osteriacinematografo
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lunedì 20 febbraio 2012
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lo sguardo dolceamaro di clooney
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La prima considerazione che sono costretto ad esprimere su “Paradiso amaro” è che in realtà s’intitola “The descendants”; la seconda è che continuo a non capire il lavoro di adeguamento fatto dai traduttori italiani: perché c’è bisogno che un film venga reinventato come “Paradiso amaro”? Capisco che un termine muti senso e sonorità nella traduzione, ma come mai il pubblico italiano non viene considerato all’altezza dei titoli originali e di una libera interpretazione dei loro significati?
Ma parliamo di cinema, che è meglio.
“Paradiso amaro” narra la storia di Matt King, un avvocato placido e agiato, discendente dei reali delle isole Hawaii: King è immerso nel lavoro e nelle questioni familiari che lo vedono a capo della vendita di un immenso territorio di natura vergine.
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La prima considerazione che sono costretto ad esprimere su “Paradiso amaro” è che in realtà s’intitola “The descendants”; la seconda è che continuo a non capire il lavoro di adeguamento fatto dai traduttori italiani: perché c’è bisogno che un film venga reinventato come “Paradiso amaro”? Capisco che un termine muti senso e sonorità nella traduzione, ma come mai il pubblico italiano non viene considerato all’altezza dei titoli originali e di una libera interpretazione dei loro significati?
Ma parliamo di cinema, che è meglio.
“Paradiso amaro” narra la storia di Matt King, un avvocato placido e agiato, discendente dei reali delle isole Hawaii: King è immerso nel lavoro e nelle questioni familiari che lo vedono a capo della vendita di un immenso territorio di natura vergine. La sua vita è sconvolta dal coma della moglie in seguito a un incidente in mare, e il passaggio tra la veglia fiduciosa al suo capezzale e la notizia della morte certa e ormai prossima di lei è rapido e spietato, tanto da stravolgere le giornate e le certezze di King, che dapprima non rivela la notizia, come se non volesse ammetterlo nemmeno a se stesso.
Le prime attenzioni dell’uomo sono naturalmente rivolte ad Alexandra e Scottie, le figlie quasi sconosciute per via della scarsa intimità concessa dal padre: Matt recupera lentamente e in modo traumatico la loro fiducia, finchè la situazione non viene scossa ulteriormente dalla scoperta che Elizabeth lo tradiva e meditava di lasciarlo, rivelazione che inserisce nel dramma gli elementi della commedia (ecco a cosa servono i generi cinematografici), e spinge l’uomo a cercare Brian Speer, l’amante della moglie, in compagnia delle due figlie e di Sid, un amico di Alexandra.
A questo punto la storia prende una piega dolceamara e a tratti comica per la strana composizione del quartetto che tenta goffi pedinamenti ai danni di Speer, fino a spingersi a cercarlo in un’altra isola dell’arcipelago hawaiano: qui Matt scoprirà che Speer è sposato e che la terra dei suoi avi è destinata alle sue speculazioni edilizie.
La forza di “Paradiso amaro” sta in primo luogo nella pacatezza narrativa di Alexander Payne (già autore di “Sideways”), nel suo modo di mostrare i protagonisti con grazia e delicatezza tali da ingenerare nello spettatore la speranza che il film non finisca mai; sta inoltre nella potenza espressiva di un Clooney in continua crescita: l’attore americano si cala con maestria in un ruolo diverso e più maturo, conservando lo sguardo sornione e il lato ironico sotto le contrazioni di un viso sofferente e smarrito , trovando un perfetto equilibrio nell’altalenante incertezza espressiva che accompagna la sua presenza in scena. Gli altri attori, in particolar modo i giovanissimi Shailene Woodley e Nick Krause, seguono la scia di Clooney e ne completano le movenze.
L’opera miscela in modo lieve amarezza e piacere, e si dimostra capace di mitigare il dolore con l’ironia della quotidianità, di non smarrirsi nelle scontata banalità del melodramma, e di creare un tessuto tragicomico originale e ovattato, sullo sfondo di un paradiso in terra in cui i fatti della vita accadono nello stesso modo in cui si verificano in ogni parte del mondo.
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[+] the descendants - paradiso amaro
(di picpic)
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owanone
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sabato 11 febbraio 2012
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film convincente
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Trama: un cinquantenne, Matt King(Clooney), è il fiduciario di una vasta proprietà di terra vergine in un'isola hawaiana per conto dei discendenti (The Descendants) di una famiglia hawaiano-americana radicatasi nell'archipelago 150 anni prima. Vengono però costretti da una nuova legislazione o a vendere la proprietà o a cederla nell'arco di pochi anni. Nel corso di alcune riunioni fra i discendenti si decide di votare per la vendita con un notevole ritorno economico per tutti loro.
In questo sfondo, Matt è un avvocato di mezza età con due figlie di 10 e 17 anni (Shailene Woodley molto brava) che vive ormai da tempo distante dalla vita familiare. Tuttavia la sua vita e quella delle figlie verrà sconvolta da un grave episodio, un incidente di barca che porterà al coma irreversibile la moglie e madre.
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Trama: un cinquantenne, Matt King(Clooney), è il fiduciario di una vasta proprietà di terra vergine in un'isola hawaiana per conto dei discendenti (The Descendants) di una famiglia hawaiano-americana radicatasi nell'archipelago 150 anni prima. Vengono però costretti da una nuova legislazione o a vendere la proprietà o a cederla nell'arco di pochi anni. Nel corso di alcune riunioni fra i discendenti si decide di votare per la vendita con un notevole ritorno economico per tutti loro.
In questo sfondo, Matt è un avvocato di mezza età con due figlie di 10 e 17 anni (Shailene Woodley molto brava) che vive ormai da tempo distante dalla vita familiare. Tuttavia la sua vita e quella delle figlie verrà sconvolta da un grave episodio, un incidente di barca che porterà al coma irreversibile la moglie e madre. Ebbene sarà proprio questo tragico fatto che riuscirà a portare Matt a riprendersi la sua vita di padre e a ricondurlo alla responsabilità familiare per molto tempo disattesa. Tutto ruota quindi al come prepararsi alla tragica fine della donna in coma alla quale stanno per staccare le macchine che la tengono in vita artificialmente. La sopresa però è scoprire proprio dalla figlia maggiore che la moglie lo tradiva e che stava paventando di divorziare da lui rinfacciandogli la sua assenza nella vita sentimentale della donna e in quella della faimgilia. Il tentativo di scoprire chi sia l'amante della moglie, oltre al prepararsi alla di lei dipartita, è la molla che rimette in moto l'assenza e il vuoto esistenziali del protagonista e intorno a questo ruota il film. Lo scenario spettacolare delle bellissime Hawai rendono più intensa la vicenda scollegata com'è da uno scenario solito nel quale potremo riconoscerci come una città e permette quindi di focalizzarci sui sentimenti dei personaggi. Che dire di questo film? Trama credibile, George Clooney perfetto nella maschera di un uomo dolente di mezza età, attori di corredo tutti bravi e ovviamente la capacità del regista Alexander Payne di raccontare in modo lineare una storia di sentimenti e crisi esistenziali. Il film, che dura quasi due ore, non ha mai un momento di stanca e scivola via fino alla fine quando nell'ultimascena il protagonista e le due figlie si ritrovano davanti alla tv a dividere gelato e coperta ormai riconciliati dopo aver superato la tragica vicenda. Ovviamente la proprietà non verrà venduta perchè diventa il simbolo della continuità nel tempo per Matt e in parte anche il significato stesso della sua esistenza.
Da vedere. Per il titolo italiano (Paradiso Amaro) c'è da dire che è un tipico esempio di storpiatura di un titolo originale, una tradizione italica che dura ormai da lunghissima data.
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[+] descendant non vuole dire erede in inglese
(di owanone)
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hidalgo
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domenica 19 febbraio 2012
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l'amarezza della vita
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George Clooney è il perfetto interprete di una commedia amara come il paradiso del titolo (italiano), una commedia che affronta temi drammatici con deliziosa e a tratti surreale ironia. Il tema centrale sono i sentimenti contrastanti dei vari personaggi, in particolar modo del protagonista King, importante uomo d'affari che vede la sua vita sconvolta dal coma irreversibile in cui cade la moglie che lo tradisce, ovviamente a sua insaputa. Il rapporto con le figlie, specie con la più grande, è difficile perchè praticamente inesistente. Il sentimento principale, almeno all'inizio, è il rancore. Clooney non riesce a non rinfacciare alla moglie morente il fatto di averlo tradito, la figlia, che sapeva, non riesce a perdonarla.
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George Clooney è il perfetto interprete di una commedia amara come il paradiso del titolo (italiano), una commedia che affronta temi drammatici con deliziosa e a tratti surreale ironia. Il tema centrale sono i sentimenti contrastanti dei vari personaggi, in particolar modo del protagonista King, importante uomo d'affari che vede la sua vita sconvolta dal coma irreversibile in cui cade la moglie che lo tradisce, ovviamente a sua insaputa. Il rapporto con le figlie, specie con la più grande, è difficile perchè praticamente inesistente. Il sentimento principale, almeno all'inizio, è il rancore. Clooney non riesce a non rinfacciare alla moglie morente il fatto di averlo tradito, la figlia, che sapeva, non riesce a perdonarla. L'amore c'è ma è momentaneamente soffocato dal livore, e questo rende i personaggi "veri" e non di celluloide, li fa sembrare più vicini a noi, più reali. Alexander Payne, già regista del brillante Sideways, conferma di avere talento e stile. Rifila la battuta, amara, ovviamente, nei momenti più tesi e drammatici, come ad esempio durante l'incontro tra il marito e l'amamte di lei ("Sei mai stato nella mia stanza da letto?" "Una volta." "Potevi avere il buon gusto di mentire stavolta." "Va bene, due.") Ci fa riflettere, sorridendo, che la vita può riservarci amarezze in ogni momento e possiamo "usarle" per crescere interiormente, per guardarci dentro, per "ricominciare." George Clooney si dimostra ottimo e volubile attore, la sua mimica facciale, a volte triste, a volte arrabbiata ma quasi sempre scanzonata, rappresenta alla perfezione lo spirito di un film profondo ma leggero, significativo e divertente e soprattutto... amaro.
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michela papavassiliou
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domenica 11 marzo 2012
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the discendants clooney non decolla
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Matt King, interpretato da George Clooney, vive alle Hawaii, luogo di nascita della sua bisnonna. Pur essendo gia' molto ricco, per avere ereditato diverse proprieta' di famiglia, preferisce per scelta vivere del suo lavoro, anche se potrebbe tranquillamente farne a meno. Spera che l'idea di far qualcosa di utile e gratificante nella vita possa in qualche modo essere anche un buon esempio per le sue due figlie. Alexandra, la maggiore, non sembra tuttavia apprezzarlo particolarmente e da qualche tempo vive lontano in aperta ribellione nei confronti dei genitori. La madre Elizabeth, una bella donna che Matt ama moltissimo, ha un brutto incidente in mare ed entra in coma. L'uomo distrutto dalla tragedia riporta la figlia maggiore a casa non senza qualche resistenza, spiegandole che le condizioni estreme della mamma richiedono la sua presenza.
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Matt King, interpretato da George Clooney, vive alle Hawaii, luogo di nascita della sua bisnonna. Pur essendo gia' molto ricco, per avere ereditato diverse proprieta' di famiglia, preferisce per scelta vivere del suo lavoro, anche se potrebbe tranquillamente farne a meno. Spera che l'idea di far qualcosa di utile e gratificante nella vita possa in qualche modo essere anche un buon esempio per le sue due figlie. Alexandra, la maggiore, non sembra tuttavia apprezzarlo particolarmente e da qualche tempo vive lontano in aperta ribellione nei confronti dei genitori. La madre Elizabeth, una bella donna che Matt ama moltissimo, ha un brutto incidente in mare ed entra in coma. L'uomo distrutto dalla tragedia riporta la figlia maggiore a casa non senza qualche resistenza, spiegandole che le condizioni estreme della mamma richiedono la sua presenza. Alexandra in un moto d'ira confessa al padre che la donna lo tradiva, che lei aveva scoperto la cosa per caso e che per questo motivo aveva litigato con lei e se n'era andata. Matt incredulo e affranto si rende conto che anche i suoi piu' cari amici erano a conoscenza della tresca extraconiugale della moglie. Rintraccia cosi tra disperazione e rabbia l'amante con l'aiuto della figlia e scopre che mentre Elizabeth amava il rivale e aveva intenzione di separarsi dal marito, questi, sposato con figli non era altrettanto coinvolto nella relazione clandestina. In questa caccia sofferta padre e figlia si ritroveranno ed il dolore li portera' a rivedere i rapporti famigliari ed a conquistare una comunicazione profonda fino allora latitante. Matt fiduciario di alcuni terreni di famiglia mandera' a monte, con lo sconforto generale dei parenti azionisti, la vendita di un angolo di paradiso incontaminato salvandolo dalla lottizzazione. Con esso, seppure attraverso la morte della moglie, che malgrado tutto non smettera' mai di amare, finira' per ritrovare le sue radici, se' stesso e gli affetti a lui piu' cari, riuscendo a rapportarsi con le sue figlie come mai era riuscito fino ad allora. Sebbene alcuni spunti interessanti rendano questa pellicola a tratti coinvolgente, l' interpretazione di Clooney marito e padre disperato non convince ed il film perde la giusta carica per decollare. MP
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beppe baiocchi
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domenica 31 maggio 2015
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paradisi amari, ma che entrano dritto al cuore
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Film di uomini comuni, nè eroi, nè antieroi, solo comuni.
Questo è il cinema di Alexander Payne, che ci sbatte in faccia personaggi normalissimi, veri, che vivono una fase delicata della loro vita. Storie semplici, con momenti in cui si sorride e momenti in cui si sorride meno, con momenti in cui ci si emoziona, altri in cui si piange. Momenti visti sempre un po' da lontano, quasi a osservarli dall'esterno, ma che scavano dentro ognuno di noi.
Paradiso Amaro ( più inerente il titolo in lingua originale: The Descendat, i discendenti) è uno di questi momenti che Payne cattura, come se passasse di lì per caso.
Hawaii. Matt King (George Clooney), uno degli eredi e fiduciario (e amministratore) di un trust che comprende una delle ultime zone vergini delle Hawaii.
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Film di uomini comuni, nè eroi, nè antieroi, solo comuni.
Questo è il cinema di Alexander Payne, che ci sbatte in faccia personaggi normalissimi, veri, che vivono una fase delicata della loro vita. Storie semplici, con momenti in cui si sorride e momenti in cui si sorride meno, con momenti in cui ci si emoziona, altri in cui si piange. Momenti visti sempre un po' da lontano, quasi a osservarli dall'esterno, ma che scavano dentro ognuno di noi.
Paradiso Amaro ( più inerente il titolo in lingua originale: The Descendat, i discendenti) è uno di questi momenti che Payne cattura, come se passasse di lì per caso.
Hawaii. Matt King (George Clooney), uno degli eredi e fiduciario (e amministratore) di un trust che comprende una delle ultime zone vergini delle Hawaii. Matt e i suoi cugini stanno valutando a chi vendere la loro proprietà (avuta in eredità), e la decisione finale verrà presa da lì a poco. Proprio nello stesso periodo, purtroppo, la moglie di Matt a causa di un incidente in barca è in coma, in condizioni molto gravi. Morirà da lì a poco.
Matt dovrà spiegare tutto alle figlie, farà delle scoperte, si toglierà qualche sassolino dalla scarpa, dovrà dire addio alla sua amata. Il suo sarà un percorso di crescita interiore, di acquisizione di consapevolezza e di maturità che parte da una tragedia familiare (che grazie al cielo non viene esasperata) e che dura tutto il periodo di gestazione della scelta che dovrà fare (riguardo la vendità delle proprietà).Periodo che ci farà girare in quei posti paradisiaci che sono le isole Hawaii, paradisi che, a volte, possono essere portatori anche di grande tristezza.
George Clooney riesce nell'arduo ruolo di sembrare una persona normale, anzi normalissima, un po' trasandato, a volte buffo (quando si mette a correre mi strappa sempre un sorriso), a volte toccante, riesce a farci trasparire l'umanità del suo personaggio, senza mai esagerare (non facile davvero, considerando che noi siamo abituati a vederlo come una superstar e un sex symbol). Oltre a Clooney anche tutti gli altri attori si comportano molto bene e il cast è bello ampio. C'è Shailene Woodley (la protagonista di quella ciofeca di Divergent), c'è Robert Forster (nominato Oscar per quel gran film che è il sottovalutato Jackie Brown), c'è Matthew Lillard (Shaggy di Scooby doo), c'è Judy Greer (che non so chi sia, ma la ricordo in una piccola parte in Ladro di Orchidee), Bella e usata molto bene la colonna sonora.
Splendida e magica l'ambientazione.
Un film agrodolce, a volte amaro a volte buffo ma che colpisce dritto al cuore per la sua semplicità.
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1962thor
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domenica 20 maggio 2012
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bellissimo affresco della normalità
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Sorprendente la capacità di Alexander Payne di rappresentare i problemi degli uomini che continuano la loro normalità attorno al dramma di una donna in fin di vita.
Paradiso amaro è lo specchio della realtà attuale pervasa di cinismo dove la sensibilità di alcuni rappresenta quasi una nota stonata.
Bravissimo Clooney ad interpretare un ruolo ad handicap rispetto al suo fascino che solitamente rappresenta la carta vincente delle sue interpretazioni.
Straordinarie le interpretazioni delle figlie del protagonista pienamente rappresentative della loro età e del momento delicatodella loro famiglia.
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pepito1948
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martedì 21 febbraio 2012
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clloney, l'uomo qualunque
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Non è proprio un “paradiso” quello in cui vive Matt King, avvocato, amministratore fiduciario di un patrimonio immobiliare immenso condiviso con i cugini, tutti di origini hawaiane. Matt è un uomo normale, non fa surfing, non fruisce delle bellezze delle isole, non organizza feste in riva al mare. Al contrario si dibatte in un ginepraio di guai: moglie malata terminale, due figlie che sfuggono all’autorità paterna (“La mia famiglia è come quest’arcipelago, tutti separati e soli”), parenti un po’ compiacenti un po’serpenti, finchè ci si mette anche la rivelazione-shock di un segreto che riguarda la moglie e che, per ovvi motivi, non può affrontare con l’interessata.
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Non è proprio un “paradiso” quello in cui vive Matt King, avvocato, amministratore fiduciario di un patrimonio immobiliare immenso condiviso con i cugini, tutti di origini hawaiane. Matt è un uomo normale, non fa surfing, non fruisce delle bellezze delle isole, non organizza feste in riva al mare. Al contrario si dibatte in un ginepraio di guai: moglie malata terminale, due figlie che sfuggono all’autorità paterna (“La mia famiglia è come quest’arcipelago, tutti separati e soli”), parenti un po’ compiacenti un po’serpenti, finchè ci si mette anche la rivelazione-shock di un segreto che riguarda la moglie e che, per ovvi motivi, non può affrontare con l’interessata. Proprio quest’ultimo evento, anziché dare il colpo di grazia, lo spinge ad agire ed a sciogliere pazientemente i singoli nodi, fino a ritrovare l’identità di uomo tenacemente deciso ad affrontare le prove più dure, rivedere in senso evolutivo i rapporti che contano, e quindi ricompattare l’”arcipelago”. Dulcis in fundo, farà in modo che le terre del trust parentale rimarranno in famiglia e non saranno invase da resort, grandi alberghi e sale giochi. Alexander Payne riprende lo schema di Sideways, cioè del viaggio che, attraverso esperienze che mettono in movimento la sfera dei sentimenti, porta ad uno stadio di compiuta autoconsapevolezza del proprio io; ma mentre il viaggio di Giamatti si svolge on the road, tra le piantagioni vinicole californiane sottendendo significati metaforici (il vino maturo è come la vita, solo in quel momento assume un gusto fantastico), qui il viaggio è tutto interiore, attraverso i meandri di un percorso irto di rovi e crepacci alla fine del quale, grazie all’attivazione della parte migliore di sé, Matt riuscirà a sbloccare la propria vita (e quella di chi gli sta vicino). C’è molta carne al fuoco nel film di Payne: la malattia come evento estremo e come banco di prova, il difficile rapporto tra padre e figli, la turbolenta riottosità degli adolescenti, le trasgressioni coniugali, il faticoso rapporto etica/affari e quant’altro. Ma gli autori –Payne è anche cosceneggiatore- hanno saputo amalgamare in modo lodevolmente armonico l’intera matassa, grazie anche ad una regia sempre discreta, attenta a non provocare cesure nei momenti altamente drammatici (e il film ne è pieno) ed ad alleggerire la tensione, quando opportuno, con parentesi di contenuto umorismo. Payne non dà un giudizio sui suoi personaggi, né sembra invitare gli spettatori a farlo, anche perché segue la linea della rivelazione degli opposti: alla fine nessuno dei personaggi è come appare all’inizio. Protagonista assoluto è (vivaddio) il pathos; il grado di immedesimazione emotiva cresce con l’acuirsi delle problematiche, fino ad esplodere quando la vicenda che ne condiziona il corso si conclude tragicamente. Ed è solo allora, paradossalmente, che tutte le tessere del puzzle vanno al loro posto, e Matt e le sue figlie possono ritrovarsi insieme sul divano con lo sguardo rilassato verso il televisore (che coincide con l’occhio dello spettatore; l’apparente rottura della quarta parete ha ovviamente diverse valenze simboliche). Quanto a Clooney, attore che non esalta ma non delude, è comunque apprezzabile lo sforzo di usare al massimo la sua non enorme gamma espressiva, in una prova in cui il fascino dell’aitante cinquantenne non è d’aiuto ad un personaggio che corre come un pinguino, gira scalzo in pantaloncini e non nasconde le sue debolezze di uomo qualunque.
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chaoki21
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venerdì 9 marzo 2012
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voler influenzare per forza il pubblico
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David Mamet diceva: "Nel momento in cui il regista smetterà di raccontare qualcosa e deciderà di influenzare qualcuno, il pubblico si addormenterà".
Ebbene, ho beatamente dormito per almeno 3/4 d'ora. A nulla è servito il lavoro di George Clooney per tenere viva l'attenzione del pubblico. Le uniche due interpretazioni degne di nota sono invece quelle dei due coniugi Speer.
Per il resto, tutti gli altri personaggi del film suonano stereotipati e "messi lì" per ottenere l'effetto voluto. Il film inizia bene, ma scivola facilmente nel melodramma strappalacrime. Uno è malato, l'altro sta morendo, l'altro è orfano, un altro ancora tradisce il partner.
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David Mamet diceva: "Nel momento in cui il regista smetterà di raccontare qualcosa e deciderà di influenzare qualcuno, il pubblico si addormenterà".
Ebbene, ho beatamente dormito per almeno 3/4 d'ora. A nulla è servito il lavoro di George Clooney per tenere viva l'attenzione del pubblico. Le uniche due interpretazioni degne di nota sono invece quelle dei due coniugi Speer.
Per il resto, tutti gli altri personaggi del film suonano stereotipati e "messi lì" per ottenere l'effetto voluto. Il film inizia bene, ma scivola facilmente nel melodramma strappalacrime. Uno è malato, l'altro sta morendo, l'altro è orfano, un altro ancora tradisce il partner... E le lacrime scorrono abbondanti. La mia idea è che il regista abbia voluto raccontare una bella storia, ma nel farlo non ha resistito alla tentazione di "metterci delle cose". Troppe cose. E inutili. L'azione si trascina molto lentamente, la maggior parte delle scene tendono a dare informazioni allo spettatore sui personaggi, le loro vite, ecc. Ma nel concreto, non ho visto nessuno svolgimento dell'azione. Alla fine, è come se tutto fosse rimasto così com'è. E' chiaro che il film inizia da una situazione di squilibrio e tende a raggiungere l'equilibrio, come in ogni altro film. Ma qui ho visto troppe parole, troppe lacrime e pochi fatti. I dialoghi erano banali, nulla che risvegliasse in me un minimo di coinvolgimento. Tornando a casa mi sono stupito quando ho scoperto che ha vinto l'Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Sapevo esattamente come sarebbe andato a finire il film già dopo 15 minuti. Ogni personaggio ha una storia e la "racconta" allo spettatore. Ma a me (spettatore) cosa importa? Io voglio sapere come vanno avanti le cose. Non voglio sapere cosa è successo. Il film va avanti ma i personaggi continuano a guardarsi alle spalle, producendo un fastidiosissimo trascinarsi della narrazione. Le inquadrature finali, con il paesaggio hawaiiano, mi ha restituito l'idea che non fosse accaduto nulla di nuovo sotto il sole. Che tutto si è concluso così come è iniziato. A peggiorare le cose, un pessimo lavoro di doppiaggio. Fastidiosissime le voci delle due figlie di Clooney. Lo stesso Pannofino pare che l'abbia doppiato (citando la mia ragazza) "con un panno in bocca". Film noioso. Non meritava nemmeno una candidatura.
Non lo consiglierei a nessuna persona a cui voglio bene. Per tutti gli altri, andate pure e godetevelo se ci riuscite.
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[+] esattamente...
(di bloodycla)
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[+] ma va la'...............
(di brazzale)
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gianmarco.diroma
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lunedì 20 agosto 2012
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sid
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In un mondo dove uomini pregano altri uomini affinché coprano i loro errori, dove la mostruosità (come insegna il sempreverde David Lynch) si nasconde e si annida proprio lì, dove sembrano invece essere manifeste virtù profonde legate alla difesa del lavoro e della famiglia - come quando il personaggio Brian Speer è capace di passare con grande repentinità dal registro di amante colto in flagrante a quello di marito premuroso ed accogliente con un sorriso che neanche quello di Tom Cruise potrebbe eguagliare -, si svolge il dramma di Matt King, costretto a fare i conti con l'imminente ed inevitabile morte della moglie Elizabeth. Il racconto procede tranquillo, ha un suo senso compiuto, riuscendo a non essere per questo un film a tesi.
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In un mondo dove uomini pregano altri uomini affinché coprano i loro errori, dove la mostruosità (come insegna il sempreverde David Lynch) si nasconde e si annida proprio lì, dove sembrano invece essere manifeste virtù profonde legate alla difesa del lavoro e della famiglia - come quando il personaggio Brian Speer è capace di passare con grande repentinità dal registro di amante colto in flagrante a quello di marito premuroso ed accogliente con un sorriso che neanche quello di Tom Cruise potrebbe eguagliare -, si svolge il dramma di Matt King, costretto a fare i conti con l'imminente ed inevitabile morte della moglie Elizabeth. Il racconto procede tranquillo, ha un suo senso compiuto, riuscendo a non essere per questo un film a tesi. Nel senso che gli attori diretti da Alexander Payne, interpretano dei personaggi vivi, le cui emozioni, seppur stemperate in una forma molto composta ed equilibrata, capace di smorzare la forza del dramma - non diventando però commedia -, rivelano nel compiersi lineare della vicenda alcuni momenti in grado di andare molto in alto. La figura di Sid per esempio, stereotipo del cosiddetto maschio dalla zucca vuota (oggi si direbbe "barbaro"), il quale invece diventa capace di dare una sonora lezione di vita al disorientato padre di famiglia Matt King. Anche la vita di Sid nasconde un dramma, la scomparsa del padre, ma non per questo sembra 'crogiolarsici'. La sua funzione è quella di accompagnare Alex; di farle compagnia. Lo fa anche passando per stupido e superficiale. Ma in realtà adempie alla sua funzione di amico e compagno di viaggio. Qui a Venezia c'è un ponte chiamato Ponte dell'umiltà; dopo o prima di questo ponte, a seconda della direzione in cui si proceda, c'è un ristorante. Si chiama Linea d'ombra. Sid sembra avvicinarsi a superarla la sua linea d'ombra, con umiltà, essendo capace di scorgere degli elementi di ilarità anche nella tragedia - si veda la sequenza a casa dei nonni di Alex, quando non riesce a trattenere il riso di fronte alla demenza senile della nonna - crescendo nel corso del racconto, arrivando nel finale a porsi per un momento come elemento regolatore nella gestione di un momento difficile, quando Julie Speer va a trovare Matt, ed Elizabeth ormai in fin di vita. Lo stesso incontro tra una Julie ferita ed umiliata nel suo ruolo di moglie e madre fedele, e il corpo (morente) di Elizabeth pone due questioni chiave. La questione del perdono, e la questione dell'amore, di un'idea dell'amore molto alta in questo film: innamorato sinceramente della sua famiglia, Brian Speer, non ha la forza, nell'umiliazione che prova dopo l'incontro con Matt King, di andare a salutare per l'ultima volta la sua amante. Manda la moglie, sorta di figura di continuità tra il suo tradimento e il (possibile) superamento di questo tradimento (da intendersi come tradimento di fiducia). Poi c'è il bacio tra Matt ed Elizabeth. Tra labbra vive e labbra rotte ai lati, secche, gonfie, bianche, bluastre e screpolate, di labbra pronte per spirare. E poi l'ultimo saluto ad Elizabeth. Quattro momenti clou, quattro punte di massima tensione, durante le quali questa pellicola diventa qualcosa di più di un semplice film d'intrattenimento. Un film sano (meriterebbe la S maiuscola), da vedere magari a Natale. Un film sano ed intelligente. Di quelli che non serve uscire sconvolti e provati. Di quelli che si può dire: "Basta che funzioni/Whatever works"! Di quelli del tipo: "La vita è meravigliosa/It's a wonderful life"!
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williamd
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domenica 26 ottobre 2014
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c'est la vie
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E' così che Matt King si esprime all'inizio del film.
"I miei amici sul continente credono che solo perché abito alle Hawaii, io viva in paradiso. Come fossi in una vacanza permanente, pensano che qui passiamo il tempo a bere mai tai, a ballare l'hula hula e fare surf. Ma sono pazzi. Credono che siamo immuni alla vita. Come possono pensare che le nostre famiglie abbiano meno problemi? Che i nostri cancri siano meno mortali? I nostri drammi meno dolorosi? Sono quindici anni che non salgo su una tavola da surf. Negli ultimi ventitré giorni ho vissuto in un paradiso fatto di flebo, sacche di urina e tubi endotracheali. Il paradiso? Il paradiso può andare a farsi fottere.
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E' così che Matt King si esprime all'inizio del film.
"I miei amici sul continente credono che solo perché abito alle Hawaii, io viva in paradiso. Come fossi in una vacanza permanente, pensano che qui passiamo il tempo a bere mai tai, a ballare l'hula hula e fare surf. Ma sono pazzi. Credono che siamo immuni alla vita. Come possono pensare che le nostre famiglie abbiano meno problemi? Che i nostri cancri siano meno mortali? I nostri drammi meno dolorosi? Sono quindici anni che non salgo su una tavola da surf. Negli ultimi ventitré giorni ho vissuto in un paradiso fatto di flebo, sacche di urina e tubi endotracheali. Il paradiso? Il paradiso può andare a farsi fottere."
Candidato a 5 statuette d'oro e vincitore di quella per la miglior sceneggiatura non originale, quel di Alexander Payne, regista e co-sceneggiatore assieme a Nat Faxon e Jim Rash, è un film di pura riflessione.
Dopo un incidente Elizabeth è ricoverata in ospedale in fin di vita, e suo marito Matt (George Clooney) si ritrova a gestire una famiglia che non conosce più. Sempre dedito al lavoro aveva perso da tempo il contatto con la propria realtà affettiva e di punto in bianco se ne accorge amaramente.
Tra arrabbiature e pianti viene a scoprire da Alexandra (Shailene Woodley) -la maggiore delle sue due figlie- che sue moglie Elizabeth lo tradiva, non lo amava più, ed era prossima a chiedere il divorzio.
Poi la funerea notizia: sua moglie non sopravvivrà.
Matt deve informare amici e parenti, ma soprattutto le figlie di ciò che inevitabilmente accadrà.
Dopo questo straziante compito tutti le vanno a dire le loro ultime parole e questo e ciò che dice Matt.
"Stavi per chiedermi il divorzio così potevi stare con quel testa di cazzo di Brian Speer?! Mi prendevi in giro?! Chi sei tu? L'unica cosa che so per certo è che sei una bugiarda. Cos'hai da dire in tua difesa? Su, perché non mi prendi un po' per il culo? E mi dici che ho capito male, che non è vero. Dimmi ancora una volta che non sono mai in contatto con i miei sentimenti e che ho bisogno di andare in terapia! Lo scopo del matrimonio non sarebbe quello di rendere la vita del tuo compagno un po' più semplice? Per me è sempre stata più difficile con te, e ancora adesso me la stai complicando! Sdraiata lì col respiratore a fottermi il resto della vita, tu sei senza pietà! Lo sai, lo chiederò io il divorzio uno di questi giorni."
Matt va alla ricerca anche di Brian Speer. Una volta trovato scopre che anch'egli ha una moglie e due figli, ma non rivela nulla alla consorte del tradimento; gli vuole solo raccontare di Elizabeth.
Elizabeth muore. Matt e le sue figlie disperdono le ceneri in mare. Poi tutti e tre si sdraiano sul divano sotto la coperta a guardare la tv; il film si conclude.
Che dire? Il film tratta due concetti molto importanti che nella realtà moderna si sposano quasi sempre insieme: ci accorgiamo di ciò che ci importa veramente solo quando l’abbiamo persa, e rimpiangiamo amaramente i giorni persi, non dedicati a ciò che conta. Ma non si può tornare indietro del tempo per riprendersi quello che è stato sprecato; ed in certi casi, come accade nel film, nemmeno nel futuro è possibile ricostruire.
Matt all’inizio del film “Lei è Elizabeth, mia moglie. Ventitré giorni fa è caduta da un motoscafo durante una gara e ha battuto la testa. E’ quasi annegata. Quando ho saputo dell’incidente e che era in coma non ero in città. Ero a Maui per lavoro e non ci parlavamo da tre giorni. In un certo senso non ci parlavamo sul serio da mesi. Se lo stai facendo per catturare la mia attenzione Liz sta funzionando, ora sono pronto, sono pronto a parlare, sono pronto a cambiare, sono pronto ad essere un marito vero ed un padre vero, basta che ti svegli. Ti prego Liz svegliati ora.”
Alla fine Matt si prende le sue colpe per le sue assenze con le figlie ed un rapporto di indifferenza con la moglie, la perdona per il tradimento e capisce che la colpa è di entrambi.
Poi il drammatico finale a me fa solamente pensare all’espressione francese “C’est la vie” perché a mio modo di vedere “La vie est belle” ma non ha un senso ed alle volte accadono fatti giusti ed ingiusti a cui ci si può solo che adeguare, con un’amarezza nello spirito ma con il desiderio di non arrendersi e di prendersi ciò che è bello.
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