Il villaggio di cartone |
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Un film di Ermanno Olmi.
Con Michael Lonsdale, Rutger Hauer, Alessandro Haber, Massimo De Francovich, El Hadji Ibrahima Faye, Souleymane Sow.
continua»
Drammatico,
durata 87 min.
- Italia 2011.
- 01 Distribution
uscita venerdì 7 ottobre 2011.
MYMONETRO
Il villaggio di cartone
valutazione media:
3,64
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Rivitalizzare le coscienzedi gabriellaFeedback: 17197 | altri commenti e recensioni di gabriella |
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martedì 25 ottobre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Centochiodi si concludeva con gli abitanti di un paesino alle sponde del Po che attende , ci sono voluti quattro anni di attesa, forse quello che aspettavano era davvero un barcone di clandestini che si rifugia in una chiesa sconsacrata, accolti dal vecchio parroco che aveva appena assistito con dolore all'entrata delle ruspe, allo schiodamento del crocefisso e la rimozione di tutti gli arredi sacri. Una chiesa spogliata da tutti quei simboli cui lui sempre si era inginocchiato, ma riempita di una nuova e viva umanità , e le cose non sono poi così diverse da duemila anni fa. Un bambino che nasce lontano dal suo paese, nascosto alle autorità, una prostituta che aiuta la mamma e si commuove alla nascita della creatura. Certo per quel bambino la vita non sarà facile, senza padre ( annegato in mare), in un paese lontano e ostile, eppure il vecchio parroco celebra questa natività e pian piano prende coscienza del significato del suo sacerdozio, mette in discussione le sue (credute) certezze, la sua fede. Infatti quando si rivolge al crocefisso ammette di sentirsi distante dalla sua sofferenza, forse non si rende conto che è proprio in quel momento a essergli più che mai vicino. E il volto di Gesù crocefisso, inquadrato in primo piano dalla macchina da presa, sembra quasi perdere identità, i lineamenti appaiono distorti e innaturali, il volto del Cristo è nella sofferenza di quella gente venuta in un paese straniero in cerca di un posto migliore, di un futuro da dare ai loro figli. Un film scarno nei dialoghi, ma pieno si significati, un affresco vivo e dignitoso. Forse come ha scritto qualcuno il finale appare un pochino didascalico, però io penso che quando si parla di uomini, di contenuti, uno spunto di riflesssione sia doveroso, e forse, Olmi, dall'alto dei suoi ottantanni, se lo può permettere.
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