gosnurle
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martedì 24 agosto 2010
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omiodio!
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Venghino signori, venghino!
il Circo Argento delle assurdita' vi aspetta con un tripudio di effetti speciali (2 a malapena), uno tsunami di efferati omicidi (sempre 2 e nemmeno tanto efferati), personaggi indimenticabili (il detective piu' inetto della storia del cinema, un serial killer che e' l'apoteosi del ridicolo, una coprimaria di un'inutilita' da oscar, una vittima che desidererai veder scannata per la sua stupidita'-grida al killer con mannaia in mano "sei brutto!!!!"- e invece sopravvive alla faccia vostra), un mare di paura (leggi "noia"), un ritorno al Giallo di un indiscusso maestro del genere! E qui mi fermo perche' mi viene un dubbio:
cioe', Dario Argento nasce artisticamente con "L'uccello dalle piume di cristallo" anticipando i film costruiti tutti sul finale a sorpresa, che renderanno fasmoso Night Shyamalan qualche anno dopo, e comunque seguendo la scia del grande Mario Bava con alterne fortune (a parte il primo, gli altri due film di animali, gatti e mosche, sono abbastanza scarsi, crea almeno un capolavoro (Profondo Rosso, film perfetto), tenta inutilemente la via del fanta-horror con il ciclo delle tre madri (ma era forse meglio affidarsi al detto che ne basta una sola), indi muore, sempre artisticamente con Tenebre (che giudico comunque eccellente).
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Venghino signori, venghino!
il Circo Argento delle assurdita' vi aspetta con un tripudio di effetti speciali (2 a malapena), uno tsunami di efferati omicidi (sempre 2 e nemmeno tanto efferati), personaggi indimenticabili (il detective piu' inetto della storia del cinema, un serial killer che e' l'apoteosi del ridicolo, una coprimaria di un'inutilita' da oscar, una vittima che desidererai veder scannata per la sua stupidita'-grida al killer con mannaia in mano "sei brutto!!!!"- e invece sopravvive alla faccia vostra), un mare di paura (leggi "noia"), un ritorno al Giallo di un indiscusso maestro del genere! E qui mi fermo perche' mi viene un dubbio:
cioe', Dario Argento nasce artisticamente con "L'uccello dalle piume di cristallo" anticipando i film costruiti tutti sul finale a sorpresa, che renderanno fasmoso Night Shyamalan qualche anno dopo, e comunque seguendo la scia del grande Mario Bava con alterne fortune (a parte il primo, gli altri due film di animali, gatti e mosche, sono abbastanza scarsi, crea almeno un capolavoro (Profondo Rosso, film perfetto), tenta inutilemente la via del fanta-horror con il ciclo delle tre madri (ma era forse meglio affidarsi al detto che ne basta una sola), indi muore, sempre artisticamente con Tenebre (che giudico comunque eccellente). Poi piu' nulla. Ma davvero piu', nemmeno durante i suoi patetici tentativi in terra d'America.
Volendo infierie, gli si puo' pure imputare di averci propinato le nefandezze artistiche della figlia Asia (che sta alla recitazione come i McDonald alla nouvelle cousine), ma questa mi rendo conto e' cattiveria gratuita.
Per cui, non so se cio' e' sufficiente per definirlo "maestro", come invece, nel genere, definirei senz'altro il succitato Bava o il sottovalutato Fulci.
Una cosa sicuro la so: se avevo qualche dubbio, Giallo me li ha tolti davvero tutti, e il "maestro" penso debba provare seriamente a finire gli studi, prima di salire in cattedra un'ennesima volta a propinarci cose di questo tipo. Grazie ad e-mule, almeno risparmio un po' di soldi...
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alan rubino
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martedì 5 aprile 2011
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un giallo goffo e imbarazzante
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Siamo a Torino. Enzo Avolfi (Adrien Brody), un ispettore dal passato oscuro, è sulle tracce di un serial killer che
sequestra, dopo averle fatte salire a bordo del suo taxi, donne giovani e belle, per poi seviziarle e ucciderle.
Quando scompare una fotomodella di nome Celine, la sorella di quest'ultima, Linda, si rivolge all'ispettore Avolfi,
il quale, sulla base di un indizio, si convince che Celine sia vittima proprio dell'assassino cui sta dando la caccia...
Chi sperava in una rinascita di Dario Argento dovrà rassegnarsi. "Giallo" è un disastro più o meno sotto tutti i punti di vista.
La storia, di per sé poco originale, avanza in modo davvero goffo e imbarazzante in una catena di dialoghi maldestri,
personaggi insulsi, interpretazioni poco convincenti e situazioni inverosimili che cadono spesso nella comicità involontaria.
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Siamo a Torino. Enzo Avolfi (Adrien Brody), un ispettore dal passato oscuro, è sulle tracce di un serial killer che
sequestra, dopo averle fatte salire a bordo del suo taxi, donne giovani e belle, per poi seviziarle e ucciderle.
Quando scompare una fotomodella di nome Celine, la sorella di quest'ultima, Linda, si rivolge all'ispettore Avolfi,
il quale, sulla base di un indizio, si convince che Celine sia vittima proprio dell'assassino cui sta dando la caccia...
Chi sperava in una rinascita di Dario Argento dovrà rassegnarsi. "Giallo" è un disastro più o meno sotto tutti i punti di vista.
La storia, di per sé poco originale, avanza in modo davvero goffo e imbarazzante in una catena di dialoghi maldestri,
personaggi insulsi, interpretazioni poco convincenti e situazioni inverosimili che cadono spesso nella comicità involontaria.
Ma ciò che lascia più esterrefatti è la regia piuttosto impersonale, nonché la totale incapacità di creare
paura e suspence.
In Italia, nonostante l'uscita nei cinema fosse stata più volte annunciata per l'autunno del 2009,
il film è stato distribuito soltanto un anno dopo e direttamente in home video (il che la dice lunga).
Negli Stati Uniti, addirittura, è nato un contenzioso legale tra Brody e la produzione americana (chiusosi poi verso
la fine del 2010 a favore dell'attore), che ha bloccato la distribuzione in dvd della pellicola negli USA per alcuni mesi.
Alla luce di tutto, e considerato che dopo gli ultimi lavori la fama di "maestro del brivido" di Argento sta
seriamente vacillando, viene da chiedersi: ma era necessario?
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il cinefilo
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martedì 8 febbraio 2011
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un altro miserabile fiasco di dario argento
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Il mistero più grande(anche perchè è l'unico)che aleggia sopra la figura di Dario Argento e quello di come sia possibile perdere completamente il proprio talento visionario e l'abilità labirintica delle invenzioni narrative(che caratterizzavano il suo periodo d'oro)a favore di un incapacità pressochè totale di costruire tensione condendola e peggiorandola con un inettitudine di regia rara da emulare.
In GIALLO non funziona assolutamente niente:Gli interpreti principali Adrien Brody(nel doppio ruolo del poliziotto dal solito passato traumatico e quello del maniaco omicida)e Emmanuelle Seigner si riducono a raschiare il fondo del barile della professionalità mentre la sceneggiatura,nella sua completa sciatteria,incute un tale senso di pietà da rendere quasi commovente il livello disgraziato in cui il regista è andato a schiantarsi.
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Il mistero più grande(anche perchè è l'unico)che aleggia sopra la figura di Dario Argento e quello di come sia possibile perdere completamente il proprio talento visionario e l'abilità labirintica delle invenzioni narrative(che caratterizzavano il suo periodo d'oro)a favore di un incapacità pressochè totale di costruire tensione condendola e peggiorandola con un inettitudine di regia rara da emulare.
In GIALLO non funziona assolutamente niente:Gli interpreti principali Adrien Brody(nel doppio ruolo del poliziotto dal solito passato traumatico e quello del maniaco omicida)e Emmanuelle Seigner si riducono a raschiare il fondo del barile della professionalità mentre la sceneggiatura,nella sua completa sciatteria,incute un tale senso di pietà da rendere quasi commovente il livello disgraziato in cui il regista è andato a schiantarsi.
Quello di Dario Argento è un fenomeno molto interessante...riesce a far capire cosa significa passare dalle stelle alle stalle e tramutarsi,come per magia,da maestro del brivido a professionista delle bidonate visto e considerato che è riuscito a smerdare completamente i due ambiti cinematografichi in cui era riuscito a costruirsi un identità nei bei tempi andati(molto andati):il genere giallo-thriller e quello orrorifico.
Si potrebbe pensare quasi che simili storpiature il regista le abbia compiute a bella posta per rovinarsi sistematicamente la carriera e così il nostro eroe avrà pensato:"maledizione...la gente ha un buon ricordo del mio cinema...vediamo come potrei sputtanarlo nel miglior modo possibile"ma pultroppo temo che non sia così e che il pover'uomo sia ancora convinto di risollevare la sua immagine ma non ha calcolato la perdità delle sue vecchie capacità e ora è un cineasta praticamente finito.
Quello che un tempo era un interessante esempio di innovazione artistica adesso è una miseranda carcassa putrefatta buona solamente da essere data in pasto alle mosche e agli avvoltoi...e arrivato il momento che Dario si renda conto di quale lerciume fetente ha avvolto come un velo la sua esistenza di regista e chiuda,una volta per sempre,baracca e burattini e si ritiri in montagna a curare le pecore come l'amico di Heidi...ed è una svolta che deve essere compiuta al più presto prima che il letame travalichi la diga e sommerga Dario Argento inchiodandolo all'abisso.
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dario carta
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sabato 30 ottobre 2010
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un giallo sbiadito
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Che peccato vedere le ossessioni di Dario Argento scolorire e sbiadirsi nello smalto già opaco che patina i lavori del maestro del brivido italiano da ormai più di un decennio.
“Giallo” segue i pallidi titoli delle Madri,proponendosi anch’esso come pellicola senza guizzi e colori,quasi che Argento voglia confermare una genialità assopita.
Il linguaggio visivo di un regista che ha segnato a fondo il cinema italiano di genere e ritraeva i volti della morte e della paura declinati nelle ansie dell’immaginario,sembra evaporare nelle realtà inconsistenti di un cinema amorfo e senza impronta,tradendo quel talento che dal 1970 traduceva con stile inconfondibile le ossessioni in immagini.
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Che peccato vedere le ossessioni di Dario Argento scolorire e sbiadirsi nello smalto già opaco che patina i lavori del maestro del brivido italiano da ormai più di un decennio.
“Giallo” segue i pallidi titoli delle Madri,proponendosi anch’esso come pellicola senza guizzi e colori,quasi che Argento voglia confermare una genialità assopita.
Il linguaggio visivo di un regista che ha segnato a fondo il cinema italiano di genere e ritraeva i volti della morte e della paura declinati nelle ansie dell’immaginario,sembra evaporare nelle realtà inconsistenti di un cinema amorfo e senza impronta,tradendo quel talento che dal 1970 traduceva con stile inconfondibile le ossessioni in immagini.
In “Giallo” lo spettatore soffre della privazione di un’aspettativa disillusa,un appuntamento con la paura,una porta sul buio,un’irruzione nell’inconscio,trovandosi a valutare che l’unico indotto del lavoro è una storia a stento riconducibile alla fantasia malata dell’artista dell’orrido,dilatata da psiche a morbosa fisicità.
Torino.Il detective Enzo Avolfi (Adrien Brody) indaga su una serie di omicidi di fotomodelle rapite e brutalmente assassinate.
Il killer,reso subito noto,è un uomo deforme nel fisico e nell’anima,un omicida che porta in sé i traumi di un’infanzia guastata.
Ma anche Avolfi è profondamente segnato da qualcosa che non gli dà pace e l’incontro con Linda (Emanuelle Seigner),sorella di una modella sequestrata dal maniaco,lo aiuta nell’indagine del caso e di quello che nasconde nel suo io chiuso nel buio.
La morbosa attenzione del regista all’essenzialità dei dettagli affiora incerta nella struttura del racconto in una banale impaginazione scenica ben diversa dalla scrittura visiva dei tempi migliori:i toni saturi dell’incipit chiamano “Suspiria” e “Profondo rosso”,i voli di camera ricordano le scene in apertura di “Opera”,ma nel labile impianto narrativo pare trasparire in filigrana la reticenza del regista ad aggiornare una modalità direttiva autentica ma segnata da un passaggio d’epoca.
Le soluzioni registiche che coniavano il cinema dell’orrore italiano di quarant’anni fa ,le inquadrature,i carrelli,le soggettive,i meccanismi di carico tensionale e gli impieghi sonori,sono elementi assenti in un apparato obsoleto tradotto in un ordinario racconto dai soffusi timbri noir già narrato in epoche e platee diverse da quelle di oggi,ma privato di quella suggestione che porta la firma della differenza.
Pare che Argento voglia conformare il suo cinema alla modalità fictionale dell’immagine televisiva,alla mediocrità di un uso a perdere forse oggi più praticato e consueto.
Lasciandosi alle spalle esoterismo,diavoli e stregoneria,il regista torna ad esaminare le ansie e i traumi che si annidano nelle pieghe di passati sepolti,ma il processo analitico esce impoverito di quell’empatia morbosa che respirava nei suoi migliori lavori ed il futile ricorso ai dettagli canonizzati in una regia un tempo firma di maestro,lascia questa debole storia in balìa di una vacua favola nera e di un nostalgico rammarico
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ziggy70
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sabato 14 luglio 2012
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il vero brivido è la regia
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E' interessante notare come il popolino italiota sia talmente incrostato a dei clichet vecchi di 40 anni da non accorgersi nemmeno che il "maestro" dell'horror del cinema italiano non è mai finito forse perchè in realtà non è mai esistito. Il suo genio consiste nel fatto di aver saputo furbescamente trasformare in denaro le fobie di un pubblico masochista spesso di età compresa tra i 14 e i 35 anni sempre avido di mani guantate, bambolotti di pezza infilzati, mannaie, e via dicendo come in una sorta di gioco fetish. E con questi espedienti ci ha fatto una fortuna. Ora che il suddetto repertorio è diventato un po' vetusto ecco che il grande "maestro" è affannosamente a caccia di idee e la genialata in questo suo ultimo "capolavoro" coniste nel togliere da subito ogni sospetto presentando direttamente il volto dell'assassino.
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E' interessante notare come il popolino italiota sia talmente incrostato a dei clichet vecchi di 40 anni da non accorgersi nemmeno che il "maestro" dell'horror del cinema italiano non è mai finito forse perchè in realtà non è mai esistito. Il suo genio consiste nel fatto di aver saputo furbescamente trasformare in denaro le fobie di un pubblico masochista spesso di età compresa tra i 14 e i 35 anni sempre avido di mani guantate, bambolotti di pezza infilzati, mannaie, e via dicendo come in una sorta di gioco fetish. E con questi espedienti ci ha fatto una fortuna. Ora che il suddetto repertorio è diventato un po' vetusto ecco che il grande "maestro" è affannosamente a caccia di idee e la genialata in questo suo ultimo "capolavoro" coniste nel togliere da subito ogni sospetto presentando direttamente il volto dell'assassino. Poi rendendosi probabilmente conto che lo scopo del fim è quello di spaventare il pubblico cerca di rendere l'omicida piu' brutto possibile. L'effetto sortito ahimè è involontariamente comico inasprito ulteriormente da dialoghi imbarazzanti da una sceneggiatura farraginosa e insensata. Nemmeno i fidi Goblins arrivano in soccorso a salvare questo ciarpame cinematografico dallo sfacelo totale. A mio avviso neanche i film precedentii erano capolavori compresi i primi ma se non altro avevano il pregio di qualche scena di forte impatto visivo e musiche ipnotiche azzeccatissime. Qui mancano anche quei pochi elementi che hanno fatto di Dario Argento il regista più sopravvalutato di sempre, con una particolarità davvero inusuale: anzichè migliorare con l'avanzare dell'età peggiora sempre più.
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