orazio leotta
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martedì 5 aprile 2016
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finalmente nelle sale italiane dopo venezia 66
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Tratto dall’omonimo libro autobiografico, il film ripercorre la vita di Waris Dirie, iniziata nei deserti africani e proseguita nel mondo delle top model. Nata in un villaggio della Somalia, da una famiglia di nomadi con dodici figli, subì l’infibulazione più o meno all’età di cinque anni.
Quando ne aveva tredici, il padre la promise in sposa come quarta moglie a un uomo anziano. Waris, per sottrarsi a un destino che non accettava, nel cuore della notte, dà tristemente l’addio all’amatissimo fratello minore e fugge prima a Mogadiscio e poi a Londra, nella residenza di uno zio ambasciatore, dove le trovano un posto come cameriera e dove vive per diversi anni come in carcere lontana dal mondo esterno.
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Tratto dall’omonimo libro autobiografico, il film ripercorre la vita di Waris Dirie, iniziata nei deserti africani e proseguita nel mondo delle top model. Nata in un villaggio della Somalia, da una famiglia di nomadi con dodici figli, subì l’infibulazione più o meno all’età di cinque anni.
Quando ne aveva tredici, il padre la promise in sposa come quarta moglie a un uomo anziano. Waris, per sottrarsi a un destino che non accettava, nel cuore della notte, dà tristemente l’addio all’amatissimo fratello minore e fugge prima a Mogadiscio e poi a Londra, nella residenza di uno zio ambasciatore, dove le trovano un posto come cameriera e dove vive per diversi anni come in carcere lontana dal mondo esterno.
Ma a seguito dello scoppio della guerra civile in patria, l’ambasciata somala viene chiusa e Waris, ormai adulta (Liya Kebede), è costretta nuovamente alla fuga, per non essere espulsa. Incontra la commessa Marilyn (Sally Hawkins), che condivide con lei la stanza di una pensione; l’amicizia tra le due si rafforzerà quando Waris le confiderà il suo terribile segreto: da bambina è stata sottoposta ad infibulazione, la pratica inumana della mutilazione genitale.
Una pratica crudele e comune nella sua patria, che secondo la tradizione dovrebbe preservare la purezza della donna: solo il marito “apre” la sua donna. Un giorno Waris, che nel frattempo ha trovato lavoro come donna delle pulizie in un McDonalds, viene notata da un celebre fotografo di moda, Terry Donaldson, e dopo molte esitazioni si lascia fotografare.
Si avvera la fiaba: si spalancano le porte del mondo della moda, diventa famosa a livello internazionale, la stampa adora la ragazza nomade che dalla polvere del deserto ha trovato la strada per le passerelle più famose del mondo e davanti ai microfoni della NBC trova il coraggio di raccontare il crudele rituale della mutilazione delle donne e la sua storia personale. Il pubblico mondiale è scioccato, un tabù diventa argomento d’attualità.
Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, la nomina ambasciatrice straordinaria e per conto dell’ONU, viaggia in tutto il mondo, incontra presidenti, premi Nobel, partecipa a conferenze, per accusare il rituale arcaico, praticato in molti paesi del mondo, di cui sono vittime circa 6000 bambine ogni giorno.
Nel film c’è la precisa intenzione di denunciare la pratica dell’infibulazione, che ancora oggi riguarda, solo a New York, 400.000 donne all’anno, e nel mondo, ripeto, 6000 bambine al giorno, ma è anche una favola che ricorda Cenerentola, dove si parla della libertà di amare e del diritto alla gioia, con la differenza che è tratto da un’incredibile storia vera.
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shingo tamai
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martedì 21 marzo 2017
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fiore rosa
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Anche se basata su una storia vera,la pellicola è piuttosto romanzata in alcuni passaggi e nei coprotagonisti,tutti abbastanza eccentrici.
Qualcuno dunque potrebbe leggere la pellicola come una sorta di favoletta moderna,ma solo ad una prima occhiata.
Indubbiamente la sceneggiatura poteva essere più "sostanziosa" ma ciò non toglie nulla al "cuore" del film.
Viene quasi impossibile pensare che dietro una donna ed un sorriso così belli ci possa essere un dolore così grande.
Eppure,in una tragedia tutta al femminile,ci sono bambine che ancora oggi,nonostante i passi avanti fatti in questo senso,vengono sottoposte a torture indicibili.
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Anche se basata su una storia vera,la pellicola è piuttosto romanzata in alcuni passaggi e nei coprotagonisti,tutti abbastanza eccentrici.
Qualcuno dunque potrebbe leggere la pellicola come una sorta di favoletta moderna,ma solo ad una prima occhiata.
Indubbiamente la sceneggiatura poteva essere più "sostanziosa" ma ciò non toglie nulla al "cuore" del film.
Viene quasi impossibile pensare che dietro una donna ed un sorriso così belli ci possa essere un dolore così grande.
Eppure,in una tragedia tutta al femminile,ci sono bambine che ancora oggi,nonostante i passi avanti fatti in questo senso,vengono sottoposte a torture indicibili.
Un plauso a Waris Dirie per la sua immensa forza d'animo.
Un plauso alla splendida attrice che sfoggia una magnifica interpretazione.
Un plauso all'opera finale che spero venga diffusa il più possibile per un doveroso cambio culturale.
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elgatoloco
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lunedì 29 luglio 2019
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desert flower efficacissimo
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"Desert Flower"(2009, Sherry Horrman con Lyla Kebede) è veramente un film empatico, toccante, senza mai essere retorico, larmoyant, inutilmente melodrammatico. i Flashback sono assolutamente adeguati, mai delle"zeppe", rappresentando una realtà, quella della bambina e ragazzina somala che sfugge, giù da bambina, a un terribile matrimonio combinato camminando nel deserto per raggiungere Mogadiscio, la capitale e imbarcarsi in aereo, per affrontare poi, una carrierda da"modella"che presenta molte incognite e la sottopone a ulteriori svariate prove, oltre al coraggio di affrontare poi la rivelazione relativa alla mutilazione genitale rituale cui molte bambine(neppure ragazze)vengono sottoposte, causa una cultura islamica anche mal interpretata.
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"Desert Flower"(2009, Sherry Horrman con Lyla Kebede) è veramente un film empatico, toccante, senza mai essere retorico, larmoyant, inutilmente melodrammatico. i Flashback sono assolutamente adeguati, mai delle"zeppe", rappresentando una realtà, quella della bambina e ragazzina somala che sfugge, giù da bambina, a un terribile matrimonio combinato camminando nel deserto per raggiungere Mogadiscio, la capitale e imbarcarsi in aereo, per affrontare poi, una carrierda da"modella"che presenta molte incognite e la sottopone a ulteriori svariate prove, oltre al coraggio di affrontare poi la rivelazione relativa alla mutilazione genitale rituale cui molte bambine(neppure ragazze)vengono sottoposte, causa una cultura islamica anche mal interpretata... La Kebede è"perfetta"nell'interpretazione: né un gesto né un elemento mimico di troppo e neppure carente , né qualcosa che sia pletorico né una qualche mancanza-carenza di qualche tipo, per un coinvolgimento forte di chi guarda il film. Empatia pura, appunto, dove un'identificazione non si ha, diremmo, neppure per la ragazza di provenienza geografica e culturlae simile, in quanto c'p la mediazione dello schermo e la Kebede, appunto, non cede mai ad un'interpretazione che sia anche solo vagamente "larmoyante", lacrimevole o come si definisca altrimenti, Anche il rapporto/scontro tra cultura anglosassone e somala è ben emblematizzata dal personaggio dell'organizzatrice di moda che non risparmia battute razziste, ma che non demorde dai compensi anche pingui che il personaggio della bella ragazza somala le procuta.... El Gato
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lbavassano
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martedì 8 novembre 2016
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film mediocre, tema importante
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C'é una dimensione di favoletta, che sgradevolmente contrasta, che forse volutamente contrasta, con l'autentica tragedia di cui ci parla il film di Sherry Hormann. E c'è una colonna sonora insopportabilmente retorica a commentare i lati oscuri di questa storia. Ma poi tutto tace, la musica e la favoletta, quando la mostruosità ci viene sbattuta in faccia. E' il momento più alto di un film altalenante, brutto nel complesso, che cerca di sensibilizzarci verso un orrore che riguarda tutti, che avviene sotto i nostri occhi, anche se preferiamo volgerli altrove, verso le favolette. Anche se qualcuno ha la sfacciataggine di negarlo in nome della diversità culturale. E' mostruosa la mutilazione dei genitali femminili.
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C'é una dimensione di favoletta, che sgradevolmente contrasta, che forse volutamente contrasta, con l'autentica tragedia di cui ci parla il film di Sherry Hormann. E c'è una colonna sonora insopportabilmente retorica a commentare i lati oscuri di questa storia. Ma poi tutto tace, la musica e la favoletta, quando la mostruosità ci viene sbattuta in faccia. E' il momento più alto di un film altalenante, brutto nel complesso, che cerca di sensibilizzarci verso un orrore che riguarda tutti, che avviene sotto i nostri occhi, anche se preferiamo volgerli altrove, verso le favolette. Anche se qualcuno ha la sfacciataggine di negarlo in nome della diversità culturale. E' mostruosa la mutilazione dei genitali femminili. Infibulazione mi sembra l'ennesimo eufemismo ipocrita.
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