Faust |
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Un film di Aleksandr Sokurov.
Con Johannes Zeiler, Anton Adasinsky, Isolda Dychauk, Georg Friedrich, Hanna Schygulla.
continua»
Titolo originale Faust.
Drammatico,
durata 134 min.
- Russia 2010.
- Archibald Enterprise Film
uscita mercoledì 26 ottobre 2011.
MYMONETRO
Faust
valutazione media:
4,03
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Delirante viaggio nell'abisso dell'animadi osteriacinematografoFeedback: 4575 | altri commenti e recensioni di osteriacinematografo |
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giovedì 9 febbraio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il Faust di Sokurov è un’opera maestosa, devastante, che rimane incollata alle sinapsi di chi ne asseconda le mosse. Il film è l’ultima parte della tetralogia (Moloch-Taurus-Il sole-Faust) del regista russo, e, per quanto rappresenti probabilmente il minimo comune denominatore dell’opera nel suo complesso, ha una vita e un respiro propri, peraltro intensissimi. Faust è un dottore, uno scienziato ottocentesco di cui non si riconoscono i meriti; il suo studio è in realtà una lercia macelleria; vive e si muove nell’indigenza, nella sudicia lordura di tuguri freddi e cadenti, e la sua professione mal pagata non è sufficiente a sfamarlo e sopravvivere. Faust conosce profondamente la scienza medica, ma la sua sete di sapere è implacabile, e si tramuta in oscura inquietudine, nel momento in cui perde il senso dell’esistenza , smarrendo se stesso e la propria integrità morale; i suoi movimenti d’improvviso non si placano più, quasi fossero premonitori di un futuro di dannazione. Faust incontra così l’usuraio, un deforme, strisciante e terreno Mefistofele, che insinua il male nella mente del dottore, senza compiere nulla di sovrannaturale, ma semplicemente utilizzando i trucchi del miglior illusionista e suggerendo in modo infido idee, atteggiamenti a chi li stava già maturando. Il male e l’inferno di Sokurov si sviluppano in terra, sono il frutto del malevolo approccio culturale delle persone alla vita, persone cui spesso è sufficiente un buon complice o un valido pretesto per porre in essere quegli atti che la viltà non consentirebbe loro di sviluppare autonomamente. E così Faust segue lo spregevole usuraio fra i vicoli labirintici di strutture fatiscenti, fra sentieri e selciati che si accavallano e si moltiplicano incessantemente, su e giù per ripide ed umide scale in pietra che sembrano avere una continuità insolubile e pari alla brama del dottore. Quelle costruzioni claustrofobiche, tumultuose, nauseanti provocano un senso di smarrimento, un impatto visivo di tale potenza da disturbare l’equilibrio e la respirazione dello spettatore. Quelle stesse strutture ammassate rappresentano forse la coscienza di Faust, il contorto percorso esistenziale che egli compie dentro di sé, fino a non scorgere più il punto di partenza, fino a perdersi nel delirio e nella corruzione che guadagnano terreno mattone dopo mattone, sequenza dopo sequenza. Faust uccide un uomo, armato dal purulento aguzzino, s’invaghisce di Margaret, sorella della vittima, e il suo desiderio si trasforma e cresce esponenzialmente, fino a divenire incontrollabile, l’unico motivo possibile, l’eterno, implacabile tormento, un mostro tale da valere l’anima stessa, che il dottore vende all’usuraio, cedendo all’eterna depravazione. Più si sprofonda nell’abisso della perdita di sé, e più le immagini si fanno distorte, e la messa a fuoco cede spazio ai contorni sghembi di un Faust allucinato, avvelenato da una overdose della sua stessa brama. I colori tetri e le tinte fosche sostengono la frenesia di discesa del protagonista, e il filtro giallo e quasi sulfureo riempie lo spazio -rotto soltanto dalla luce della vacillante innocenza di Margaret- e invade il campo visivo, calando su di esso come un abbraccio mortifero. Il paesaggio assume contorni danteschi, e l’inferno in terra di Sokurov s’inoltra senza sosta fra rocce e geyser, mentre la coscienza e l’anima di Faust si protendono verso la prospettiva di un vagabondaggio solitario, liquefacendosi e sfumando oltre l’orizzonte di un eterno e incontrovertibile errare.
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