Nauta |
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Un film di Guido Pappadà.
Con David Coco, Luca Ward, Massimo Andrei, Elena Di Cioccio.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 87 min.
- Italia 2010.
- Iris Film Distribution
uscita venerdì 3 giugno 2011.
MYMONETRO
Nauta
valutazione media:
1,96
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Quando non ci credi più…di maxamFeedback: |
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giovedì 14 luglio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Quando non ci credi più, “Nauta” di Guido Pappadà passa dalle due stelle su cinque, alle tre. Il regista e sceneggiatore, al suo debutto, pretende infatti molto dal suo pubblico: che lo accompagni con sufficiente attenzione in questo viaggio per mare (che dura un’ora) senza sufficiente poesia, senza sufficiente introspezione, senza sufficiente tensione, promettendo in cambio solo a coloro i quali sapranno attendere la visione di un fenomeno tra il naturale ed il soprannaturale (che ci sarà). Allora sorge un dilemma: esistono film “lenti” che ti incollano alla poltrona perché fin dall’inizio sceneggiatore e regista li hanno forniti di buoni ganci coi quali trattenere il pubblico, e che però rischiano di lasciarti alla fine confuso o deluso (penso a “Il figlio” dei fratelli Dardenne, o “La seconda volta” di Calopresti), ed esistono film “lenti” capaci di sorprenderti nel finale donandoti una scintilla di poesia, e tra questi si colloca il nostro. Quale delle due categorie è migliore? A me preme spiegare la valutazione. Il film non ha sbavature, contiene un pò di (buona ma forse troppo evidente) tecnica soprattutto all’inizio quando ci viene presentato l’antropologo Bruno (David Coco) e quando il capitano dell’imbarcazione (Luca Ward), rievocando un episodio della sua vita, spiega che la libertà è poter scegliere a cosa rinunciare. Il viaggio in mare è poi soprattutto un viaggio vero: cosa si vuole dai membri di una spedizione scientifica, che diano di matto come Medea? I dialoghi non scadono mai in un noioso filosofeggiare, né risultano in alcuna scena artificiosi: il mare stesso, il limpido cielo notturno, la coabitazione forzata in pochi metri quadri rendono plausibili riflessioni, confessioni, qualche manifestazione nevrotica e una scena di sesso. Se proprio dovessimo cercare la proverbiale pagliuzza, avremmo gradito qualche secondo in più e un più accentuato singhiozzare quando la biologa Laura (Elena Di Cioccio) confida a Bruno di non potere avere figli, dato che questo costituirà la chiave di volta del finale. Due stelle su cinque, dunque, fino a quando era assente un’emozione, tre stelle su cinque quando l’emozione c’è stata. Guido Pappadà si presenta come un regista aristocratico, perché aristocratica è la vela, aristocratico è lo sguardo che ci offre attraverso Bruno dell’università italiana, ed aristocratico è ancora il dialogo tra l’antropologo docente e il custode della biblioteca ridotto a servile macchietta capace solo di insegnare e di preoccuparsi di come va bevuto il caffè. Ciò non è di per sé un difetto, capiremo meglio dai suoi prossimi lavori. Il “The End”: io avrei chiuso sulla telefonata di Laura, non appena Lorenzo (Paolo Mazzarelli) scopre di essere padre e risponde, subito schermo nero e nomi degli interpreti, ma la scelta del regista è altrettanto valida.
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