Il concerto |
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Un film di Radu Mihaileanu.
Con Aleksey Guskov, Dmitriy Nazarov, Mélanie Laurent, François Berléand.
continua»
Titolo originale Le concert.
Commedia,
durata 120 min.
- Francia, Italia, Romania, Belgio 2009.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 5 febbraio 2010.
MYMONETRO
Il concerto
valutazione media:
3,32
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Non sempre verità e bellezza coincidono.di porkupine666Feedback: 308 |
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domenica 7 marzo 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
«La bellezza è verità, la verità bellezza: è tutto ciò che sapete sulla terra e tutto ciò che vi occorre sapere.» Il celebre aforisma del grande romantico inglese John Keats dovrebbe trovare conferma nel più romantico dei film usciti negli ultimi tempi, romantico perché si regge su una storia punteggiata da una partitura musicale che spesso è presa a essenza stessa del romanticismo in musica, il Concerto per violino e orchestra op. 35 di Ciaikovski. Ma come si sa frasi gnomiche, detti proverbiali e massime lapidarie spesso fanno cilecca, ed è esattamente quello che è avvenuto in Il concerto, l'ultimo lavoro di Radu Mihaileanu; più che lavoro - a mio giudizio - si covrebbe parlare di capolavoro. Il film funziona, coinvolge, intriga, diverte e commuove, senza un momento di stanchezza. Anche qualche sottolineatura non sa di ripetitività ma di iterazione, all'insegna di un mélo di cui Mihaileanu non fa risparmio, ma che si percepisce voluto, ricercato; così come è assolutamente, lucidamente e infallibilmente sollecitato il meglio che ci può stare in uno spettatore medio. E poco cambia se lo spettatore da medio si scopre uno dei rari nantes in grado di decodificare lo spirito yiddish (witz) oppure un sempliciotto nutrito a telenovelas e pellicole 'panettone'. La lacrimetta, neanche troppo furtiva e di certo confusa, spesso non saprà bene se dichiarare la provenienza dal pathos della vicenda personale dei protagonisti o dalla comicità di situazioni politicamente poco corrette, dove (vivaddio) si possono sfottere gli ebrei senza il rischio di passare per antisemiti, ricordare con ironica leggerezza i crimini del regime sovietico e, insieme, mettere il dito sulla piaga delle contraddizioni del nuovo capitalismo russo, troppo spesso organico (verrebbe di dire 'consentaneo') alla criminalità organizzata e agli oligarchi di cui la mafia si alimenta. Già, ma il Keats di cui in apertura che c'entra? C'entra eccome, perché questo film - che è tra quelli DA NON PERDERE - non contiene un'oncia di veridicità, apparendo falso, deliziosamente bugiardo, in tutti i suoi aspetti. A cominciare dal suo autore, che invece del nome ebraico del padre ha preferito mantenere una sorta di eteronimo, Mihaileanu, che, almeno al tempo in cui fu divisato, doveva sapere di romeno, ma senza kippah, quanto Schmidt sa di tedesco o Dupont di francese. O forse il film, pur non essendo verosimile, pur reggendosi su paradossi e simbolizzazioni continue, sembra finto ma invece è autentico; vero senza essere reale. Che male c'è, dopotutto? Per i destinatari (che spesso non sono i bambini, o almeno non soltanto bambini) le favole sono spesso certezze assolute. E a pensarci meglio la poesia di Keats non sbaglia, bellezza e verità coincidono; precisamente come avviene con la musica di Ciaikovski.
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