susanna trippa
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mercoledì 24 marzo 2010
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il figlio pù piccolo non è un piccolo film!
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Descrive la realtà dei nostri tempi, e della nostra Italia in particolare, fotografata in certi ambienti, sporcati, oltre che dalla delinquenza, da grande volgarità e bruttezza dell’anima.
Gli attori sono bravissimi e si muovono in un’atmosfera, a tratti inquietante e a tratti struggente, sottolineata da un andamento musicale perfetto per la storia rappresentata.
Ho letto varie recensioni e, pur tra gli elogi, mi è parso che alcune voci lamentino che il film avrebbe dovuto essere più ‘di denuncia’, che sia troppo assolutorio.
E così 'Il figlio più piccolo' rischia di essere scambiato per un film ‘piccolo’, ma tale non è!
Occorre guardarlo con molta attenzione per riuscire ad interpretare come si deve e a comprenderne il senso ultimo.
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Descrive la realtà dei nostri tempi, e della nostra Italia in particolare, fotografata in certi ambienti, sporcati, oltre che dalla delinquenza, da grande volgarità e bruttezza dell’anima.
Gli attori sono bravissimi e si muovono in un’atmosfera, a tratti inquietante e a tratti struggente, sottolineata da un andamento musicale perfetto per la storia rappresentata.
Ho letto varie recensioni e, pur tra gli elogi, mi è parso che alcune voci lamentino che il film avrebbe dovuto essere più ‘di denuncia’, che sia troppo assolutorio.
E così 'Il figlio più piccolo' rischia di essere scambiato per un film ‘piccolo’, ma tale non è!
Occorre guardarlo con molta attenzione per riuscire ad interpretare come si deve e a comprenderne il senso ultimo.
Dal tono volutamente dimesso, quasi con i toni di una ‘commedia all’italiana’, il film rifiuta del tutto la ‘denuncia’, quella spicciola - da quattro soldi – che siamo abituati a fare nelle chiacchere da bar o davanti alla tele accesa, schierandoci per questo o quel partito politico... chiedendoci cosa sia meglio o peggio.
Qui siamo in uno spazio più alto, quello del ‘ non giudizio’, quel luogo o ‘Campo’ come lo chiama Rumi, il poeta e mistico sufi, dove si sospende ogni giudizio appunto.
Quello stesso ‘Campo’ può corrispondere al ‘Regno dei cieli’ qui sulla terra.
A Pupi Avati non interessa ‘la denuncia’.
Intuitivamente, con la forza dell’emozione, va verso questo ‘Campo’ su una strada già tracciata da grandi anime.
Con la stessa forza dell’emozione indica il cammino, attraverso le soluzioni che sceglie per la sua storia, indicate dalle espressioni e posture dei suoi attori.
I protagonisti ‘delinquenti e cattivi’ sono dei perdenti fragili (e quando mai la Forza è personificata dalla delinquenza?) e i ‘buoni’ alla fine vincono, perchè risultano felici (anche se la visione comune li vede come dei ridicoli ingenui).
Ci sono, nel film, tanti particolari che indicano la strada per comprendere... gli sguardi persi di Baietti/De Sica, così terribilmente bamboccione fino a quell’ultima scena sul terrazzino di casa, ripreso dal basso, quasi una larva.
E l’abbraccio finale tra lui e il professor Bollino “ Abbracciamoci! Sedici anni siamo stati insieme e non ci siamo mai abbracciati... sono stati poi anni belli!”
Lo dicono, ma non ci credono neanche loro.
E, mentre il professor Bollino narra qualcosa che potrebbe spiegare le origini del perché si è messo dietro a tutto questo, e che poi potrebbe spiegare anche i sandali, il suo essere ipocondriaco, il somatizzare e altro ancora, ecco che Baietti/De Sica non lo ascolta neppure, si addormenta.
Uomini che non sono mai diventati uomini.
Invece, l’emozione sul volto di Baldo e della madre Fiamma... il loro amare, riaccogliere, nonostante tutto, quel miserabile che è Baietti... bé, non c’è dubbio che sono loro i vincitori morali nella storia, con quel sentimento della ‘compassione’ che a noi pare così ingenuo e fuori moda.
Fare una semplice denuncia è oramai un atto di arcaica modalità.
Pupi Avati segue un’altra via, indicata da grandi figure spirituali, e ora avallata dalle più attuali conoscenze quantistiche.
Il Dalai Lama invita ad una rivoluzione interiore... modificare l’esistente partendo da un proprio cambiamento.
Più che l’odio e la rabbia, il sentimento della compassione può modificare, in meglio, la realtà esterna.
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angelo umana
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martedì 17 agosto 2010
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se possiamo capirci qualcosa in quello che succede
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“Se possiamo capirci qualcosa in quello che sta succedendo” dice Laura Morante, nel film madre del figlio più piccolo e più sprovveduto, e moglie di Christian De Sica, mega presidente e A.D. del mega-gruppo Baietti, sprovveduto pure lui e strumento ricattabile del furbo direttore generale Luca Zingaretti e degli altri componenti del consiglio d’amministrazione. Deve essere un quadro, quello di Pupi Avati, che rappresenta la nostra società oggi: c'è chi trama continuamente tra politica affari evasione fiscale e bella vita, di quelle scintillanti, che non sono così lustre come sembra.
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“Se possiamo capirci qualcosa in quello che sta succedendo” dice Laura Morante, nel film madre del figlio più piccolo e più sprovveduto, e moglie di Christian De Sica, mega presidente e A.D. del mega-gruppo Baietti, sprovveduto pure lui e strumento ricattabile del furbo direttore generale Luca Zingaretti e degli altri componenti del consiglio d’amministrazione. Deve essere un quadro, quello di Pupi Avati, che rappresenta la nostra società oggi: c'è chi trama continuamente tra politica affari evasione fiscale e bella vita, di quelle scintillanti, che non sono così lustre come sembra. Per associazione di idee fa pensare a La Nostra Vita e a quella canzone di Elio e le storie tese, sulle cose abusive dove galleggia una parte della nostra società, “la gente guapa”.
Si confrontano, nel film come nella vita reale, due gruppi di persone: quelle che vivono di cose semplici, di cultura (magari di film), di affetti, che sognano una vita appena migliore e quelle che invece si nutrono di mai soddisfatta avidità o di scalate sociali, che ad una mossa legale o illegale contrappongono sempre un’altra mossa, come dice il "direttore generale" Zingaretti . Alla fine il regista sembra mostrare che la seconda categoria soccombe alla giustizia ed è beneaugurante, ma sarebbe troppo bello. Infatti stiamo ancora cercando di capirci qualcosa.
Da ultimo: nei film di Avati sono immancabili il carattere cinico e quello dabbene, è cinica la vita stessa come in Regalo di Natale, ma quello era acqua fresca, un peccato veniale, questo è una tragica farsa; bene De Sica in un ruolo di perdente e non volgarmente comico-godereccio come le varie vacanze di Natale, così onora meglio il suo grande padre. Film forse non dei più belli di Avati comunque un buon lavoro ed anche godibile.
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alespiri
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venerdì 5 marzo 2010
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avati e il suo moralismo popolare
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Pupi Avati è un talento del nostro cinema ed è capace di inventarsi personaggi quasi surreali e cucirli intorno ai suoi interpreti in maniera impeccabile, come un grande maestro di sartoria. Così ha fatto per Albanese e Katia ricciarelli nella splendida "Seconda notte di nozze"; così è stato capace di scoprire talentuosità nascoste in attorucoli persi in commedie nazional popolari come Ezio Greggio e, finalmente, in Christian De Sica, che in questo film disvela le sue capacità drammatiche in una recitazione finalmente scevra da clichè comico-pruriginosi.
Il film Narra delle “imprese” della Baietti Enterprise, azienda immobiliare ingigantitasi attraverso furberie economiche, falle burocratiche, manovre e connivenze politiche ed umane; matrimoni strumentalizzati per evitare passività di bilancio e fallimenti.
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Pupi Avati è un talento del nostro cinema ed è capace di inventarsi personaggi quasi surreali e cucirli intorno ai suoi interpreti in maniera impeccabile, come un grande maestro di sartoria. Così ha fatto per Albanese e Katia ricciarelli nella splendida "Seconda notte di nozze"; così è stato capace di scoprire talentuosità nascoste in attorucoli persi in commedie nazional popolari come Ezio Greggio e, finalmente, in Christian De Sica, che in questo film disvela le sue capacità drammatiche in una recitazione finalmente scevra da clichè comico-pruriginosi.
Il film Narra delle “imprese” della Baietti Enterprise, azienda immobiliare ingigantitasi attraverso furberie economiche, falle burocratiche, manovre e connivenze politiche ed umane; matrimoni strumentalizzati per evitare passività di bilancio e fallimenti..Il tutto ruota intorno a Luciano Baietti (De Sica), imprenditore, che sposa Fiamma (Laura Morante), la donna da cui aveva avuto due figli, e fugge, subito dopo, insieme all’eclettico socio, Bollino (Zingaretti) portando via alla malcapitata pressocchè tutto. L’ingranaggio s’inceppa intorno alla bonarietà del figlio più piccolo nato dalla relazione con Fiamma, Baldo (l’esordiente e bravissimo Nicola Nocella) che viene convocato come legittimo “erede” dell’azienda del padre, finita in disastro economico. Baldo accetterà il gesto “nobile” di un padre ritrovato, inconsapevole del raggiro effettuato a suo scapito per evitare il fallimento.
Il tutto viene proposto, allo spettatore profano, in maniera eccessivamente “tecnica” in cui si da spazio ed enfasi alle capacità legali-burocratiche di una truffa quasi perfetta ai danni dello stato. Tema attuale, per carità, in una realtà che ci propone, dai vertici politici, modelli assai simili; ma se doveva essere un film critico e di denuncia, Avati non trova la forza ed il coraggio di andare fino in fondo, di premere sull’acceleratore ed allora si perde in una forma di moralismo popolare buonista che, in definitiva, non condanna lo stato delle cose, ma quasi lo osserva con sguardo rassegnato, umanizzando fin troppo, nel finale, personaggi come Bollino (Zingaretti) del quale giustifica comportamenti con vissuti difficili. Il film appare, per questo ed altro, paradossale nelle situazioni, estremizzate fino all’inverosimile, fino a creare personaggi come “la scemina” Fiamma, che continua ad amare di un amore inconcepibile un uomo che l’ha sempre calpestata, senza ritegno alcuno.
La forza del film ruota intorno alla bravura degli attori, e per questo risulta godibile anche se un po’ macchinoso,ma si perde in eccessi poco credibili ai limiti, appunto, del paradosso.
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great steven
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sabato 6 luglio 2019
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sull'intramontabile malcostume con attori in parte
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IL FIGLIO Più PICCOLO (IT, 2010) diretto da PUPI AVATI. Interpretato da CHRISTIAN DE SICA, LUCA ZINGARETTI, LAURA MORANTE, NICOLA NOCELLA, MASSIMO BONETTI, MANUELA MORABITO, ALESSANDRA ACCIAI, FABIO FERRARI, ALBERTO GIMIGNANI, SYDNE ROME, MAURIZIO BATTISTA, GIULIO PIZZIRANI, PINO QUARTULLO
Luciano Baietti, dopo aver sposato velocemente Fiamma, si intesta i suoi appartamenti e la abbandona coi loro due bambini piccoli. Nello stesso giorno delle nozze, scappa con un misterioso contabile appena uscito dal seminario. Anni dopo, il meschino opportunista, prossimo a un nuovo matrimonio di puro interesse con una romana con amicizie politiche, è diventato presidente di un losco impero immobiliare (la Baietti Entreprise), dunque ha bisogno di un prestanome sul quale scaricare pericolose responsabilità (da non dimenticare che la sua società economica si regge tutta su un sottobanco di ricatti, raccomandazioni, società fantasma e connivenze politiche).
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IL FIGLIO Più PICCOLO (IT, 2010) diretto da PUPI AVATI. Interpretato da CHRISTIAN DE SICA, LUCA ZINGARETTI, LAURA MORANTE, NICOLA NOCELLA, MASSIMO BONETTI, MANUELA MORABITO, ALESSANDRA ACCIAI, FABIO FERRARI, ALBERTO GIMIGNANI, SYDNE ROME, MAURIZIO BATTISTA, GIULIO PIZZIRANI, PINO QUARTULLO
Luciano Baietti, dopo aver sposato velocemente Fiamma, si intesta i suoi appartamenti e la abbandona coi loro due bambini piccoli. Nello stesso giorno delle nozze, scappa con un misterioso contabile appena uscito dal seminario. Anni dopo, il meschino opportunista, prossimo a un nuovo matrimonio di puro interesse con una romana con amicizie politiche, è diventato presidente di un losco impero immobiliare (la Baietti Entreprise), dunque ha bisogno di un prestanome sul quale scaricare pericolose responsabilità (da non dimenticare che la sua società economica si regge tutta su un sottobanco di ricatti, raccomandazioni, società fantasma e connivenze politiche). Sfruttando l’amore che Fiamma non ha mai smesso di nutrire nei suoi confronti, avvicina e abbindola Baldo, il figlio più giovane, studente DAMS appassionato di film splatter, per persuaderlo a fargli da testimone di nozze e a dirigere la sua azienda. Baietti è più che convinto d’avere in pugno la situazione, ma... A seguito di La cena per farli conoscere (2007) e Il papà di Giovanna (2008), Avati chiude la trilogia sulla figura paterna. Inadempiente il primo, iperprotettivo il secondo, il cinico immobiliarista Luciano Baietti, faccendiere corruttore e spregiudicato evasore fiscale, è il peggiore dei tre. Di origini romane, torna a Bologna dopo sedici anni per intitolare la sua società sull’orlo del fallimento al figlio minore. Nel firmare la sua quarantesima regia in meno di quarant’anni, Avati costruisce una commedia di denuncia, uno dei suoi film più impetuosi sull’Italia del 2000, dove nel Nord – e specialmente in Emilia –, secondo le sue stesse parole, «conti per quel che hai; quel che possiedi, è la misura di quanto vali». Nel disegno dei personaggi, la sceneggiatura non ha saputo evitare certe forzature: la Fiamma della Morante è troppo scioccherella; il Luciano di De Sica troppo mascalzone; il Sergio di Zingaretti troppo eminenza grigia con risvolti da anima nera. Più che immorali, questi individui sono amorali: appartengono a una generazione cresciuta nel culto della furbizia, si destreggiano fra colpi bassi e scelleratezze ma, in un certo senso, non ne sono per niente consapevoli. Tenuto a briglia sciolta, De Sica mostra un’abilità pari a quella della Morante in un ruolo fuori dalle sue corde abituali, e il giovane Nocella è all’altezza della sua non facile parte. Ma abbiamo uno Zingaretti che, recitando sotto le righe, restituisce un’interpretazione magistrale che lascia stupefatti per un realismo e un’aderenza egualmente splendidi. Fra i personaggi di contorno, spiccano un quieto M. Bonetti, un irriverente M. Battista e S. Rome, con la quale la Moretti forma un improponibile duo di suonatrici pseudo-orientali. Il regista bolognese, la cui ecletticità e voglia di sogno non si estinguono mai dal momento che si rinnovano sulle proprie ceneri per inventare di continuo nuove, fiorenti storie che non riciclano mai narrazioni precedenti, ha molto caro l’argomento della truffa in un Paese dove gli inganni e i furti di grossa portata sono più numerosi in un sol giorno che gli stessi abitanti, e non rinuncia ad una verve sarcastica nella descrizione di quanto poco gli italiani ci tengano a cambiare faccia, incuranti della loro reputazione ma neppure desiderosi di infrangere così tanto i regolamenti. Avati, sceneggiatore del film oltre che regista (guarda caso!), è un professionista dell’ironia al punto da saper sovvertire le posizioni e ingiungere un pizzico di rammarico nelle psicologie caratteriali che arriva persino a sfiorare il pentimento e la rimessa in discussione di sé stessi. Co-prodotto da DUEA e Medusa che distribuisce.
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