Il figlio più piccolo

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Un film di Pupi Avati. Con Christian De Sica, Laura Morante, Luca Zingaretti, Sydne Rome, Nicola Nocella.
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Drammatico, durata 100 min. - Italia 2010. - Medusa uscita venerdì 19 febbraio 2010. MYMONETRO Il figlio più piccolo * * 1/2 - - valutazione media: 2,62 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Sull'intramontabile malcostume con attori in parte Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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sabato 6 luglio 2019

IL FIGLIO Più PICCOLO (IT, 2010) diretto da PUPI AVATI. Interpretato da CHRISTIAN DE SICA, LUCA ZINGARETTI, LAURA MORANTE, NICOLA NOCELLA, MASSIMO BONETTI, MANUELA MORABITO, ALESSANDRA ACCIAI, FABIO FERRARI, ALBERTO GIMIGNANI, SYDNE ROME, MAURIZIO BATTISTA, GIULIO PIZZIRANI, PINO QUARTULLO
Luciano Baietti, dopo aver sposato velocemente Fiamma, si intesta i suoi appartamenti e la abbandona coi loro due bambini piccoli. Nello stesso giorno delle nozze, scappa con un misterioso contabile appena uscito dal seminario. Anni dopo, il meschino opportunista, prossimo a un nuovo matrimonio di puro interesse con una romana con amicizie politiche, è diventato presidente di un losco impero immobiliare (la Baietti Entreprise), dunque ha bisogno di un prestanome sul quale scaricare pericolose responsabilità (da non dimenticare che la sua società economica si regge tutta su un sottobanco di ricatti, raccomandazioni, società fantasma e connivenze politiche). Sfruttando l’amore che Fiamma non ha mai smesso di nutrire nei suoi confronti, avvicina e abbindola Baldo, il figlio più giovane, studente DAMS appassionato di film splatter, per persuaderlo a fargli da testimone di nozze e a dirigere la sua azienda. Baietti è più che convinto d’avere in pugno la situazione, ma... A seguito di La cena per farli conoscere (2007) e Il papà di Giovanna (2008), Avati chiude la trilogia sulla figura paterna. Inadempiente il primo, iperprotettivo il secondo, il cinico immobiliarista Luciano Baietti, faccendiere corruttore e spregiudicato evasore fiscale, è il peggiore dei tre. Di origini romane, torna a Bologna dopo sedici anni per intitolare la sua società sull’orlo del fallimento al figlio minore. Nel firmare la sua quarantesima regia in meno di quarant’anni, Avati costruisce una commedia di denuncia, uno dei suoi film più impetuosi sull’Italia del 2000, dove nel Nord – e specialmente in Emilia –, secondo le sue stesse parole, «conti per quel che hai; quel che possiedi, è la misura di quanto vali». Nel disegno dei personaggi, la sceneggiatura non ha saputo evitare certe forzature: la Fiamma della Morante è troppo scioccherella; il Luciano di De Sica troppo mascalzone; il Sergio di Zingaretti troppo eminenza grigia con risvolti da anima nera. Più che immorali, questi individui sono amorali: appartengono a una generazione cresciuta nel culto della furbizia, si destreggiano fra colpi bassi e scelleratezze ma, in un certo senso, non ne sono per niente consapevoli. Tenuto a briglia sciolta, De Sica mostra un’abilità pari a quella della Morante in un ruolo fuori dalle sue corde abituali, e il giovane Nocella è all’altezza della sua non facile parte. Ma abbiamo uno Zingaretti che, recitando sotto le righe, restituisce un’interpretazione magistrale che lascia stupefatti per un realismo e un’aderenza egualmente splendidi. Fra i personaggi di contorno, spiccano un quieto M. Bonetti, un irriverente M. Battista e S. Rome, con la quale la Moretti forma un improponibile duo di suonatrici pseudo-orientali. Il regista bolognese, la cui ecletticità e voglia di sogno non si estinguono mai dal momento che si rinnovano sulle proprie ceneri per inventare di continuo nuove, fiorenti storie che non riciclano mai narrazioni precedenti, ha molto caro l’argomento della truffa in un Paese dove gli inganni e i furti di grossa portata sono più numerosi in un sol giorno che gli stessi abitanti, e non rinuncia ad una verve sarcastica nella descrizione di quanto poco gli italiani ci tengano a cambiare faccia, incuranti della loro reputazione ma neppure desiderosi di infrangere così tanto i regolamenti. Avati, sceneggiatore del film oltre che regista (guarda caso!), è un professionista dell’ironia al punto da saper sovvertire le posizioni e ingiungere un pizzico di rammarico nelle psicologie caratteriali che arriva persino a sfiorare il pentimento e la rimessa in discussione di sé stessi. Co-prodotto da DUEA e Medusa che distribuisce.

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