lovemovies
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domenica 29 ottobre 2023
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anche i killer hanno un''anima
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Salvo è un killer abituato ad uccidere. La volta che si introduce in una casa per eliminare un uomo, si accorge che lì presente c'è anche una ragazza, non vedente. Salvo rimane profondamente turbato dalla sua figura. La ragazza è Rita, sorella dell'uomo appena ammazzato. Il killer decide di risparmiarle la vita, la porta via con sé e si presta ad aiutarla, energicamente ma anche con inconsueta tenerezza. Lei, stimolata da Salvo, inizia gradatamente a riacquistare il dono della vista. La scelta di non eliminare la ragazza non poteva però essere tollerata e sfuggire alla rabbia del mandante dell'omicidio, ma Salvo, ormai affascinato da Rita, non intende arrendersi e, tanto meno, consegnare Rita e sacrificarla a certa agonia per salvare sé stesso.
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Salvo è un killer abituato ad uccidere. La volta che si introduce in una casa per eliminare un uomo, si accorge che lì presente c'è anche una ragazza, non vedente. Salvo rimane profondamente turbato dalla sua figura. La ragazza è Rita, sorella dell'uomo appena ammazzato. Il killer decide di risparmiarle la vita, la porta via con sé e si presta ad aiutarla, energicamente ma anche con inconsueta tenerezza. Lei, stimolata da Salvo, inizia gradatamente a riacquistare il dono della vista. La scelta di non eliminare la ragazza non poteva però essere tollerata e sfuggire alla rabbia del mandante dell'omicidio, ma Salvo, ormai affascinato da Rita, non intende arrendersi e, tanto meno, consegnare Rita e sacrificarla a certa agonia per salvare sé stesso. I due fuggono da un vecchio fabbricato dove avevano trovato rifugio. Salvo è stato tuttavia ferito gravemente e deve rinunciare a proseguire la fuga. Rita rifiuta però di imbarcarsi sul traghetto che potrebbe portarla in poco tempo nel continente, dove rifarsi una vita. Non abbandona questo assassino, con lei tanto premuroso, e gli rimane accanto sino a quando lui esala l'ultimo respiro.
Il film è senza dubbio coinvolgente. La regia del duo Antonio Piazza e Fabio Grassadonia si rivela sorprendente, a maggior ragione in quanto si tratta di film d'esordio. La storia ha come brillante colonna sonora il brano “Arriverà” dei Modà, ma, a proposito del sonoro, occorre sottolineare la presenza, costante, di rumori, assordanti o appena percettibili, scoppiettanti o ripetitivi, che sempre accompagnano la visione del film: porte che si aprono con cigolii laceranti, rombi di motori, lamiere contorte, voci concitate. Viene da pensare che l'utilizzo così intenso dei rumori serva a far meglio comprendere allo spettatore, come e dove possa aggrapparsi Rita per combattere il buio della propria esistenza: un buio fisico, per la vista che non c'era, ma certamente anche un buio esistenziale, avvolta dalla solitudine nella quale viveva, allietata soltanto da una canzone di successo.
Saleh Bakri interpreta il ruolo del killer gentile con puntuale recitazione. Sara Serraiocco è infinitamente splendida e la lunga sequenza iniziale la conferma straordinaria attrice.
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dandy
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lunedì 27 aprile 2020
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l'amore è proprio cieco...
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Il debutto dei due registi è un film dalle tematiche note,ma comunque interessante e decisamete riuscito.Lo stile è freddo e asciutto,con una fotografia prevalentemente scura(di Daniele Ciprì) e lunghi piani sequenza(notevole quello nel prologo,con l'ingresso del protagonista nella casa del mandante traditore).Ed è convincente lo sviluppo dell'amore tra i protagonisti.Ben sfruttati gli attori,a cui vengono fatti pronunciare pochi dialoghi,e del protagonista non viene mostrato il volto per la prima mezz'ora.Sapiente l'uso del sonoro.Bello anche il finale,solo in parte tragico.Non per tutti,vista la quasi totale mancanza di azione e certe scelte azzardate(le riprese in notturna a visibilità quasi zero),ma sicuramente non convenzionale e degno di nota.
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Il debutto dei due registi è un film dalle tematiche note,ma comunque interessante e decisamete riuscito.Lo stile è freddo e asciutto,con una fotografia prevalentemente scura(di Daniele Ciprì) e lunghi piani sequenza(notevole quello nel prologo,con l'ingresso del protagonista nella casa del mandante traditore).Ed è convincente lo sviluppo dell'amore tra i protagonisti.Ben sfruttati gli attori,a cui vengono fatti pronunciare pochi dialoghi,e del protagonista non viene mostrato il volto per la prima mezz'ora.Sapiente l'uso del sonoro.Bello anche il finale,solo in parte tragico.Non per tutti,vista la quasi totale mancanza di azione e certe scelte azzardate(le riprese in notturna a visibilità quasi zero),ma sicuramente non convenzionale e degno di nota.Da recuperare.
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brian77
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sabato 14 marzo 2015
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non va
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Rivisto (parzialmente) a distanza di tempo... è ancora peggio della prima volta. Se si fa un piano sequenza bisogna che sia efficace, sia formalmente che narrativamente. Insomma, devi usarlo per dire qualcosa. Invece qui c'è un pianoseuqenza lunghissimo, interminabile, che è stato celebrato ai festival dai sostenitori dei registi per l'unico motivo che c'è, che lo hanno fatto, che è lungo... Ma è pessimo! Lo spettatore a metà si mette a pensare ai fatti propri, non ha forza né coerenza formale, non ha efficacia narrativa. E' solo la testimonianza di due registi che hanno detto qui ci piazziamo un bel pianosequenza lunghissimo che dà nell'occhio così gli allievi dei Dams dicono ammazza ci hai messo un pianosequenza, vuol dire che sei un artista.
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Rivisto (parzialmente) a distanza di tempo... è ancora peggio della prima volta. Se si fa un piano sequenza bisogna che sia efficace, sia formalmente che narrativamente. Insomma, devi usarlo per dire qualcosa. Invece qui c'è un pianoseuqenza lunghissimo, interminabile, che è stato celebrato ai festival dai sostenitori dei registi per l'unico motivo che c'è, che lo hanno fatto, che è lungo... Ma è pessimo! Lo spettatore a metà si mette a pensare ai fatti propri, non ha forza né coerenza formale, non ha efficacia narrativa. E' solo la testimonianza di due registi che hanno detto qui ci piazziamo un bel pianosequenza lunghissimo che dà nell'occhio così gli allievi dei Dams dicono ammazza ci hai messo un pianosequenza, vuol dire che sei un artista... Spero che i due registi prima o poi facciano un film vero, non un'esibizione di stile.
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astromelia
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sabato 31 maggio 2014
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morale
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proprio la storia non sta in piedi ma sarebbe spietatatamente lungo soffermarsi,se ne trae una bella fotografia,un gran "pezzo"l'attore protagonista,ma la sostanza ristagna,noiose le lungaggini sceniche,piuttosto improbabile il miracolo della vista riacquistata e che alla fine la ragazza si trascini dietro l'uomo ferito per portarselo a casa? semmai il film rispecchia la vendetta lenta e inesorabile a cui l'uomo è sottoposto alla fine ma il tutto scricchiola assai
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sherkat
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mercoledì 7 maggio 2014
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cinema o tecnica cinematografica?
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Al di lá del pubblico appassionato ed esperto, esiste purtroppo il pubblico e basta. Quel pubblico, cioè, che va al cinema per assistere a qualcosa di interessante, magari proprio in base alle recensioni della critica "illuminata".
La locandina di "Salvo" promette un film d'azione prodotto da registi esordienti e interpretato da attori sconosciuti.
Il valore aggiunto è quello della critica più che positiva unita a premiazioni prestigiose come il Grand Prix de la Semaine de la Critique del Festival di Cannes.
Il risultato è invece quello di un film esasperatamente lento, non privo di tecnicismi di pregio, ma pur sempre molto, molto lento.
Il pubblico ordinario, quello non composto da aspiranti cineasti né da allievi di fotografia cinematografica, sarà deluso da una trama ordinaria, da un soggetto per nulla originale e da un cast di attori sfingei, mutacici e rigidi.
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Al di lá del pubblico appassionato ed esperto, esiste purtroppo il pubblico e basta. Quel pubblico, cioè, che va al cinema per assistere a qualcosa di interessante, magari proprio in base alle recensioni della critica "illuminata".
La locandina di "Salvo" promette un film d'azione prodotto da registi esordienti e interpretato da attori sconosciuti.
Il valore aggiunto è quello della critica più che positiva unita a premiazioni prestigiose come il Grand Prix de la Semaine de la Critique del Festival di Cannes.
Il risultato è invece quello di un film esasperatamente lento, non privo di tecnicismi di pregio, ma pur sempre molto, molto lento.
Il pubblico ordinario, quello non composto da aspiranti cineasti né da allievi di fotografia cinematografica, sarà deluso da una trama ordinaria, da un soggetto per nulla originale e da un cast di attori sfingei, mutacici e rigidi.
Non mancano i soliti stereotipi mafiosi, come quello del capo clan tipicamente vecchio e grottesco, scimmiottante i personaggi archetipi dei film di Scorsese.
Non manca un attore di prestigio come Lo Cascio, arruolato nel cast come specchietto per le allodole, ma con un ruolo insignificante.
Non manca infine il solito cliché del protagonista spietato e tenebroso che si innamora della solita ragazza indifesa tanto da sacrificarle l'estremo gesto.
Un film con una stupenda tecnica fotografica ma privo di interesse per chi il cinema lo vuole solo godere.
Su un piano puramente contabile, non stupisce che, a fronte del milione di euro di costo, questo film abbia realizzato un incasso totate di meno di 160.000 €.
Lo sconsiglio vivamente al grande pubblico.
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riccardo tavani
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venerdì 17 gennaio 2014
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una canzone, una pistola tra polvere e ombra
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Film di poche parole, parecchia penombra, polvere, ruggine e ferraglia, Scenario la Sicilia e la lotta spietata tra cosche locali. Salvo, il protagonista del titolo, è il micidiale, efficientissimo killer di uno dei boss dominanti. Lui è la sua pistola.
Rita, invece, la sorella del capo-clan avverso, è cieca. Conta le banconote che il fratello scarica quotidianamente in casa e ascolta sempre la struggente “Arriverà” cantata dai Modà con Emma. La canzone da sola costituisce l’intera colonna sonora del film.
L’incontro tra i due fa scoccare un miracolo. Il miracolo, però, non è quello esplicitamente mostrato dal racconto, quanto quello della brusca interruzione del nulla in cui stagnano le loro rispettive esistenze. Jacques Derrida nelle sue “Memorie di un cieco” spiega la relazione tra vista, accecamento e pianto, il quale è quella particolare modalità nella quale si esprime la commozione, la compartecipazione al dolore, allo strazio altrui.
Il protagonista di questo film è il simbolo di chi pur vedendo in realtà non vede proprio niente e neanche sa di non vedere. Se Rita deve riacquistare miracolosamente la vista, Salvo, al contrario deve perderla, accecarsi, per vedere finalmente qualcosa. Deve perdere, radere al suolo, fino al confine del buio il vecchio modo di percepire visivamente la realtà. Il vero miracolo al quale vuole alludere il film è proprio la perdita della vista da parte di Salvo, proprio per cominciare a intravedere finalmente qualcosa nell’ombra impenetrabile della sua vita. Un cane eternamente al guinzaglio e abbaiante, nel cortile della squallida pensione familiare in cui dorme, diventa improvvisamente per Salvo l’immagine vera di se stesso.
Il conflitto tra vecchio e nuovo sguardo si pone sempre in termini di inconciliabile tragicità, come già nel mito della caverna di Platone. L’uomo che ridiscende nell’ombra degli altri uomini, dopo aver visto la vera luce del mondo, sa di mettere drammaticamente in gioco la propria vita. Anche Salvo ora lo sa, ma ormai non può più sottrarsi al destino che è anche inciso nel suo nome: Salvatore.
Il buio della vecchia prigione fraterna nella quale era relegata appare ora chiara a Rita, proprio attraverso quella nuova prigione in cui la scaraventa Salvo. Il buio come mancanza, privazione della luce dei sentimenti. La canzone dei Modà all’inizio dice: “Piangerai, come pioggia piangerai e te ne andrai”; poi nel finale del ritornello ripete: “Penserai che la vita è ingiusta e piangerai”. La luce del sentimento per Rita si esprime come acuto atto di compassione nei confronti del suo carceriere-salvatore. Scrive Derrida: “Nel momento in cui velano la vista, le lacrime sembrano svelare il proprio dell’occhio… non vedere, ma piangere”. La compattezza, la densità drammatica di questo film è portata all’acme proprio dalla impossibilità di una redenzione, di un riscatto finale. Quel velo di pianto e compartecipazione allo strazio ci fanno sentire, però, tutto il lancinante bisogno di tale possibilità di riscatto per la condizione umana. L’occhio, come la luce di cui è simbolo, permette di vedere ma non si lascia a sua volta vedere. Lo schermo del pianto come una pellicola cinematografica lo svela.
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angelo umana
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venerdì 19 luglio 2013
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mafia o semplice mal-vivenza?
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Con tutto il rispetto per i titolisti i commentatori e i giornalisti specializzati (?): quando mai nel film si parla di mafia. Ho perso i primi 10' e posso sbagliarmi e, cosa c'entra il termine "poliziesco" di cui parla Gabriele Niola????.
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angelo umana
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venerdì 19 luglio 2013
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"arriverà" l'amore?
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La bella canzone dei Modà e Emma, “Arriverà”, di un amore perduto e poi ritrovato, è presente in varie fasi del film e diventa, oltreché un filo conduttore, qualcosa di intimo, privato dei due protagonisti Rita e Salvo. Lui è il killer di un’organizzazione criminale, un “cleaner” - ma non così clean come Jean Reno in Léon – che compie missioni omicide su incarico del suo boss, vive in incognito in Sicilia (per quanto in quell’isola si possa vivere in incognito), in località segreta e accudito di tutto punto da due camerieri, freddo e di poche parole, votato unicamente a quel mestiere. Cinico e solo non dispone nemmeno della doppia vita che conduceva un’altra recente esecutrice, “Miele”.
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La bella canzone dei Modà e Emma, “Arriverà”, di un amore perduto e poi ritrovato, è presente in varie fasi del film e diventa, oltreché un filo conduttore, qualcosa di intimo, privato dei due protagonisti Rita e Salvo. Lui è il killer di un’organizzazione criminale, un “cleaner” - ma non così clean come Jean Reno in Léon – che compie missioni omicide su incarico del suo boss, vive in incognito in Sicilia (per quanto in quell’isola si possa vivere in incognito), in località segreta e accudito di tutto punto da due camerieri, freddo e di poche parole, votato unicamente a quel mestiere. Cinico e solo non dispone nemmeno della doppia vita che conduceva un’altra recente esecutrice, “Miele”. Rita è la ragazza cieca nella cui casa Salvo penetra per ucciderne il fratello, assiste alla sua esecuzione con l’udito e, si direbbe, con tutti i sensi di cui dispone: l’interpretazione di Sara Serraiocco-Rita è fenomenale, le torsioni spasmodiche dei suoi occhi e dei muscoli del viso fanno immedesimare lo spettatore nella solitudine e nel silenzio della sua cecità, con le note di “Arriverà” che ascolta e canticchia.
Rita cantilena questa canzone anche quando si ritrova reclusa nel deposito di un’industria abbandonata (una scritta fuori è “lampisteria”), luogo simile a quelli tipici della fotografia spettrale di Daniele Ciprì: Salvo non l’ha uccisa, pure se la sua “missione” lo prevedeva, l’ha segregata in quel posto forse per compassione o per farne una persona sua, un suo segreto. La canzone è l’unico possesso di questa ragazza, l’unica cosa che la tiene legata alla vita (riferimento involontario a “La donna che canta”?), non ha più niente.
Film da ascoltare e soprattutto “sentire”, più delle immagini e delle parole lo riempiono i rumori. Solo questi accompagnano il silenzio della vita di Salvo (e ancor di più, di Rita, prima cieca e poi segregata), col sentire ne diventiamo partecipi. Salvo è il diminutivo di Salvatore: potrebbe dirsi che egli desideri uscire da quella vita e quel ruolo senza umanità, salvare sé stesso. Lo spunto gli è stato dato involontariamente da quel “bottino” di guerra che è Rita, che ha riacquistato la vista dopo il trauma vissuto. La prigioniera lo aggredisce, lo schiaffeggia e gli ripete “Cosa vuoi da me?” e l’aggressione si conclude con un abbraccio energico di Salvo: è il bisogno che lui ha di altre cose nei suoi giorni disumani, ma è un abbraccio provvidenziale pure per Rita, sola e senza nessuno (la “sindrome di Stoccolma” che unisce vittima e carceriere, come ne “Il portiere di notte”?).
Un segnale del desiderio di “salvarsi” è una volta il non voler cenare solo, si siede al tavolo di uno dei suoi camerieri, niente poco di meno che Luigi Lo Cascio (gradevole partecipazione al film, piccola ma significativa, e “amichevole”), che ha sempre cercato un contatto con quel killer, ne è ammirato, ha osservato perfino le sue mani ed è onorato della cena insieme. Altro segnale di voglia di vita normale è che Salvo libera dalla catena il cane che latrava continuamente fuori dal suo rifugio, l’animale smette di abbaiare e gli si affeziona. Salvo è del resto un ragazzo, dietro alla magnifica interpretazione e ai freddi occhi celesti di Saleh Bakri e alle sue fattezze vagamente da Terminator.
In fondo poi anche il boss, Mario Pupella, è prigioniero di una vita da malvivente (letteralmente un mal vivere), con tutti quei morti abbandonati dietro alla “lampisteria” e con il contorno di tutti i suoi picciotti. Quando nel suo bunker sottoterra parla a Salvo, e questo gli tace di non aver eliminato la ragazza cieca, gli dice varie frasi che riassumono uno spaccato di vita maledetta: “Accussì ni riducemmu, comu e surgi” (così ci siamo ridotti, come i topi), “qua sotto non si respira”, “questa è la nostra vita, altra non ce n’è”, ma poi dice “mangiamo, i morti digiunano e noi vivi siamo”. Ottimo film e originale, merita molto più dei riconoscimenti ricevuti.
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daniela romani
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giovedì 18 luglio 2013
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amore prigioniero
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Il film presenta delle buone idee che però non trovano la loro reale espressione, rimanendo un film statico nelle numerose e "rumorose" scene che non riescono nè a scandire il tempo nè a suscitare un reale interesse e coinvolgimento nella storia.
La storia sarebbe stata bella, soprattutto dà uno spunto sulla capacità di cambiamento e di redenzione anche per un killer mafioso, ma tale evoluzione rimane ferma e dunque priva di effettivi slanci.
Le scene, quasi prevalentemente prive di dialogo, risultano molto lente e forse troppo lunghe.
18-7-13 Daniela Romani
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