La nave dolce |
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Un film di Daniele Vicari.
Con Eva Karafili, Agron Sula, Halim Milaqi, Kledi Kadiu, Robert Budina.
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Documentario,
durata 90 min.
- Italia, Albania 2012.
- Microcinema
uscita giovedì 8 novembre 2012.
MYMONETRO
La nave dolce
valutazione media:
3,25
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Incubo nave
di Roberto Escobar L'Espresso
Quando attracca nel porto di Bari, l'8 agosto 1991, la Vlora porta diecimila tonnellate di zucchero cubano nella stiva, e ventimila esseri umani sul ponte. Uomini, donne e bambini hanno preso d'assalto la vecchia nave il giorno prima, nel porto di Durazzo. Qualcuno ci è salito arrampicandosi sulle gomene d'ormeggio. Altri ci si son calati da una gru. Tutti hanno scelto di lasciarsi alle spalle la vecchia Albania del dittatore Enver Hoxha, e anche la nuova seguita alla sua morte, nel 1985. Adesso sorridono all'Italia, e al loro futuro. Di quel primo sbarco massiccio di extra-comunitari (per usare un termine orribile) nel nostro immaginario è rimasta solo la fotografia famosa scattata da Luca Turi. Il resto s'è perso nel tempo e nell'indifferenza, oltre che nell'odio per i migranti e nel consenso che ci è stato costruito sopra. A quelle emozioni torna ora "La nave dolce" (Italia, 2012, 90'). Insieme con la sceneggiatrice Antonella Gaeta, Daniele Vicari ne ritrova la memoria nei servizi televisivi di venti e più anni fa. A lungo seppellite nel silenzio degli archivi, la loro definizione s'è fatta incerta e i loro colori innaturali. D'altra parte, incerta e innaturale fu anche la "0scena" d'allora, tanto quella umana quanto quella politica. A raccontarcene il senso ci sono alcuni protagonisti di quei giorni di torrida estate: italiani, albanesi, poliziotti, fotoreporter, assessori... Parlano stando in piedi, contro uno sfondo chiaro. E su quello sfondo le loro parole diventano nuove immagini, emozionanti almeno quanto le vecchie. "Ce ne avevano parlato bene", dice un clandestino (per usare un altro termine orribile). Ed è al nostro Paese che si riferisce, a quell'Italia televisiva che in Albania riluceva come una promessa sicura di felicità. E qualcun altro, una giornalista, rievoca la decisione folle presa dal governo: rinchiudere dentro uno stadio gli albanesi - compresi i bambini e le donne incinte - , lasciarli abbandonati al caldo e al sudiciume per giorni, in attesa di organizzare il loro "respingimento". È dolce, la Vlora di Vicari. Lo è per le diecimila tonnellate di zucchero, ma anche per i sorrisi di ventimila esseri umani, per le loro mani alzate con l'indice e il medio a significare vittoria, per la fiducia con cui insistono a guardarci, nonostante tutto. Ma si tratta di una dolcezza che si capovolge, d'una dolcezza sarcastica e dolorosa. Tanto sarcastica e dolorosa quanto un sogno destinato a diventare un incubo.
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