - vengono riempiti con succedanei, amici maschi che la corteggiano e a cui si concede in parte, perché è sola, perché non si può star soli a quell’età, perché le lacrime silenziose o pronunciate la scuotono.
Era un amore vero tra Adèle e Emma. Questa però va per un’altra vita, più glamour, circondata da un’altra amante, Lise, e da ammiratori dei suoi quadri, nudi in cui lei ha ritratto Adèle del resto. Ha letteralmente cacciato di casa bruscamente e con una certa sufficienza la giovane protagonista, perché questa si accontenta solo di averla accanto, è soddisfatta del “semplice” impiego di maestra d’asilo, sta bene coi bambini. E l’asilo e i bambini sono l’unica cosa che le resta, la famiglia l’ha lasciata da tempo, ma le famiglie delle due sono semplici riempitivi nel film. Così pure sono dei riempitivi i numerosi parties e ritrovi tra amici, gente erudita o semplici ex-compagni di scuola, occasioni invero un po’ stucchevoli.
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[+] epilogo
(di angelo umana)
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onufrio
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mercoledì 9 dicembre 2015
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adele e l'amore
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In quasi tre ore di film (abbastanza pesantuccio), il regista Abdel Kechiche ci descrive la vita sentimentale della giovane Adele in un periodo complicato di crescita e maturazione della donna, passando dalla "scuola alla scuola", ovvero da studentessa a maestra. L'incontro con Emma (Lea Seydoux) metterà sottosopra le poche certezze di Adele, fra le due ragazze sboccia l'amore, un amore vero, un amore sincero raffigurato anche da delle lunghe scene di sesso. Ma col passare degli anni qualcosa sembra rompersi nella coppia. Un film senz'altro ben strutturato che esamina con minuziosità il personaggio principale; sconfitto agli Oscar soltanto da "La Grande Bellezza" di Sorrentino, altro genere e secondo me altro livello.
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In quasi tre ore di film (abbastanza pesantuccio), il regista Abdel Kechiche ci descrive la vita sentimentale della giovane Adele in un periodo complicato di crescita e maturazione della donna, passando dalla "scuola alla scuola", ovvero da studentessa a maestra. L'incontro con Emma (Lea Seydoux) metterà sottosopra le poche certezze di Adele, fra le due ragazze sboccia l'amore, un amore vero, un amore sincero raffigurato anche da delle lunghe scene di sesso. Ma col passare degli anni qualcosa sembra rompersi nella coppia. Un film senz'altro ben strutturato che esamina con minuziosità il personaggio principale; sconfitto agli Oscar soltanto da "La Grande Bellezza" di Sorrentino, altro genere e secondo me altro livello. W l'Italia!
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catcarlo
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mercoledì 22 gennaio 2014
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la vita di adele
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Una storia d’amore. Che nasce per uno sguardo casuale in una piazza affollata, esplode di inarrestabile passione, poi inizia a raffreddarsi tra routine e piccoli malintesi, infine si conclude con amarezza a causa di nuove attrazioni anche se il legame fatica a spezzarsi. Adele è una liceale di Lilla che vive le incertezze proprie della sua età, tra una famiglia che non ne intuisce il difficile momento e una scuola di periferia animata però da insegnanti appassionati che ne alimentano l’amore per la letteratura. La sua omosessualità si disvela incrociando Emma, più vecchia di lei di qualche anno, proprio mentre sta andando all’appuntamento con un ragazzo: quando la ritrova in un bar per lesbiche dove è finita un po’ per caso e un po’ no,.
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Una storia d’amore. Che nasce per uno sguardo casuale in una piazza affollata, esplode di inarrestabile passione, poi inizia a raffreddarsi tra routine e piccoli malintesi, infine si conclude con amarezza a causa di nuove attrazioni anche se il legame fatica a spezzarsi. Adele è una liceale di Lilla che vive le incertezze proprie della sua età, tra una famiglia che non ne intuisce il difficile momento e una scuola di periferia animata però da insegnanti appassionati che ne alimentano l’amore per la letteratura. La sua omosessualità si disvela incrociando Emma, più vecchia di lei di qualche anno, proprio mentre sta andando all’appuntamento con un ragazzo: quando la ritrova in un bar per lesbiche dove è finita un po’ per caso e un po’ no,. ci vuole poco perché il rapporto diventi intensamente fisico e, per lungo tempo, si trasformi in una simbiosi allo stesso tempo totalizzante e liberatoria. Quando però Adele cresce e corona il suo sogno di insegnare all’asilo – inizia qui la seconda parte del film - si presentano nuove opportunità che finiranno per allontanare le due ragazze: i capelli di Emma - non più studentessa d’arte, ma pittrice - non sono più blu come nella prima parte e sono il simbolo della normalizzazione. Malgrado una scenataccia di gelosia che soffoca nella culla il rapporto dell’amante con un collega, è proprio Emma a rifarsi presto una vita con una nuova compagna, mentre Adele – più fragile – resta a fare i conti con il vuoto nella sua vita e una brace che non si vuole spegnere. L’idea che ci vogliano tre ore per raccontare una storia all’apparenza banale potrebbe spaventare, eppure – a parte una scena di sesso da circa otto minuti francamente pletorica (però, nel caso scappasse la pipì…) - il franco tunisino Kechiche gira un film in cui non si avverte il passare del tempo grazie a una capacità di raccontare con levità che rende estremamente scorrevole il passare dei minuti. Il tran-tran della vita quotidiana – la scuola, la famiglia, il lavoro – è reso interessante da un notevole cura per il particolare e, soprattutto, grazie a un’attenzione assidua per i volti e gli sguardi, con una speciale predilezione per quelli di Adèle Exarchopoulos, indagata da mille primi piani quando è sveglia e anche quando è addormentata con l’utilizzo di materiale girato fuori scena per accentuare l’autenticità. Il soggetto è tratto da un fumetto di Julie March, ma il regista e lo co-sceneggiatrice Ghalia Lacroix ne hanno eliminato qualsiasi effetto melodrammatico per raccontare una vicenda che dimostra che, se ogni amore è diverso a modo suo, tutti possono essere interessanti da raccontare (ma bisogna esserne capaci, ovviamente, come nelle delicatissime scene al parco quando il sentimento si dischiude) e non importa se il sesso dei due componenti la coppia sia uguale o diverso. Curiosamente, la questione che ha smosso la chiacchiera attorno al film viene ben presto accantonata durante la visione perché l’attenzione è attratta da aspetti più intriganti, dimostrando che spesso lo scandalo è nella mente di chi guarda: Kechiche sta dalla parte dei suoi personaggi e si limita a mostrare le reazioni delle persone attorno alle due ragazze limitandosi a indicare i due estremi del rifiuto un po’ ipocrita da parte delle compagne di scuola e della serena accettazione nella famiglia di Emma. Ne esce un film che unisce qualità narrativa e grande densità emotiva sprigionando un fascino sottile che si infila sottopelle e cresce con il passare del tempo dopo che i titoli di coda sono finiti: non è perfetto – c’è qualche lungaggine, le scene di sesso sono troppe e allentano la tensione, il rapporto di Adele con i genitori è inconsistente, il salto all’età adulta troppo brusco – ma si tratta di difetti ben lontani dall’inficiare la qualità complessiva che è stata con merito premiata a Cannes. Così come è giusto che sia stata riconosciuta la bravura delle due attrici che sono sempre al centro della scena – il resto del cast fa tappezzeria – protagoniste di un impegnativo tour de force da cui escono come meglio non si potrebbe disegnando due figure molto concrete, magari non particolarmente simpatiche ma estremamente reali (‘niente trucco sul set!’ pare abbia ordinato il burbero regista e la povera Léa Seydoux è stata costretta a studiare Brando e Dean per tirar fuori la propria parte maschile).
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alexander 1986
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lunedì 24 febbraio 2014
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il blu è un colore caldo, le luci rosse fredde,
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Adele (Exarchopuolos), adolescente bella e timida, conosce l'amore che non osa dire il proprio nome; complice una misteriosa creatura dai capelli blu di nome Emma (Seydoux). Le due ragazze vivranno affetto e passione come ogni coppia normale, con i suoi alti e i suoi inevitabili bassi.
'Liberamente ispirato' (chissà cosa significhi) al fumetto 'Il blu è un colore caldo' (2010) di Julie Maroh, 'La vita di Adele' è come un bicchiere di whisky d'annata: lo bevi, ti fai stordire dalla sua carica di sensualità e poi non ci pensi più. Non sussiste una ragione concreta per cui questo film dovesse trionfare a Cannes 2013 a danno de 'La grande bellezza' di Sorrentino, e neppure un motivo per cui qualcuno dovrebbe ricordarsene a distanza d'anni.
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Adele (Exarchopuolos), adolescente bella e timida, conosce l'amore che non osa dire il proprio nome; complice una misteriosa creatura dai capelli blu di nome Emma (Seydoux). Le due ragazze vivranno affetto e passione come ogni coppia normale, con i suoi alti e i suoi inevitabili bassi.
'Liberamente ispirato' (chissà cosa significhi) al fumetto 'Il blu è un colore caldo' (2010) di Julie Maroh, 'La vita di Adele' è come un bicchiere di whisky d'annata: lo bevi, ti fai stordire dalla sua carica di sensualità e poi non ci pensi più. Non sussiste una ragione concreta per cui questo film dovesse trionfare a Cannes 2013 a danno de 'La grande bellezza' di Sorrentino, e neppure un motivo per cui qualcuno dovrebbe ricordarsene a distanza d'anni. Pardon, a parte uno: le frequenti e generose nudità e scene di sesso porno-soft, di cui una particolarmente lunga (5 minuti); niente di volgare, per carità, tuttavia stare fermi a guardare due ragazze che si danno da fare senza colonna sonora così a lungo diventa noioso anche per un pervertito. Per il resto la trama non ha alcun elemento di originalità, anzi sembra cercarla, la non-originalità: quella di Adele è la storia comunissima di una ragazza comune. Rien ne va plus. Una sorta di documentario narrativo sullo stile dei precedenti lavori del regista franco-tunisino A. Kechike, autore fra gli altri del bel 'Cous Cous' (2007). Solo che qui, nel voler dimostrare a tutti i costi quanto sia 'normale' l'amore omosessuale in tutte le sue sfaccettature, il risultato non può che essere una normalità finta, a suo modo convenzionale, priva di quel carattere di 'rottura' che solo può dare senso a un'opera d'arte di qualsivoglia natura. Insomma: 'La vita di Adele' si propone come un film rivoluzionario sulla libertà del corpo e dell'anima, e invece si rivela più conservatore e chiuso di quelli contro cui si oppone.
L'unico elemento che tiene incollati allo schermo per le due ore e mezza del film è il fascino delle due protagoniste (in particolare della Seydoux, una che farà strada). Se le due attrici fossero state meno brave e avvenenti; se la storia avesse riguardato un amore omosessuale maschile; se lo stesso amore in questione fosse stato di tipo 'convenzionale', ovvero tra uomo e donna; ebbene, questa 'Vita di Adele' non avrebbe suscitato tanti consensi e nessuno avrebbe pensato di promuoverla come è stata promossa nell'ultimo anno.
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mareincrespato70
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mercoledì 3 dicembre 2014
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il talento di kechiche ci racconta l'adolescenza
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Viaggio intorno all'adolescenza, ma vista con sguardo acutamente prospettico, con i suoi tremori, le scoperte, le iniziazioni, gli entusiasmi accesi e sopiti, le indecisioni che caratterizzano questa fase della vita, ponte verso l'età adulta.
Ma soprattutto introduzione carnale alla scoperta della sessualità, ma senza facili catalogazioni ordinarie, evitando i pregiudizi facili e frequenti delle nostre ipocrite società.
Ancora una volta il regista franco-tunisino Kechiche attinge alla sua empatica capacità registica (ricordiamo ancora con piacere i suoi “La schivata” e lo splendido “Cous Cous”), e ci narra il “viaggio” di Adèle, quindicenne appassionata di letteratura, colta, introversamente alla ricerca di se stessa e delle strade da percorrere, difficili da scegliere quando, in maniera non omologata, si incontrano curiosità sessuale ed adolescenza, quando i contorni della vita non sono definiti.
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Viaggio intorno all'adolescenza, ma vista con sguardo acutamente prospettico, con i suoi tremori, le scoperte, le iniziazioni, gli entusiasmi accesi e sopiti, le indecisioni che caratterizzano questa fase della vita, ponte verso l'età adulta.
Ma soprattutto introduzione carnale alla scoperta della sessualità, ma senza facili catalogazioni ordinarie, evitando i pregiudizi facili e frequenti delle nostre ipocrite società.
Ancora una volta il regista franco-tunisino Kechiche attinge alla sua empatica capacità registica (ricordiamo ancora con piacere i suoi “La schivata” e lo splendido “Cous Cous”), e ci narra il “viaggio” di Adèle, quindicenne appassionata di letteratura, colta, introversamente alla ricerca di se stessa e delle strade da percorrere, difficili da scegliere quando, in maniera non omologata, si incontrano curiosità sessuale ed adolescenza, quando i contorni della vita non sono definiti.
Film notevole, meritata palma d'oro a Cannes 2013, che ha una sincera forza nella sua anti-convenzionalità, con una macchina da presa che ci “parla” attraverso la lettura degli sguardi, dei volti, delle espressioni mimiche degli attori, tra i quali si staglia la figura della protagonista, una straordinaria Adèle Exarchopoulos, che asseconda la sua bellezza vorace con un'interpretazione sorprendentemente matura, indimenticabile per la sua intensità. Bravissima anche Léa Seydoux che interpreta Emma, la ragazza-adulta dai capelli blu. Scene efficaci e senza fronzoli, dialoghi serrati, e sessualità esibita, per lunghi minuti, con una carnalità senza compromessi, ma priva di compiacimento, di ipocrisia, con la genesi e lo sviluppo dell'amore saffico come, credo, mai si era visto al cinema, perlomeno a questi livelli autoriali.
La partecipata umanità di Kechichè si sposa con il suo talento di regista contemporaneo, per niente impaurito dal percorrere strade non convenzionali, colpo al cuore per i moderni benpensanti.
Cinema d'autore ai massimi livelli, contro l'instupidimento contemporaneo della sessualità confezionata e versus quel tipo di cinema-quasi-appendice visiva e sonora dei pop-corn in sala.
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