luca scialo
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lunedì 27 dicembre 2021
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un viaggio mistico riunisce un padre e un figlio
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Tom è un oculista molto stimato, con una vita abitudinaria, tra studio e mazze da golf. Il figlio Tom, invece, ama viaggiare e parte alla volta dell'Europa anche per svolgere il Cammino di Santiago di Compostela. Purtroppo però, un giorno, mentre gioca a golf con amici, riceve una brutta notizia: Tom è stato travolto da un temporale improvviso sui Pirenei. Tom parte alla volta della Francia e, dopo lo shock iniziale, decide di completare l'itinerario del figlio. Il viaggio, nel più classico degli sviluppi cinematografici, diventa anche una metafora della vita. Emilio Estevez ha scritto, diretto, interpretato e prodotto questa piacevole commedia avente come tema il viaggio come metafora dell'esistenza.
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Tom è un oculista molto stimato, con una vita abitudinaria, tra studio e mazze da golf. Il figlio Tom, invece, ama viaggiare e parte alla volta dell'Europa anche per svolgere il Cammino di Santiago di Compostela. Purtroppo però, un giorno, mentre gioca a golf con amici, riceve una brutta notizia: Tom è stato travolto da un temporale improvviso sui Pirenei. Tom parte alla volta della Francia e, dopo lo shock iniziale, decide di completare l'itinerario del figlio. Il viaggio, nel più classico degli sviluppi cinematografici, diventa anche una metafora della vita. Emilio Estevez ha scritto, diretto, interpretato e prodotto questa piacevole commedia avente come tema il viaggio come metafora dell'esistenza. Un argomento trattato molte volte nel Cinema, ma che, tutto sommato, non stanca mai. Soprattutto se proposto in modo adeguato. Qui il viaggio è quello mistico di Santiago di Compostela. E proprio il misticismo farà ritrovare un padre col figlio scomparso. La pellicola è tratta da una storia vera, dove Tom Avery è interpretato da Martin Sheen, padre di Estevez. Anch'egli comunque presente proprio nei panni del figlio deceduto. Certo, non manca qualche banalità qua e là, ma il film spezza bene il dramma con l'ironia e la riflessione.
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elgatoloco
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lunedì 27 dicembre 2021
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grande film
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Traendo spunto dai racconti di Jack HItt, Emilio Estevez, vero nome del figlio di Martin Sheen(che è mexicano, anche se naturalizzato"gringo"), ha scritto per lo schermo e diretto questo"The Way"(2010)che racconta del cammino verso Santiago de Compostela, Galizia, Spagna, ma passando dai teritori baschi, in un"camino"("Buen Camino"è lo slogan abituale tra i"pellegrini.camminatori"che provengono anche dalle parti più disparate del mondo)che comporta molti kilometri, molte soste, soprattutto per un ulttrasessantenne come il protagonista del film, un oftalmologo USA che ripercorre il cammino del figlio, di cui ha dovuto recuperare le ceneri.
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Traendo spunto dai racconti di Jack HItt, Emilio Estevez, vero nome del figlio di Martin Sheen(che è mexicano, anche se naturalizzato"gringo"), ha scritto per lo schermo e diretto questo"The Way"(2010)che racconta del cammino verso Santiago de Compostela, Galizia, Spagna, ma passando dai teritori baschi, in un"camino"("Buen Camino"è lo slogan abituale tra i"pellegrini.camminatori"che provengono anche dalle parti più disparate del mondo)che comporta molti kilometri, molte soste, soprattutto per un ulttrasessantenne come il protagonista del film, un oftalmologo USA che ripercorre il cammino del figlio, di cui ha dovuto recuperare le ceneri. Se all'inizio sembra che sia un film di "detection"appunto per trovare le cause della morte del figlio(morto in realtà assiderato durante una tormenta di neve che doveva condurlo, appunto, a Santiago de Compostela), ben presto si scopre che l'intento del film è tutt'altro: Thomas Avery, che intraprende il viaggio "della speranza", non sperando in realtà in nulla, incontrando molti"pellegrini"e qualche"pellegrina", come la"derelitta"Sarah, accanita fumatrice, che però in realtà ha dietro di sé un passato ben più grave del "semplice" tabagismo, o un corpulento olandese che con la"marcia"afferma di voler perdere peso, pena le difficoltà di relazioni intime con la moglie. Sia come sia, persone che hanno motivazioni, quali quelle di Thomas, decisamente lontane dalla religiosità e magari dal misticismo, anche se, in qualche modo(ma spesso ciò non avviene)finiscono per"intercettare"tali dimensioni. Decisamente un grnade film, con un'intepretazione superba di Martin Sheen, che sembra bissare quanto realizzato in"Apocalypse Now", per non dire di altre prove precedenti e/o successive, ma anche dello stesso Emilio Estevez, nel ruolo"fantasmatico"(ma senza nessuna parvenza di"fantasma"classicamente inteso)di Daniel, il figlio dle ptoragonista, mentre anche Deborah Kara Ungar, come "Sarah"e Yonk Van Wageningen, nei panni dell'olandese non volante perché troppo corpulnento sono pienamente, anzi splendidamente in parte. Ma il film vive anche di altri momenti, come quando il non più giovane, perde nel fiume il suo equipaggiamento e lo deve recuperare, nella contemplazione delle alture un poìdesolate ma popolate da bellissime pecore e capre, dei siparietti tra Baschi e Francesi a proposito di Charlemagne e di Roland, colpevoli o meno di una sorta di sterminio dei Baschi. Solidarietà anche litigiosa non tra gli"ultimi" ma tra persone che non si conoscono e che sono tra loro diverisssime, dove non si ha un fenomeno di"metanoia", ma una prova esistenziale comunque fondamentale. El Gato
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samanta
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domenica 4 marzo 2018
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la vta non si sceglie la si vive
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Il film del 2010. l'avevo visto in TV, l'ho rivisto recentemente e non posso che confermare anzi dare più forza al giudizio positivo che ne ebbi la prima volta. La regia è di Emilio Estevez. figlio di Martin Sheen che interpreta la parte principale del film e cioè Tom Avery. Tom è un vedovo, affermato medico oculista che vive tranquillo la sua vita di lavoro, passando il tempo libero al circolo del golf. La sua vita metodica non è condivisa dal figlio Daniel che abbandona la carriera universitaria per viaggiare.Tom, che non condivide la sua scelta, viene chiamato dalla polizia francese perché il figlio appena iniziato il pellegrinaggio per Santiago è morto per un incidente, raggiunge la località francese nei Pirenei e dopo aver fatto incenerire la salma del figlio, decide di sostituirlo nel pellegrinaggio spargendo lungo il cammino le sue ceneri.
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Il film del 2010. l'avevo visto in TV, l'ho rivisto recentemente e non posso che confermare anzi dare più forza al giudizio positivo che ne ebbi la prima volta. La regia è di Emilio Estevez. figlio di Martin Sheen che interpreta la parte principale del film e cioè Tom Avery. Tom è un vedovo, affermato medico oculista che vive tranquillo la sua vita di lavoro, passando il tempo libero al circolo del golf. La sua vita metodica non è condivisa dal figlio Daniel che abbandona la carriera universitaria per viaggiare.Tom, che non condivide la sua scelta, viene chiamato dalla polizia francese perché il figlio appena iniziato il pellegrinaggio per Santiago è morto per un incidente, raggiunge la località francese nei Pirenei e dopo aver fatto incenerire la salma del figlio, decide di sostituirlo nel pellegrinaggio spargendo lungo il cammino le sue ceneri. Nel viaggio trova poi tre compagni di strada: Sarah canadese,(Deborah Kara) che fa il pellegrinaggio con il voto di non fumare in più, ma che è dilaniata dal rimorso per aver abortito la figlia per non darle un padre violento da cui poi è separata, Joost olandese (Yorick van Wageningen) che fa il viaggio apparentemente per dimagrire e Jack (James Nesbitt) estroso scrittore irlandese che intraprende il cammino per cercare di scrivere un libro avendo perso la vena di scrittore.
Il film si dipana su tre livelli: il primo è lo spettacolare paesaggio attraverso la Navarra, la Vecchia Castiglia , Leon e Galizia fino a Santiago e dopo fino a un Santuario sull'Atlantico. Il secondo riguarda il "cammino" vero e proprio e quindi l'incontro con una varietà incredibile di personaggi che fanno il pellegrinaggio o che casualmente incontrano i viaggiatori, nonché con le situazioni più disparate tra cui l'arresto per ubriachezza di Tom (omaggio del figlio regista al padre più volte arrestato per le sue marce contro la guerra). Il terzo livello riguarda il pellegrinaggio interiore dei 4 personaggi, che durante il cammino crescono interiormente, chi ritrova la pace persa accettando il consiglio del figlio "papà la vita non si sceglie la si vive", chi trova la fede, chi comprende che deve accettare se stesso, chi ritrovando quella carica emotiva che gli aveva impedito di proseguire l'attività di scrittore. La fotografia del film è splendida, accompagnata da una musica accattivante, l'interpretazione è buona, ma una menzione particolare merita quella di Martin Sheen che si conferma come uno dei migliori attori americani. Un film da vedere: "buen camino".
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oar54
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mercoledì 13 gennaio 2016
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un buon "cammino"
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La verità è che non è possibile rappresentare in un film, ma secondo me anche in un libro ,la complessa mistura di sentimenti , paesaggi, miserie e bellezze umane, fatica e sudore , sorrisi e pianti e sguardi e sorrisi di tutto quel mondo che è il cammino di Santiago.
Solo chi si è cimentato in questo "viaggio" può forse capire.
Detto questo il film è un ottimo film , con un credibile set di attori e che và premiato anche solo per il fatto di averci provato.
Bella la fotografia e buona la regia , con um grande Sheen che trasmette bene la sua trasformazione interiore da radicato borghese a persona che riesce ad empatizzare con i suoi compagni di viaggio.
Forse l'unico appunto che mi sento di fare ,è la mancanza di rappresentazione della moltitudine umana che si trova sul "camino".
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La verità è che non è possibile rappresentare in un film, ma secondo me anche in un libro ,la complessa mistura di sentimenti , paesaggi, miserie e bellezze umane, fatica e sudore , sorrisi e pianti e sguardi e sorrisi di tutto quel mondo che è il cammino di Santiago.
Solo chi si è cimentato in questo "viaggio" può forse capire.
Detto questo il film è un ottimo film , con un credibile set di attori e che và premiato anche solo per il fatto di averci provato.
Bella la fotografia e buona la regia , con um grande Sheen che trasmette bene la sua trasformazione interiore da radicato borghese a persona che riesce ad empatizzare con i suoi compagni di viaggio.
Forse l'unico appunto che mi sento di fare ,è la mancanza di rappresentazione della moltitudine umana che si trova sul "camino".
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capitanmiki
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venerdì 25 dicembre 2015
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film di una bellezza esemplare
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Questo e' un film che avrebbe meritato piu' oscar, ma che come sempre la distribuzine non considera quale blockbuster. E' un film che riconcilia lo spettatore atteaverso valori ormai in disuso ed accantonati quando non addirittura distorti, quali l'amicizia, il riscoprire se stessi, il valorizzare il proprio ego anteponendolo alle miserie e routine quotidiane. Attraverso il Cammino verso Santiago de Compostela lungo la via Francigena, un padre, americano per giunta, in una produzione USA che sembra invece europea, scopre l'importanza della Fede sostituendosi in una sorta di voto, al percorso mancante al completamento del cammino del figlio, deceduto a causa di un fulmine durante una tempesta sui Pirenei.
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Questo e' un film che avrebbe meritato piu' oscar, ma che come sempre la distribuzine non considera quale blockbuster. E' un film che riconcilia lo spettatore atteaverso valori ormai in disuso ed accantonati quando non addirittura distorti, quali l'amicizia, il riscoprire se stessi, il valorizzare il proprio ego anteponendolo alle miserie e routine quotidiane. Attraverso il Cammino verso Santiago de Compostela lungo la via Francigena, un padre, americano per giunta, in una produzione USA che sembra invece europea, scopre l'importanza della Fede sostituendosi in una sorta di voto, al percorso mancante al completamento del cammino del figlio, deceduto a causa di un fulmine durante una tempesta sui Pirenei. Film edificante davvero. Consigliatissimo.
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kondor17
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lunedì 6 aprile 2015
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divertente e leggero
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Emilio Estevez confeziona ad hoc per il padre Ramon Estevez (noto come Martin Sheen), di origini galiziane, un road movie sulla via di Santiago. Tom (Martin), burbero oftalmologo americano, apprende della morte del figlio Daniel (Emilio), sorpreso da un temporale all'inizio del cammino. Vola quindi oltre oceano per ritirarne le spoglie e, una volta cremato il corpo, decide invece di proseguire con l'attrezzatura del figlio. Durante la marcia dovrà affrontare alloggi improvvisati, il recupero nel fiume e poi il furto dello zaino, e tutta una serie di coloriti personaggi, con tre dei quali si troverà poi, suo malgrado, a dividere esperienze e a stringere un'insospettabile amicizia.
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Emilio Estevez confeziona ad hoc per il padre Ramon Estevez (noto come Martin Sheen), di origini galiziane, un road movie sulla via di Santiago. Tom (Martin), burbero oftalmologo americano, apprende della morte del figlio Daniel (Emilio), sorpreso da un temporale all'inizio del cammino. Vola quindi oltre oceano per ritirarne le spoglie e, una volta cremato il corpo, decide invece di proseguire con l'attrezzatura del figlio. Durante la marcia dovrà affrontare alloggi improvvisati, il recupero nel fiume e poi il furto dello zaino, e tutta una serie di coloriti personaggi, con tre dei quali si troverà poi, suo malgrado, a dividere esperienze e a stringere un'insospettabile amicizia.
L'inizio è carino, ben fatto, credibile. Racconta la storia di padre e figlio con evidenti divergenze di vedute e prospettive. La morte di quest'ultimo è il fattore scatenante del cambiamento del padre e dell'unificazione delle anime. Bella anche la fotografia, accompagnata dalle musiche folk di James Taylor e Alanis Morissette. Pur senza preparazione fisica, quindi, Tom decide all'improvviso di girare le spalle al proprio lavoro e inizia da solo il cammino verso l'ignoto. L'incontro poi con Joost, simpatico olandese sovrappeso, crea una sit-com veramente godibile. Proseguendo insieme a fatica, i due incontrano ripetutamente Sarah, avvenente canadese omofobica affetta da tabagismo acuto, che si aggrega poi a Joost per via dei vari "sonniferi" & co. di cui dispone. Alla fine i tre incontrano uno scrittore irlandese, Jack, in preda a delirio da crisi dello scrittore e di identità. Tra fuochi e fiamme e qualche stereotipo di troppo (fin troppo pacchiana la pubblicità indotta per bevande e soprattutto per catene di alberghi di lusso spagnoli), con Daniel e le sue continue e noiose apparizioni, il film si trascina a stento sino a Santiago, trasformando un cammino di fede illuminata in un semplice road movie, snaturando quindi con statistiche fasulle il vero senso del pellegrinaggio in sè, così come inteso dalla stragrande maggioranza di chi lo intraprende. Nonostante le citazioni dotte di Jack sui libri di San Giacomo, l'unico vero atto di fede e di rispetto è qullo del gitano Villa Lobos, che recupera lo zaino rubato a Tom da suo figlio, contenente l'urna con le ceneri di Daniel. Il resto sono usanze, tradizioni, condivisioni. Comunque il film è guardabile, con qualche gag veramente divertente. 6-
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stefano capasso
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venerdì 12 dicembre 2014
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il cammino di santiago come metafora della vita
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Tom è un medico di mezza età, americano, che vive la sua vita nelle consuetudini della società che lo circonda. Suo figlio Daniel a 40 anni decide ad uscire dagli schemi e parte per l’esperienza del Cammino di Santiago. La sua esperienza durerà un giorno perché la prima notte verrà colto di sorpresa dal maltempo sui Pirenei e muore. Cosi Tom vola in Spagna e intraprende lui il cammino che avrebbe voluto fare il figlio. Presto si formerà un gruppo di quattro persone, ben assortite, che tra momenti di condivisione, conflitti ed imprevisti raggiungerà finalmente la meta.
Il film di Emilio Estevez descrive l’esperienza del pellegrinaggio e lo fa riuscendo bene a riprodurre l’atmosfera del viaggio, dove il momento che è più importante è quello presente.
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Tom è un medico di mezza età, americano, che vive la sua vita nelle consuetudini della società che lo circonda. Suo figlio Daniel a 40 anni decide ad uscire dagli schemi e parte per l’esperienza del Cammino di Santiago. La sua esperienza durerà un giorno perché la prima notte verrà colto di sorpresa dal maltempo sui Pirenei e muore. Cosi Tom vola in Spagna e intraprende lui il cammino che avrebbe voluto fare il figlio. Presto si formerà un gruppo di quattro persone, ben assortite, che tra momenti di condivisione, conflitti ed imprevisti raggiungerà finalmente la meta.
Il film di Emilio Estevez descrive l’esperienza del pellegrinaggio e lo fa riuscendo bene a riprodurre l’atmosfera del viaggio, dove il momento che è più importante è quello presente. L’inizio del viaggio è complicato, ci sono dubbi e resistenze che poi si sciolgono quanto più si entra nella dimensione dell’esperienza. Quella del cammino di Santiago rappresenta la metafora del grande percorso della vita. Ognuno, come i quattro protagonisti del film, ha una sua ragione per compiere il cammino e ha il compito di sciogliere il nodo che lo ha portato a compiere l’esperienza. Attraverso questo passaggio l’individuo potrà entrare meglio in contatto con gli altri e può fare dell’esperienza del viaggio, che rimane individuale, un esperienza che sia anche condivisa con soddisfazione. Un film semplice, in cui emerge la visione “americana” di un’esperienza tipicamente europea, e latina direi. A tratti questo è un punto debole, insieme all’impianto filmico che in generale è piuttosto dimesso. Tuttavia il senso dell’esperienza del cammino emerge con chiarezza ed è espresso con una delicatezza che a tratti commuove
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giorpost
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martedì 11 febbraio 2014
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un oculista apre per la prima volta gli occhi
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Emilio Estevez scrive e dirige il padre Martin Sheen in questo dramma “on the road” che parte con il più classico dei prologhi, iniziando dal luogo di lavoro del protagonista. Tom è un oculista affermato vedovo con un unico figlio che vede poco e col quale non ha un gran rapporto. Daniel sembra, infatti, il classico quarantenne figlio di papà apparentemente scapestrato e nullafacente, restio agli studi ed appassionato di viaggi.
Mentre sta giocando a golf con gli amici Tom riceve una drammatica telefonata dalla Francia nella quale viene messo al corrente della tragica morte del figlio, avvenuta sui Pirenei all’ inizio del Cammino di Santiago de Compostela, un famoso pellegrinaggio di oltre 700 kilometri che culmina al santuario della cittadina galiziana ove giacciono le spoglie di San Giacomo.
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Emilio Estevez scrive e dirige il padre Martin Sheen in questo dramma “on the road” che parte con il più classico dei prologhi, iniziando dal luogo di lavoro del protagonista. Tom è un oculista affermato vedovo con un unico figlio che vede poco e col quale non ha un gran rapporto. Daniel sembra, infatti, il classico quarantenne figlio di papà apparentemente scapestrato e nullafacente, restio agli studi ed appassionato di viaggi.
Mentre sta giocando a golf con gli amici Tom riceve una drammatica telefonata dalla Francia nella quale viene messo al corrente della tragica morte del figlio, avvenuta sui Pirenei all’ inizio del Cammino di Santiago de Compostela, un famoso pellegrinaggio di oltre 700 kilometri che culmina al santuario della cittadina galiziana ove giacciono le spoglie di San Giacomo.
Sconvolto, Tom prende il primo volo per Parigi e si reca nel paesino francese dove si trova la salma, che gli verrà consegnata dal capitano Henri, interpretato dal sempre efficace Tchéky Karyo (Nikita). Questi, oltre al disbrigo delle inevitabili pratiche burocratiche, offre a Tom una visione di quanto è successo, cercando di fargli elaborare il lutto nel modo più sereno e veloce possibile. Gli spiega del significato del pellegrinaggio, del coraggio che occorre nell’ affrontarlo e che migliaia di persone ogni anno fanno quella traversata che non è soltanto un cammino religioso ma assurge a prova spirituale e sfida a se stessi, in una sorta di riconciliazione con la Terra. Tom, pur triste per la tragica morte del figlio, resta affascinato dal resoconto al punto da chiedere la cremazione del corpo di Daniel, prendere in consegna lo zaino del figlio e partire lui stesso per l’ avventura. Il giorno dopo si incammina, non prima di aver chiesto consigli su come sopravvivere e dove dormire e parte così un lunghissimo viaggio a piedi che, per un periodo di almeno 1 mese, gli farà conoscere terre mai viste prima, incontrare persone di ogni ceto, religione e provenienza geografica, con un solo obiettivo: portare le ceneri del figlio fino a Santiago.
Interpretato con piglio da veterano, Tom viene presentato come un burbero poco socievole, scontroso e relativamente avvezzo alle battute. Tali aspetti della sua personalità vengono fuori a più riprese nella prima parte del film, specie quando fa la conoscenza di Joost, un simpatico gigante olandese che ha scelto il Cammino per “rientrare nel vestito da sposo” e di Sarah, una bionda canadese dal passato verosimilmente difficile e dal quale vuole allontanarsi. E’ proprio con questi 2 personaggi che la storia comincia a prendere corpo, tra un ostello e l’ altro e ritrovi per pellegrini, dove nasce una conflittuale ma onesta amicizia, cosa che viene ben rappresentata grazie alla scelta di buoni attori (lei è la bellissima Deborah Kara Unger vista in Crash di Cronenberg). A questi si aggregherà, strada facendo (è proprio il caso di dirlo) l’ irlandese Jack (James Nesbitt), scrittore in crisi che ha scelto il viaggio per riprendersi dal blocco dello scrittore. Un quartetto insolito ed eterogeneo che non disdegna momenti di ilarità intervallati da tensioni date dal “segreto” di Tom e del suo reale motivo del pellegrinaggio, ben presto svelato da Joost. Ne nasce un litigio, dopo una sbornia, che porterà i nostri ad avere anche una disavventura con un gruppo di rom, dal quale però il gruppo ne esce con una festa a base di alcol, balli e canti e con l’ incontro inaspettato con un uomo dai saggi valori che consiglia a Tom di non fermarsi a Santiago ma di proseguire fino all’ oceano.
L’ ultima parte preferisco non raccontarla a chi legge, vorrei che ogni uno prendesse da questo lungometraggio quello che ho avuto io, ovvero una manciata di serenità e un rinnovato attaccamento a quelle cose semplici che dovrebbero saziare le nostre fauci. Il Cammino per Santiago (The way, Spagna, USA, 2010) è un’ opera semplice, girata senza troppi fronzoli da un figlio d’ arte che ha diretto magistralmente il papà facendogli idealmente riprendere quel viaggio sul fiume in Apocalypse Now e terminato sull’ Oceano Atlantico. La frase cult del film è senza dubbio questa: “la vita non va scelta, ma vissuta”. Come non essere d’accordo?
Non è necessario essere cattolici e non occorre esser atei per apprezzare quest’ opera. Daniel/Emilio provoca in Tom/Martin quanto non sia stato capace di fare fino a quel momento pur essendo un oftalmologo: aprire gli occhi.
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amedeo gavazzi
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mercoledì 1 gennaio 2014
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il cammino verso il nostro prossimo
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ho visto questo film in dvd e con molto ritardo dalla sua uscita.rimediero'guardandolo ancora.la storia ti prende immediatamente,perche'e' fatta di poesia,di sentimenti,di umanita'.mentre il film scorre e senza che tu te ne accorga,ti innamori dei personaggi.e capisci che ognuno di noi ha bisogno di amare il suo prossimo,per poter amare se stessi!!bellissimo!!!!!!!
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brunomh
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mercoledì 13 novembre 2013
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sulle tracce di una vita
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Già in Germania era stato realizzato un film sul "camino per Santiago" con protagonisti un padre ed una figlia in cerca di riconciliazione.
Il padre lungo il percorso muore e la figlia soddisfa il suo ultimo desiderio, quello di recarsi a Muxia.
Anche nel film di Estevez,un padre si reca in un paese sui Pirenei per riportare a casa la salma di suo figlio, morto il primo giorno di marcia lungo il cammino per Santiago. Dopo il riconoscimento e la proposta della cremazione del corpo,opta per quest'ultima e si avvia con le ceneri lungo il percorso intrapreso dal figlio. Un semplice canovaccio da cui si dipana una sofferta vicenda umana, fatta di silenzi, di incontri e di tormenti.
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Già in Germania era stato realizzato un film sul "camino per Santiago" con protagonisti un padre ed una figlia in cerca di riconciliazione.
Il padre lungo il percorso muore e la figlia soddisfa il suo ultimo desiderio, quello di recarsi a Muxia.
Anche nel film di Estevez,un padre si reca in un paese sui Pirenei per riportare a casa la salma di suo figlio, morto il primo giorno di marcia lungo il cammino per Santiago. Dopo il riconoscimento e la proposta della cremazione del corpo,opta per quest'ultima e si avvia con le ceneri lungo il percorso intrapreso dal figlio. Un semplice canovaccio da cui si dipana una sofferta vicenda umana, fatta di silenzi, di incontri e di tormenti.L'uomo, un oftalmologo americano, non capisce, si sente inadeguato; non c'è una qualsivoglia motivazione spirituale a muoverlo. Forse solo la curiosità, solo la voglia di capire perchè suo figlio Daniel avesse intrapreso quel viaggio.E che si senta inadeguato è chiaro quando cerca di caricarsi lo zaino e fa cadere la lampada ed ancora, quando parte e sbaglia due volte strada.A lui, via via che procede, si uniscono un olandese il cui unico intento è dimagrire, una donna canadese cinica, acida, provocatoria che vuole smettere di fumare ed un logorroico scrittore irlandese che ha il “blocco dello scrittore”Lungo la strada i rapporti sono ridotti all'essenziale, condizionati dal silenzio e dal desiderio di solitudine del padre.E' in una delle soste che si apre con l'olandese – il quale lo aveva visto poggiare lungo le tappe dei mucchietti di cenere estratti dalla cassetta – e gli confessa la verità, che, a sua volta,rivela agli altri compagni di viaggio.I quattro pellegrini, finiscono per rappresentare un'umanità eterogenea che in massa si muove alla volta di Santiago ed alla ricerca di se stessi; sui loro passi s'imbattono nelle persone delle pensioni che ospitano i “pelegrinos” e si confrontano con un paesaggio aspro ed impervio, con lunghe distese di campi e selve più o meno fitte; un paesaggio comunque silente, mai invadente che esprime stati d'animo tormentati, sereni, rassegnati.“La fatica del cammino è camminare”, racchiude la vera essenza del film. E la fatica gioca un brutto scherzo a John, quando su di un ponte si libera del peso dello zaino e questi precipita nel fiume sottostante, portato via dalla corrente. Si tuffa in acqua e lo recupera...ma è destinato a perderlo ancora quando un giovane zingaro, glielo porta via. La perdita dello zaino segna il distacco tra il padre ed il figlio; caduto nel fiume, esprime il naturale procedere degli eventi; rubato dal ragazzo rappresenta la fuga del giovane dal padre.Giunti alla meta, ormai pervasi di quella spiritualità se non religiosa quantomeno antropologica, si spogliano delle loro angosce e rivelano i rispettivi intenti; la donna ha perduto il figlio in seguito alle violenze del marito, l'olandese ammette che la moglie lo ha cacciato dal letto perchè troppo grasso e lo scrittore, lungo il cammino e grazie alla storia di John, si è sbloccato.Ognuno affronta i propri fantasmi neutralizzandoli all'interno del Santuario ed è forse il più dissacrante dei quattro che conclude il viaggio camminando fino al sepolcro del Santo in ginocchio.Quando le strade dovrebbero separarsi, i quattro amici si ritrovano assieme per accompagnare John all'ultima meta: Muxia, in riva all'oceano, dove sparge quel che resta delle ceneri del figlio. Ed è significativo il gesto; non le “butta” in mare, ma sulle rocce, lasciando che siano le onde a portarle via, sì da condurle in ogni luogo, perchè il viggio era nei pensieri del giovane.L'ultima inquadratura ci consegna il padre in Marocco che, zaino in spalla, cammina tra la gente.Il viaggio lungo il “camino” per capire il figlio, ha permesso al padre di ritrovare il suo senso della vita, perchè “la vita non si sceglie si vive”.
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