filippo catani
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lunedì 11 giugno 2012
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ritratto di cuba in sette episodi
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Il film prende le mosse dai giorni della settimana. Per ognuno dei sette giorni un regista racconta l'Avana e Cuba a modo suo.
Il film risulta essere gradevole e anche i singoli episodi hanno la giusta durata per non rendere il film o troppo prolisso o al contrario troppo frammentato. Si possono vedere alcuni dei connotati tipici dell'isola per esempio da una parte troviamo il bellissimo albergo che ospita i turisti e dall'altra parte la povertà di certi quartieri popolari. Allo stesso tempo, come dimostra l'ultimo episodio, dentro questi quartieri c'è però un grande spirito di solidarietà. In un paio di episodi viene sollevato l'annoso problema della fuga da Cuba attraverso zattere di fortuna con il miraggio della Florida e degli USA.
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Il film prende le mosse dai giorni della settimana. Per ognuno dei sette giorni un regista racconta l'Avana e Cuba a modo suo.
Il film risulta essere gradevole e anche i singoli episodi hanno la giusta durata per non rendere il film o troppo prolisso o al contrario troppo frammentato. Si possono vedere alcuni dei connotati tipici dell'isola per esempio da una parte troviamo il bellissimo albergo che ospita i turisti e dall'altra parte la povertà di certi quartieri popolari. Allo stesso tempo, come dimostra l'ultimo episodio, dentro questi quartieri c'è però un grande spirito di solidarietà. In un paio di episodi viene sollevato l'annoso problema della fuga da Cuba attraverso zattere di fortuna con il miraggio della Florida e degli USA. Allo stesso tempo troviamo invece la storia di una giovane e bella cantante locale che deve scegliere tra la carriera in Spagna e rimanere a Cuba con un ex promessa del baseball. E poi molto inquietante ma davvero suggestivo l'episodio dello stregone e davvero carino e con una ironia intelligente da par suo per l'episodio di Suleiman che vorrebbe parlare con Cstro ma deve attendere la fine di uno dei suoi famosi e lunghi discorsi. Il tutto accompagnato da una bella colonna sonora latino-americana che dà quel tocco di leggerezza o di drammaticità quando è il caso all'intera pellicola. Non è assolutamente un "film cartolina" ma anzi una analisi acuta e intelligente della situazione attuale dell'isola.
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pressa catozzo
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lunedì 11 giugno 2012
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cuba libre
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Che dire, il cinema non finisce mai di stupirmi. Più che sette perle le definerei sette diamanti. Se lo giravano a Naoli avrebbe offerto le stesse emozioni. Un isola martoriata dall'embargo dovuto all'arroganza di chi dichiara di esportare democrazia. Sette episodi che attraversano un isola e le anime di chi ci vive. Merita di essere visto, ne uscirete ballando.
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stefanoadm
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giovedì 21 febbraio 2013
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la città in bilico
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L'umanità vitale di Cuba, le sue passioni, le sue tradizioni, il fascino esercitato su visitatori più o meno illustri, la povertà, i riti, la dignità, gli espedienti. "7 days in Havana" racconta l'isola, per così dire, dal basso: niente Hemingway, niente Che, niente mito della rivoluzione. Sullo schermo, storie di persone comuni, anche quando i protagonisti sono star come Daniel Bruhl o Emir Kusturica (che gigioneggia ma racconta bene). Affiora qualche banalità ma nel complesso il film regge, intrattiene, fa riflettere, qui e là perfino diverte. Inevitabile la tentazione di indicare gli episodi migliori. Questione di gusti, ma forse spiccano il rito di purificazione imposto a una giovanissima dopo una notte di passione omosessuale (la cultura cubana e la rigidità ideologica hanno generato qualche grattacapo sul tema, si veda "Fragola e cioccolato", bella pellicola tratta da uno scritto di Senel Paz) e nel vagabondaggio di Elia Suleiman per alberghi, bar, spiagge e ambasciate, luoghi semideserti, pieni d'assenza fino a quando non si materializzano imprevedibili apparizioni, raccontati con un'ironia silente e acuta, comunque piena di rispetto.
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L'umanità vitale di Cuba, le sue passioni, le sue tradizioni, il fascino esercitato su visitatori più o meno illustri, la povertà, i riti, la dignità, gli espedienti. "7 days in Havana" racconta l'isola, per così dire, dal basso: niente Hemingway, niente Che, niente mito della rivoluzione. Sullo schermo, storie di persone comuni, anche quando i protagonisti sono star come Daniel Bruhl o Emir Kusturica (che gigioneggia ma racconta bene). Affiora qualche banalità ma nel complesso il film regge, intrattiene, fa riflettere, qui e là perfino diverte. Inevitabile la tentazione di indicare gli episodi migliori. Questione di gusti, ma forse spiccano il rito di purificazione imposto a una giovanissima dopo una notte di passione omosessuale (la cultura cubana e la rigidità ideologica hanno generato qualche grattacapo sul tema, si veda "Fragola e cioccolato", bella pellicola tratta da uno scritto di Senel Paz) e nel vagabondaggio di Elia Suleiman per alberghi, bar, spiagge e ambasciate, luoghi semideserti, pieni d'assenza fino a quando non si materializzano imprevedibili apparizioni, raccontati con un'ironia silente e acuta, comunque piena di rispetto. L'unico difetto di questo affresco a più mani è che non spicca mai davvero il volo, non si libera dalla gabbia della categoria "carino". Ma in fondo, considerato il dilagare di tanto cinema omologato su modi e temi piattamente televisivi, si tratta di un peccato veniale. Anche perché Cuba e la sua capitale costituiscono un ecosistema forte e fragile allo stesso tempo, ci si riflette e viene spontaneo pensare "Presto sarà tutto diverso". "7 days in Havana" potrebbe, il condizionale è d'obbligo, avere documentato un mondo in bilico, una città sulla soglia di un cambiamento irreversibile. Come Berlino nel 1988 o Saigon nel 74.
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